Follow the rainbow
Ave a
voi, miei lettori.
Come
ben saprete, giugno è il mese del Pride e anche se si sta
per
concludere, voglio lasciare il mio contributo. Parto dal presupposto
che tutto ciò che gira intorno all'orgoglio LGBT+
è una
questione delicata, che forse non comprendo in pieno, anche se
supporto, quindi spero che questa fanfiction tratti decentemente la
tematica. Fatemi sapere.
Solito
disclaimer: i personaggi appartengono a se stessi e basta, io non lucro
su quello che scrivo e quanto narrato qui è frutto della mia
fantasia.
Per
la prima volta su questi schermi, una tecnica narrativa che detesto, ma
che mi sembrava la migliore per la storia che ho scritto: i punti di
vista alternati. (Non preoccupatevi, sono solo due, contrassegnati da
diversi font): Calibri
per Torsti, Times
New Roman per Risto.
Davvero,
spero che vi piaccia.
FOLLOW THE
RAINBOW
Ci
sono passi, nell’esistenza di alcune persone, che le fanno
sentire come dei bambini che
hanno appena imparato a camminare davanti ad una salita impervia. Ci
possono
essere aiuti sulla strada, così come possono mancare, ed
è probabile anche
incontrare delle ostilità.
I
più fortunati trovano supporto
ed il loro viaggio diviene comodo, gli attriti col mondo esterno minimi
e messi
facilmente a tacere. I
meno fortunati,
invece, sono abbandonati
a loro stessi:
traditi dalle persone a cui vogliono bene e bersagliati anche da gente
che
vuole dire la propria a tutti i costi anche senza essere interpellata.
Io
mi posso reputare mediamente
fortunato, quando ho affrontato la mia chimera. Si è fatta
notare prestissimo,
prima ancora di essere un teenager: rifuggivo le compagne in ogni modo,
non
parlavo con loro nemmeno per prenderle in giro come si fa normalmente
tra
bambini, mentre mi capitava di essere fin troppo interessato ai miei
coetanei
maschi. Gli ostacoli non sono mancati, specialmente sul luogo di
studio…
proprio dove la gente dovrebbe avere una maggiore apertura mentale. Non
c’è da
meravigliarsi che io abbia congelato la carriera, per poi abbandonarla:
sarei
diventato pazzo, l’ho fatto per proteggere la mia
sanità mentale. E dire che
mangiavamo pane e antropologia tutti i giorni, quindi di casi come il
mio ne avevamo
analizzati a bizzeffe nelle varie ere della storia umana. Puntualmente
però
c’era la lingua lunga di turno che esternava tutto il suo
disgusto.
Di
solito questi si dividevano in
tre categorie: i gay repressi, che per non mostrare la loro adorazione
per il pene,
la seppellivano sotto urla belluine contro quelli che avevano avuto il
coraggio
di viverla alla luce del sole; le morte di cazzo, convinte che la loro
vagina
fosse magica e potesse convertire chiunque alla loro causa, e che un
omosessuale fosse una disgraziata tacca in meno sul loro diario delle
conquiste; infine, i maschi alpha, che differivano dai finti etero solo
perché
l’uccello effettivamente a loro non piaceva. In ogni caso,
reagivano tutti ad
una specie di assurdo pene-centrismo, peggio di chi apertamente lo
apprezzava.
A
parte l’università e qualche
altro commento fuori luogo da parte di amici che è meglio
non avere più nella
propria cerchia, però, non mi sono mai lamentato troppo. La
situazione in
famiglia non è stata così male: mia madre lo
aveva accettato senza problemi, se
lo aspettava; voleva sapere tutto delle mie frequentazioni, mettendomi
in
guardia da chi non le ispirava fiducia… il bello
è che ci azzeccava quasi
sempre. Mio papà all’inizio era rimasto shockato,
ma gli era passata quando gli
avevo presentato il mio primo ragazzo, salvo poi volerlo andare a
cercare
quando lo stronzo mi aveva tradito. Mia sorella invece
l’aveva presa
addirittura con entusiasmo, da brava innamorata dell’amore:
delle volte però
risultava ancora più pettegola ed insistente di mia madre.
Eravamo comunque in
ottima confidenza e ci scambiavamo molti consigli, alcuni buoni, altri
un po’
meno. Gli altri parenti, fortunatamente, erano abbastanza lontani: i
loro
eventuali rigurgiti neanche mi toccavano, disperdendosi come i rutti
nel vento.
Nel
frattempo avevo raggiunto una
certa indipendenza, tra un lavoretto di falegnameria, lo stipendio da
studente
e, non ultima, una band in cui ero entrato come cantante.
Il
mio ragazzo, invece, non è
stato altrettanto fortunato, per quanto anche lui sia andato via dalla
casa dei
propri genitori appena raggiunta la maggiore età. Ha vissuto
infanzia e
adolescenza in competizione con un fratello maggiore ed una sorella
minore,
senza contare i parenti piuttosto conservatori dal punto di vista della
famiglia: lo hanno supportato nel suo desiderio di diventare musicista,
quello
sì, purché affiancato da un vero lavoro, ma si
sono sempre schierati contro
scelte sessuali non convenzionali. Il che è una
contraddizione, visto che una
sessualità più libera si è sdoganata
proprio negli ambienti della musica e
dell’arte più in generale; probabile
però che un ascoltatore distratto, come la
maggioranza delle persone ai nostri giorni, non abbia mai approfondito
la
conoscenza della storia della musica o non si sia mai preoccupato di
studiarne
i testi.
Noi,
come band, abbiamo dei testi
sobri, che non spingono in una particolare direzione, ma le scene
ambigue sul
palco, le facciamo eccome. È proprio in quel frangente, che
il mio chitarrista
è venuto allo scoperto con me: il problema è che
viviamo la storia in segreto.
Non
sono soltanto i suoi genitori,
ad essere contrari. Non ho idea di cosa ne pensino suo fratello e sua
sorella,
una volta resisi indipendenti da madre e padre, ma so che anche in
fabbrica ha
trovato un ambiente piuttosto ostile, pertanto non si è mai
esposto. Già lo
criticano tantissimo per il look fuori dall’ambiente
lavorativo: si permettono
persino di fargli notare che smalto nero ed eyeliner sono ignobili su
un uomo,
poco importa che quello sia parte del nostro aspetto come band e magari
lui non
sempre abbia tempo per togliere quel poco make-up di scena. Tornando
ancora più
indietro nel tempo, a scuola aveva incontrato le stesse problematiche
con cui
mi ero scontrato anche io: da adolescenti purtroppo ci si dà
spesso del frocio
per sfottò e questo, per un ragazzo che davvero è
gay o bisex, è molto
umiliante anche se non lo dà a vedere.
Lui
infatti si è chiuso in se
stesso: dice di essere single o di uscire con qualche ragazza di quando
in
quando, vive una doppia vita, una alla luce ed una al buio; io devo
rimanere
relegato nella parte scura, al massimo mi è concesso di
stare in penombra
quando facciamo le nostre messinscene durante i concerti.
