Le cronache di Aveiron: Un nuovo domani

di Emmastory
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Capitolo II

Ciò che ora siamo

Appena ieri, abbiamo tutti visitato la tomba di Samira, e le lacrime non sono certo mancate, ma oggi è un giorno nuovo e diverso. Secondo mia madre, il mattino ha sempre l'oro in bocca, ed essendomi svegliata piena di energie, mi trovo in pieno accordo con lei. Ovvio è che sia ancora triste per sua scomparsa, ma nonostante questo mi sto impegnando a mantenere la promessa che le ho fatto. Sono quindi come sempre ottimista, e proprio oggi, Alisia è venuta a trovarmi. Non da sola, certo, ma in compagnia di ben tre persone. Suo marito Ilmion e le mie amate nipotine, Erin e Cecilia. Bambine di quattro anni d'età, sempre felici e con un sorriso stampato sul volto. Gemelle quasi uguali e indistinguibili l'una dall'altra, se non fosse per qualche centimetro d'altezza e per le loro personalità. La prima, ovvero Erin, è più attiva e giocosa, mentre Cecilia è più calma, e preferisce stare tranquilla a distrarsi con i suoi giocattoli, piuttosto che sporcarsi di fango in giardino. Sin da quando Alisia era incinta di loro, ho sempre fatto il possibile per starle vicina, e così anche Stefan, che ha costruito a entrambe un'altalena e due cavalli a dondolo. Regali perfetti per il loro ormai trascorso terzo compleanno, che stando a quanto ricordo, hanno davvero apprezzato. Seguendo poi un vero e proprio ciclo ereditario, i pupazzetti di Rose e Terra sono passati da Aaron in mano a loro, e come c'era d'aspettarsi, li adorano. Essendo loro zia, le ho viste giocarci milioni di volte, e ho avuto modo di notare quanta cura e amore mostrino nei confronti dei loro giocattoli. Proprio come faceva Terra, ci parlano come se fossero umani, restando a volte in silenzio per ascoltare ciò che hanno da dire. Scene davvero tenere, che ho salvato come fotografie nella galleria della mia mente. Ad ogni modo, tutto sembra andar bene, e mentre il tempo scorre, le cose cambiano. Ora come ora, Terra ha vent'anni, e Trace è come sempre al suo fianco, innamorato di lei e impaziente di chiedere la sua mano. “Quando tutto finirà.” Le aveva detto, in un giorno in cui il sole splendeva sui loro corpi e il vento sembrava esistere unicamente per spostare i loro capelli. “Aspetterò.” Aveva risposto, sorridendo e posandogli un tenero bacio sulle labbra. Pur non intervenendo li guardavo sempre, e in quei momenti, non facevo che sorridere. Ora che la pace era tornata, c'era da ammettere che la felicità era tornata a far parte delle nostre vite, e che il loro era davvero un bel modo di mostrarla. Si amavano davvero, e a dirla tutta mi sentivo orgogliosa di Trace, malgrado non fosse mio figlio. Come ben ricordavo, aveva conosciuto Terra in una mattina scolastica, quando entrambi non erano che bambini, e da allora, la scintilla sembrava essere scattata. Sempre insieme, parlavano, ridevano e giocavano, litigando soltanto per stabilire chi volesse più bene all'altro. Liti sciocche, infantili e appartenenti al passato, ma che sono comunque parte dei miei ricordi più preziosi. Veloce e incapace di perdonare, il tempo scorre, e guardando negli occhi mia figlia, mi stupisco di quanto sia cresciuta. Pensandoci, mi lascio trasportare dalla corrente dei miei pensieri, e così facendo, ho la sensazione che dalla sua nascita sia passato solo un giorno, mentre la realtà non è questa. Sono ormai trascorsi ben vent'anni, e so perfettamente che prima o poi, il mio dolce uccellino dovrà lasciare il nido. Restando al suo fianco da quando è nata, l’ho sempre protetta, ma è insegnandole a difendersi dai Ladri e dai pericoli che le sto permettendo di spiccare, non appena sarà pronta, un metaforico volo verso la libertà. Ora era adulta, certo, ma come le avevo detto infinite volte quando era piccola, sarebbe sempre stata la mia bambina. Nonostante l’andar del tempo, ricordavo ancora i sorrisi felici che mostrava quando io o suo padre la tenevamo in braccio o giocavamo avendo poi il piacere di sentirla ridere. Ricordi bellissimi e dal valore inestimabile, che nessuno avrebbe mai potuto strapparmi dalla mente o dal cuore, poichè appartenevano a me soltanto, e avevano, anche se lentamente, contribuito a renderci la grande, allargata e bella famiglia che ancora oggi siamo. Felici di aver ricevuto una sorta di tregua da quegli schifosi mostri, e liberi di vivere una vita all'insegna della gioia che fino ad ora ci è tanto mancata. Scrivendo nel mio diario, prendo questi ultimi appunti, e chiudendolo, lo adagio nel cassetto, sorridendo appena prima di voltarmi. Un giorno non ci sarò, e la mia morte sarà inevitabile, ma voglio come sempre essere ottimista, e sperare che il mio diario sia una prova tangibile di quanto, tutti insieme come gruppo, abbiamo passato, e ciò che conseguentemente ora siamo.




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