Sabato,
7 luglio 2012
Mi
guardo allo specchio compiaciuto della mia immagine riflessa, mentre
do un'ultima sistemata ai capelli, che stasera non ne vogliono
proprio sapere di stare come voglio io e continuano a ricadermi sulla
fronte. Aggiungo altro gel, accorgendomi che il tubetto è
circa a metà e amaramente mi ritrovo a pensare che per molto
tempo non occorrerà comprarne un altro. Tiro indietro il
ciuffo e mi copro i capelli con le mani, provando a immaginarmi senza
e quello che vedo non mi piace.
Mi
è sempre piaciuta la mia faccia, ma senza capelli dubito che
mi piacerà ancora.
"Leo
sei pronto?!" mi chiama Asia dal soggiorno. "Io sto per
uscire!"
"Sì,
arrivo!" le rispondo sciacquandomi le mani e asciugandole in
fretta.
"Però!"
esclama lei quando mi vede. "Va a finire che Giulia ti fa una
scenata di gelosia stasera, sei troppo bello!" dice sistemandomi
il colletto della camicia nera che ho indosso.
"Tra
un po' non lo sarò più" mormoro mentre usciamo
dalla porta di casa.
"Ma
smettila! Altrimenti ti lascio a piedi!"
"Non
posso ancora sforzare la gamba, ricordi? Oseresti andare contro gli
ordini della Lisandri?!" scherzo mentre saliamo in auto.
"Oh
no, per carità! Quella donna mi incute un certo timore..."
Io
rido: "Dì pure che è una strega!"
"Però
sa fare bene il suo lavoro".
Sì,
su questo direi che non ci sono dubbi.
"Sei
sicuro che non devo passarti a prendere?" mi chiede Asia
fermandosi davanti al Mr.
Brown, il pub dove
ho appuntamento con Giulia e gli altri per cenare e ascoltare una
rock band locale che si esibisce più tardi.
"Sì,
tranquilla. Mi riporta a casa il fratello di Alberto."
"Va
bene, buona serata!" mi dice mentre apro lo sportello per
scendere.
"Anche
a te sorellina" le rispondo dandole un bacio sulla guancia,
prima di scendere dall'auto.
Entro
nel pub guardandomi intorno alla ricerca dei miei amici, quando mi
sento chiamare: "Ehi Leo! Siamo qui!".
Riconosco la voce di Mattia
e individuo subito il tavolo dov'è seduto insieme a Cecilia,
Alberto, Riccardo e Daniele.
"Ciao!" dico
sedendomi. "Giulia non è ancora arrivata?"
"No, ma viene insieme
ad Arianna..." mi risponde Cecilia.
"Ok, allora prima delle
dieci mi sa che non la vedo!" dico scherzando, anche se fino a
un certo punto, perché si sa che Arianna è una
ritardataria cronica.
Circa mezzora dopo, qualcuno
mi dà un bacio sul collo e non ho certo bisogno di girarmi per
sapere chi è.
"Sei arrivata
finalmente!" esclamo mentre Giulia si siede accanto a me.
Indossa un mini vestito che diventa ancora più corto quando si
siede, regalandomi la vista delle sue bellissime gambe.
"Indovinate di chi è
la colpa?" dice guardando Arianna. "Doveva passarmi a
prendere con sua madre alle otto e mezza!"
"E' mia madre che ha
ritardato!" si difende Arianna inutilmente, dal momento che
nessuno di noi le crede.
Alle 22:30 comincia
l'esibizione della rock band e Giulia mi trascina a ballare, ma
presto la gamba mi fa male e andiamo a sederci su un divanetto.
Ci
stiamo baciando appassionatamente.
Le
sue mani sono intrecciate dietro al mio collo.
Le
mie accarezzano le sue gambe nude.
"Sei troppo bello
stasera" dice ad un certo punto staccandosi da me. "Devo
tenerti stretto!".
Io sorrido, senza dire
niente, ripensando alle parole di Asia e mi affretto ad accorciare di
nuovo la distanza tra le nostre bocche, forzando con la lingua le
sue labbra che subito mi lasciano passare.
Veniamo
interrotti da Mattia e Cecilia che sono venuti a salutarci.
"Andate
via di già?!" domando loro stupito. "Non saranno
nemmeno le undici!"
"Eh..." comincia a
dire Mattia lasciando la frase in sospeso, mentre Cecilia sorride.
"Vogliamo farci un giretto da soli!" continua un po'
imbarazzato.
"Aaah! Buon giretto
allora!!" esclamo lanciandogli un'occhiata complice.
"Passo a trovarti in
settimana, prima di partire per Londra, ok?" mi dice mettendomi
una mano sulla spalla.
“Ok.”
"Mi dispiace così
tanto che tu e Giulia non veniate...".
Giulia che non va a Londra?!
Che storia è mai
questa?!