Vorrei
tenerlo per mano quando
usciamo insieme, vorrei poterlo baciare senza dovermi per forza
imboscare,
vorrei urlare al mondo quanto lo amo; invece dobbiamo procedere furtivi
al
massimo, non fare un passo insieme sotto la luce per non farci
scoprire. Tutto
quello che facciamo come coppia è relegato fra quattro mura,
alternando casa
mia, casa sua, la sala prove, i camerini. I nostri band-mates sanno e
rispettano la sua riservatezza, ma a me non basta più:
litighiamo sempre più
spesso per questo.
Pretende
davvero che restiamo
confinati nell’ombra tutta la vita?
***
Perché
le persone parlano senza
capire quello che prova una persona che si trova in un contesto diverso
dal
proprio? Perché la fanno facile, quando facile non
è, almeno per me?
Io
voglio infinitamente bene a
Torsti, ma semplicemente non comprende la situazione in cui sono. Vivo
perennemente in equilibrio precario e basta un nonnulla per spezzare
questa
delicata stabilità.
Ho
avuto tutti contro fin da
subito, preventivamente, senza che neanche lo sapessero davvero.
D’altra
parte non è lui quello
che ad ogni ripresa televisiva del Pride sente, o almeno sentiva
finché viveva
coi genitori, i commenti di disgusto di tutti, fratelli compresi.
Non
è lui che si sente
perennemente sbagliato, perché la stessa cosa è
proseguita a scuola e sul
lavoro.
La
cosa fantastica è che nessuno
sa che sono bisex. Sospettavano che fossi gay, quello sì, in
base al mio look;
ma ho sempre avuto relazioni con ragazze alla luce del sole, non mi
sono mai
avvicinato ad un uomo, a parte Torsti, sempre di nascosto. Sono sempre
riuscito
ad evitare di venire allo scoperto: già mi bastano le prese
in giro generali,
una raffinata tortura mentale di compagni di scuola e colleghi di
lavoro.
In
fondo, se sei d’accordo con
loro, nessun problema: se non lo sei, o sei il loro –
consapevole o meno – oggetto
di sfottò, la cosa ti distrugge dentro. Una vita
meravigliosa.
Da
pop-rocker figlio degli anni
Ottanta, è ovvio che io sul palco mi vesta in un modo
particolare: onnipresenti
pantaloni di pelle, tatuaggi in vista e perché no, torso
nudo ed un po’ di trucco
di scena; i miei colleghi dovrebbero essersi abituati che quelle cose
appartengono allo stile musicale che seguo, e invece no! Continuano a
rinfacciarmi che uso cosmetici peggio di una donna, che sono un uomo a
metà.
Guai se non mi tiro via bene l’eyeliner o lo smalto la sera
prima di andare a
lavorare, non importa se torno stanco all’una di notte e la
sveglia suona alle
cinque per il primo turno: posso fare la
checca rockettara la sera, ma la mattina dopo non devo recare
i segni della
mia devianza.
Tutto
questo mi ricorda i miei
genitori.
“Sì,
caro, stai crescendo, ma è
ancora presto per provarci con le coetanee: devi aspettare, non fare la
figura
del maniaco! Rischi di minare la dignità di tutti noi se
succede qualcosa!
Tieni, distraiti con questa chitarra!” – una
meraviglia, i regali
disinteressati. Oddio, mia madre è stata poco lungimirante,
visto che proprio
grazie alla chitarra ho rimorchiato l’inverosimile a
scuola… probabilmente lei
sa giusto la metà delle ragazze con cui sono uscito.
“Sì,
caro, tu puoi fare il
musicista, ma devi trovarti anche un lavoro vero, o niente! La musica
è bene
che rimanga un passatempo! Se non hai un lavoro, cosa penseranno di
noi, che
graviamo sul welfare come dei parassiti?” – fare
l’operaio è più o meno
compatibile con gli impegni musicali a livello di hobby, ma
è una vita
stressante. Forse avrei dovuto proseguire gli studi, ma non sono mai
stato
volentieri curvo sui libri per ore, così ho preferito
qualcosa di più pratico.
Sì, caro, tu puoi essere anche
bisessuale, ma noi vogliamo nipoti anche
del tuo ramo, quindi trovati una donna, o niente! Uomo con uomo?
Sventura,
abominio! E la nostra dignità famigliare? –
tale concetto non è stato
direttamente espresso, in quanto non l’ho mai confessato, ma
l’ho assimilato lo
stesso, perché è così che ragionano
loro per tutto.
Il
mondo intero ragiona così: fa’
quello che tutti si aspettano da te, puoi potenzialmente coltivare
qualcosa di
alternativo altrimenti non hai carattere, ma devi comunque rispettare
quello
che vogliono. Altrimenti sei un outsider.
L’unica
cosa per cui Torsti è più
libero di me, è che probabilmente si aspettavano fin da
subito che fosse gay:
perché, da quello che mi ha raccontato, già di
lui notavano un certo interesse
per i coetanei fin dalle elementari, e nessuno per le ragazze. Lui si
è tolto
le catene delle aspettative genitoriali molto presto, e così
anche quelle della
società. Ed è cresciuto in una famiglia
sicuramente più aperta di mente.
Cosa
succederebbe se io venissi
allo scoperto? Tradirei le aspettative di tutti quelli che mi
circondano, a
parte i miei compagni di band: ma loro non ci sono sempre a difendermi,
abbiamo
tutti impegni diversi e ci vediamo solo per provare le canzoni. Al
lavoro mi
massacrerebbero di umiliazioni… già lo fanno se
non ho tolto alla perfezione la
mia maschera da musicista; forse
si
aspettano una reazione mia esagerata contro di loro, che mi farebbe
rischiare
di perdere il posto: il problema è che, se così
accadesse, la mia vita
crollerebbe. Come farei a mantenermi? Non ho un curriculum
particolarmente
qualificato e potrei scegliere solo pochi impieghi che sono spesso
già saturi;
alcuni di essi mi impedirebbero addirittura di seguire la mia passione
per la
musica, per orari e carico di lavoro. Ma rinunciare ad essa per me
sarebbe come
morire. Non ultimi, ci sarebbero anche i miei delusissimi genitori.
Quando
Torsti mi dice che la vedo
più nera di quello che è, divento furioso.
Dovrebbe solo stare zitto, non è lui
che cammina in punta di piedi sul filo di un rasoio.
Ho
creato con fatica questa zona
d’ombra nella mia vita, in cui io e lui possiamo essere noi
stessi e vivere la
nostra storia. Sono sempre sceso a compromessi per vivere in
equilibrio, per
quanto delicato esso sia è sempre meglio che cadere da
qualche parte: i baratri
intorno a me sono tutti troppo profondi.
Il
problema è che litighiamo
molto per questo. Io capisco che lui sia libero e che voglia rendere
così anche
me, ma io ho un fardello che mi impedisce di volare.
