Primo giorno di scuola
Ciao a tutti! Due veloci parole
per spiegare il perché di questa OS. Si tratta di una storia che
TUTTI possono leggere e capire, ma che chi conosce “Io e te
è grammaticalmente scorretto” apprezzerà
maggiormente. Proprio ai lettori e recensori di questo romanzo (e il
suo sequel) è dedicata la OS. Siete tantissimi e tutti
fantastici, ma questo GRAZIE va in particolar modo a chi di voi mi ha
sostenuto qui su EFP, dove tutto ha avuto inizio. Crediamoci
ancora in questo sito, nonostante tutto, e non lasciamo decadere,
perché le sue potenzialità sono incredibili!
Ma ora non vi annoio oltre; ci leggiamo a fine storia! Buona lettura!
P.S.
per chi di voi conosce già “Io e te” lancio una
sfida: il nome del narratore si scopre solo a metà capitolo, ma
voi riuscite a indovinarlo prima?
*
Primo giorno di scuola
Il mio stomaco si contorce e una scarica di dolore sale fino al petto,
mentre il cuore batte irregolare. Allora stringo più forte i
bordi della felpa, con le mani sudate, e strizzo gli occhi nel
tentativo di scacciare lo sfarfallio che disturba la mia vista.
Sembra che io sia sul punto di morire, lo so. Ma è normale: lo chiamano ‘primo giorno di scuola’.
Deglutisco sonoramente,
realizzando di avere la bocca completamente secca e le tonsille
così gonfie da farmi male mentre ingoio l’agitazione.
Papà è vicino a me; mi ha accompagnato fino al liceo
perché ci teneva a essere presente, anche se credo che in
realtà abbia paura pure lui.
Forse addirittura
più di me… lo sentivo mentre ne parlava a bassa voce con
la mamma due sere fa, convinto che io stessi dormendo.
“Chissà quale
di loro sarà un tuo compagno.” esordisce, cercando si
suonare allegro, ma tradendo una certa apprensione.
Credo che pure lui sia sconvolto dalla massa di gente urlante davanti al cancello.
Difatti, lancio uno
sguardo ai suoi occhi azzurri e li vedo assai preoccupati: stanno
passando in rassegna i ragazzi poco distanti da noi e posso indovinare
con esattezza la successione dei suoi pensieri.
Questo
è un coglione, questo si droga, questo ha troppi tatuaggi, bullo
di professione, stronza, meretrice, cervello ibernato, altro coglione,
criminale in erba, coglione numero tre...
“Papà.” lo richiamo, posandogli una mano sul braccio. “Tranquillo, ok? Andrà alla grande.”
Sorrido e lui sorride a
sua volta con tenerezza: “Ok, ma mi raccomando, non esitare a
picchiare nessuno, se lo merita. E ricorda: se ti prendono di mira o ti
bullizzano, pugno di ferro.”
“Papà.” sbuffo fissandolo intensamente.
Mio padre ha questa
ossessione dei bulli. Dato che non sono un ragazzo imponente o
particolarmente temibile, crede sempre che la gente mi guardi
attraverso un mirino che lampeggia.
Certo, non è che
questa fissa sia del tutto immotivata, ma non voglio subito dare
l’impressione della piattola vittimista, quindi non vi
racconterò di quella volta in cui mi hanno abbassato i pantaloni
davanti alla prof di matematica, né di quella gita alle
elementari in cui un compagno mi bagnò il cavallo dei pantaloni
con la Coca Cola. Sia davanti che dietro.
“E va bene, la
smetto di stressarti. Buon primo giorno di scuola.” papà
si china, come ha sempre fatto da anni, e mi bacia sulla guancia.
Io gli sorrido, ma la
risata che sento alle mie spalle smorza subito la mia allegria.
Fortunatamente lui non la nota e se ne va salutando con la mano, mentre
io, quando mi volto, cerco di associare la voce al corpo di chi mi ha
preso in giro.
Purtroppo l’ambiente
pullula di deficienti e fallisco nel mio intento, ma l’accaduto
mi tocca e non poco: primo giorno di superiori e si prospettano
già cinque anni di merda. Evviva.
Quale sorte mi
toccherà ora che siamo al liceo? Furto di oggetti personali?
Disegni porno attaccati alla schiena? Testa nel water?
No, ok: niente vittimismo. Cerchiamo di essere positivi.
“Ciao, frocetto, non è che hai da accendere?”
Va bene, facciamo neutri.
Mi sistemo lo zaino sulla
spalla e, ignorando bellamente il cretino che mi ha rivolto la parola,
mi incammino fino all’entrata principale; una cancellata grande e
scura, che si è aperta giusto qualche secondo fa. Come
papà prima, mentre la massa si accalca per entrare, cerco di
bypassare tutti i volti che incrocio: sarà lui il mio miglior
amico? Sarà lei la mia compagna di classe? Sarà lui la
mia prima cotta?
Ah, non ve l’ho detto? Il tipo di prima ci ha preso; credo fortemente di essere gay.
Il pensiero mi mette
ancora più ansia, perché li ho visti i film in cui, al
liceo, rovinano la vita di un povero diavolo solo perché
è omosessuale. Fortunatamente non lo sa nessuno e spero che
magari in questi anni la cosa passi e si riveli essere solo una fase.
