Le cronache di Aveiron: Vittime e complici

di Emmastory
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Capitolo XXXVII

Di nuovo in guerra

Stefan ed io ci eravamo svegliati da poco, ed era mattina presto, periodo della giornata secondo lui pieno di novità positive. Per pura e nera sfortuna, l’astro re del cielo smise di farci compagnia poco dopo la colazione, che consumai ma non riuscii ad assaporare completamente. L’ansia collegata alla notte appena trascorsa e all’incubo da poco rivissuto mi dilaniava l’anima, tanto da causarmi tremori e dolori in tutto il corpo. Ovvio era che Stefan detestasse vedermi in quel modo, ma non potevo davvero farci nulla. Conservavo ancora entrambi i ciondoli che mi aveva regalato, e non li toglievo mai, e sapevo benissimo che mi avrebbe protetta per sempre, ma nonostante tutto, a volte mi sembrava davvero di tornare bambina e aver paura di qualsiasi cosa, Ladri compresi. Facevo del mio meglio per mostrarmi forte e sicura così da istruire i ragazzi a fare lo stesso, ma con il tempo che continuava a muoversi veloce, non avendo pietà per niente e nessuno, temevo. Temevo per la mia incolumità e per quella dei miei figli, così come per ogni componente del mio gruppo. Ora come ora, mangiare mi è davvero difficile, in quanto ogni boccone di cibo ha perso di sapore. Con lo stomaco in subbuglio, guardo costantemente fuori dalla finestra, e Chance, preoccupato per me almeno tanto quanto Stefan, uggiola piantandomi le zampe sulle gambe. “Sta calma.” Sembra dire, spronandomi a mantenere la lucidità in un tale caos. Accarezzandolo, apprezzo il suo sforzo, ma mentre tento di nutrirmi e mangiare qualcosa, la paura sale e il cibo scende. Una volta finito, faccio per alzarmi dalla sedia, ma Chance mi ferma. “Non farlo. È pericoloso.” Cerca di avvertirmi, e pur comprendendo la sua preoccupazione, lo ignoro. I ragazzi sono come sempre fuori che si allenano, e volendo controllarli, esco subito di casa. Mentre cammino, le gambe mi tremano, e non appena arrivo fuori, li vedo. I miei figli sono intenti ad allenarsi, e a quanto vedo, Rose non osa allontanarsi da Isaac. Oltre ad esserne innamorata, è a conoscenza del suo problema cardiaco, perciò è sempre lì per aiutarlo, come una vera infermiera. I minuti scorrono, e tutto attorno a noi è calmo. Come ben sappiamo, la calma è per noi merce rara, ma ormai è stata spezzata così tante volte che non sappiamo più come comportarci. Tutto questo ci rende ansiosi, e come se non bastasse, qualcos’altro sta accadendo proprio davanti ai miei occhi. Il sole picchia forte, eppure ho freddo. Tentando in ogni modo di dissimulare, fingo di star bene, ma dentro di me sento che la profezia della Leader si sta di nuovo avverando. “Ragazzi, dobbiamo rientrare.” Li avviso, guardandoli tutti negli occhi e faticando a mantenere la calma. “Ma abbiamo appena cominciato!” si lamenta Aaron, trovandosi in completo disaccordo. “Ho detto di rientrare.” Ribatto a muso duro, più seria e severa del solito. Alle mie parole, i ragazzi non rispondono, e incredibilmente, anche Terra sembra provare le mie stesse sensazioni. “La mamma ha ragione, andiamo.” Balbetta a causa del freddo, mentre cerca di conservare il calore corporeo stringendosi nella giacca che porta. Preoccupati per la sorella, i fratelli la seguono, e una volta in casa, assistiamo inermi a quanto sta accadendo. Il vento soffia e ulula minaccioso, facendosi strada fra le crepe e le fessure della nostra casa, ormai vecchia, austera e rovinata dal tempo. Abbiamo tutti paura, e ci stringiamo gli uni agli altri. A occhi chiusi, non facciamo che attendere, e improvvisamente, qualcuno bussa con forza alla nostra porta. Quel suono ci giunge minaccioso, e si ripete costantemente, perciò i casi sono due. Qualcuno odia quella porta, o è deciso a vederla aperta. Spaventati, non osiamo muoverci, e Chance abbaia furioso nel tentativo di difenderci, ma contro ogni previsione, oltre le grida di guerra e paura che si levano appena fuori dalle nostre mura domestiche, una voce amica. “Rain, Stefan! Sono io, Lady Fatima!” Grida la Leader, sperando ardentemente di essere sentita. A quelle parole, scatto in piedi, e mentre Chance si fa da parte, il mio amato sguaina la spada. Di lì a poco, ci precipitiamo tutti fuori, e la battaglia ha inizio. Arriviamo in fretta alla piazza principale, focolaio della lotta stessa. Guardandomi intorno, scopro che Soren e Samira sono già al lavoro, e nella calca scorgo anche i volti di Ilmion e Alisia. Insieme, lottano con gran valore, e mentre i minuti scorrono lenti sembrando lunghe ore, anch’io faccio del mio meglio. Mi muovo più veloce che posso, e con gran precisione, sferro colpi che vanno sempre a segno. Stefan mi resta accanto, e la sua spada ferisce come o più della mia daga, ma improvvisamente, perdo di vista i ragazzi. Il panico si impossessa di me, ma grazie al cielo stanno bene. Combattono con tutte le loro forze proprio come noi, e la lotta pare andare avanti incessantemente. I civili feriti urlano per il dolore e la paura, e tentando di scappare cadono per poi venire calpestati. Tutto questo non è che un vero è proprio calvario, e al tempo stesso una triste verità. Ci costa ammetterlo, nonostante il nostro sia un desiderio di vita e pace, attorno a noi c’è solo la morte, e siamo di nuovo in battaglia.
 




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