ReggaeFamily
Tonight
may be our Last
[Leah]
«Una
gita in pedalò?»
«Sì.
Che c'è di male?»
«Shavarsh,
finiresti per sentirti male...»
«Ma
il mare è piatto come una tavola! Dai, Leah!»
Io
e Shavo ci trovavamo in terrazza; da poco si era conclusa la folle
serata durante la quale Daron e John avevano suonato per un tempo
indefinito e tutti noi avevamo ballato e cantato con loro. Era stato
bello, mi aveva permesso di liberare la mente da tutto ciò che
mi stava capitando.
Mi
sentivo fottutamente in colpa per un sacco di motivi: avevo rivelato
a Bryah di sapere che Shavo e i suoi amici facevano parte di una band
famosa, ma tutto si era aggravato quando mi ero accorta che Daron
aveva ascoltato la nostra conversazione.
Ora
non riuscivo a sostenere lo sguardo del bassista che in quel momento,
in piedi di fronte a me, cercava di trasmettermi un entusiasmo che io
non riuscivo a provare.
«Vedremo
domani. Può essere che si alzi il vento e...» replicai
ancora, distratta dai mille pensieri che mi vorticavano in mente.
«Non
hai voglia di vivere, ragazza mia! Sei ancora fusa dalla sbronza di
ieri sera?» mi apostrofò ancora lui, appoggiandosi con i
gomiti sulla balaustra.
Scossi
lentamente il capo e mi soffermai a osservare Shavo: portava un
cappellino da baseball nero a ombreggiare il viso disteso in
un'espressione serena; il suo profilo si stagliava nella
semioscurità, e soltanto i suoi occhi scuri brillavano ed
erano capaci di scaldarmi il cuore. Mi resi conto che lui si fidava
di me, che aveva fatto già tanto per aiutarmi e per farmi
sentire a mio agio, nonostante ci conoscessimo da quattro giorni
soltanto.
All'improvviso
avrei voluto scappare, correre via e scendere le scale, poi
rifugiarmi dai miei gatti e lasciare che fossero loro a consolarmi e
a essere gli unici testimoni delle lacrime che trattenevo a stento.
Per contro, avrei voluto gridare tutta la verità e liberarmi
da quel peso che mi gravava sul cuore. Perché avevo deciso di
mentire? La verità era che non avrei mai immaginato si creasse
un rapporto così forte e intenso con quei ragazzi, ma
soprattutto non avrei scommesso un centesimo sul fatto che mi sarei
sentita irrimediabilmente calamitata verso il bassista.
Quest'ultimo
si accorse del mio sguardo e si voltò a osservarmi, senza
smettere di sorridere.
«Che
succede? Sei silenziosa...» commentò, sollevando una
mano e sfiorando appena i miei capelli con le dita.
Mi
ritrovai a rabbrividire e scossi il capo. «Ma niente... non c'è
niente che non va» mormorai.
«Leah,
ho imparato in poco tempo a conoscerti, almeno un po' e... sento che
c'è qualcosa che ti preoccupa. Si tratta di tuo padre?»
Shavo mi scostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso e
rimase a guardarmi con attenzione.
Lo
sentivo così vicino a me e sentivo che avrei voluto scappare e
gettarmi tra le sue braccia contemporaneamente. Era qualcosa di
pazzesco, indescrivibile, terribile.
«È
tutto okay. Davvero! Se domani vuoi andare in pedalò, ci
andremo» tagliai corto, indietreggiando appena per evitare che
continuasse a toccarmi. Mi sentivo in subbuglio e non potevo
approfittare di quella situazione, non prima di avergli detto la
verità. Ed era questo il problema: come potevo fare?
Maledizione!
«Ma
forse non sarà possibile» osservò il bassista,
aggrottando le sopracciglia e scrutando l'orizzonte alle mie spalle.
Mi
voltai e seguii il suo sguardo, notando che in lontananza delle
strane luci lampeggiavano. Udii dei rombi distanti, e compresi a cosa
lui stesse alludendo. «Temporale in arrivo» borbottai.
«A
quanto pare... spero solo che non sia troppo violento» rifletté
Shavo.
«Hai
paura?» gli chiesi, riportando la mia attenzione su di lui.
«Non
io» ammise. «John.»