***
Sembra
quasi che la vita si
diverta, a punzecchiarci sul nostro punto di scontro. Come al solito,
dopo la
festa di mezza estate si pubblicizza il Pride, un evento al quale ho
sempre
desiderato andare. Vorrei essere lì, in prima fila, per fare
coraggio a tutti
coloro che ancora sono chiusi nell’armadio e brancolano
nell’ombra con tutte le
ansie del caso. Lo farei soprattutto per Risto, e poi per tutti gli
altri come
lui.
Quello
che mi fa incazzare, è che
lui non voglia che io ci vada. Non può impedirmelo, cazzo!
Capisco che lui non
voglia muovere il culo fuori dalla sua zona d’ombra, ma non
può precettare
anche me!
“Non
andrai a culo nudo in mezzo
a tutta quella carnevalata, spero!”
“Non
dire stronzate! Se tu avessi
fatto attenzione davvero a quello che si fa nella tua stessa nazione
attraverso
gli anni, probabilmente la penseresti in modo diverso! Hai mai visto
delle foto
della manifestazione qui? Non c’è gente nuda, o
vestita porno che succhia lecca
lecca a forma di cazzo, se è questo che pensi!”
“Mi
dà comunque fastidio che tu
vada su un carro pieno di cazzi a dire al mondo che manca il mio in
mezzo allo
spettacolino!”
Io
non farò il suo nome, non
citerò neanche il fatto che sono fidanzato, non lo
provocherò dicendo davanti a
tutti che deve dichiararsi! Sarò da solo in mezzo a tanti a
combattere la mia
battaglia, basta!
E
invece no, probabilmente pensa
che qualsiasi essere vivente lì ci provi con me e quindi no,
non va bene!
Fa’
pace col cervello, Risto! Sei
sceso a troppi compromessi nella tua dannatissima vita!
Io
ci voglio andare, anche se non
dirò nulla riguardo a lui, né mi farò
circuire dagli altri, nel caso dovesse
succedere, perché lo amo! Perché la mia
partecipazione al Pride deve essere un
“No” assoluto, quando metto la faccia solo per me
stesso?
Me
ne sono andato da casa sua
perché ne avevo abbastanza delle sue stronzate.
***
Ogni
volta vivo l’inizio
dell’estate con panico, perché cominciano sempre
le pubblicità sul Gay Pride e
puntualmente Torsti si mette in testa che ci dobbiamo andare.
Gli
ho detto che come al solito
non ci metterò piede, ma soprattutto non posso rischiare che
lui mi esponga! Basta
una parola, la gente fa due più due, ci vede che usciamo
insieme anche senza
contatto fisico! La messinscena sul palco va bene perché
nessuno la prende sul
serio, io stesso evito che si superi un certo limite, ma nella vita
reale
dobbiamo stare attenti ai nostri passi!
“Lo
capisci che non parlerò di
te, ma parlerò solo per me stesso?” –
Sì che lo capisco, Torsti, ma così
facendo esponi anche me, lo capiranno che non siamo semplicemente amici
e
quello che chiamiamo fanservice ha invece risvolti reali! La faccia al
lavoro
ed in famiglia la perdo io! E poi non ci è mai andato in
anni: ogni volta che
ho rifiutato, è stato a casa anche lui… cosa sono
queste fisse del momento?
Perché deve andarci per forza, a fare il cretino circondato
da altri maschioni
sculettanti che magari ci proveranno anche con lui, visto che va in
qualità di
singolo?
L’ho
bombardato di domande e non
mi ha nemmeno degnato di una risposta. Anzi, mi ha ribattuto con
un’altra
domanda.
“Perché
dai la priorità a quello
che pensano gli altri, rispetto alla nostra felicità? Ti
piace vivere in un
ambiente nocivo? Perché questo è, se al lavoro ed
in famiglia ti fanno
questioni sulla tua vita privata! Ti piace avvelenarti
l’esistenza, pur di
conservare una figura reputata rispettabile da dei coglioni?”
– ora… io non ho
un buon rapporto coi miei genitori, ma mi han dato la vita e cresciuto,
non
deve permettersi di insultarli così, gratuitamente! Con la
sua valigia in mano!
È fuori di testa, cazzo!
---
Settimana
scorsa dopo quella
frase se n’è andato in silenzio da casa mia e non
è più tornato. Sento il vuoto
rimbombare tra le pareti del mio appartamento.
Sono
devastato. Mi sento
fottutamente debole.
Sono
debole, in effetti.
Torsti
è furioso, ha tagliato i
contatti con me da alcuni giorni e mi sembra di non sentirlo da
un’eternità. Fa
male, malissimo. Mi ha lasciato solo.
Che
vada al suo fottuto Pride, se
vuole. Non è giusto impedirglielo, basta solo che non mi
faccia fare outing,
spero che pesi le sue parole e che soprattutto non mi faccia dispetti.
Gliel’ho
anche scritto via
messaggio, anche se non aveva bisogno che gli dessi il permesso io.
Ogni tanto
ci si può rimangiare qualcosa quando si esagera, giusto?
Ovviamente
nessuna risposta, fino
ad ora. Decido di inviargli un altro sms.
“Dimmi
almeno se devo fare la
spesa nel caso tu venga da me domani. Vorrei parlarti dopo il Pride, ma
se non
vuoi, lo capisco.”
“Ok.”
Non
è né un no, né un sì.
Farò la
spesa, male che vada quelle cose le mangio io. Sempre che mi venga
appetito,
visto che la nostra situazione sembra al capolinea e tra il cuore e lo
stomaco
mi sembra che ci sia un enorme posto di blocco. Riesco a piluccare a
malapena
qualcosa di precotto.
Non
so con che testa andrò domani
mattina a comprare da mangiare.
***
Mi
alzo frastornato e mi preparo.
È una giornata calda e soleggiata, ma il mio cuore
è affranto: in ogni caso non
ritratto la mia decisione. Canotta e pantaloni bianchi, stivali neri,
bracciale
rainbow: questa è la mia divisa da Pride. Magari ci metto
anche una collana a
fiori, sempre fantasia arcobaleno, tanto sulla strada le vendono di
sicuro.
Il
centro di Tampere sembra in
festa: adoro questa città, nonostante le resistenze che ci
sono state il
sindaco ha deciso di ospitare la manifestazione comunque.
Mi
sono perso tantissimo in
questi anni di clausura forzata: è tutto così
variopinto e gioioso, ma non c’è
nulla di particolarmente esagerato. Qualche torso nudo e pantaloncini,
non di
più, alla faccia della visione distorta che ha il signor
Risto, che crede che i
Pride da noi siano uguali a quelli estremamente spettacolarizzati
d’oltreoceano.
Andrò
sul carro, oggi, poco
importa che manchi quello che dovrebbe supportarmi più di
tutti. Se vuole farla
finita per questa stronzata, che lo faccia: ha detto via sms che vuole
parlarmi, il che può significare un milione di cose
– ma almeno questa mattina
è mia, mi prendo cura di me stesso e della mia
libertà.
