Ciao a tutti! :)
Ormai
mio fratello mi ha rovinata, aprendomi al mondo dei manga. Adesso non
solo leggo ciò che legge lui, ma vado alla ricerca di
fumetti giapponesi per conto mio! E i miei viaggi mentali aumentano...
Diventerò pazza. Più di quanto non lo sia
già.
Anyway,
mi ha addolorato profondamente scoprire che su EFP non c'è
la sezione dedicata a Servamp! Ero già pronta a fare le ore
piccole per leggere di tutte le ship possibili immaginabili! E
vabbè... Se qualcuno dovesse leggere questa storia ed
è a conoscenza di altre FF dello stesso fandom mi scriva,
così potrò sclerare un po'. Speriamo poi che
venga aperta la sezione! :D
Okay,
dopo questa dovuta propaganda vi lascio alla lettura. Sarebbe meglio
aver letto fino al capitolo 9 per capire di cosa si sta parlando, ma
spero che sia leggibile anche per chi non ha mai sentito parlare di
Servamp prima d'ora. Per questi ultimi, lascio QUI
il link del sito grazie al quale anch'io sto leggendo i capitoli!
Auguro
a tutti una buona lettura e un grazie anticipato alle buone anime che
mi faranno sapere se è una ciofeca o meno! xD
Vostra,
_Pulse_
P.S. I
personaggi non
mi appartengono e questa storia non è scritta a scopo di
lucro.
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REACHING OUT
«Non so cosa
sia successo tra te e il tuo amico, ma... se si tratta di avvicinarsi a
qualcuno, è molto semplice. È avere la forza di
volontà di stare al suo fianco... qualsiasi cosa accada.
Devi essere pronto a fidarti».
Mahiru tirò fuori la testa dall'acqua e prese fiato, senza
però riuscire a scacciare via la sensazione che provava da
quando aveva sentito la storia di Sakuya da niente meno che Tsubaki, il
servamp dimenticato, lo stesso che aveva trasformato il suo
migliore amico in un vampiro. Era come se una mano invisibile gli
stesse stringendo la gola, impedendogli di respirare agevolmente.
Sakuya, il compagno di scuola che considerava il suo migliore amico...
La loro amicizia era stata tutta una menzogna? No, non poteva crederci.
Non voleva
crederci. Sin dal primo momento in cui si era imbattuto in quel ragazzo
dai capelli verdi, accucciato in un angolo del giardino ad ascoltare la
musica con le sue grosse cuffie fucsia nel tentativo di saltare la
lezione di educazione fisica, si era sentito inspiegabilmente attratto
da lui. Che fosse una caratteristica dei vampiri? Dopotutto la stessa
cosa gli era successa con Kuro, anche se allora l'aveva scambiato per
un comune gatto randagio.
Un brivido di freddo gli fece capire che era giunto il momento di
uscire dalla vasca e mettersi a letto. Il giorno seguente sarebbe stata
una giornata impegnativa per via del festival culturale.
«Già...
Se la nostra amicizia avesse retto un'altra settimana ancora, sarebbe
stato bello. Non vedevo l'ora che arrivasse il festival
scolastico».
L'ennesimo flashback gli annebbiò la vista e
rischiò di farlo scivolare sul pavimento bagnato, ma Mahiru
riuscì ad afferrare il bordo del lavandino appena in tempo.
Le gambe gli tremavano, instabili, mentre dietro le palpebre chiuse
rivedeva il sorriso malinconico di Sakuya mentre pronunciava quelle
parole.
Doveva parlargli, fargli capire che potevano ancora stare insieme, che
per loro non era la fine. Non gli importava quanti finti ricordi gli
avesse impiantato nella mente, quell'ultimo anno era stato uno dei
più belli della sua vita, uno dei più veri, ed
era stato merito suo, di nessun altro. Perdere Sakuya sarebbe stato
insopportabile, tanto doloroso quanto la morte di sua madre. Per questo
era necessario fermare Tsubaki e fare in modo che liberasse Sakuya
dalle catene di sottoclasse. Non sapeva ancora come, ma lui e Kuro ci
sarebbero riusciti.
