Atavism

di Tefnuth
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“Questo dannato posto! E’ ancora peggio di un labirinto” imprecò Xander, mentre lui e i compagni stavano cercando di trovare la strada per i laboratori sotterranei.

“Prima o poi la troveremo, abbi pazienza” tentò di rassicurarlo Abnoba, posando una mano sul torace in subbuglio dell’uomo aquila.

“Allora potrebbe essere troppo tardi”.

“Lo sarà di certo, se continuiamo a starcene qua” affermò Silex, continuando a scrutare i corridoi per un’eventuale nuovo assalto delle guardie.

“SMETTETELA SUBITO! – Ordinò Felis, imperioso come non mai. – Non la aiuteremo di certo in questo modo” e poi, mettendosi alla testa del gruppo e senza chiedere opinioni altrui sulle possibili vie, cominciò ad addentrarsi nell’intestino dell’edificio. Non fu un viaggio facile, dal momento che le guardie armate da mettere fuori gioco aumentavano ad ogni passo. Nonostante ciò, il gruppo avanzò aprendo ogni porta su cui c’era scritto “vietato l’accesso”.

Alla fine, dopo infiniti svincoli, arrivarono in un corridoio il cui pavimento era stato ricoperto con i corpi di alcuni soldati.

“Qualcuno si è divertito, beato lui” commentò la donna gargoyle, in un misto di divertimento e di invidia (le era stato detto di non uccidere nessuno).

“Chi può essere stato?” chiese Abnoba mentre, con cautela, avanzava tra i defunti cercando di non calpestarli.

“Non certo Rellik: li avrebbe mangiati senza lasciare gli stivali” ipotizzò Xander, provando un leggero brivido al pensiero che prima o poi avrebbe potuto incontrare l’uomo di pietra.

“In ogni caso, meglio non restare troppo a lungo nei paraggi” disse l’uomo tigre, incitando gli altri a continuare il loro percorso.

Non sapevano che avevano appena avuto un assaggio della nuova personalità di Tricha.

Aveva seguito le tracce di Joseph fino al suo ufficio, ma lui non c’era.

“Eppure, so che sei qui” pensò la ragazza, seguendo chissà quale ragionamento.

Nonostante l’evidenza, il suo istinto continuava ad urlarle che Joseph era ancora lì o che, perlomeno, ci era passato senza uscirne. Si sedette sulla scrivania, incrociando le gambe e guardandosi le ginocchia (la sua tipica posa da pensatrice), e il suo naso fu preso da un misto di aria fresca e acqua di colonia. Il profumo che usava lo scienziato. Si acquattò sotto la scrivania, divisa dal pavimento da un finto persiano, e porse un orecchio per ascoltare il rimbombo delle due bussate che dette. Approvato che sotto c’era uno spazio vuoto, la ragazza scostò bruscamente scrittoio e tappeto scoprendo una scala segreta impregnata dell’odore del nonno.

Un passo dopo l’altro, sempre più in basso, Tricha scese i quaranta gradini che la portarono in un corridoio. Rispetto alla parte superiore, quel sotterraneo era del tutto diverso: dall’intonaco spuntava muffa verde, e anche dove non c’era le chiazze di umidità mostravano il degrado dei mattoni. Non c’erano altri svincoli. Solo un'unica galleria nemmeno troppo lunga, e poi una porta blindata.

Dietro al metallo, che la ragazza poté aprire solo distruggendo il pannello di controllo (l’unica testimonianza di modernità), stava il mondo degli orrori. Sembrava che in quel luogo fosse stato riprodotto il set di un film giallo, e in particolare una stanza clandestina in cui di lì a poco sarebbe potuto entrare un criminale per farsi operare da un medico sottopagato. I tavoli operatori, sporchi e rovinati dal tempo, erano estremamente ammaccati; nella parte buia della stanza, invece, c’erano grandi gabbie per animali tutte arrugginite.

