Immortal

di notacommonwriter
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Martedì 10 Aprile 2012, New York
Le festività pasquali, per le quali gli esseri umani si erano affannati a partire da mesi prima del loro inizio, si erano concluse il giorno precedente e Diana si sentiva del tutto indifferente alla cosa, come per la maggior parte dei fatti riguardanti le vicende umane. Aveva vissuto cinquemila anni senza mai interessarsi realmente al mondo lontano dalla sua isola, vivendo nella tranquillità del medioevo in cui le amazzoni erano confinate e l’unico essere umano che era mai stato in grado di suscitare in lei sentimenti positivi, oltre ad essere stato il primo da lei conosciuto, ora riposava nella terra sotto ai suoi piedi. La primavera era vicina, eppure a New York faceva ancora un freddo cane e se non fosse stato per Steve, lei avrebbe maledetto la sua decisione di allontanarsi dalla sua calda e confortevole abitazione per andare lì. Andava da lui ogni domenica ma, stavolta, aveva dovuto rimandare la visita, a causa dell’affollamento della città nei giorni precedenti. Ad ogni visita gli portava un mazzo di fiori freschi e lo aggiornava sugli ultimi eventi, convinta, a modo suo, che lui potesse stare ad ascoltarla.
Si chinò sulle ginocchia, stirandosi i jeans attillati e depositò i fiori al posto di quelli secchi che aveva appena gettato nell’immondizia. Si avvicinò alla lapide, l’immagine di Steve, bello e splendente nella sua uniforme, sembrava osservarla con affetto. Increspò le labbra e schioccò un bacio leggero sulla sua figura, poi le distese in un sorriso malinconico. Le mancava tremendamente e le era mancato allo stesso modo tutti i giorni in quasi cento anni. Nessuno avrebbe mai colmato quel vuoto e lei avrebbe passato l’eternità a piangere l’unico grande amore della sua vita immortale. Poggiò la fronte contro il marmo bianco e gelido della lapide, una lacrima solitaria le rigò il volto dai lineamenti affilati e si spense sul suo mento, poi mormorò qualcosa a voce bassa, sussurrando, come se avesse avuto paura che qualcuno avesse potuto sentirla.
-Qui va tutto bene, la Terra è in pace, compresa la mia isola. Mi manchi tanto, Amore mio-La voce le si spezzò e dovette combattere contro se stessa per non scoppiare a piangere. Si rialzò lentamente, lasciando una carezza alla foto che ritraeva Steve e si asciugò le poche lacrime con il dorso della mano.
Erano quasi cento anni che gli ripeteva quelle parole, sempre uguali, sempre rotte dalla commozione. Si era convinta di disprezzare gli esseri umani, ma in realtà aveva solo paura di avvicinarsi a loro. Da quando combatteva al loro servizio, viveva come loro e fra loro camminava, aveva imparato quanto fossero delle creature meravigliosamente complesse, eppure fragilissime. Erano fragili sia psicologicamente, vista la loro attitudine a farsi sottomettere dal male, sia fisicamente. Avevano corpi cento volte più vulnerabili del suo, vite mille volte più brevi, eppure erano capaci di provocare in lei sentimenti che le erano sconosciuti per ogni altro essere. Steve era stato questo, il più meraviglioso e fragile degli esseri umani, l’amore che le era stato strappato dal suo stesso eroismo. Aveva ottenuto la pace per il genere umano, ma l’aveva pagata a caro prezzo. Accanto al nome “Steve Trevor” non vi erano onorificenze di nessun tipo. Lui era stato l’eroe della Grande Guerra, ma la sua posizione di semplice spia non aveva fatto altro che renderlo un anonimo soldato, qualcuno di sconosciuto alla storia. Per questo Diana odiava quello Stato, odiava chiunque ne fosse a capo e la loro nauseabonda freddezza. Le serviva ricordare l’amore per Steve ogni volta che il mondo civilizzato le chiedeva di combattere per lui.
Restò a guardare la lapide qualche altro secondo, poi gli mandò un bacio con la mano, si voltò e andò via. Salì in macchina e si avviò verso il suo appartamento in centro. Non abitava più a Themyscira, ci tornava occasionalmente per controllarne l’andazzo. Dopo la morte di Steve aveva scelto di restare fra gli uomini, perché anche solo l’idea di stare lontana da ciò che rimaneva di lui, la uccideva. Ormai quell’uomo era diventato la sua ancora nel mondo civilizzato. Scese dall’auto e si avviò verso il suo appartamento. Si gettò sul divano, togliendosi gli stivaletti di pelle e notò la spia rossa del cordless sul tavolino da caffè, segno che ci fossero chiamate perse. Controllò il cellulare, l’aveva lasciato a casa, ed anche quest’ultimo era intasato di chiamate. Un solo mittente: Nick Fury.
 