Mahiru si guardò allo specchio con una nuova determinazione
negli occhi, la quale andò mano a mano affievolendosi quando
notò sul collo i segni ancora visibili dei canini del suo
servamp.
Con la punta delle dita accarezzò i due forellini e i lividi
violacei intorno ad essi, rabbrividendo al pensiero di ciò
che era accaduto dopo aver ripetutamente attaccato Sakuya: Kuro lo
aveva avvertito, aveva cercato di fermarlo, poi aveva agito di propria
iniziativa e l'aveva morso all'improvviso. Non era da lui, proprio no,
e l'aura nera che l'aveva circondato era stata la prova più
evidente. Mahiru si era ritrovato in quella pozza scura - un vortice di
dolore, paura e rimpianti - nella quale sarebbe di sicuro annegato se
non fossero intervenuti il servamp dell'Invidia, Doubt Doubt, e la sua
Eva, un ragazzo strano - l'ennesimo - che si era definito un semplice
antiquario con la passione per i viaggi e che parlava con una bambola
di nome Abel.
Nonostante la sua eccentricità al limite della pazzia, era
stato lui a spiegargli che l'esperienza terrificante che aveva appena
vissuto era dovuta al poco affiatamento tra lui e Kuro: se non fosse
diventato più forte, tanto da poter controllare i poteri del
primo servamp, allora sarebbe finito divorato. Dopodiché gli
aveva proposto di rivelargli come spezzare il contratto con Kuro, come
se potesse anche solo pensare ad una cosa del genere. Era vero, lui e
Kuro si conoscevano da poco tempo e non si erano mai esercitati a
combattere insieme - e la colpa era principalmente della pigrizia di
quest'ultimo - ma aveva come la sensazione che quello che li legava
andava ben oltre il contratto accidentalmente stipulato.
Una volta infilati i pantaloncini del pigiama, Mahiru uscì
dal bagno con un asciugamano sui capelli e frizionandoseli
passò davanti al salotto, illuminato dalla luce azzurrina
del televisore.
Dannazione, per colpa
sua arriverà una bolletta stellare.
Come aveva immaginato, trovò il micio steso sul pavimento,
circondato da fumetti, lattine di Coca-Cola, sacchetti di patatine e
scatole vuote di ramen istantaneo. I vampiri non avevano bisogno di
dormire, ma il soprannome del servamp dell'Accidia non era "Sleepy Ash"
per caso.
Scuotendo mestamente il capo, senza accorgersi del sorriso intenerito
che gli aveva increspato le labbra, Mahiru si avvicinò in
punta di piedi e si accucciò per sfilargli da sotto la
zampina il telecomando. Spense la TV, poi prese il gattino tra le mani
ed avvicinandoselo al petto lo portò nella stanza di suo
zio, il quale era ripartito e chissà quando sarebbe
ritornato.
A differenza di quello nella sua camera, lì il letto era a
due piazze e Mahiru ne approfittò per stendersi per qualche
minuto accanto al gatto addormentato. Era così stanco...
eppure sapeva che non sarebbe riuscito a chiudere occhio se prima non
si fosse tolto almeno con lui qualche sassolino dalla scarpa. Farlo
mentre dormiva era da codardi, ma in fondo poteva immaginare benissimo
le sue risposte atone e svogliate.
«Questa mattina mi hai chiesto se mi sono pentito di averti
preso con me», incominciò, sentendo le dita
invisibili intorno alla gola serrarsi un po' di più.
«Hai visto che ero giù di morale, che avrei
persino saltato la scuola, e hai cercato di fare qualcosa per
distrarmi. Hai persino detto che saresti uscito di casa»,
Mahiru ridacchiò, mentre un calore improvviso gli
imporporava le guance. Possibile che Kuro gli volesse tanto bene da
rinunciare al suo dolce far niente?
