<<
Oh… il nostro Ser Galahad è in
imbarazzo… Oppure siete deluso perché non avete
la giusta compagnia…
>>
La
voce melliflua di Ser Agravaine gli risuonava nelle orecchie come il
sibilo di
un serpente.
Non
come uno qualsiasi: Ser Agravaine era come il serpente
dell’Eden che gli
porgeva il pomo del peccato e gli sussurrava:
mordi…
Che
detestasse suo padre era cosa nota, ma perché avercela anche
con lui?
Era
per quello che lo aveva trascinato fino a lì? Per saperlo in
imbarazzo?
Forse
era troppo prevenuto: forse il figlio delle Orcadi voleva solo farlo
sentire
parte di un gruppo… in fondo non gli aveva fatto nulla di
male fino a quel
momento. Lo aveva visto osservarlo di sottecchi, durante alcuni pasti,
mentre
lui ascoltava con attenzione ciò che diceva Ser Mordred.
Galahad
respirò profondamente, preferendo concentrarsi sul boccale
stracolmo che aveva
davanti.
Il
nipote del re gli si sedette vicino e gli cinse le spalle con un
braccio.
<<
Ser Agravaine, siete ubriaco. >> commentò lui
mentre l’altro cavaliere
gli rubava il boccale e ne faceva suo il contenuto.
<<
Forse. >> ribatté l’altro ridendo.
<< Ma io sono già un peccatore,
Ser Galahad il puro…
È meglio che sia
io a cadere, piuttosto che voi… >>
Detto
questo gli stampò un bacio sulla guancia e si
allontanò verso due cameriere.
Galahad
sospirò, guardandosi attorno. Ancora si chiedeva come mai
aveva accettato. Poi
lo vide: Ser Mordred fece la sua comparsa in quella sporca stamberga
poco
lontano da Camelot.
Ser
Agravaine gli saltò al collo e il bastardo del re si
lasciò baciare sulla
guancia ben rasata, prima di guardarlo con un sorriso sardonico e
spingerlo
verso di lui.
<<
Per fortuna siete arrivato, Mordred! Ser Galahad qui stava per
tornarsene a
casa senza compagnia! Aiutatelo
voi!
>>
Ser
Galahad si sentì avvampare, mentre il figlio del re chiedeva
con noncuranza ad
una cameriera di portare carne e birra al tavolo. La donna
squittì incantata
dalla virile bellezza dell’uomo e si dileguò.
Ser
Mordred era ancora giovane e bello, nonostante avesse superato la
trentina. A
Galahad sembrava quasi di avere davanti un coetaneo, più
della madre. Quanti anni
li separavano? Tredici? Quattordici?
Ser
Mordred disse qualcosa al cugino che, ubbidiente, si
allontanò e sedersi con
dei cantori e iniziare a strimpellare una ballata.
<<
Cantare lo aiuterà a ritrovare un po’ di
sobrietà. >> disse prima di
sorridergli << Sono felice di vedervi qui con noi. Il
cameratismo è una
buona cosa, anche se Ser Agravaine tende a rovinarlo. >>
Galahad
sorrise.
<<
Prima c’erano anche Ser Tor e Ser Gareth, ma…
>>
<<
Hanno trovato dell’intrattenimento. >> disse
Ser Mordred scuotendo la
testa.
<<
Beh, credo che Ser Tor avesse già un impegno e che fosse
venuto solo per
ammazzare il tempo e Ser Gareth… non ho capito come mai se
n’è andato. >>
Ser
Mordred lo guardò corrucciato, prima di ringraziare con una
moneta d’oro la
cameriera.
<<
Aspettate… Solo Ser Tor e Ser Gareth? >>
<<
Sì… >>
<<
Agravaine mi aveva… oh! Stupido io: mai fidarsi di
Agravaine. Se avessi saputo
che eravate rimasto solo alla mercé di mio cugino, sarei
arrivato prima.
>>
<<
Eravate molto impegnato? >> chiese Galahad sentendo il
cuore alleggerirsi
a quell’idea.
<<
In verità no. Ho solo ascoltato un lunghissimo sproloquio
del prete di corte.
Qualcosa che non consiglio: ho rischiato di addormentarmi. O di
minacciarlo di
morte. O ucciderlo davvero e chi si è visto si è
visto. >>
Galahad
sorrise. Il figlio del re era l’unico che non cambiava
opinioni davanti a lui,
come se parlare male del clero davanti a lui.