Sul
carro di testa vi è una drag
queen con un lungo abito rosso, agilissima sui tacchi e ben truccata:
è
perfettamente a suo agio con se stessa, i suoi capelli biondo cenere
sono
favolosamente lunghi e soffici. Si fa chiamare Lizette e mi riconosce
appena mi
vede: è una lettrice abituale di riviste di musica e ci
segue da quando è
uscito il nostro primo album; ha detto che in auto ha il cd originale e
vorrebbe che le autografassi il booklet, a manifestazione finita.
Queste sono
le cose che mi fanno sentire vivo: sapere che ci sono dei fan nella mia
situazione e poterli aiutare.
Risto
si sta perdendo tutto: la
gioia di essere libero, una vita felice… non è in
grado di spezzare quei legami
che gli hanno costruito attorno. Questo mi amareggia davvero tanto.
Perché
non capisce che sta
distruggendo tutta la parte che lo rende un uomo con delle passioni?
Vuole
diventare un robot, un involucro vuoto? Libero di farlo, ma non con me
al suo
fianco.
Ma
poi, la band. Se non andiamo
d’accordo e ci lasciamo, sarà la nostra morte come
gruppo musicale. Proprio lui
non ci arriva, che l’ha fondata? Gli altri ragazzi cosa sono,
merda?
Chiacchiero
amabilmente con
Lizette prima che la sfilata parta, evitando chiaramente di citare la
storia
col mio chitarrista, di cui comunque lei vuole sapere; mi trovo in
difficoltà
quando mi chiede cosa sia il fanservice per noi, ma riesco a
districarmi dopo
un po’ di riflessione: le dico che è una finzione,
ma lo facciamo per aiutare
chi ha bisogno di un’infusione di coraggio per vivere come
meglio crede.
Se
solo non fallisse ogni volta
nel suo intento proprio con quello assieme al quale lo faccio, staremmo
meglio
tutti, ma questo lo tengo per me. Lei è entusiasta delle mie
parole, dicendo
che i nostri intenti sono nobili ed effettivamente conosce alcune
persone,
nella calca, che hanno beneficiato della nostra esposizione, per quanto
inscenata. Lizette sarà una dei portavoce di questo Pride e
parlerà durante la
sfilata, in alcuni momenti di interruzione. Il traffico nella via
principale è
bloccato, ma non ci sono state particolari proteste: Tampere
è una città molto
mobile anche senza le auto, e le corse degli autobus sono state
reindirizzate
sulle strade libere con pochi disagi.
SI
mettono in moto i carri. Andiamo.
***
Ho
fatto malissimo i miei
calcoli, in mezzo alla mia confusione mentale: la spesa oggi si fa a
piedi, Hämeenkatu
è tutta chiusa al traffico per il Pride. Quanto sono stato
idiota: ma va bene
lo stesso, farò un po’ di esercizio alle braccia
con le borse della spesa.
Il
sole è caldo e l’aria è
comunque frizzante; mi godo i riflessi della luce sul Tammerkoski,
anche se il
mio cuore non è a posto. Stasera devo parlare con Torsti, ma
non so nemmeno
cosa dirgli: certo ascolterò il resoconto
dell’esibizione, ma… che cosa siamo
adesso? Le nostre opinioni sono molto divergenti, chissà mai
se le risolveremo
o se finirà tutto. Mi viene da piangere, se ci penso.
Un
dilemma shakespeariano: essere
o non essere? Questo è il problema. Non ho mai portato il
mio vero essere alla
luce del sole e ho paura di fare la fine del vampiro, però
l’unica soluzione
per vivere in pace la mia storia con Torsti è proprio quella
scardinare la mia
vita. L’altra strada è sacrificare la relazione
pur di vivere tranquillamente.
In fondo le donne mi piacciono, un bisessuale può
tranquillamente vivere da
etero senza dover rendere conto a nessuno, potrei… ma
è quello che voglio
davvero?
Arrivo
ai magazzini Sokos con la
mente confusa come nei giorni scorsi: le notti non mi hanno portato
consiglio,
ma intanto proseguo con la routine per quanto riguarda le cose ancora
certe e
vado al piano interrato a fare la spesa. Carne, pane di segale, patate,
altra
verdura, le mie adorate spezie piccanti in grado di abbattere un
drago… il
latte delattosato per Torsti…
Finire
con gli occhi umidi
davanti al banco frigo non mi fa onore, ma considerato che potrebbe
essere
l’ultimo bricco di latte speciale che compro, credo di essere
giustificabile.
Mi
sa che mi tocca comprare anche
un pacco maxi di fazzoletti.
Ok,
c’è tutto.
Dopo
aver pagato alla cassa, mi
defilo per essere a casa il prima possibile: in quel momento,
però, transita
davanti ai magazzini Sokos la carovana del Pride; non solo, essa si
ferma
proprio in mezzo alla strada.
Ha
ragione Torsti a dire che gli
abbigliamenti sono piuttosto sobri, solo ci sono i colori
dell’arcobaleno un
po’ ovunque.
C’è
una drag queen in abito rosso
che parla in modo decisamente provocatorio.
“Sapete,
la gente ama sfottere
specialmente sul piano sessuale: non si contano le volte che mi
è stato detto
che non sono un uomo, o che comunque non sarò mai una donna,
o che sono un uomo
a metà. Io invece voglio rispondervi alla stessa maniera:
non è la presenza di
un pene, a fare l’uomo. Quan prendono
in giro chi discorda tra sesso e genere, e poi non sono in grado di
aderire a
quel ruolo nella società che secondo le norme si
confà all’uomo? Quello
dell’essere sicuri di sé, diretti, schietti nelle
proprie scelte?”
Credo
di non essere mai stato
così ustionato da delle parole. Le mie ginocchia si fanno
tremanti, e le
lacrime che credevo di aver parcheggiato al banco frigo sfuggono ai
miei occhi.
È il motivo per cui io e Torsti ci scontriamo, per il quale
nessuno vuole fare
un passo indietro.
Da
una parte, la mia vita
affettiva, dall’altra la mia vita professionale e la mia
esistenza come figlio.
Non ho mai avuto il coraggio di rompere quegli equilibri precari. Non
ne ho mai
avuto… il fegato.
Io
non… non so, da una parte
vivere nell’ombra è socialmente accettabile; ma le
parole di quella drag queen
hanno ribaltato il concetto di “comportarsi da
uomo” in un’ottica che ha
comunque senso e non ho scampo, il mio comportamento fa acqua da tutte
le
parti. O meglio, fa merda da tutte le parti.
Ripenso
alle parole di Torsti
sull’essermi creato un ambiente nocivo intorno, che non solo
danneggia me
stesso ma anche chi mi vuole bene davvero.
Ha
ragione, cazzo. È un egoismo
che, per assurdo, non fa bene neanche a me!
Mi
sento così… idiota. E
svuotato.
Sulla
strada ci sono posti che
cercano personale: nel caso venissi licenziato potrei sempre lavorare
in una
libreria, un negozio di dischi o strumenti musicali, perché
no? Anche se il mio
curriculum non è splendido, ci
sarà una
posizione che mi permetta di vivere decentemente, non chiedo
molto¹.