All'improvviso sentì l'impulso di dovergli dare le spalle e
lo fece, consapevole che non sarebbe riuscito ad andare a fondo della
questione se avesse continuato ad accarezzare il suo pelo morbido,
sentendo le sue vibrisse tremargli sull'addome.
«Quello che voglio dire...», riprese dopo aver
deglutito, cercando invano di buttare giù qualsiasi cosa gli
ostruisse la gola. «È che non mi
pentirò mai di averti preso con me, Kuro. Nonostante la tua
comparsa abbia complicato a dismisura la mia vita, sono felice di
averti conosciuto e di essere diventato la tua Eva. Ho sempre voluto il
potere necessario ad aiutare gli altri, essere il "qualcuno" di qualcun
altro, e con te sento che posso riuscirci. In cambio, magari
potrei...».
Mahiru si interruppe all'improvviso quando un braccio gli avvolse il
petto. Il braccio di Kuro, nella sua forma umana. Da quanto tempo era
sveglio? Cos'aveva sentito del suo monologo a cuore aperto? E
perché lo stava stringendo in quel modo?
La schiena di Mahiru era premuta contro il petto del vampiro e tra i
capelli ancora umidi sentiva il suo respiro, freddo come l'aria dopo
un'intensa nevicata.
«Se mi conoscessi meglio, non diresti queste cose. E di certo
ti pentiresti di avermi preso con te», sussurrò
Kuro, in quella sua voce monocorde ma con un accenno di risolutezza.
Mahiru venne percorso da un brivido e provò a voltarsi per
guardare l'immortale negli occhi, ma questo glielo impedì
rinsaldando la stretta intorno al suo petto.
«Hai riposto la tua fiducia nel servamp sbagliato, Mahiru
Shirota. Forse sarebbe meglio finirla qui... Ti dirò io come
spezzare il contratto».
La rabbia prese il sopravvento su qualsiasi altra emozione e il ragazzo
riuscì a sfruttarla a proprio vantaggio. Rotolò
sopra al vampiro fino a ritrovarsi a cavalcioni sul suo ventre ed
afferrò i lembi della sua giacca, scuotendolo e gridandogli
contro: «Smettila, Kuro! Smettila di dire stupidaggini! Io
non ti lascerò andare via! Non importa quanto
sarà difficile! Insieme riusciremo a sconfiggere Tsubaki e
tutti saranno salvi!».
Il servamp dai capelli azzurri lo fissò ad occhi sgranati e
rimase in silenzio, inebetito. Quel ragazzino... Perché era
toccato proprio a lui raccoglierlo? Che cosa aveva fatto di male per
meritarsi un servitore vampiro come lui?
Quando Mahiru smise di urlare, abbandonò la fronte contro la
sua spalla col fiato corto. Da quell'angolazione, Kuro aveva in bella
vista i segni che gli aveva lasciato sul collo quando l'aveva morso,
trascinato dagli stessi sentimenti di Mahiru.
Aveva promesso a se stesso di non farsi più toccare dalle
emozioni umane, rinnegandole com'era giusto per il servamp
dell'Accidia, eppure quel ragazzino gli era entrato dentro senza che
nemmeno se ne accorgesse. Una vera e propria rottura.
Sollevò lentamente una mano e la posò su quel
collo sottile e fragile, sotto cui però il sangue pulsava
con forza e determinazione.
«Alcune persone non possono essere salvate», gli
sussurrò nell'orecchio.
Mahiru si sollevò un poco, quel tanto che bastava
perché i colori delle loro iridi si fondessero, e lasciando
andare i lembi della sua felpa portò le dita sul suo volto
pallido e freddo. La pelle del ragazzo invece era così calda
che Kuro si chiese se fosse quella la sensazione che si provava stando
sotto il sole.
Delicatamente Mahiru gli passò i pollici sotto gli occhi,
lì dove c'erano i segni scuri delle borse che nemmeno il
sonno eterno avrebbe cancellato, poi strinse le palpebre nell'esibire
un sorriso radioso.