Be’, certo, una fase
un po’ lunga, però… chi lo sa? Magari è solo
il mio cervello che gioca brutti scherzi e un domani guardare il culo
degli uomini mi farà schifo.
Fino a quest’estate,
poi, nemmeno io me n’ero accorto. Non avevo mai pensato a cosa mi
piacesse, ero lì in attesa del paio di tette che mi avrebbe
fatto alzare l’amico ai piani bassi, ma poi al mare mi è
passato davanti un bagnino e bam! Mamma, ho un problemino.
Non che l’abbia mai
detto a mamma, eh, e tanto meno a papà, però sono
fiducioso che quel momento non arriverà mai. Credo nella fase
omosessuale; credo in quel paio di tette che prima o poi mi farà
avvicinare all’eterosessualità.
In realtà lo spero
davvero, perché, per quanto mi affascini l’idea di essere
gay, sono anche molto consapevole della mia fragilità morale e
dell’idiozia che pervade le menti dei miei coetanei. Non voglio
che mi prendano di mira per questo, non voglio ripetere
l’esperienza delle elementari e delle medie, non voglio finire
per diventare un pazzo omicida con l’ossessione per gli alluci
smaltati di rosso.
… oddio, penso già come un pazzo omicida.
“Scusa?”
qualcuno mi salva dall’immaginarmi una collezione di alluci,
così mi volto per vedere chi ha attirato la mia attenzione.
Lo stomaco si contorce
ancora di più all’imminente interazione umana che devo
affrontare, ma cerco in qualche modo di mettere insieme un sorriso per
la ragazza che mi sta davanti.
È più alta di me e senza tette; iniziamo bene.
“Sai dove si trova
la prima A?” mi domanda, fresca e raggiante, come se non si fosse
svegliata alle sette. “Ho già setacciato tutti i piani, ma
non la trovo.”
“Ehm...”
estraggo la piantina che ho scaricato e stampato da internet, poi le
indico il punto, sapendo che la mappa può esserle sicuramente
più d’aiuto di me.
Ma evidentemente sbaglio,
perché lei la fissa e poi alza lo sguardo con un sorriso
completamente smarrito: “Non ho capito.”
Perfetto.
“Dovrebbe essere
all’ultimo piano, però un po’ imbucata.” dico,
allora, sperando che non mi esca la voce bianca che sopraggiunge nei
momenti di agitazione.
La ragazza ride e io
maledico il mio fottuto sviluppo tardivo. Arriverà un giorno in
cui avrò i toni di bel tenebroso… ma non è questo
il giorno.
“Sembri proprio un bambino, sei anche tu di prima?” mi domanda, allegra.
“Sì. Anche io in prima A.”
“Stupendo! Allora mi
accompagni! Sono Ilenia.” si presenta dandomi la mano, ma non
aspetta nemmeno che io la stringa, perché si aggrappa subito al
mio braccio e mi conduce verso le scale.
E va bene, è stata una conoscenza d’impatto, ma almeno ora non sono più solo.
Con la pazza al mio
fianco… cioè, ehm, con Ilenia al mio fianco, salgo le
gradinate che sembrano infinite e giungo finalmente di fronte alla
porta di quella che sarà la mia classe. Per un attimo riesco
anche a godere il minimo sollievo di aver già conosciuto
qualcuno, e quindi di non fare la figura dello sfigato, ma è
appunto solo un attimo, perché Ilenia si dilegua nel nulla non
appena ci fermiamo.
Riesco a seguirla solo per
un po’ con lo sguardo: come un’ape di fiore in fiore, si
è già avventurata nel prato delle pubbliche relazioni e
sta stringendo la mano a chiunque. Non credo che andremo molto
d’accordo, io e lei.
Davanti all’aula mi
sento un po’ spaesato, lo stomaco che ancora non mi lascia pace e
sono indeciso se rimanere qui fuori ad aspettare il ritorno di Ilenia o
se entrare ed accaparrarmi un posto. Possibilmente lontano dal genere
maschile.
Tuttavia, sto giusto per
sgusciare dentro con fare impaurito, quando qualcuno mi viene
letteralmente addosso. Ma proprio letteralmente, tanto che barcollo e
mi spiaccico contro il muro. E, ovviamente, quel qualcuno è uno
stronzo di genere maschile.
“Scusa.” ride,
senza nemmeno voltarsi nella mia direzione e rimettendosi in
equilibrio. Sì, insomma, come se avesse schiacciato un
insignificante moscerino.
Un altro ragazzo compare
proprio in quell’istante. Si avvicina a noi e, dando una spallata
al tizio, lo prende in giro: “Fiore, mezza checca che non sei
altro!” poi si rivolge a me. “Scusalo, novellino, ha
l’equilibrio di un ippopotamo.”
Ecco, dev’essere il
mio giorno fortunato. Quello appena arrivato è il cretino che
prima mi ha chiesto se avevo da accendere e che, evidentemente, chiama
chiunque con appellativi omofobici.