Era
una delle cose che più apprezzava in lui.
<<
E di cosa parlava? >>
Lui
fece spallucce.
<<
Dice che la figlia quattordicenne del fornaio è
un’adescatrice di anime e che
dobbiamo mandarla in convento. >>
<<
Prego? >>
<<
Il cugino di quel prete l’ha molestata ed è stato
pestato dal padre e dai
fratelli. >> disse Ser Mordred scuotendo la testa
divertito << In
più è finito alla gonga. È successo
settimana scorsa, non ricordate? >>
<<
Ero andato a caccia con mio padre. >>
<<
Oh… un peccato. È stato divertente.
>>
La
conversazione fu interrotta dal ritorno di Ser Agravaine che
catalizzò le
attenzioni del bastardo reale su di lui.
I
tre cavalieri bevvero ancora per un paio d’ore, parlando del
più e del meno,
come vecchi commilitoni.
La
luna era alta, quando uscirono da quella stamberga. Ser Mordred si
congedò per
primo e Galahad dovette camminare con un barcollante figlio delle
Orcadi che
sembrava aver deciso di ballare una virelai.
Erano
vicini al momento degli addii quando Ser Agravaine si fermò
a guardarlo.
<<
Dovete essere più esplicito con lui. >>
Galahad
sussultò.
<<
Con Mordred. Dovete essere più diretto se volete qualcosa in
più. Che ne so:
andare nelle sue stanze nudo come un verme o… saltargli al
collo come una
damigella salvata da un drago. Cose così. >>
Ser
Galahad strinse i denti.
<<
Non so di cosa parlate. >>
<<
Sì che lo sai. Lo vuoi e lui acconsentirebbe, se glielo
chiedete. Voi gli
piacete: vi rispetta e vi ascolta volentieri. Non sembra, ma se lo
conosceste
come lo conosco io, sapreste che è una gran cosa. Forse non
gli piacete come
lui piace a voi, ma… forse no. Chi lo sa, con lui! E poi
Mordred farebbe di
tutto per piacere ed essere accettato da qualcuno a cui tiene. Di tutto. >>
Con
questo, Ser Agravaine si allontanò, ballando
un’immaginaria melodia.
***
<<
Dovresti star lontano dai figli delle Orcadi. Anzi, da tutta la loro
famiglia!
>>
Galahad
si girò. Suo padre lo aveva raggiunto nelle stalle e ora lo
guardava con
sguardo severo.
<<
Anche il re è della loro famiglia, dovrei star lontano anche
da lui? >>
chiese allora con un sorriso, ricominciando a strigliare il suo cavallo.
<<
Sai cosa intendo. Mi hanno detto che ti hanno visto andar via con due
figli di
re Loth e… >>
<<
Ser Agravaine, Ser Gareth e Ser Tor. Siamo andati in una taverna poco
lontano
dalle mura. I prezzi sono più bassi ed il vitto è
eccellente. >>
<<
… e tornare con Agravaine e… e il bastardo
del Re. >> concluse Lancillotto senza ascoltarlo, stando
attento a non
dire a voce troppo alta le ultime parole.
<<
Ho passato una bella serata e ho fatto amicizia con dei miei
commilitoni,
padre. Non era quello che mi avete consigliato anche voi?
>>
<<
Non con quei due! >>
Ser
Galahad si voltò verso il padre. Per la prima volta,
sentì di provare astio nei
suoi confronti.
<<
E perché no? >>
<<
Come “perché no?”?
Perché non sono…
non sono cavalieri… degni.
>>
<<
Siedono alla tavola rotonda come tutti noi. E solo un cavaliere degno può farlo.
>>
<<
Beh, ci sono cavalieri più degni di altri e… e
loro due non sono tra questi.
>>
<<
E perché padre? Perché Ser Mordred è
un bastardo?
Vi ricordo che lo sono anche io. >>
<<
No, non è questo. >>
<<
Ser Agravaine ha il vizio delle scommesse, ma tende a farle con il re.