«Mi sei sembrato sorpreso, quando ti ho chiesto delle tue
ferite».
Kuro impiegò qualche secondo per ricordare ed assunse la
stessa espressione di allora, quando gli aveva risposto che, dato che
era pur sempre un vampiro, erano già guarite.
«Non mi riferivo alle ferite fisiche»,
spiegò Mahiru, a bassa voce. «L'ho capito, sai...
C'è qualcosa che ti tormenta. Qualcosa che è
successa tanto tempo fa».
Il vampiro si mosse nervosamente sotto il corpo del ragazzo, ma
quest'ultimo gli afferrò i polsi e li tenne fermi ai lati
della sua testa, così che non potesse far altro che
affrontarlo.
«Zio ha detto che è normale commettere degli
errori, che è così che si cresce. Se non fai
nulla per rimediare però, non riuscirai mai ad andare avanti
e ti trascinerai dietro i rimpianti».
«Che rottura», mugugnò Sleepy Ash,
rivolgendo il viso verso la finestra e chiudendo gli occhi, per la
prima volta dopo anni umidi di lacrime.
Mahiru accennò una risata. «Non dovrai farlo da
solo. Ti aiuterò io, è una promessa».
Lentamente, non avendo ricevuto risposta, il ragazzo gli
liberò i polsi.
«Sarà meglio che vada a dormire», disse
in un sospiro, sollevandosi per scendere dal letto.
Fu allora che Kuro riaprì gli occhi e con una foga disperata
allungò le dita verso di lui, percorrendo la sua schiena
nuda e finendo per impigliarsi nel bordo dei suoi pantaloncini. Quindi
tirò di nuovo Mahiru verso di sé e i loro corpi
all'inizio cozzarono l'uno contro l'altro, straniti e messi a disagio
da quel nuovo contatto; bastarono una dozzina di secondi
però perché si abituassero l'uno all'altro e
combaciassero perfettamente. Perfino le loro temperature corporee - il
freddo notturno proveniente da Kuro, nonostante indossasse giacca,
maglietta e jeans, e il calore del sole allo zenit di Mahiru, la cui
pelle scoperta sembrava febbricitante - se fuse creavano un microclima
ideale.
Stretto tra le braccia del servamp, col suo volto nascosto nell'incavo
tra la spalla e il collo, Mahiru arrossì e
balbettò: «Kuro, che cosa...?».
«Non mi lasciare», bofonchiò in risposta
e il suo respiro gelido fece tremare persino il cuore di Mahiru.
«Non voglio più stare da solo. Mai
più».
Il ragazzo sorrise dolcemente ed infilò una mano tra i
capelli azzurri del suo partner vampiro, trovandoli morbidi e soffici
tanto quanto il pelo della sua forma felina.
«Non ti lascerò», promise, per poi
sistemarsi meglio tra i cuscini e chiudere gli occhi.
Si era quasi assopito, quando sentì il capo di Kuro
sollevarsi un poco e la punta dei suoi polpastrelli accarezzargli i
forellini lasciati dal suo morso.
«Mi dispiace tanto», sussurrò.
Stava per rispondergli che non gli facevano più male e che
non era mai stato arrabbiato con lui, ma il gesto del vampiro lo
ammutolì. Kuro si era avvicinato di nuovo al suo collo e
aveva posato le labbra sui segni, in un bacio premuroso.
Per chissà quale motivo - o forse lo sapeva fin troppo bene
- il volto di Sakuya gli comparve davanti agli occhi e Mahiru
portò le mani sulle spalle di Kuro per allontanarlo. Quello
che non poteva prevedere fu che invece di spingerlo via
serrò i pugni sulla sua giacca azzurra, stringendolo a
sé ancora di più.
A quel bacio se ne susseguì un altro e poi un altro ancora.
Il servamp dell'Accidia non era mai stato così audace e con
le labbra raggiunse l'attaccatura dell'orecchio, quindi
iniziò a percorrere la linea della mandibola.