Costui esibisce anche un
accento strascicato piuttosto riconducibile all’America Latina e
un’espressione da divo che sicuramente lo colloca nella top ten
dei maschi più imbecilli di questa scuola. Subito dopo il suo
amico bisonte, si sottintende, la cui maleducazione lo colloca anche
nella mia di top ten: quella della lista nera di persone su cui mi
dovrò vendicare quando sarò un pazzo omicida fuori di
senno.
Proprio quest’ultimo
si stira i pantaloni con uno sbuffo e poi sventola il dito medio nella
direzione del latinoamericano: “Sei tu che mi spingi,
coglione.”
“I veri uomini mica
si abbracciano per salutarsi, ma questo è strano per te, lo
capisco.” il ragazzo guarda me e come se gliel’avessi
chiesto, mi spiega. “Il mio amico Tommaso qui è mezzo
effeminato, per quello non rimorchia una donna dall’anno scorso.
Vedi di non fare la sua fine.”
Fisso il tipo con gli
occhi a palla, pregando iddio che non sia veramente uno studente di
questa scuola, ma realizzando che purtroppo è appena uscito
dall’aula accanto alla mia, la 3C.
“Sono Lionel.”
si presenta senza nemmeno degnarsi di darmi la mano. “Sanchez
Lionel, ma sentirai di certo parlare di me. Ora dimmi, novellino, quale
bella pollastra c’è quest’anno in prima A?”
tira gli occhi per cercare alle mie spalle, totalmente disinteressato a
me, a come mi chiamo, e al fatto che il suo amico-ippopotamo mi abbia
schiacciato contro il muro.
Odio questa scuola.
“Non lo so e
onestamente non ricordavo che il Maffei fosse un rinomato
pollaio.” parlo, non sapendo nemmeno dove ho trovato il coraggio
di farlo. “Se sapevo che qui si veniva a cercare pollastre, di
sicuro mi iscrivevo in un altro posto.”
Lionel ridacchia, dando
alla mia battuta zero spessore, mentre il suo amico Tommaso Fiore si
degna per la prima volta di guardarmi alzando un sopracciglio.
Che vuoi?
Vorrei ringhiargli addosso, ma mi sembra un po’ troppo ben
piazzato per dargli contro, così mi limito a mantenere
un’espressione cazzuta, mentre lo osservo anch’io con
superiorità.
Grandissimo errore: il
ragazzo è tutt’altro che un ippopotamo. Anzi, è
piuttosto carino e posato, con delle linee eleganti, anche se nascoste
sotto un abbigliamento che non gli rende giustizia. Ciò che
forse lo rende più intrigante è il volto: chiaro, pulito,
ma segnato da due occhi talmente neri che non si distingue
l’iride dalla pupilla.
I miei sono azzurri,
perciò ho sempre visto le due parti ben separate…
dev’essere bello non riuscire a capire dove finisce una e dove
inizia l’altra.
Questo pensiero mi sorprende quasi quanto quello degli alluci: devo essere parecchio sconvolto, stamattina.
E sicuramente gay, maledizione!
La campanella risuona per
tutto il corridoio e così nessuno ha più tempo di
tergiversare. Lionel fa l’occhiolino a una ragazza poco distante
da noi, una biondina molto bella che sta entrando nella mia classe, e
poi tira Tommaso per la maglietta, ripetendogli per l’ennesima
volta che non ci sa proprio fare con le donne e che finirà con
dei gran ‘cose che iniziano per c’ ficcati in ‘posti
che iniziano per c’.
Osservo i due
allontanarsi, aspettando che anche Tommaso entri nella sua classe e
scoprendo così che appartiene alla sezione A pure lui, solo che
frequenta la seconda e quindi ha almeno un anno in più di me.
Scrollo la testa per
distogliermi dai miei pensieri già abbastanza confusi e mi
costringo ad entrare nell’aula. Devo convincermi che sono pronto
ad affrontare il mio destino… in fondo, dopo questo che cosa
potrebbe mai succedere di peggio?
Ma la gente dovrebbe saperlo che non ci si deve mai fare questa domanda, perché ciò che vedo è seriamente il peggio.
A parte il marasma agitato
che popola i banchi e le sedie, il vociare insopportabile e
l’odore di libri nuovi che assocerò sempre e per sempre
alla scuola, c’è pure un tizio deviato che sta
amoreggiando con se stesso accanto al cestino.
No, non è uno scherzo.
Si è messo con la
faccia rivolta al muro e si è abbracciato, dando così
l’impressione che ci sia qualcuno avvinghiato a lui che gli palpa
la schiena. E fa versi e rumori che… mio Dio, voglio la mamma.
Che cosa è capitato a questa generazione?
Una ragazza non troppo
lontana da me si accorge della mia espressione sconvolta e mi si
avvicina indicando il pervertito: “Quello dev’essere un
povero deficiente.”
Mi volto e non smentisco nulla, mantenendo il mio labbro superiore alzato e gli occhi a palla: “Veramente.”
“Probabilmente non
l’hai visto prima, ma era in piedi sulla cattedra e distribuiva
abbracci alle ragazze, dando un voto a ciascuna non appena si
staccavano.”
“Un voto?”