Mi giro a guardarla e vedo
che sta fulminando Mattia con lo sguardo.
Lui le chiede scusa muovendo
le labbra senza parlare, poi prende per mano Cecilia e si affretta ad
andarsene, augurandoci la buonanotte.
Io mi alzo dal divanetto,
piuttosto innervosito e faccio cenno a Giulia di seguirmi fuori.
"Esiste
un modo per toglierti dalla faccia quell'espressione incazzata?!"
esclama Giulia una volta fuori dal pub.
"No.
Ho l'espressione incazzata perché sono incazzato!"
"Va
bene, scusa..." mormora lei avvicinandosi a me con tono
dispiaciuto.
"Adesso
mi spieghi perché cazzo non vuoi andare a Londra e perché
cazzo non me l'hai detto?!" dico alzando la voce e
allontanandomi da lei.
"Non
c'è molto da spiegare, mi pare!" ribatte lei alzando la
voce a sua volta. "Non voglio andare senza di te! E non te l'ho
detto per non farti incazzare!".
"Io
voglio che parti" dico con tono più pacato, ma sempre
deciso.
"E
quello che voglio io?!" domanda lei incrociando le braccia. "Non
posso andare via per tre settimane e lasciarti così..."
dice con la voce che le trema. "Proprio mentre tu..."
Proprio
mentre io sarò dentro e fuori dall'ospedale?
Proprio
mentre io vomiterò e perderò i capelli?
Proprio
mentre io faticherò a reggermi in piedi?
Un
brivido gelido mi percorre la schiena pensando a cosa mi aspetta
da lunedì.
"Starò
di merda, lo sai” le dico avvertendo la gola terribilmente
secca. “E sarò di pessimo umore. Non voglio che tu mi
veda così, sono più tranquillo se so che sei lontana
per un po'".
"Lo
so benissimo!” esclama guardandomi con gli occhi spalancati e
pieni di lacrime. Mi sembra quasi di sentire il suo cuore andare in
pezzi. “Ma starai di merda per ben più di tre settimane!
Anche se andassi, quando tornerei ti vedrei comunque stare male e non
potrei perdonarmi di non esserci stata prima!"
"Ed
io non potrei perdonarti se rinunci a partire per restare qui a
vedermi vomitare! Tu ci andrai e il discorso è chiuso!"
"Ma
chi sei?! Mio padre?! Non puoi decidere tu se devo o non devo
partire!".
Mi
sento stremato.
Questa
avrebbe dovuto essere una serata leggera.
Ci
saremmo dovuti divertire e non pensare a niente.
E
invece abbiamo finito per parlare della Bestia.
Ancora.
Sono
stanco.
"Beh,
ma decido io se vederti oppure no! Guarda che se anche non parti per
Londra fa lo stesso! Mentre faccio la chemio io non ti voglio
vedere!"
Prima
che lei possa dire o fare qualcosa, mi allontano a passo svelto lungo
il marciapiede, ma lei mi raggiunge correndo e mi afferra il braccio
con presa sicura. "Aspetta!" implora mettendosi davanti a
me. "Non puoi dire sul serio..." mormora a pochi centimetri
dalle mie labbra.
Il
tono della sua voce.
I
suoi occhi pieni di lacrime.
Le
sue dita sul mio viso.
E'
difficilissimo resisterle.
Mi
guarda, aspettando che io dica qualcosa.
Le
parole mi bruciano in gola.
Vorrebbero
esplodere.
Liberatorie. E
sono davvero sul punto di dirle, quelle parole.
Che
non è così facile per me essere forte.
Che
ho paura di uscire annientato da tutta questa faccenda.
Che
sono da solo in questa mia guerra e che nessuno può
combatterla per me.
E
nemmeno con me.
Che
non so come sopravviverà la nostra storia alla mia fottuta
guerra.
Ma
che non posso permettermi di pensarci.
Perché
adesso devo pensare a come sopravvivere io.
Ma
non le dico niente di tutto questo.
Il
silenzio è così pesante e amaro che sostenerlo è
impossibile.
"Sì,
dico sul serio".
Me
ne vado.
Senza
aggiungere nulla.
Privato
di ogni energia.
“Leo,
sei tu?!" chiede Matteo quando sente aprire la porta di casa.
"Sì"
risponde Leo entrando ed abbandonandosi dolorante su una poltrona. E'
tornato a casa a piedi, camminando per una quarantina di minuti e la
sua gamba pare non averglielo affatto perdonato. "Sei
in anticipo" dice abbassando il volume del televisore. "E'
la prima volta che torni prima dell'orario stabilito. Non stai
bene?" "Sto
bene" dice Leo sfregandosi un occhio.
"Sei
sicuro?"
"Da
quando sei diventato così apprensivo?! Mi sembri Asia!" "Mi
preoccupo perché non è da te rientrare così
presto. E mi sembri turbato."