Rimasi
basita e sgranai gli occhi. «John ha... paura del temporale?!
Assurdo!» Scoppiai improvvisamente a ridere e mi beccai
un'occhiataccia dal mio interlocutore.
«Non
c'è niente da ridere, Leah» disse serio.
Mi
zittii immediatamente. «Scusa, sono sempre la solita! Okay, ma
com'è possibile? John è un omone grande e grosso e ha
paura del temporale?»
«Gli
dà la sensazione di perdere il controllo. Sa che le calamità
naturali non si possono tenere a bada come vorrebbe. Gli viene
l'ansia e rimane fermo e zitto finché non passa, cercando di
nascondere la sua paura e chiudendosi in se stesso.»
«Ma
voi ovviamente lo sapete, a voi non può nasconderlo»
commentai.
Shavo
annuì. «Però è terribile vederlo in quelle
condizioni. Trema e sembra totalmente diverso da com'è di
solito. Immagino che si sforzi un sacco per non nascondersi da
qualche parte come un bambino.»
«Addirittura?
Povero John, mi dispiace...» sussurrai costernata. Non avrei
mai immaginato qualcosa del genere, sul serio, ero piuttosto
sconvolta.
«Già.»
MI
accostai a Shavo e cercai nuovamente un contatto con lui, afferrando
la sua mano e stringendola forte. «Andrà tutto bene. Se
diluvia, possiamo cercare di distrarre John in qualche modo. Puoi
venire a svegliarmi a qualsiasi ora della notte e ti prometto che
troveremo una soluzione. Va bene?»
Shavo
mi guardò intensamente negli occhi ed ebbi più volte
l'impulso di distogliere lo sguardo, ma mi costrinsi a sostenerlo per
evitare che mi considerasse una stupida.
«Grazie»
disse infine.
«Per
cosa?»
«Potresti
fregartene, potresti pensare solo a te stessa, potresti... oh, non
so. Invece sei sempre qui, sei sempre pronta ad aiutarci.»
Mentre parlava, Shavo intensificò la stretta sulla mia mano e
mi trasse più vicino a sé, senza neanche accorgersene.
«Perché lo fai?» mi chiese a bruciapelo.
Avvertivo
il calore del suo corpo, l'odore che emanava mischiarsi a un leggero
aroma di marijuana, le sue dita sulle mie. Era qualcosa che mi stava
mandando in tilt, e anche io mi sentivo come John in quel momento:
era come se stessi perdendo il controllo, ma non ero certa che quella
sensazione mi piacesse.
«Mi
va di farlo, siete dei bravi ragazzi» risposi sincera.
Shavo
sorrise e lasciò andare la mia mano, come se si fosse
improvvisamente accorto della nostra vicinanza e temesse di darmi
fastidio.
«Mi
fa piacere che tu lo pensi» concluse.
Intanto
i rombi dei tuoni si facevano sempre più vicini, così
il bassista decise di tornare in camera sua e raggiungere John, in
modo da essere presente in caso di necessità.
Ci
separammo fuori dalla porta della sua stanza, ma prima di andarmene
dissi: «Svegliami se ti serve aiuto».
Lui
si accostò a me e mi sorprese, regalandomi un breve abbraccio
che fu comunque capace di mozzarmi il fiato. «Certo. Grazie
ancora Leah.»
Prima
che potessi decidere se ricambiare o meno il suo gesto, lui mi lasciò
andare e rientrò in camera sua.
Rimasi
impalata per un attimo, ma subito dopo i sensi di colpa mi trafissero
il petto. Stavo cominciando a trovare pesante e insostenibile quella
situazione, sentivo sempre più la necessità di parlare
chiaramente con i ragazzi e spiegare loro cosa mi aveva portato a
fingere di non averli riconosciuti.
Anche
perché Daron non avrebbe tenuto la bocca chiusa per sempre, ne
ero quasi certa.
Mi
risvegliai bruscamente nel bel mezzo del temporale, ma mi accorsi
solo dopo qualche minuto che qualcuno bussava insistentemente alla
mia porta. Afferrai il cellulare e controllai l'orario: erano da poco
passate le tre del mattino e compresi di aver dormito a occhio e
croce un'ora e mezza. Fantastico.