Sono
cose che prima non avevo
notato, ero accecato dai miei preconcetti; torno a rivedere il mondo
solo ora,
in una luce diversa, più rosea.
Dei
miei genitori devo avere
paura relativamente: a dire il vero so già come la pensano,
è meglio nutrire solo
pessime aspettative; in tal caso, ogni loro reazione potrebbe essere
migliore
di quello che credo.
Non
voglio che Torsti se ne vada
dalla mia vita: danneggerebbe anche la band. Come ho fatto a non
pensarci
prima! Loro sono, oltre che colleghi, anche miei amici, per quanto non
ci
vediamo spesso. Quanto sono stato cieco!
Sto
sbagliando tutto. Vorrei sbattere
la testa contro il muro, anche se probabilmente si sfonderebbe il
cemento.
Noto
solo adesso la grande folla
che festeggia; la drag queen ha finito il suo discorso, che ho seguito
solo
nella parte in cui mi sono sentito inchiodato e tra poco la carovana
tornerà a
muoversi: finalmente noto che sul carro c’è
Torsti, vestito tutto di bianco
come un angelo, con qualche ornamento arcobaleno addosso.
Dio,
è così bello e fiero di
essere parte di questa festa. Ha stappato lo spumante e annaffiato i
partecipanti
del carro e tutti stanno brindando.
Mi
faccio strada tra la folla e
chiedo alla portavoce del carro di farmi salire, anche se le borse
della spesa
mi ostacolano; lei capisce e, con un po’ di fatica, riesco a
trovare posto
anch’io. Mi ha riconosciuto, ma la prego di non dire niente,
che della mia band
parleremo dopo: ora ci sono cose più importanti da fare.
Torsti
mi sta dando le spalle,
non si è accorto che sono salito, pertanto gli appoggio una
mano sulla spalla
di sorpresa.
“Hey!”
Il
mio vocalist si gira e
trasale: non se lo aspettava!
“Risto?
Che cosa ci fai qui?!”
“Ho
fatto la spesa, amore!”
Rimane
incredulo, senza muoversi:
non mi sono mai sbilanciato tanto, a dargli appellativi affettuosi, al
che
sfrutto la sua momentanea confusione per baciarlo.
Piange
di gioia, il mio ragazzo,
ma nemmeno io riesco a trattenere la commozione.
C’è chiasso, la gente intorno
a noi fa festa, e sono felice di farne parte.
Sono
libero anch’io.
***
Ho
rischiato un doppio infarto,
su quel carro, ma adesso sono la persona più felice del
mondo.
Anche
se mi ha fatto spaventare,
Risto ha capito. È così buffo, con le sporte
della spesa in mano, mentre mi
bacia. Testa di cazzo che non è altro: solo quando lo si
mette con le spalle al
muro riesce a decidere cosa fare della sua vita.
Non
sopporto quando per reazione
si chiude in se stesso e non vuole ragionare; soprattutto
perché quando gli
passa l’orgoglio capisce di aver sbagliato, ma intanto mette
in pericolo la
nostra storia, con tutto quello che può conseguirne.
Ha
dovuto passare una settimana
da solo senza sentirmi e Lizette lo ha praticamente asfaltato in
diretta senza
saperlo, per fargli capire quale fosse la scelta migliore per tutti.
Se
è convinto di una cosa è
difficilissimo fargli cambiare idea e bisogna lasciarlo sbollire, ma
gli voglio
bene lo stesso. Adoro quando ritorna il solito ragazzo dolce e
passionale;
imparerà mai a gestire i conflitti senza fare drammi?
Sperare non costa nulla.
Qui
sul carro, Lizette si è
trasformata in una fangirl: continua a dire che siamo bellissimi e che
dovremmo
richiedere l’unione civile al più presto, perché
dove si vede un uomo che sale a festeggiare il Pride con le borse della
spesa
per il suo compagno?
Risto
è imbarazzatissimo, io rido
commosso perché la nostra drag queen non sa quanta fatica,
quante liti, quanta
amarezza ci siano dietro. Mi piacerebbe che lo spiegasse, di certo non
farò io
lo stronzo; non ora che ha fatto un passo enormemente difficile per lui.
***
Credo,
nella mia avventatezza, di
aver fatto una cazzata.
Come
ci si stacca da una
travestita che ti sviolina come se fossi l’esempio di uomo
perfetto, quando non
lo sei affatto, il tuo ragazzo lo sa e ride sotto i baffi guardandoti
come se
fossi un povero mentecatto, avendo però la buona creanza di
non intervenire e
rovinarti così tutta la posa?
Decisioni,
decisioni da prendere
ovunque.
Abbiamo
fatto la figura di merda,
ormai? Andiamo avanti. Chiedo a Lizette – così mi
si è presentata – di passarmi
il microfono, perché non voglio che mi si diano meriti che
non ho.
“Grazie
per i complimenti, ma non
è tutto così vero.”
La
gente intorno a me rimane
stupita, senza parole, tutto è come se si fermasse
all’improvviso. Anche io non
so esattamente cosa dire, ma voglio essere sincero.
“Io…
ecco… non avrei mai avuto il
coraggio di fare una cosa del genere, anche solo settimana scorsa.
È stata una
decisione improvvisa.”
“Non
ti vorrai tirare indietro!”
Torsti già si preoccupa, e anche Lizette.
“No,
non me ne pento! Succeda
quello che succeda, almeno sono libero.”
Detto
questo, restituisco il
microfono a Lizette, mentre il carro procede a passo d’uomo
verso il ponte sul
Tammerkoski.
Avrei
potuto dire molto di più,
ma semplicemente non mi venivano le parole e penso comunque che tutti,
o almeno
molti dei presenti, abbiano capito. Siamo stati tutti più o
meno fratelli nella
difficoltà dell’uscire allo scoperto, o almeno
credo.
A
mezzogiorno e mezza finisce la
sfilata dei carri, così scendiamo e io faccio per tornare a
casa. Torsti però
mi ferma: dobbiamo autografare la copia di Divine Insanity di Lizette,
cosa che
faccio anche io più che volentieri, anche se scrivere una
dedica su fondo nero
è dannatamente complicato. Per fortuna che esistono le penne
ad inchiostro
chiaro.
“Ora,
io non conosco la vostra
battaglia. Ma vi ringrazio, perché la vostra è
stata una grandissima
testimonianza di coraggio che ispirerà molte persone. Alcuni
dei presenti sono
vostri fan e li avete aiutati molto esponendovi sul palco.”
“Quello
era solo fanservice.”
“Non
è vero! Tu volevi che lo
fosse, ma intanto se nel backstage facevamo i nostri comodi, non era
solo
messinscena per i fan!” mi interrompe Torsti.
Sospiro,
correggendomi: “Ok, sì,
doveva essere fanservice ma solo in teoria. I camerini sanno che non
è così, ma
non avevo il coraggio per espormi davvero. Ancora adesso non so le
reazioni che
avrò intorno a me, sono un po’
preoccupato.”
“Capisco.