"Che
palle papà! Sono solo stanco! Adesso me ne vado a letto!"
esclama alzandosi dalla poltrona.
Matteo si alza dal divano e gli si avvicina. "È successo
qualcosa con la tua ragazza? Avete litigato?” gli chiede
guardandolo negli occhi e accarezzandogli una guancia.
"Non
è successo niente" ribadisce Leo con la voce agitata e
un'espressione tesa sul viso che non fa che alimentare la sua
apprensione. "Buonanotte" aggiunge andando verso la propria
camera.
Matteo resta immobile, a guardarlo mentre si allontana zoppicando, con
il cuore pieno d'ansia.
A
giudicare da come cammina, la gamba deve sicuramente fargli male.
E'
per questo che è rientrato prima?
Vorrebbe
avvicinarsi a lui.
Abbracciarlo.
Calmare
la tempesta che si agita nei suoi occhi.
Ma
qualcosa lo tiene inchiodato lì dov'è.
Paura.
Ecco
cos'è che lo inchioda.
Paura
di ciò che vorrebbe chiedergli.
Paura
di ciò che Leo potrebbe rispondergli.
Paura
di quello che Leo sta provando.
Perché
già solo l'idea è abbastanza da dargli la
nausea.
Perché
ci può essere solo un motivo che può aver generato
tanta tensione in suo figlio, stasera.
Quel
motivo di cui loro due non parlano mai.
Uno
per orgoglio, l'altro per vigliaccheria.
Si
lascia ricadere sul divano, con il respiro che gli solleva,
frenetico, il petto.
Mi spoglio in fretta,
rimanendo solo coi boxer e mi butto sul letto.
Sono totalmente distrutto.
La gamba mi fa così
male da annebbiarmi quasi la vista.
Mando giù un
antidolorifico e cerco di dormire, ma persisto a lungo in uno stato
di dormiveglia.
Quando
sento la porta aprirsi credo che sia mio padre, ma poi riconosco i
passi di Asia e i suoi capelli sfiorarmi il viso mentre si china su
di me per baciarmi sulla fronte.
"Ciao
sorellina..." mormoro senza aprire gli occhi.
"Ti
ho svegliato?"
"No,
non proprio. Che ore sono?"
"L'una
e mezza" risponde lei sdraiandosi accanto a me. "Com'è
andata la tua serata? Hai fatto strage di cuori?".
A
dire il vero ho fatto strage di Giulia.
E
non in senso buono.
"Tutto
bene" dico sfregandomi un occhio. "Il gruppo che ha suonato
era veramente forte!"
"Allora
perché sei tornato prima?"
"Che
c'è?!" esclamo tirandomi su di botto."Ti ha mandata
papà a indagare, eh?!"
"Non
mi ha mandata papà" dice lei tirandosi su a sua volta.
"Mi ha solo detto che sei rientrato prima, tutto qui. Che
succede, Leo? Ne vuoi parlare?"
"Lo
sai che succede."
"Sì,
lo so. E so anche che non ne parli, né con me né con
papà. Non credo ti faccia bene. Un giorno sei a pezzi, quello
dopo trovi la forza e poi ti ritrovo di nuovo distrutto e poi ancora
forte. Sei troppo giovane per gestire tutto questo da solo."
"Sono
troppo giovane pure per restare senza la mamma, ma ho dovuto farmene
una ragione. Stringo i denti e vado avanti. Io sono fatto così,
lo sai".
Sono
testardo e sono orgoglioso.
E
mi va bene così.
La
stanza è immersa nel buio, eccetto per un piccolo spiraglio di
luce proveniente dalle fessure della tapparella della finestra; Asia
mi prende una mano e nonostante il buio percepisco il suo sguardo su
di me: "Non hai paura?"; e in questa domanda avverto tutta
la sua, di paura.
Appoggio
la schiena alla testiera del letto, stringo spasmodicamente i pugni e
il cuore mi batte fortissimo.
"Sì
che ho paura".
La
mia voce risuona, desolata e oppressa, nel silenzio della notte.
Mi
viene da piangere ma non voglio crollare davanti a lei.
"Vorrei
solo svegliarmi una mattina ed accorgermi di aver fatto un brutto
sogno” dico in un sussurro. “Trovare mamma, sana e bella,
in cucina a prepararmi la colazione, senza dovermi domandare come
sarò ridotto tra un anno e se sarò ancora vivo”.
Che
non ci fosse bisogno di combattere.
Godermi
l'estate con i miei amici.
Prendere
il patentino e girovagare con la mia Vespa.
Discutere
con mio padre perché rientro troppo tardi e non perché
rientro troppo presto.
Giocare
a pallanuoto.
Correre
al parco con Zeus.
Andare
a Londra.
Fare
l'amore con Giulia.
Ecco
cosa vorrei.
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