Un
lampo illuminò a giorno la mia stanza, creando un effetto
spettrale che faceva pensare a un vecchio film horror in bianco e
nero; poi il rombo assordante del tuono squarciò l'aria e fu
immediatamente seguito da altri tre colpi alla mia porta.
Scesi
dal letto, accorgendomi di essere completamente sudata a causa
dell'afa che ristagnava nella mia stanza. Allora mi ricordai di ciò
che avevo promesso a Shavo e mi precipitai ad aprire, immaginando che
lui avesse bisogno di me.
Improvvisamente
lucida, spalancai la porta e mi ritrovai di fronte Daron.
«Cosa
vuoi?» lo apostrofai, asciugandomi il sudore dal viso.
«Mi
manda Shavo» replicò senza scomporsi. «Dice che
dovresti raggiungerlo. Non so perché abbia chiesto di te, ma
siamo già in una situazione del cazzo e...»
«Mi
ha raccontato di John» lo informai.
«Ah.»
Il chitarrista sospirò appena. «Sai un po' troppe cose,
ragazzina.»
«Daron...»
«Non
mi piace come ti stai comportando. Hai intenzione di mentire ancora?»
proseguì imperterrito.
«Ti
prego, possiamo parlarne domani?» lo implorai, richiudendomi la
porta alle spalle. Non mi ero neanche preoccupata di indossare un
paio di pantofole e mi accorsi troppo tardi di avere addosso soltanto
una canottiera e un paio di shorts striminziti.
«Voglio
solo che tu sia sincera con Shavo» affermò Daron,
ignorando la mia richiesta.
«Ma
io...»
«Di
me me ne fotto, posso passarci sopra. Un po' ti capisco, io e te ci
assomigliamo. Ma Shavo è diverso, è sensibile... ora si
fida di te, cerca di non deluderlo. Parlagli al più presto»
aggiunse ancora.
Stavo
per ribattere, quando dalla stanza di Shavo e John si udì un
grido.
«John!»
strillò il bassista.
Senza
pensarci due volte, ci affrettammo a raggiungere i ragazzi.
Quando
misi piede nella camera, notai che Shavo era inginocchiato sul letto
di John e lo scuoteva per le spalle; il batterista, tuttavia, era
immobile e non sembrava volergli rispondere.
Il
rombo di un altro tuono riecheggiò nel silenzio della notte e
vidi che il batterista sobbalzava, per poi riprendere a tremare. Era
seduto con la schiena contro il muro e stringeva tra le dita il bordo
del lenzuolo. Immaginai che stesse compiendo uno sforzo enorme su se
stesso per non cedere al panico e per controllare il più
possibile le sensazioni negative che il temporale gli provocava.
«Ehi
ragazzi!» esclamai, fingendomi tranquilla e allegra. «Chi
di voi ha voglia di fare un po' di casino? Quest'albergo è una
noia... sapete una cosa? In camera ho uno stereo portatile, lo
sistemiamo qui da voi e facciamo baldoria! Io non ho sonno!»
proseguii, sperando che la mia idea venisse apprezzata.
«Sul
serio?» strepitò Daron in tono complice, decidendo di
deporre per il momento l'ascia di guerra. «Corri a prenderlo!»
mi incoraggiò.
«E
tu perché non vai a chiamare Bryah? So che domani riparte per
la città, vorrà divertirsi quest'ultima notte!»
consigliai al chitarrista, per poi dargli il numero della stanza
della giornalista e spedirlo alla sua ricerca.
Shavo
mi fissava interdetto, con una mano ancora posata sulla spalla
tremante di John. «Potrebbero cacciarci?»
«Macché!
Prendo lo stereo e... ehi, avete qualcosa da bere e da mangiare nel
mini bar? Io mi porto appresso anche ciò che c'è nella
mia stanza. Se poi non ci basta, posso scendere al bar a trafugare
qualcos'altro!» continuai a blaterare, avviandomi rumorosamente
in camera mia per recuperare i beni di cui disponevo.
Quando
tornai, notai che Shavo armeggiava con il suo cellulare.
«Colleghiamolo allo stereo, ho un programma per ascoltare
musica che dovrebbe fare al caso nostro» annunciò,
finalmente contagiato dall'entusiasmo generale.