Forse il
re è biasimevole? >>
<<
Non è questo che volevo dire. >>
<<
Perché a Ser Agravaine piace bere? Anche a Ser Bors, mi
sembra. Perché Ser Bors
dovrebbe essere migliore? >>
<<
No, ma… >>
<<
A Ser Agravaine piace parlare chiaro. Ha uno strano modo di divertirsi,
ma non
mi sembra abbia ancora fatto male a nessuno. Forse prende un
po’ troppo in giro
gli altri cavalieri, ma in questo modo dà anche modo di
migliorarsi. Io per lo
meno non mi sono mia sentito insultato da lui, fors’anche
perché in fondo ha
sempre detto cose vere. Almeno con me. >>
<<
Beh, su questo… >>
<<
Da quando sono qui, non mi sembra abbia insidiato le dame nubili di
corte più
di quanto non abbia fatto Ser Parsifal o io stesso. >>
<<
Beh, questo perché lui… >>
<<
O che lo abbia fatto Ser Mordred. Non hanno neanche insidiato alcuna
donna
sposata… >>
<<
È vero, ma… >>
<<
Non hanno mai neanche insinuato di essere migliori di altri,
>>
<<
Beh, questo perché non è vero…
>>
<<
o di aver diffamato qualche loro commilitone. >>
<<
Io non direi che… >>
<<
In vero, credo di non dover frequentare voi,
padre. >>
<<
Co-Cosa!? >>
<<
Voi avete sedotto e umiliato mia madre, quando non era che una
fanciulla appena
entrata in età da marito. >>
<<
Non è andata proprio così…
>>
Ma
Galahad alzò la mano per farlo tacere.
<<
E insidiate la regina. Non
è un
segreto che professate il suo amore per lei ogni qual volta vi
è possibile, pur
sapendo che per lei questo è un problema. Lede la sua
reputazione e la sua
dignità. È la nostra regina, santo cielo. Se
teneste davvero a lei fareste di
tutto per non essere causa di derisione e biasimo nei suoi confronti.
>>
<<
Come osi?! Io…! La regina… Io!
>>
<<
Come oso? Come oso, padre? Ve lo
dico
come cavaliere della tavola rotonda, Ser Lancillotto. Non parlate
più male
davanti a me dei miei compagni, o risponderete a singolar tenzone. Con
me. Non mettete
ancora in imbarazzo la regina con stupide allusioni o sospiri
inopportuni, o
risponderete a singolar tenzone. Con me. Comportatevi come il vostro
ruolo vi
impone, o rispondere a singolar tenzone. Con
me. >>
Così
dicendo si girò e fece per andarsene. Si fermò un
solo momento, per tornare a
guardare lo sconosciuto genitore che, interdetto, lo osservava andar
via.
<<
Sono serio, Ser Lancillotto: non un’altra parola sulla
regina, o capirete cosa
vuol dire la parola umiliazione.
Voi non
sapete cos’è davvero l’amore, temo.
Forse non lo so davvero neanche io, ma non
voglio… non voglio
essere come voi.
>>
Ser
Galahad non aspettò oltre e, a passo svelto e sicuro, si
diresse verso la
biblioteca dove sapeva trovarsi Ser Mordred. Era un posto che ormai
evitava da
una settimana, da quando sapeva che il figlio del re si dilettava a
passare i
suoi pomeriggi nella lettura di saggi greci e latini.
Quando
vi entrò, notò che stava giocando a scacchi con
Ser Agravaine, ma non gli
sembrò importante.
<<
Ser Galahad, buongiorno. Vi unite a noi? >> chiese con un
sorriso il
figlio del re.
<<
Ser Mordred, vi devo parlare. >> disse lui con voce ferma.
Il
rampollo reale perse il suo sorriso nel vedere tanta
serietà. Ser Agravaine
passava lo sguardo attento tra i due cavalieri.
<<
Qualcosa non va, Ser Galahad? >>
<<
Affatto. Va tutto benissimo. Potete alzarvi, per favore. Preferirei
fronteggiarvi. >>
Ser
Agravaine boccheggiò guardandosi attorno senza sapere cosa
fare, mentre il
figlio di Pendragon si alzava come da richiesta.
Galahad
si perse per un momento negli occhi felini del figlio del re. Erano gli
stessi
del sovrano, solo più profondi e vivi. Ipnotici come la luna
piena.
<<
Ser Mordred, sono qui per dirvi una cosa importante e che spero che non
vi
faccia perdere la stima che provate per me. E… se vi
creerò del disturbo, non
ve ne parlerò più. Sarà come non fosse
mai successo. Non vi metterò in
imbarazzo più del dovuto, non… non sono mio
padre. O lui. >>
disse indicando il nipote del re.
Ser
Agravaine, dal canto suo, mosse con agitazione i pugni davanti al suo
petto,
prima di congiungere le mani davanti alla bocca.