Posso chiedervi un
favore? Queste persone che sono vostre fan… possiamo
improvvisare una sessione
autografi?”
Ma
ben volentieri, anche se ho
una fame da lupi!
Persone
di ogni genere ed
orientamento sessuale, tutte accomunate dall’apprezzamento
verso la nostra
band… non molte a dire il vero, ma per noi tutte preziose:
non neghiamo
autografi e foto, ce ne vengono fatte tante e ne siamo felici.
Contenti
di significare qualcosa
di profondo per tutti questi fan.
La
cosa mi dà un po’ fiducia,
anche se ho la sensazione che si scatenerà una tempesta.
***
È
tornata la pace e ci aspetta un
bel weekend insieme; la priorità è stata
scaricare la spesa a casa di Risto,
poi abbiamo pranzato da Subway e ci siamo fatti un bel giro per la
città in
festa, come non capitava da molto. Vedere Koskipuisto pieno di fiori e
con gli
alberi verdeggianti ed i mercatini estivi nelle strade del parco
è un toccasana
per la mente; il fiume che divide in due la zona scroscia con energia e
rinfresca l’aria: si sta davvero bene, ed avere di nuovo al
mio fianco il Risto
che amo mi fa sentire in una bolla di perfezione.
Lui
è contento, lo vedo più
rilassato, anche se non del tutto. Fa ancora fatica a prendermi per
mano di sua
iniziativa, ma se lo faccio io non si distacca innervosito,
anzi… me la
stringe, come se non volesse lasciarla mai. Siamo anche andati a
trovare Teppo
e Sami in università, per un po’ di sano cazzeggio
fuori dall’aula studio; a
dire il vero, la distrazione momentanea si è trasformata in
una fuga dal campus
fino al parco divertimenti di Särkänniemi. Abbiamo addirittura
intasato la coda del Trombi innumerevoli volte finché non ci
hanno cacciati
malamente: ci è solo dispiaciuto che Juho e Timo non ci
abbiano raggiunti per
altri impegni.
Certo
i nostri amici non si
aspettavano la decisione di Risto di uscire allo scoperto, quindi
appena ci
hanno visti avvicinare troppo in pubblico erano tesissimi, si
aspettavano che
il mio ragazzo si innervosisse… le loro facce quando mi ha
baciato sono state
impagabili.
“Sono
un uomo liberamente bisex,
ora!” ha detto con un sorriso a trentadue denti davanti ai
loro volti increduli.
Non
lo vedevo così felice da
parecchi mesi, per non parlare di quanto abbiano accolto con gioia la
notizia i
nostri compagni di band. Beh, in effetti li stavamo facendo impazzire
con i
nostri drammi di coppia quasi scoppiata.
“Vi
lasciamo soli” ci dice Teppo
dopo un paio d’ore, notando certi sguardi che si magnetizzano
sugli occhi di
Risto.
Quegli
sguardi che erano rimasti
in castigo a lungo, precettati dal comparire in ambienti pubblici, che
hanno
sempre provocato improvvise fughe da parte degli altri per non trovarsi
davanti
ad una diretta porno, appena li ricambiavo come sto facendo adesso.
Sami
e Teppo, dunque, si
defilano, così come noi poco dopo.
Quanto
cazzo è bello, sentire la
mano del mio compagno sul culo per tutto il percorso. Il Risto che ho
sempre
conosciuto solo io, che si espone in pubblico con questi gesti che mi
scaldano
l’animo. Adoro le sue molestie.
Le
pareti di casa sua settimana
scorsa mi sembravano invece così fredde… ora
invece mi sembrano il rifugio più
accogliente del mondo; le sue lenzuola sanno di bucato fresco e mi ci
butto
gioioso, mentre lui fa lo stesso.
---
Che
meraviglia.
Non
ricordavo più come si facesse
l’amore senza che questo dovesse riparare a qualche lite, con
tutte le
conseguenze del caso: dolore che esorcizzava i cattivi sentimenti, una
violenza
che ci infliggevamo a vicenda. Godevamo con rabbia, sensazioni
stordenti come
droghe, ma che alla fine lasciavano solo vuoto e tanta tristezza e non
servivano a niente per risolvere le incomprensioni, che si
ripresentavano
sempre nelle occasioni successive, in un loop vizioso che ci stava
assorbendo.
Questa
volta invece è stata come
le prime, di una dolcezza infinita. Ce la siamo presa con calma, tra
mille
baci, carezze ed abbracci… nessuna irruenza, per quanto
fossimo eccitati da
morire. Eravamo ormai abituati a farci del male l’un
l’altro… invece adesso le
lacrime che velano i nostri occhi sono di gioia.
Mi
sento a casa, tra le braccia
di Risto.
***
Com’è
che l’essere in pace mi fa
venire più voglia rispetto a quando discutevamo, per poi
riparare con del
malsano angry sex?
Mentre
eravamo in giro, non
riuscivo a staccare gli occhi di dosso a Torsti, come se mi sembrasse
più bello
e intrigante che mai. Forse è proprio così:
perché i sorrisi che gli ho negato,
si sono ripresentati, oggi, sul suo volto, illuminandolo. È
splendido…
Altrettanto
meraviglioso è stato
molestarlo in pubblico: adesso che posso, devo recuperare tutto il
contatto
fisico che non gli ho concesso in passato. Mi ha posseduto un vortice
di
istinti repressi, forse mi sono addirittura rimbambito, ma avevo un
bisogno
spasmodico di toccarlo, sentirlo mio anche davanti a tutti.
Ho
scoperto quanto è bello essere
liberi.
Appena
arrivati a casa mia, ci
siamo amati come non mai: la tristezza di due anime lacerate che si
sforzavano
di unirsi nel momento è lontana anni luce; non è
più il sesso che fa da
collante a due personalità disgregate, è una
sensazione rinnovata di unione
totale. Due corpi, un’anima. È quello che
percepisco adesso, mentre lo
abbraccio: si è completamente abbandonato alle mie carezze.
È
così, che voglio vivere.
Ci
sono arrivato tardissimo e
dopo molte bastonate figurate, ma alla fine ho abbattuto quel muro che
aveva
cementato la paura dell’opinione altrui.
Non
farò alcun passo indietro,
no.
---
Questa
mattina, ho odiato la mia
distrazione di aver lasciato il cellulare acceso.
Chi
cazzo mi butta giù alle otto
di mattina?
Chiamata
da MAMMA.
In
effetti non la sento da
parecchio tempo, potrebbe avere comunicazioni importanti. Appena le
rispondo,
avverto che il suo tono è strano. Vogliono che io vada a
trovarli a Hyvinkää²
oggi
stesso, per pranzo… ma io avevo in piano di stare con
Torsti, dannazione!
“No, mamma, ho un altro impegno
oggi…
sono con Torsti…”
“Non potreste vedervi un altro giorno?
Non ci hai mai lasciati soli per il compleanno di tuo padre!”
Merda, me ne ero completamente
dimenticato.