Gli
consegnai lo stereo portatile e posai gli snack e le bottiglie del
mini bar accanto al televisore.
John,
intanto, ci scrutava con un'espressione indecifrabile, come se si
domandasse cosa diamine stessimo combinando.
Poco
dopo Daron tornò da noi, seguito da un'assonnata ma sorridente
Bryah; era davvero bellissima con indosso una camicia da notte
azzurra che le accarezzava appena le ginocchia e i capelli arruffati
che sembravano quasi un cespuglio sulla sua testa. Un po' la
invidiavo, perché lei era una di quelle donne che potevano
risultare sexy senza compiere alcuno sforzo. Io, al contrario, dovevo
avere un aspetto orribile.
John,
alla vista della giornalista, sgranò appena gli occhi e cercò
di darsi un ulteriore contegno. Lei lo notò e lo raggiunse,
sedendosi accanto a lui e prendendo a parlargli in tono concitato.
Probabilmente Daron le aveva accennato la situazione in cui ci
trovavamo.
«Dai!
Metti qualcosa di forte o stiamo qui a girarci i pollici?»
incitai il bassista, affiancandolo e osservandolo armeggiare con il
mio stereo.
Lui
annuì e poco dopo dalle casse si diffuse un famoso brano dei
The Darkness. «Può andare?»
«Sei
un genio, questa è divertentissima!» strillai, poi
cominciai a ballare e gridare come una pazza, muovendomi a tempo
sulle note di Everybody Have A Good Time.
It’s
time to make, a brand new start Take off your thinking, gotta
listen to your heart Everybody have a good time Everybody have
a crush, alright Everybody have a good time For tonight may be
our last, alright
Mi precipitai da Bryah e la
trascinai con me, sotto lo sguardo divertito di John; il batterista
sembrava essersi un attimo ripreso e osservava con interesse le
cretinate che stavamo combinando.
Daron diede il via a un coro
da stadio pazzesco sul ritornello della canzone e Shavo ispezionò
il frigorifero della stanza, portando fuori altre bevande più
o meno alcoliche e altro cibo spazzatura.
Si
mise ad aprire tutte le confezioni di cibo e ce le distribuì
come fossimo mendicanti; mangiammo e ridemmo,
sputacchiando il cibo ovunque e trasformando la stanza in una
porcilaia. Anche John presto si unì a noi: prese da bere e da
mangiare, e su un pezzo degli Offspring notai che accennava qualche
passo di danza.
«Shavo,
metti Come Out And Play
degli Offspring!» gridai, mandando giù una manciata di
patatine alla paprika.
Quando il brano partì,
mi misi a saltellare sul posto e lasciai cadere quasi tutta
l'aranciata mista a whisky presente nel mio bicchiere.
Hey
man you talkin' back to me? Take him out You gotta keep 'em
separated Hey man you disrespecting me? Take him out You
gotta keep 'em separated Hey don't pay no mind You're under 18
you won't be doing any time Hey come out and play
«Leah! Hai fatto un
casino!» esclamò John, che finalmente sembrava non
badare più al temporale e si divertiva con noi.
In effetti, nessuno udiva
più quei rombi fastidiosi, nessuno si curava dello scrosciare
della pioggia, nessuno si preoccupava dei lampi e del maltempo;
eravamo assorbiti dalla musica, dall'alcol, dal cibo e dalle nostre
grida.
Daron accese una canna e
cominciò a passarcela, ma solo io e Shavo accettammo. Non era
mia abitudine fumare, ma ogni tanto mi capitava di farlo. In
Giamaica, poi, si creava un'atmosfera secondo la quale mi era quasi
impossibile evitare di sentire quel sapore dolciastro e quel bruciore
alla gola e ai polmoni, seguiti poi da una sensazione di benessere
interiore che mi rendeva allegra e spensierata.
«Com'è che
ascolti musica rock, Leah? Io pensavo che ci andassi giù
pesante solo con il reggae» mi interrogò John, in un
momento in cui mi posizionai di fronte a lui e ballai come una scema,
regalandogli delle espressioni il più buffe possibili.
«Il mio primo amore è
il rock. Ho scoperto la bellezza del reggae solo da quando vengo in
vacanza qui con Alan Moonshift» raccontai, presa
dall'entusiasmo e contenta che il batterista si fosse calmato e
stesse partecipando attivamente al divertimento generale.