<<
Non credo possiate fare qualcosa che… >>
<<
Io vi amo, Ser Mordred. >>
<<
Co… Cosa? >>Ser Mordred passò lo
sguardo tra lui e il cugino che, mani
alla bocca, si impediva di urlare << È uno
scherzo, Ser Galahad? Mi state
prendendo in giro? Avete perso una scommessa con Agravaine?
>>
Il
figlio delle Orcadi si precipitò fuori dalla biblioteca
correndo come se avesse
appena visto il diavolo.
<<
Affatto. >> rispose Ser Galahad sentendo le orecchie
avvampare per
indignazione << Non sono quel genere d’uomo che
si presterebbe a scherzi
del genere. Io sono serio. Vi amo. So che non… ci sono
possibilità per me,
cavaliere. So che… so che non potete accettare questo amore,
come so che non
potevo andare avanti tacendo. Se vorrete smettere di frequentarmi, lo
capirò e
non farò nulla per impedirlo, ma da parte mia non ci
sarà mai alcun motivo che
mi farà desistere dal volere la vostra compagnia e la vostra
amicizia. Ed è
proprio a nome di quest’amicizia che ve lo dico. Voglio
essere onesto con voi.
Non vi chiedo nulla di più di quello che mi date ora
e… vi difenderò sempre.
Qualunque cosa accada, sappiate che in me avrete sempre un amico
e… in
protettore. >>
Senza
aspettare risposta, Galahad lo strinse nell’abbraccio
più goffo che avesse mai
fatto, uscì dalla biblioteca e, quasi correndo,
andò nelle sue stanze dove,
buttandosi sul letto, cominciò a piangere.
Non
sapeva esattamente perché piangeva: forse era per la
tensione di quella prova,
forse perché ormai, grazie alla lunga lingua di Agravaine,
tutti a corte
avrebbero cominciato a parlargli alle spalle, forse era
perché Mordred aveva
pensato lo stesse prendendo in giro… forse…
Ser
Galahad si addormentò esausto, risvegliandosi solo a notte
fonda.
Si
alzò e andò nella cappella a pregare.
***
Nonostante
i suoi timori, Ser Agravaine non disse nulla a nessuno su quello che
aveva
visto, almeno all’apparenza. Solo il suo comportamento
sembrava lievemente
cambiato nei suoi confronti.
Sembrava
che lo rispettasse. Che lo rispettasse davvero.
Forse
perché suo padre si era chiuso in un mutismo indignato e
aveva deciso di non
rivolgere la parola a nessuno, tanto da rendere la sua presenza a corte
particolarmente trascurabile.
Ser
Mordred, invece, era partito. La regina, con un sorriso tirato e duro,
gli
aveva riferito che il re lo aveva mandato in missione e che sarebbe
stato via
qualche settimana.
<<
So che vi aveva cercato, prima di partire, >> gli disse
lei guardandolo
di sottecchi << per dirvi non so cosa. Ma non vi siete
fatto trovare. È
partito in ritardo, per questo: era già sorta la
luna… >>
A
quelle parole, Ser Galahad sussultò.
Qualcosa
di importante? Cosa?
Più
i giorni passavano, più le parole della regina gli
rimbombavano nella testa. Nel
giro di un mese lo avevano ossessionato così tanto che ormai
gli stavano
impedendo di trovare ristoro nel sonno, o nella preghiera. Fu proprio
per
l’insonnia che si accorse dello scalpitare degli zoccoli di
un cavallo che
entravano dentro le mura cittadine.
Galahad
corse allora verso il portone dove chiese alla guardia chi fosse
entrato.
<<
Ser Mordred Pendragon. >> gli disse e Galahad
sentì il suo cuore perdere
un battito.
Corse
per di fiato verso le stalle, ma il cavallo, già dissellato,
era ormai nelle
mani di un assonnato garzone.
<<
Avete visto Ser Mordred?! >> gli chiese il figlio di
Lancillotto
facendolo trasalire.
<<
È già andato via. >> rispose
l’altro tenendosi il petto con la mano.
Ser
Galahad non indugiò oltre e corse per di fiato lungo tutto
il castello,
interrogando ogni guardia.
Alla
fine, sfinito, si diresse verso camera sua.
Forse
non era destino…
<<
Galahad. Allora eravate fuori. >>
Galahad
alzò lo sguardo. Ser Mordred era davanti alla sua stanza,
con la mano ancora
alta, come per bussare.