“Sì, valutava
la morbidezza del seno. Spero vivamente che tu non sia così.
Finora nessun maschio in questa classe sembra molto
raccomandabile.”
“No, non sono
così.” scuoto la testa energicamente, ancora turbato dal
voto alle tette. “Sono Lorenzo e puoi contare sul fatto che non
guarderò mai le tette di nessuna.”
Stringe la mia mano con
vigorosità, rallegrata dalla mia presentazione:
“Cristiana. Mi sei già simpatico. Quelli laggiù
invece sono Alessandro, Pierpaolo e Amerigo.”
Cristiana mi indica tre
ragazzi: il primo concentrato sul suo riflesso alla finestra, la mano
che sistema spasmodicamente il ciuffo di capelli biondi, il secondo che
ridacchia assieme a un gruppo di ragazze carine mentre prendono in giro
una tipa dark e il terzo rannicchiato nell’angolino del primo
banco, la faccia oscurata dai ricci e la maglietta di Gianluigi Buffon.
“Visto? Per niente raccomandabili.” ripete non appena ho completato il mio tour visivo.
In tutta risposta le
sorrido e concordo con lei. A essere sincero non mi ero creato troppe
aspettative, dato che nel leggere l’elenco della mia classe ho
subito pensato che sei maschi in una classe di diciannove persone
fossero davvero troppi pochi. Per statistica, è impossibile
sperare in una selezione decente, visti i numeri.
Già il fatto che ci
sia io in mezzo fa pensare che potremmo essere potenzialmente tutti
casi umani e ora che ho visto con i miei occhi la situazione, penso che
sì, siamo davvero tutti casi umani. Certo, ne manca ancora uno
all’appello, ma non credo salverà la media.
Improvvisamente mi rendo
conto di non aver scelto un posto e quindi mi guardo intorno con un
certo panico, maledicendo la mia svista. Non è saggio lasciare
al caso certe cose: in prima, la persona con cui capiti in banco
è decisiva.
Così mi rivolgo a
Cristiana, che mi sembra simpatica e gentile al punto giusto, e le
chiedo dove è seduta, sperando che sia libero vicino a lei.
“Mi spiace, ma siamo
già in tre.” spiega, mostrandomi tutti i banchi occupati.
“Se vuoi c’è posto in ultima fila, vicino ad
Alessandro e Pierpaolo, altrimenti c’è spazio lì e
lì.”
Lancio un’occhiata
al posto vuoto vicino ai ragazzi e tentenno per un attimo. È pur
vero che per me sarebbe un suicidio, ma papà mi ha ripetuto che
dovrei cercare di farmi più amici possibile, specialmente amici
del mio stesso sesso. Ovviamente papà ignora le mie turbe
psico-sessuali, ma ha ragione nell’osservare che ho sempre avuto
la tendenza ad accerchiarmi di amiche femmine. Lui dice che dovrei
iniziare subito con il piede giusto ed entrare in una compagnia tutta
al maschile.
Ovviamente lui spera che così facendo poi i maschi:
a- non mi pestino
b- mi proteggano da altri eventuali bulli.
Papà e le sue utopie.
Tuttavia cerco di seguire
i suoi consigli, come sempre, e faccio un respiro profondo per farmi
coraggio: non è detto che Cristiana li abbia giudicati
saggiamente. Magari sono persone a modo e gentili, magari un domani
diventeranno sul serio i miei migliori amici. Dunque muovo qualche
timido passo in direzione dell’ultimo banco, ma…
“Dove pensi di
andare? Questo posto è prenotato.” il ragazzo che
Cristiana mi ha indicato con il nome di Pierpaolo si è gettato
sul banco vuoto e l’ha occupato con la sua persona.
“Oh, scusa.”
“Sei fortunato, ci
sono altri posti liberi e tutti vicino a delle ragazze.” mi
indica con il mento i due banchi a cui si riferisce. “Puoi anche
scegliere tra le carine della classe o le sfigate in primo banco. Anche
se qualcosa mi dice che andrai proprio da queste ultime.”
Le carine della classe
secondo Pierpaolo sono una ragazza dai capelli ramati, ordinata e
vestita di tutto punto, e quella bionda ben formata che prima ha
ricevuto l’occhiolino da Lionel. Ma sto giusto pensando a quanto
Lionel e Pierpaolo siano superficiali che una terza ragazza prende il
posto libero nella schiera delle ‘carine’.
Ecco, lei forse non
è del tutto comparabile al loro stile, ma dà comunque
l’idea di calzare a pennello in quel terzetto. È bassetta,
un po’ rotonda e si è appena presentata come Veronica, ma
attenzione: Veronica Anna Chiara Adele Rinaldi e, sì, quella che
ha in spalla è proprio l’ultima tracolla Vuitton della
linea autunnale a effetto specchiato! Veste firmata e sa come rendersi
bella, questo è vero, ma quanto è snob!
Ora sono certo che Pierpaolo sia il superficiale dei superficiali. Non avrà mai una ragazza seria.
“Ops, che
sfortuna.” commenta, provocatorio, quando è palese che
l’ultima alternativa rimasta per me sia quella tra le
‘sfigate’. Ma non gli do molta retta; non sono imbecille
come lui e non classifico le ragazze in base alle loro apparenze.