«Sul serio? E quali
sono i tuoi gruppi preferiti?» indagò John con un mezzo
sorriso, per poi sorseggiare dal suo bicchiere.
«Vado matta per gli
Offspring, ma adoro anche i Limp Bizkit e i Rage Against The
Machine!»
«Ottimi gusti!»
concordò lui, per poi annuire.
«Dai Leah! Cosa metto
adesso?» mi gridò Shavo dall'altra parte della stanza.
Quando lo osservai, notai
che barcollava leggermente e non riusciva a smettere di ridere. Daron
era più o meno nelle sue stesse condizioni, e riusciva a
stento a costruire l'ennesima sigaretta a base di marijuana.
Ci pensai su e mi venne
un'idea. «Aspetta, vengo io a scegliere qualcosa!»
affermai, raggiungendo la postazione in cui si trovava lo stereo.
«Daron, ti aiuto io...
stai spargendo tutta l'erba in giro, che coglione!» gridò
il bassista, e i due presero a battibeccare tra loro.
Cercai lo sguardo di Bryah,
la quale se la rideva in un angolo con in mano un bicchiere di succo
d'arancia. Mi aveva rivelato di essere astemia e io ero contenta per
lei, perché l'alcol non sempre portava a qualcosa di buono.
Poi feci partire un brano, e
tutti i presenti si immobilizzarono all'improvviso e mi fissarono
interdetti, smettendo di compiere qualunque cosa e troncando ogni
conversazione.
Cari
ragazzi miei, come butta?
Torno
a rompere dopo... be', dopo Il Concerto dei System Of A Down, dopo
l'esperienza più bella ed emozionante della mia vita; vi
assicuro che sono stata a diversi concerti, anche di artisti
piuttosto famosi e veramente bravi, ma i SOAD sono stati per me la
perfezione, hanno fatto sì che per la prima volta trascorressi
quasi tutto il live in lacrime... ora capisco cosa prova chi racconta
che ha passato tutto il tempo di uno spettacolo con le lacrime agli
occhi e la voce tremante, incapace anche di cantare tutte le
canzoni... ora sì, lo so anche io cosa vuol dire.
Lo
so e non lo saprei descrivere, lo so e allo stesso tempo ho come
l'impressione di non averlo realmente vissuto.
Ho
realizzato il mio più grande sogno a livello musicale e non
riesco ancora a realizzarlo. È grave?
Ora
la smetto, promesso, passo alle note sul capitolo ^^
Parliamo
subito dei brani che ho inserito nel capitolo, entrambi dalle
sonorità molto allegre, anche se il secondo ha un testo non
proprio festoso e leggero come il primo.
Ecco
a voi il link per l'ascolto di Everybody Have A Good Time
dei The Darkness, che a me piace un sacco e mi mette moltissima
carica e allegria addosso:
https://www.youtube.com/watch?v=ManSxjZKgTk
Anche
il titolo del capitolo è preso dal testo di questa canzone,
spero che l'abbiate trovato attinente :3
Mentre
qui trovate la canzone Come Out And Play degli Offspring, vi
consiglio caldamente di ascoltarla perché ha un giro di basso
pazzesco e poi è bella e basta:
https://www.youtube.com/watch?v=1jOk8dk-qaU
Bene,
ora vi chiedo: che brano avrà scelto di mettere Leah? Avete
qualche idea?
Io
non vedo l'ora di aggiornare, vi ho lasciato sulle spine e anche io
sono sulle spine in effetti XD
Alla
prossima e grazie di cuore a tutti, come sempre le vostre recensioni
mi rendono felice ♥
PS:
Prima
di smettere di rompervi, devo assolutamente dedicare questo
aggiornamento a Soul e Stormy, le quali sicuramente possono capire
come mi sento in questo momento post-concerto e come mi sentivo prima
e durante il tutto...
Sono
sconvolta, ma non potrei essere più felice di così.
Ancora mi si inumidiscono gli occhi al solo ricordo...
Certo,
loro non lo sapranno mai, ma i primi che devo ringraziare sono
proprio loro: Shavo, Daron, John e Serj.
Miti
indiscussi da sempre e per sempre ♥
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