Mercoledì 11 Aprile 2012, Halicarrier S.H.I.E.L.D, New York
Scese dall’auto con una lieve smorfia, infastidita dal vento che le scompigliava i capelli bruni. Ricambiò il saluto di Fury, che le veniva incontro e si strinse nel cappotto di panno, infreddolita.
-La principessa delle amazzoni patisce il clima di New York?-Fury borbottò una risata, sapeva di dover essere amabile con lei, essendo spaventato dalla possibilità che Diana gli voltasse le spalle.
-Cento anni nel vostro mondo mi hanno ammorbidita-Rispose con un sorriso, stringendo la mano a quella che era una delle più importanti teste pensanti dello S.H.I.E.L.D.
I soldati intorno a lei si prostrarono improvvisamente ai suoi lati, quasi intimoriti all’idea di alzare il capo e lei rimase spiazzata e divertita allo stesso tempo.
-Vi sembra che porti la corona e lo scettro? Alzatevi, mi mettete in imbarazzo-Borbottò, sarcastica, enfatizzando il tutto con un gesto della mano.
-La principessa non ama le cerimonie…-Mormorò Nick, riferendosi ai suoi uomini.
-Poche chiacchiere, Fury. Mi parli del progetto Avangers, so che è per questo che mi ha fatto venire qui-Andò dritta al nocciolo della questione, infastidita dalla finta gentilezza di quell’uomo.
-Da cosa l’ha dedotto, di preciso?-Chiese, con un sorrisino tirato.
-E’ stata un’intuizione finché non ho visto il signor Stark e la Vedova Nera parlare amabilmente, proprio lì-Indicò con il dito un gruppetto di persone poco distanti, che guardavano di sottecchi nella sua direzione.
-Intuitiva come sempre-Osservò Fury, voltandosi e facendole strada verso di loro.
Da quando era arrivata si era sentita due occhi in particolare addosso, che erano anche gli unici che la guardavano apertamente, senza nascondere la loro curiosità. Erano di un azzurro glaciale ed appartenevano ad un ragazzo alto e palestrato, capelli biondo cenere tagliati a spazzola ed una pungente aria d’altri tempi. La squadravano senza malizia e dalla loro espressione quel ragazzo doveva starsi chiedendo se quella fosse davvero la Diana Prince di cui gli avevano parlato. Erano belli, azzurri e puliti ed il volto del ragazzo aveva l’aria di appartenere ad una persona infinitamente giusta e gentile.
-Signori, Diana Prince. Per chi già non la conoscesse, e stento a crederci, lei è Wonder Woman-La introdusse Fury.
-Diana-La salutò la Vedova Nera, con un sorriso leggero.
-Natasha-Ricambiò lei, portandosi le mani infreddolite nelle tasche. Per guardarla doveva abbassare lo sguardo, vista la sua notevole altezza rispetto alla Romanoff.
-La più meravigliosa delle creature non civilizzate è apparsa a noi questa mattina, che grande onore!-Tony Stark le baciò la mano, con un ghigno irritante e la sua solita aria da play boy, inefficace su Diana-Come sempre porta divinamente i suoi appena cinquemila anni, i miei più sentiti complimenti!-Terminò e Diana scosse il capo, come a volersi calmare, in modo da non farsi prendere dalla foga e fare del male a quel ridicolo essere umano.
-La sua gentilezza mi commuove sempre, Dottor Stark-Sibilò, con un sorriso costretto sul viso e lui si ritirò con un gesto scenico della mano, facendo spazio a quello che aveva l’aria di essere un altro cervellone.
-Così lei è Wonder Woman…Piacere di conoscerla, Bruce Banner-Lo scienziato le si presentò cordialmente. Diana lo squadrò impercettibilmente qualche secondo, aveva già sentito quel nome da qualche parte e ci mise poco a ricollegarlo a qualcosa.
-E lei dev’essere l’Hulk di cui mi hanno tanto parlato. Il piacere è mio-Rispose, stringendogli la mano.
Con la coda dell’occhio vide un omaccione alto e tutto muscoli, dall’aspetto nordico e vestito da re dei vichinghi, che le si stava avvicinando. Quell’uomo, se così si poteva definirlo, doveva avere qualcosa a che fare con il pazzo mitomane che aveva seminato scompiglio pochi giorni prima. Lei non si era mossa ed aveva lasciato fare allo S.H.I.E.L.D, che comunque la chiamava solo per i fatti davvero importanti e questo l’aveva portata a pensare a quell’evento come a qualcosa di isolato ma, evidentemente, non era stato così.
-Come sovrano di Asgard, sono onorato di fare la sua conoscenza, sua maestà-Il guerriero dalla folta chioma bionda si inginocchiò ai suoi piedi e Diana pensò con una risatina che fosse parente dei soldati che l’avevano accolta all’entrata. Non voleva essere scortese, sapeva quanto ai nobili stesse a cuore l’etichetta e così, malgrado l’imbarazzo, resse il gioco.
Ad un suo cenno, con suo sollievo, il vichingo si rialzò e tornò ad ergersi nella sua statura imponente. Diana si voltò, l’ultimo componente del gruppo mancante all’appello era il giovane uomo che non le staccava gli occhi di dosso dal suo arrivo. A guardarlo bene, sembrava stesse tentando di prevedere le sue mosse, o qualcosa del genere; aveva il classico aspetto dei militari che, dopo la trincea, confondono vita reale e battaglia e stanno sempre sull’attenti. Distese le labbra in un sorriso e gli porse una mano, tirandola fuori dalla tasca della giacca.
-Diana Prince, piacere di conoscerti-Lo salutò dandogli del tu, come avrebbe voluto che tutti facessero con lei ed il soldato sembrò gradirlo.
-Steve Rogers, il piacere è mio-Ricambiò la stretta. Le si dipinse un sorrisino soddisfatto in volto: ci avrebbe scommesso che il suo nome fosse stato proprio Steve.




Note
Salve a tutti! Ho deciso di scrivere questa cosina che mi ronzava in testa da un po'. Ovviamente per rendere il tutto sensato ho dovuto unire gli universi Marvel e DC e spero di essere stata realistica nel farlo. Ho sempre pensato che Diana e Steve potessero essere una splendida coppia e quindi vedremo come si evolveranno le cose. Spero l'idea vi piaccia e vogliate continuare a leggere la storia, inoltre sarei molto felice di ricevere recensioni, positive e non, del resto, le critiche costruttive fanno sempre bene! Al prossimo capitolo!
-L'autrice

 




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