Anzi, mi dà quasi
la nausea che lui abbia catalogato quelle due in primo banco solo
perché appaiono più timide e meno impalcate delle altre.
A dire il vero, non sembrano nemmeno troppo male, ma immagino che a
Pierpaolo vadano solo le galline che gli ronzano attorno e si mettono
in mostra a suon di falso interesse.
Odio già la maggior parte dei miei compagni: bene. Ottima cosa.
Scuoto la testa e mi
allontano dal fondo della classe, da una parte felice di non dover
più interagire con quello stronzo, dall’altra
demoralizzato per la povera varietà di cervelli in questa classe.
Finalmente approdo davanti
al banco libero in prima fila, e lo indico un po’ timidamente,
rivolgendomi alla schiena delle ragazze che stanno parlando e che hanno
già occupato gli altri due posti.
“Scusate, è libero qui?”
Le due interrompono il loro dialogo per guardarmi.
E io prego tutti gli dei
della storia perché mi facciano una buona impressione, dato che
ho bisogno di qualcuno con del buonsenso in questo girone infernale.
“A dire il vero,
è occupato dalla mia voglia di vivere. Non vedi nessuno
perché non c’è, ma ti assicuro che prima di
conoscere il resto della classe, mi seguiva più fedelmente
dell’ombra di Peter Pan.”
Sarcasmo. Non lo sopporto.
Iniziamo molto male.
“Non darle retta,
quando è agitata straparla.” interviene la ragazza con i
capelli neri e gli occhi grigiastri. “Siediti pure, anche noi
siamo andate per esclusione dato che il resto dei banchi era già
occupato.”
Questa, invece, ha
già capito che non sono stato io a scegliere loro e, per di
più, mi ha informato del fatto che si conoscono già e
probabilmente mi escluderanno in quanto maschio, riservato e non
incline alle persone logorroiche.
“In realtà
qualche posto c’era, ma erano tutti singoli e noi volevamo
assolutamente stare assieme.” è la spiegazione non
richiesta della ragazza sarcastica. “Questa classe è piena
di gente strana, non sembra anche a te? E poi quella tipa.”
indica una piccoletta con un caschetto e un block notes in mano.
“Si sta appuntando tutti i nomi di chi le si presenta. Non
scherzavo quando ti ho detto che ho perso la voglia di vivere.”
Oh, pure io ascoltandoti, vorrei dirle. È davvero logorroica, forse non se ne rende conto.
Tuttavia, faccio buon viso a cattivo gioco e mi siedo accanto a lei, allacciando il mio zaino alla sedia.
Lancio un’occhiata
al suo banco e mi accorgo del corredo per nulla serio che si è
portata appresso: astuccio a forma di banana, agenda settimanale di
Harry Potter e un quaderno con i Digimon in copertina e le righe di
terza elementare all’interno. È tutto già
confusionario: ha seminato penne ovunque, disegnato un fiorellino
sull’angolo del banco e pure accartocciato un pezzo di carta
stagnola da lasciare così in bella vista accanto
all’astuccio. Senza motivo. O giusto per aggiungere caos al caos.
La sua amica è
molto più ordinata e minimalista: nell’angolo destro ha
messo il diario immacolato di Holly e Hobbie, nell’angolo
sinistro l’astuccio nuovo di zecca e al centro un quaderno ad
anelli vuoto con la stampa di un cavallo.
Mentre anche io estraggo
le mie cose, immagino che starei bene nel posto centrale, perché
rappresento un po’ un equilibrio tra le due. Ho portato lo stesso
astuccio che ho usato per tutte le medie (l’avevo trovato una
volta in un uovo di Pasqua), il diario della Comix e due quaderni
neutri, uno a righe e uno a quadretti.
Invece mi trovo
all’estrema sinistra, verso il corridoio. Accanto a me, nel posto
centrale, c’è la ragazza sarcastica, casinista e
logorroica, mentre all’estrema destra, attaccata al muro,
c’è la sua amica ordinata e minimalista. Quindi, oltre a
essere il più vicino alla cattedra, sono anche confinato alla
prossimità con quella delle due che mi sta meno simpatica. Anzi,
a essere preciso, con quella che non mi sta affatto simpatica.
E, lo so, poco prima ho
giudicato Pierpaolo per lo stesso errore, ma sfido chiunque a non
rimanere disorientato di fronte a una nanetta soggetta ad accessi di
aggressività verbale con lo stesso impatto visivo di una vetrina
Desigual.
Immerso come sono in
questi pensieri discriminatori, non mi rendo nemmeno conto che proprio
lei mi sta fissando con occhio inquietante, quindi mi volto e sussulto.
“Pensavo di chiamare questo banco Rossano.” mi informa, aggiungendo inquietudine al tutto.
“Bene.”
commento, indeciso se allontanarmi di qualche centimetro da lei, oppure
scappare a gambe levate invocando mia madre.
“Perché ci
sono tutte queste strisce rosse e-” ma la sua stupida
spiegazione, grazie a Dio, viene interrotta dal professore, che entra
solennemente zittendo tutti all’istante.