“Beh… se volete, posso portare
Torsti
con me, glielo chiedo se volete…”
“Beh, pazienza. Tuo padre voleva che
fosse una riunione unicamente di famiglia come sempre.”
– e riaggancia.
Da qui si capisce il rapporto per
nulla idilliaco che ho coi miei genitori. Per non rinunciare a nulla
volevo
portare il mio ragazzo, anche per togliermi la spina dal fianco della
loro
reazione, ma a quanto pare non lo vogliono. Ci sono due cose che non
tollerano,
in effetti: che nella mia band ci sia un cantante gay – che
in effetti è pure
il mio compagno quindi apriti cielo, anche se non lo sanno ancora
– e che
qualcuno si dimentichi delle ricorrenze. Due colpi in uno, jackpot!
Probabilmente
adesso mi odiano. Tutto ciò non li predisporrà
bene a quello che volevo dir loro...
***
Risto,
combina guai che non sei
altro.
Beh,
in realtà aveva una
soluzione in pugno, però la mia passione per il cazzo sta
antipatica ai suoi
genitori e per esteso anche io, quindi niente.
Non
hanno mai approvato che nella
band del figlio cantasse un frocio.
Senza nemmeno sapere che Risto in primis si è innamorato di
me… comunque lo
hanno sottoposto a pressioni non indifferenti. Per il fatto che lui si
sia
scordato del compleanno di suo padre pur di stare con me, non lo hanno
ricoperto direttamente di insulti, ma sono sicuro che nella loro testa
gli
abbiano lanciato anatemi per almeno cinque generazioni a venire.
A
quanto pare, però, sarà a
malincuore assente alla ricorrenza, pertanto lui starà con
me per tutto il fine
settimana, alla faccia loro.
Bravo
Risto che finalmente
capisci le priorità.
---
MERDA.
MERDA.
ALLARME
ROSSO.
I
GENITORI DI RISTO SONO VENUTI
QUI A SORPRESA.
Eravamo
nudi nel letto e ci siamo
rivestiti in fretta e furia. Perché la gente deve essere
così invadente?
Ci
sono anche i fratelli, anche
loro sicuramente daranno addosso a quel poveretto. Sono schifato,
davvero,
anche perché lui non ha preparato niente perché
non se l’aspettava e la spesa
era stata fatta per noi due e adesso ci devono mangiare in sei.
Devo
sforzarmi il più possibile
di non essere ostile, però: questa in fondo non è
casa mia e loro non sono i
miei genitori, anche se li sbatterei fuori di casa a padellate in testa.
Mentre
li distrae, cercherò di
cucinare qualcosa.
Lo
salutano severamente, sono
risentiti davvero e a nulla valgono gli auguri, le scuse ed il regalo
che Risto
ha rimediato in emergenza. Fratello e sorella, invece, sembrano
cordiali.
Io
cosa devo fare? Nascondermi in
cucina senza farmi vedere, come fanno i ghostwriter con la scrittura?
Oppure
posso mostrarmi?
Aprono
la porta della cucina e mi
vedono armeggiare ai fornelli mentre preparo una specialità
di cui ho rubato la
ricetta al ristorante messicano: straccetti di pollo e peperoni
marinati con un
filo d’olio, tequila e lime.
“Buongiorno!”
li saluto,
staccandomi un attimo dalla cucina mentre spero che il mangiare non si
bruci.
Loro
a malapena mi stringono la
mano, anche se mi concedo di fare gli auguri al signore calvo davanti a
me.
La
madre già assalta il figlio,
indispettita: “Ma lui ti viene in casa?”
Vorrei
risponderle che sì, gli
vengo sempre in casa, più precisamente sul letto, sul divano
o nella doccia, ma
Risto si limita ad annuire.
“E
cucina pure per te?”
“Certo”
risponde il mio ragazzo.
Ha i nervi a fior di pelle, ma è pronto a difendermi.
“Fammi
capire: il tuo cantante invertito
viene a casa tua e prepara da mangiare per te? Non sono belle da
vedere, queste
cose…” prende la parola il padre, mentre Risto si
stringe nelle spalle. Io
continuo a cucinare come se niente fosse, ma sudo freddo non meno di
lui.
“Sai
com’è, papà… è il
mio
ragazzo.”
LO
HA DETTO DAVVERO. POTREI
COMMUOVERMI TANTISSIMO.
Sbircio
dietro di me con la coda
dell’occhio: l’uomo è diventato di mille
colori, la donna è sbiancata come un
cencio. I due più giovani, invece, sono stupiti ma non
scandalizzati, almeno
loro…
Solo,
non avrei voluto vedere il
padre schiaffeggiare il figlio; lì mi tolgo di nuovo dai
fornelli, con le mani
che prudono; fortunatamente, anche i fratelli di Risto intervengono e
lo
bloccano.
“Che
cazzo fai, papà?” urla
Marita, spalleggiata da Markus.
“Io
non accetto queste cose!
Veramente pensavo di aver cresciuto anche voi insegnandovi cosa
è giusto e cosa
no!”
“Non
pensare che io cambi idea:
sto con lui, anche se dovessero caderti le mani da tutti gli schiaffi
che potresti
darmi!” vedere Risto ergersi con un coraggio che gli era
mancato per anni è
terribilmente bello.
La
madre, invece, non dice nulla.
Il
mio ragazzo prosegue: “Non ho
più paura di dire che lo amo. Voi, però, se non
gradite, potete sempre prendere
la porta, andarvene e addio per sempre.”
“Io
e Marita restiamo, non so
voi” – per quanto Markus assomigli fisicamente al
padre, compresa la calvizie
precoce, sono contento di vedere che ha una mentalità
diversa.
Il
padre sbuffa, vorrebbe
prendere la consorte per il polso e trascinarla via, ma lei, riavutasi
dallo
shock, rimane ferma. Nel frattempo ho spento i fornelli per non
bruciare tutto.
Chi vuole, mangi quello che ho preparato, appena si calmano gli animi.
“Caro,
capisco che questo non sia
ciò che ci aspettavamo da nostro figlio… ma si
è sistemato così, anche se… sono
cose che non concepisco: ti piacevano così tanto, le ragazze
a scuola! Come ci
sei arrivato così, figliolo?”
“Semplicemente
mi piacciono
entrambi, sono gusti.”
Non
avrei mai pensato che potesse
tirar fuori tutta questa sicurezza: erano cose che forse voleva urlare
al mondo
intero da tempo, ma la paura lo bloccava. I suoi occhi hanno un
bagliore di
fierezza che non avevo mai visto.
“Ti
vedo certo della tua
decisione… non la comprendo ma non mi ci metterò
contro.”
“Io
credo di aver appena perso un
figlio” il padre riprende la sua posizione subito dopo che la
madre si è
mostrata neutrale.
“Attento
a come parli! – Marita
protesta energicamente – “O potrei non considerarti
più mio padre.”
“Quindi
state tutti dalla sua parte? Dovete dirmi qualcosa, voi due, qualche
cambiamento di sponda
improvviso, così la finiamo subito con la sagra degli
invertiti?”
