Le cronache di Aveiron: Vittime e complici

di Emmastory
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Capitolo XLI

Stoicismo da guerrieri

Altri sette giorni erano per noi scomparsi, e tenendoci pronti e in forma, eravamo riusciti a tornare alla normalità. Così, le nostre vite avevano ripreso a scorrere calme e lente come corsi d’acqua, e gli allenamenti dei ragazzi andavano a gonfie vele. Il tempo non faceva che sfuggirci, ed io, sempre vicina ai miei figli in ogni frangente, li osservavo allenarsi. Ognuno con in mano la propria arma, ma tutti vicini. Terra con Trace, Rose con Isaac, e Aaron da solo. Guardandolo, provavo una leggera sensazione di sconforto, ma questa non tardava mai ad unirsi all’orgoglio, in quanto lo vedevo sempre pronto a sforzarsi e migliorare. A quanto vedevo, ce la metteva sempre tutta, e malgrado a volte cadesse procurandosi lievi ferite su braccia e gambe, la cosa non mi toccava. Aveva undici anni, ed era vero, ma ai miei occhi appariva come un ometto. Sempre più grande, e sempre più maturo, non mancava mai di mostrare il suo senso d’onore e responsabilità. Pur restando in disparte e vicino a suo padre, lo osservavo per assicurarmi che non si facesse male, e con il sole alto nel cielo, avevo fiducia. Anche se da poco, avevamo di nuovo raggiunto il verde e rigoglioso bosco, che ormai consideravamo nostra oasi di pace e tranquillità, ritrovando, fra l’erba, gli alberi e le foglie, il luogo perfetto per l’allenamento dei ragazzi. Camminando, mi sentii stanca, e decidendo di sedermi all’ombra di un albero, la notai. Una ragazzina che pareva avere ad occhio e croce la stessa età di Aaron. Basandomi sulla sua altezza, ipotizzai che fosse di qualche anno più grande, ma nonostante tutto, tacqui la mia scoperta. “Ma l’hai vista? Chi è?” mi chiese Stefan, sorpreso della sua presenza almeno tanto quanto me. In silenzio, mi strinsi nelle spalle, non avendone la più pallida idea. Notandomi, la ragazzina si avvicinò timidamente, e solo allora, provai a parlarle. “Come ti chiami?” le chiesi, nell’amichevole tentativo di rompere il ghiaccio. Silenziosa, non rispondeva. Al contrario, esitava, e guardandola, mi concentrai sui suoi capelli. Neri, ma incredibilmente corti, così corti da farla somigliare a un ragazzo. In quel momento, un ricordo. Anche se anni prima, anche io avevo tagliato i capelli. Non corti come i suoi, certo, ma l’avevo fatto, e per una sola ragione. Proteggermi. Da allora sono passati anni, ma ricordo ancora la paura provata nel girono del mio arrivo alla Casa della Leader, dove Stefan mi aveva portata per evitare che congelassi nella neve. Inizialmente, mi ero perfino rifiutata di farlo, ma alla fine Stefan e il dottor Patrick mi avevano convinta. Per qualche strana ragione, quelle sue caratteristiche mi facevano sorgere un dubbio. Era giovane, certo, ma se fosse stata una guerriera come noi? Non avevo alcun modo di essene sicura, ma considerando il suo aspetto come una serie di indizi, attesi. Dopo un tempo interminabile e che non riuscii a definire, la ragazzina si decise. “Mi chiamo Ava.” Disse, presentandosi educatamente. “Piacere nostro.” Rispondemmo in coro io e Stefan, felici di aver fatto la sua conoscenza. Di lì a poco, Aaron fece un gesto con la mano, e sorridendo, la chiamò per nome. “Ava! Dai, vieni, così ci alleniamo!” gridò, sperando che la sua amica fosse in grado di sentirlo. Rispondendo a quella sorta di richiamo, la ragazza si voltò, e correndo, raggiunse mio figlio. Sempre a debita distanza, li osservai entrambi scagliarsi per gioco contro i manichini appesi agli alberi, avendo poi il piacere e la fortuna di sentirli ridere. Insieme, si muovevano con assoluta sincronia, tendendosi agguati e fingendo di ferirsi dando inizio a false lotte e combattimenti. Non volendo disturbarli, non mi avvicinai, ma continuando a guardarli, non feci che sorridere all’idea di vederli crescere così velocemente. “L’ambiente l’ha formata.” Mi aveva detto un giorno Lady Fatima. Per quanto ne sapevo, allora si riferiva a Terra, ma ora capivo che la stessa e identica frase, se accuratamente modificata, poteva essere applicata anche ad Aaron e alla sua nuova amica. Ad essere sincera, speravo che avessero ancora tempo di ridere, vivere e giocare godendosi le gioie della loro età, malgrado l’attuale situazione li spingesse sempre a mostrare quello che definivo stoicismo da guerrieri.




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