Si accomoda in tutta
tranquillità alla cattedra, sorridente ma guardingo, anche lui
naturalmente spaesato da questi volti estranei.
Si presenta come professor
Visatti, insegnante di inglese e coordinatore della classe, poi ci
annuncia che essendo questa la sua prima ora di lezione, ci
chiederà semplicemente di scrivere qualche riga di presentazione
su di noi in lingua. Poi le farà leggere ad alta voce e io
già a questo punto sto morendo di vergogna, ma sapevo che
sarebbe stato un primo giorno ricco di negatività.
Papà era quasi
riuscito a farmi pensare positivo, ma il tutto è andato in
declino nel giro di nemmeno un’ora e adesso sono sicuro al cento
per cento che saranno cinque anni orribili.
Il prof fa inoltre passare
un foglio con l’elenco degli alunni di prima A e ci chiede di
firmare accanto al nostro nome. Aspetto che faccia tutto il giro e,
quando finalmente arriva alla mia fila, spio la firma della ragazza
corvina del banco a destra, scoprendo che si chiama Federica Di Mario.
Le sorrido mentre passa il foglio alla sua amica e penso che Pierpaolo
sia proprio uno stronzo: i suoi pregiudizi sono piazzati male, dato che
Federica mi sembra una ragazza carina, gentile e a modo. Di certo,
molto più di quelle tre che lui considera migliori e che
attualmente stanno ridacchiando con fare starnazzante verso il
professore.
Faccio una panoramica
veloce della classe, per cercare chi altro non sia un completo ebete
qui dentro. In primo banco, dalla parte opposta alla mia, ci sono
Amerigo, il timidone capelluto di prima, Ilenia, la PR dai capelli
rossi, e una biondina con cui non ho avuto il piacere di parlare. Di
fatto, sembra molto riservata e la più nerd di tutti, con gli
occhialoni più grandi del viso e l’espressione
concentratissima sul suo foglio.
Dietro di loro, il trio
satanico da cui Lionel e il suo amichetto potrebbero tranquillamente
pescare la prossima pollastrella. Alessandra, Giorgia e Veronica si
sono già fatte riconoscere in quanto posseggono almeno un
accessorio che rechi il loro nome… perché no, non sono
affatto egocentriche. Come a sottolineare ufficialmente che loro tre
sono le reginette incontrastate della classe, i tre posti in ultima
fila – e con vista sulle loro chiappe – sono dei maschi.
Alessandro a destra,
Pierpaolo al centro e a sinistra il posto vuoto che ospiterà
l’ennesimo caso umano. Possibilmente stronzo, auto-riferito e
attirato dalle arpie firmate Vuitton.
Poi passiamo
all’altra metà della classe. In fondo c’è
l’unico banco dispari, dato che hanno fatto file da tre e siamo
in diciannove, e se l’è aggiudicato un ragazza tanto
pallida quanto inquietante. E sì, anche più della mia
vicina di posto. Dall’aspetto, sembra una di quelle modelle
scandinave il cui blu degli occhi si intona al blu visibile delle vene,
ma non l’ho ancora sentita parlare, perciò spero che
risulti più calorosa di come sembra.
Davanti a lei, la fila da
tre ospita elementi più o meno riconoscibili: la tipa che si
annota tutto e osserva con curiosità ogni mossa dal posto che ha
scelto appositamente per avere il controllo, una ragazza che poco fa
parlava con Cris e che lei ha chiamato Shaimée e poi il maniaco
sessuale.
Credo che nemmeno lui si
sia piazzato lì a caso, perché da quel punto ha
molteplici vantaggi: può conversare con i suoi simili voltandosi
da una parte, ammirare la bellezza ambrata di Shaimée voltandosi
dall’altra e avere comunque un certo panorama davanti.
Infatti, in linea con il
suo banco, ma nella fila successiva, c’è Cristiana, alla
quale lui sta palesemente mimando un gesto sconcio. Per fortuna, lei
non si fa mancare di rispetto, quindi alza il medio nella sua direzione
e si volta senza dargli retta. Ma accanto a lei c’è una
ragazza di bella presenza e molto allenata, quindi il maiale passa
subito a concentrarsi sulle sue di chiappe ed ecco che anche il suo
entourage risulta essere perfetto.
Nel posto a sinistra,
giusto alle spalle di Federica, c’è la ragazza dark che
prima veniva presa in giro. Sarà contento, Pierpaolo, che tutti
gli sfigati si siano spontaneamente ammassati qui in angolo, come vuole
la natura stessa della vita.
Mio Dio, mi sembra di essere nel Re Leone. O peggio, dentro un esperimento darwiniano.
Quindi conclude il quadro
la mia fila, con Federica, la sua amica casinista e infine io. Una
bella spennellata di serietà.
Questo è quanto,
per la 1^A, e tutto sommato, non si salva quasi nessuno. Inizio
quest’anno scolastico con la motivazione sotto le scarpe, senza
la speranza di andare d’accordo con i miei compagni e, più
in generale, con gli studenti dell’intero istituto.