“No,
papà” – è Markus ad
intervenire – “Ti dico solo che non stai facendo il
buon genitore, se cerchi di
demolire tutto ciò che il nostro fratellino si è
costruito con fatica. La sta
vivendo bene così, non ci devi mettere becco
perché magari pensi che sia
sbagliato. Può esserlo per te, per mamma ma non per
lui.”
“Io
non ci trovo nulla di male!”
ribadisce Marita.
“Nemmeno
io: papà, tu puoi anche
non accettarlo, ma si tratta della sua vita, non della tua.”
L’uomo
si rabbuia: “Io me ne
vado.”
“Fate
quello che volete, basta
che prendiate una decisione, visto che si sta raffreddando il pranzo
che il mio
uomo ha preparato con tanto amore!” Risto raggela i genitori
con lo sguardo ed
il suo intervento; i suoi fratelli si siedono a tavola, mentre lui si
mette a
riscaldare quello che avevo cucinato.
***
Io
non ho mai trattenuto chi non
volesse stare a casa mia; in questo momento ho fame e per questa
stronzata
rischiamo di rovinare tutto l’impegno e la dedizione che
Torsti ha messo nel
cucinare per quella che dovrebbe essere la mia famiglia.
Menomale
che Markus e Marita,
negli anni, si sono slegati dalla mente dominante di mio padre e hanno
cominciato a pensare con la loro testa; beh, a dire il vero mia sorella
già
aveva cominciato a fare come voleva lei, rendendosi indipendente
presto, mentre
Markus era la copia perfetta di mio padre. Sono contento ed anche
sorpreso che
il mio fratellone si sia dissociato da lui.
Mia
mamma invece è ancora una
donna piuttosto fragile e subisce molto l’influenza del suo
consorte; l’ha
sempre subita, difficilmente cambierà. Mi dispiace
tantissimo, ma almeno so di
non averla totalmente contro: non mi supporta, però mi
sopporta, lo tollera e
per me è già tanto così.
Papà è da solo sotto quest’aspetto.
Da
solo, infatti, prende la porta
e se ne va; mamma invece rimane, vuole conoscere un po’ di
più il mio ragazzo.
Finalmente
tutti si accomodano e
io posso servire le cibarie in tavola: il sughetto si è un
po’ rappreso, ma il
gusto delle spezie è fantastico. Torsti, negli anni, ha
affinato le sue doti
culinarie, ed io sto cercando di imparare da lui, anche se non
sarò mai un sous chef
perché non ho il senso della
misura sulle dosi, specialmente dei condimenti. I complimenti al mio
ragazzo
fioccano come la neve d’inverno e nella padella non rimane
niente; persino mia
mamma sorride lievemente, anche se cerca di non darlo a vedere.
Accompagnerò
sia lei che i miei
fratelli a casa. Ho rovinato il compleanno di mio padre, ma per come mi
ha
trattato non me ne può importare di meno.
Ho
avuto i nevi a fior di pelle,
quando mi ha insultato come se fossi la peggior feccia di questo mondo,
un
paria, un essere spregevole. Sono cose che fanno male anche quando
prevedi che
ti vengano dette, non esiste uno scudo che sia totalmente efficace.
Beh, non è
obbligatorio che ci
parliamo, in fondo.
---
La
soddisfazione più grande,
tuttavia, è scoprire che mia madre, sotto sotto, apprezza
Torsti per come si
prende cura di me. Mentre la accompagno assieme ai miei fratelli fino a
Hyvinkää si pronuncia
con un: “Certo che quel ragazzo è un tesoro.
Tienitelo stretto come lui fa con
te.”
“Sapessi quanto abbiamo litigato fino
a pochi giorni fa perché avevo paura di venire allo
scoperto…”
“Ah,
quindi è una cosa recente?”
– rimane sorpresa dalla mia sicurezza, credeva fossi uscito
allo scoperto da
molto più tempo, anche se non con lei e papà!
“A
dire il vero, stiamo insieme
già da alcuni anni, ma fino a poco tempo fa era una
relazione
segreta, che sapevano giusto i nostri compagni di band. Sul lavoro mi
fanno mobbing solo se
mi presento ancora col trucco di scena della sera prima,
figuriamoci… poi voi
che dovreste essere dei punti di riferimento per un figlio, non eravate
a
favore della mia scelta…
insomma, hai
capito come mi potessi sentire. Però giustamente Torsti non
era d’accordo a
viverla in segreto, lui che è dichiarato da molto.”
“Non
è sano che ti impediscano di
lavorare serenamente, però. Cosa ha a che fare con il lavoro
quello che fai tu
in privato?” – una domanda che mi sono sempre posto
anche io. In fondo non ho
mai avuto l’intenzione di sfiorare i miei colleghi quando si
chinavano, o far
loro il trucco della saponetta nei bagni.
“Evidentemente
il loro cervello è
troppo prezioso per essere usato. Ma ho deciso di non nascondermi
più neanche
là, che mi facciano tutto il mobbing che vogliono, io me la
vivo bene alla
faccia loro e male che vada cambierò ambiente.”
“Sono
scelte di vita tue. Io
spero solo che tu sia felice per tutto.”
“Ho
chi mi sostiene.” – con
quelle parole lascio Markus, Marita e lei davanti al cancello di casa
sua. Ci
salutiamo caldamente, mentre mio padre non osa uscire. Non
cambierò certo per
lui, dovrà farsela passare.
Tantomeno
lo farò per i miei
colleghi stronzi: cambierò direttamente impiego, nel
peggiore dei casi.
Ritratto
anche le mie cattive
considerazioni che avevo sul Pride.
Sì,
in certi casi può essere
sopra le righe, in alcuni posti più che in altri, ma ha la
sua utilità: se non
ci fosse, nessuno potrebbe sfruttare la forza del gruppo per farsi
coraggio ed
uscire allo scoperto in una festosa allegria, ognuno sarebbe solo ad
affrontare
i propri demoni.
Anche
se l’ho capito abbastanza
tardi, la libertà di amare chi voglio non ha prezzo.
Darò
tutto me stesso, per
recuperare quello che mi sono negato finora, e che ho negato anche a
Torsti.
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¹:
Il mercato del lavoro in Finlandia è piuttosto flessibile.
²: Città a
circa 60 km a nord di Helsinki.
P.S. Voglio scusarmi
se ho offeso qualcuno per quanto riguarda il fatto che il coming out di
Risto in questa ff può essere percepito come forzato: ci
tengo a dire che nella realtà uscire allo
scoperto non è obbligatorio, specialmente quando ci si
ritrova
in un contesto in toto ostile. Non tutti ne hanno il coraggio, non per
colpa loro ovviamente: purtroppo sappiamo che certe situazioni esistono
e possono rovinare la vita di una persona - credo più qua
che non in Finlandia, dove si svolge la storia. È importante
in ogni caso
trovare gente con cui confrontarsi e confortarsi; il Pride
parla anche per voi che siete nascosti, nella speranza che un giorno
possiate spiegare le vostre ali arcobaleno.
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