«Kuro...», mormorò Mahiru gettando la
testa all'indietro e sentendo un fuoco improvviso incendiargli il corpo
e in particolare il basso ventre.
Avrebbe voluto dirgli di fermarsi, ché era sbagliato, ma...
lo era davvero? Dal modo in cui gli batteva il cuore, probabilmente era
ciò che segretamente desiderava. Non aveva mai provato nulla
del genere, la sua pelle era pura ed innocente, eppure spesso e
volentieri aveva fantasticato, chiedendosi come sarebbe stato avere le
labbra di Sakuya sulle proprie.
Sakuya...
Le lacrime gli bagnarono gli angoli degli occhi e scivolarono sulle sue
tempie. Kuro se ne accorse e si allontanò in fretta,
rannicchiandosi in posizione fetale dall'altra parte del grande letto
matrimoniale, le spalle contratte e i capelli nascosti dal cappuccio
con la pelliccia scura che si era tirato sulla testa.
«Kuro», singhiozzò Mahiru e fu lui
quella volta a stringerlo da dietro, premendo il volto contro la sua
schiena.
«Cacchio... Preferirei morire che avere a che fare con queste
cose», sospirò ad un tratto il vampiro, girandosi
tra le braccia del ragazzino per ricambiare la stretta e lasciare che
piangesse contro il suo petto.
Incredibilmente, quelle parole furono in grado di far sorridere Mahiru:
erano state quelle le prime parole che Kuro aveva pronunciato quando
tornando a casa da scuola l'aveva trovato nella sua forma umana, seduto
nel salotto buio mentre guardava la TV e a scroccava spuntini.
Alzò gli occhi in quelli del servamp e fu piacevolmente
sorpreso nel trovare anche sul suo volto un sorriso, piccolo eppure
bellissimo, tanto che le sue guance si infiammarono di nuovo.
«Ti ricordi che cos'altro dicesti quando ci siamo
conosciuti?», gli domandò.
Kuro parve pensarci su, gli occhi alzati e un dito sulle labbra.
«"Che moccioso violento"?».
Mahiru gli tirò un colpetto sulla fronte con due dita,
ridacchiando, e lo corresse: «Dicesti che io e te avremmo
preferito morire piuttosto che andare d'accordo».
«Oh, è vero».
«E io... io dissi che ero dello stesso parere»,
concluse, imbarazzato. «Ma mi sbagliavo».
Kuro non abbassò gli occhi nei suoi, ma la sua bocca
dischiusa era abbastanza per capire che l'aveva stupito.
Non era possibile, eppure Mahiru avrebbe giurato di vedere del rossore
sulle sue guance quando farfugliò a bassa voce:
«Ci sbagliavamo entrambi».
Fu il ragazzo quella volta a ritrovarsi senza parole, scioccato dalle
sue parole. Il cuore gli martellava forte nel petto, tanto che per il
vampiro quel ritmico pulsare doveva sembrare un assolo di batteria. In
più, Mahiru provò l'impellente desiderio di un
contatto fisico più profondo e non se lo negò.
Gli aveva appena detto che nella vita non bisognava trascinarsi dietro
rimpianti, no?
Gli portò dunque una mano alla nuca, tra quei capelli
morbidi, e sollevandosi un poco posò le labbra su quelle del
suo servamp.
Nelle sue fantasie, Mahiru aveva sempre immaginato che avrebbe dato il
primo bacio a Sakuya. Mai, raccogliendo quel piccolo gatto randagio,
avrebbe potuto pensare che la sua vita sarebbe stata stravolta in quel
modo.
Sakuya, l'amico d'infanzia che si era rivelato essere un vampiro
sottoclasse bugiardo e triste.
Kuro, il gatto che si era rivelato essere il servamp dell'Accidia a cui
si era sbadatamente legato.
Il suo primo bacio lo stava dando a Kuro ed era bello come nelle sue
fantasie, se non di più. Non se ne sarebbe mai
pentito.
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