All’interno di una di queste stava ciò che un tempo si sarebbe potuto definire un essere umano: un ammasso rigonfio e livido, come se al suo interno fosse esplosa una bomba senza dilaniarne la carne, e la testa solo parzialmente sdoppiata. Aveva la bocca semiaperta, in atto di parlare, ma le sue corde vocali si erano dissolte nell’acido della saliva che aveva corroborato la grata. L’unico suono che emetteva era un fastidioso gorgoglio che faceva eco con quello dello stomaco.

Blaaaarg.

“Che razza di schifo sei?” chiese la nuova parte di Tricha mentre l’altra, poco a poco, provava pietà per quella persona.

“Non dovresti offenderlo così. – Le disse il gigante Rellik alle spalle. – Sarebbe potuto capitare anche a te”.

“Stai forse dicendo, che questo coso era un uomo?”.

“Una delle prime cavie del dottore” spiegò l’uomo di pietra, posando una grossa mano su un armadio graffiato.

“Una povera vittima delle assurde perversioni di Joseph” ribatté senza peli la ragazza.

“Molto probabilmente, era troppo debole per evolversi. Tu invece.. . – Rellik si avvicinò, e osservò Tricha da capo a piedi. – Sei venuta proprio bene, da far infuocare anche uno come me”.

“Stai lontano da me” ordinò lei, scostandosi con un gran passo. L’istinto aveva di nuovo iniziato a sussurrarle all’orecchio.
PERICOLO
 
“Di qua! – Esclamò Felis, seguendo il famigliare odore di Tricha, mescolato ad un altro più esotico. – Sento il suo profumo” affermò, continuando a guidare il gruppo.

“Ne sei certo? – Domandò Xander. – Non credo che l’abbiano portata fin qua”.

“Ti dico che è passata di qua. – Ripeté Felis, arrivando alla porta dello studio di Joseph. – Solo, non capisco a chi appartenga l’altro odore che sento”.

“Allora perché ci ha portati fin davanti allo studio del vecchio?” domandò Silex, scrutando la strada che si erano lasciati dietro.

Senza farsi prendere dalla rabbia, l’uomo tigre oltrepassò la porta d’entrata e vide immediatamente la botola aperta. Da lì l’odore di Tricha era più intenso che mai.

“Fate come vi pare, ma io seguo il naso e mi butto lì sotto” affermò.

“Ti seguiremo. – Asserì Abnoba iniziando già a scendere le scale. - TUTTI”.

Uno alla volta, con la driade davanti e Xander a chiudere, scesero la scala e arrivarono al tunnel in cui rimbombavano i rumori di una battaglia che faceva staccare l’intonaco marcio.

“Non potrai mai fuggire da me. Sei in trappola” tuonò la voce di Rellik, riempiendo a forza il cunicolo.

“L’uomo nero è tornato” commentò Xander.

“Forse il mio naso si è sbagliato” si criticò Felis, ma la sua affermazione fu immediatamente smentita dalla driade

“No invece. – Avanzò di un passo. – Laggiù ci sono due persone: Rellik e una donna”.

“E’ Tricha?” chiese immediatamente Xander, ponendosi davanti ad Abnoba.

“Non ne ho idea, ma…”.

“AAAAAAAAAAAH” gridò la donna misteriosa.

D’istinto, il gruppo iniziò immediatamente a correre verso quell’unica porta che c’era nella caverna e quando la oltrepassarono videro il gigantesco Rellik lanciare qualcuno contro la parete. Era una donna, come aveva detto Abnoba, ma non era umana. Nella parte più esterna degli arti, oltre che sulle scapole e sulle mani, la pelle si era ispessita formando delle piccole squame blu zaffiro cangianti in indaco. Come Silex, aveva delle piccole protuberanze ossee a cono, disposte in un’unica fila, che dal gomito arrivavano fino al polso. Lo stesso tipo di protuberanza aveva modificato la parte alta delle orecchie, rendendole più appuntite. Le unghie, infine, erano spesse e color avorio come le protuberanze. Non ne videro subito il volto, poiché nella caduta i capelli corvini le erano caduti davanti, ma nel momento in cui lei li riportò all’indietro e si svelò per Felis e gli altri il mondo si fermò.




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