Ora che ci penso,
l’elenco con le firme è ancora nelle mani della mia
compagna di banco. Sono ancora in tempo per scappare senza
ufficializzare la mia presenza, sostenendo che ci sia stato un errore e
che il mio nome non doveva essere nella lista.
Tuttavia, sto giusto
considerando quest’ipotesi quando dalla porta sbuca un ragazzo
tutto trafelato, che entra senza salutare e correndo nella speranza di
passare inosservato dal brusio generale.
Il suo arrivo mi distrae
dai miei pensieri, perché, nella fretta, compie un grande
errore: sbatte contro il banco della mia compagna pazza e le fa tirare
una linea dritta sull’elenco.
“Porca troia!” sbotta lui, saltellando sul piede e controllando in fondo all’aula, dove si trova il prof.
Ora, Visatti non si
è accorto di nulla, dato che è impegnato a commentare il
testo di Veronica, ma credo che questo ragazzo sia inciampato proprio
nel banco sbagliato.
Ottima mossa. Ora la mia vicina esploderà nel caos.
“Mi hai fatto
sbagliare.” ringhia lei, fissando con odio prima il nuovo
arrivato e poi il foglio su cui ha pasticciato.
Spero che lui dica
qualcosa di intelligente come “Scusa” o “È
colpa mia”, invece ho la conferma che è un folle, oltre
che un gran maleducato, e le risponde con una semplice scrollata di
spalle. Poi alza gli occhi, saluta il suo amico Pierpaolo e se ne va
verso l’ultima fila di banchi.
Grazie mille… Mattia Zingaretti,
deduco, controllando l’elenco degli alunni e andando per
esclusione. Ora per colpa di quello stronzo, la tipa qui farà la
sua sclerata da instabile con me.
“È proprio un idiota.” sbuffa infatti, e io mi volto preparandomi a qualche stramberia.
Ma appena la guardo, non
posso ignorare le sue guance arrossate e l’imbarazzo che tenta di
nascondere mentre fissa indignata il pasticcio sull’elenco di
classe.
Mi impietosisco
all’istante e, forse perché seguo troppe serie tv, mi
faccio convincere dal suo sguardo che quello che è appena
successo ha avuto un certo impatto su di lei. Da una parte la capisco
pure: questa mattina mi è successa più o meno la stessa
cosa con quel Tommaso Fiore, ma d’altra parte mi fa pena.
Quel demente è a
dir poco cafone, senza contare che è spropositatamente altro,
grassoccio e pure brufoloso. Insomma, capirei se avesse preso un colpo
di fulmine per Alessandro, ma questo qui non ha proprio nulla di
giusto: né nel carattere né nell’aspetto. E se
è stato amore a prima vista, mi spiace proprio tanto per lei.
Così, preso da queste considerazioni, mi addolcisco: “Usa questo.” le suggerisco, passandole il bianchetto.
Lei mi ringrazia e mi
sorride, sorpresa. Cancella la riga di penna, poi firma accanto al suo
nome, il primo della lista, e osserva il documento per qualche secondo.
Avendo iniziato il giro dalla parte opposta, ora le uniche firme che
mancano sono la mia e quella dell’ultimo arrivato.
“A naso, direi che tu sei Lorenzo e l’idiota è Mattia.”
“Esatto.” confermo, notando per la prima volta i suoi occhi grandi e caldi e l’espressione da bambina.
“Per fortuna.” commenta, lasciandomi perplesso.
“Che cosa? Che mi chiamo Lorenzo e non Mattia?”
“No, che ti sei
seduto qui tu, anziché chiunque altro.” mi sorride e mi
restituisce il bianchetto. “Io sono Marinella, ma puoi chiamarmi
Nelli.”
“E tu chiamami
Lori.” dico, stringendole la mano e sentendo che, per la prima
volta, quella stupida ansia abbandona il mio stomaco.
“Ah, e quasi
dimenticavo!” ci interrompe Visatti, distraendosi dal compito di
Veronica e rivolgendosi a tutti. “Da domani si cambia posto; i
banchi li assegno io!”
Marinella e io ci
scambiamo un’occhiata sconvolta: nemmeno mezzo minuto di pensieri
positivi e subito tutto quanto è di nuovo stravolto.
Per un nanosecondo avevo
inconsciamente sfiorato l’idea che, tutto sommato, non fosse male
essere finito in banco con lei e Federica. Con Nelli, poi, avevo
davvero sentito qualcosa di particolare, insolito. Una sorta di
connessione tra il mio filone di pensieri e quello di lei, una piccola,
traballante luce, una speranza.
Ora tutto è di
nuovo buio e negativo. Non so con chi dovrò dividere i miei
spazi domani, non so a quali personalità mi dovrò
abituare, non so nemmeno se avrò fortuna una seconda volta.
Le mia paure tornano ad
assalirmi istantaneamente: l’incertezza, le difficoltà, le
diversità. Non so come sia stato possibile, ma per un momento
ero riuscito a non pensarci per davvero.
La scuola è appena
iniziata e io non so proprio nulla… forse, l’unica cosa
che spero è che Marinella non smetta mai di ritenersi fortunata
ad aver condiviso quest’istante con me, anziché con
chiunque altro.
*
Ed eccoci dunque arrivati alla fine di questa OS. Come l’avete
trovata? Vi è piaciuta? Se sì e siete curiosi di sapere
come se la caveranno Lori, Nelli e tutto il resto dei ragazzi della
1^A, non vi resta che…
Comprare un libro XD
Eh, lo so, ora vorrete ammazzarmi, ma questa sorta di “prequel” vi introduce al romanzo “Io e te è grammaticalmente scorretto”,
dove il focus passa da Lori a Nelli e ciò di cui si blatera fino
alla nausea per 22 capitoli è la sua complicata relazione con
Mattia Zingaretti. Già, Lori ci aveva preso XD
(foto MODESTISSIMA)
Ma se non avete ancora chiuso la pagina con un’imprecazione e
siete interessati a saperne di più, potete controllare su Amazon
l’anteprima del libro e poi magari acquistarlo direttamente da
lì, dato che è in offerta. Questo è il link:
https://www.amazon.it/Io-grammaticalmente-scorretto-Micol-Agio/dp/8869212106/ref=cm_cr_arp_d_product_top?ie=UTF8
In alternativa, potete trovare il libro nelle Mondadori e Feltrinelli della
maggior parte delle città italiane (se non ce l’hanno, ve
lo ordinano) e… nulla, se poi siete così masochisti da
arrivare anche a voler leggere oltre, sappiate che esiste un “Io
e te 2”, chiamato “Io e te non è completamente sbagliato”, che, finalmente, potete leggere gratuitamente su Wattpad (https://www.wattpad.com/339892890-io-e-te-non-%C3%A8-completamente-sbagliato-maturit%C3%A0) e qui su EFP (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2863035&i=1).
Io
ora parlo per quelli che già conoscevano la storia principale:
ho sempre fantasticato su come tutto ha avuto inizio, finché un
bel giorno ho deciso di scriverlo. La scelta del narratore mi ha
turbato: avevo sempre immaginato che sarebbe stata Nelli a
raccontarvelo e non Lori, però poi ho ragionato.
Nelli
è da un romanzo e una storia che vi parla, quindi direi che ha
anche rotto XD Ci sono tanti altri personaggi che non avete ancora
letto in prima persona, tra cui uno dei più amati e discussi
negli ultimi tempi; il caro Castelli!
Dunque
spero che abbiate apprezzato questa apertura sul suo punto di vista,
che potrebbe anche servire come punto di ricongiungimento tra “Io
e te 1” e “Io e te 3”. Lo so, ora sto parlando di
qualcosa che è ancora un progetto, ma solitamente non pubblico
mai nulla a caso, perciò… fate tesoro di questa OS. Ecco
XD (non si capisce un cazzo)
Quindi ultime due info su “Io e te 3”
e poi vi lascio studiare per la terza prova (seeeee). Come sapete, se
avete letto “Io e te” 1 e 2, le mie intenzioni sono quelle
di pubblicare un terzo e ultimo capitolo di questa saga (quante cazzate
che sto sparando). Vi ho lasciato un po’ con il fiato sospeso
dopo l’ultimo finale, perciò sto cercando di fare le cose
con velocità.
E’
vero anche che ci tengo a scrivere un gran finale degno per questa
storia che amo alla follia, quindi mi prendo il tempo necessario.
Finora ho scritto 3 capitoli, che sono un po’ da sistemare e,
appena vedrò che la pubblicazione può iniziare, non
esiterò ad avvisarvi.
Per
alleviare un po’ il vostro dolore da lettori massacrati, grazie
al suggerimento di Ruoa, vi lascerò qui una fugace e
incomprensibile anteprima di Io e te 3, rigorosamente senza dirvi da quale dei 3 capitoli è tratta.
Buoni esami di maturità, buona fortuna con la terza prova e… non vogliatemi troppo male! <3
*
“Mai,
Argenti, fatti vedere!” fa, allontanandosi e tirandomi il braccio
per controllare il mio gusto estetico. “Non ti sei nemmeno
vestita da funerale! Credevo che l’avresti fatto, immaginando di
morire stasera.”
“Ma ti pare!” minimizzo con un gesto della mano.
“Oh, Nelli,
non sei emozionata? Mio Dio!” gorgoglia, congiungendo le mani e
facendo dondolare la sua treccia come in un anime giapponese.
“Non sono
emozionata.” mento, in parte, scostando la tenda del balcone e
osservando chi arriva in questo momento. “Ho seriamente
paura.”
*
“Centouno.”
lo indica, poi si passa la mano sulla bocca ricordandomi molto Heidi.
“Buongiorno, Marinella. Come va?”
Alzo le spalle: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.”
“Wow, positiva. Oggi si pensava di fare un giro in centro, sei dei nostri?”
“Dipende.” ribatto gettando lo yogurt. “Tra i vostri c’è anche Succhia Trepalle?”
“Chi?”
“La tua ragazza.”
“Ah. Be’, mi pare ovvio.”
“Allora no.”
*
Prego, arrovellatevi pure :)
Aspetto
i vostri commenti sia sulla OS che su questo spoiler :* E grazie ancora
per le 300 e più recensioni per Io e te 2 su EFP!
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