Senza
aspettare, Galahad gli corse incontro e lo abbracciò.
Gli
era mancato. Gli era mancato tanto.
In
silenzio, quasi con fare paterno, il bastardo del re lo condusse fuori,
verso i
giardini reali. Lo fece sedere vicino a lui, sulla vera del pozzo
dell’ala
ovest, il più bello e riservato del grande giardino, lo
stesso davanti al quale
aveva parlato con lui la prima volta. Galahad sentiva il cuore battere
all’impazzata. Ser Mordred, dal canto suo, si
guardò attorno in silenzio, prima
di parlare.
<<
Sai, tu sei molto simile a tua madre. >> disse in fine
guardandolo.
Galahad
si perse in un momento nei profondi occhi da gatto del figlio del re.
<<
Gli stessi capelli lucenti, lo stesso volto delicato, le stesse belle
mani… la
stessa tendenza ai colpi di testa… agire senza pensare alle
conseguenze… parlare
senza pensare alle conseguenze.
>>
Galahad
fece per parlare, ma Mordred gli mise la mano sulla sua per indurlo al
silenzio. Abbassò lo sguardo e continuò ad
ascoltare.
<<
Vostra madre aveva un gran cuore, come voi. Il suo problema fu che lo
diede alla
persona sbagliata e ne soffrì molto. Io non voglio farvi
soffrire, Galahad.
Tengo molto a voi. >>
Galahad
alzò lo sguardo: il cavaliere lo guardava con gli occhi
limpidi e pieni di sicurezza,
prima di avvicinare lentamente il volto al suo e baciarlo.
Galahad
si sentì percorrere da innumerevoli scariche elettriche,
mentre assaporava il
sapore dell’uomo. Sapeva di miele e salvia. Quando Ser
Mordred si staccò,
Galahad sentì il fiato venirgli meno.
<<
Sono passato da vostra madre, tornando a Camelot. Ho chiesto il
suo… consenso. Ha riso,
ma non si è opposta.
Non credo mi abbia preso sul serio. >>
Galahad
si allungò nuovamente e cercò le labbra di
Mordred con le sue.
<<
Non ce n’era bisogno… di parlare con mia madre.
Sono un uomo adulto e non devo
spiegazioni a nessuno se non a Dio. >> gli disse quando
riuscì a
staccarsi da quel buon sapore.
Lo
aveva appena conosciuto e già ne era dipendente…
<<
Sì, invece. Elena è una mia cara amica. La
mia amica. Fu la prima dama di corte con cui feci amicizia e
l’ho sempre
considerata come una sorella minore. Eravamo entrambi appena arrivati
a
Camelot e… non conoscevamo nessuno. Fu molto penoso per me
perderla. >>
Per
la prima volta, Galahad focalizzò per davvero che i due si
erano conosciuti.
<<
Eravate innamorato di lei? >>
Ser
Mordred lo guardò e sorrise. Gli scostò con
delicatezza una ciocca dal volto.
<<
Affatto. Ma è anche per amor suo che voglio che voi non
soffriate. Non voglio
che, se tornerete sui vostri passi, vi sentiate in dovere
di… rimanere al mio
fianco. >>
<<
Non tornerò mai sui miei passi. >> disse lui
con voce ferma.
Il
figlio del re gli sorrise quasi comprensivo e per un momento, Galahad
si sentì
trattato come un moccioso.
<<
Agravaine mi ha tartassato tutto il giorno, prima che partissi, lo sai?
Voleva sapere
quale era la mia risposta. Lo hai piacevolmente sorpreso. Temo che in
questo
siate stato un po’ troppo simile a vostro padre. Per fortuna
era presente
Agravaine: lui lo userà solo per qualche battuta quando
sarà ubriaco. E comunque
nessuno gli darà mai credito: troppi precedenti.
>>
<<
Ser Agravaine sapeva cosa provavo per voi. Lo sapeva da molto, credo.
>>
<<
E nonostante questo lo hai sorpreso. È bello vedere che
qualcosa può ancora
sorprenderlo. >>
Galahad
rise suo malgrado assieme all’altro. Poi sentì la
stretta del figlio del re
sulla sua mano. Era tornato serio.
<<
Ser Galahad, io tendo davvero molto a voi e non voglio perdervi. Voglio
vedere
in voi un amico e… un compagno, se lo volete.
>>
<<
Lo voglio. >> rispose all’istante il giovane
cavaliere.
Ser
Mordred sorrise prima di continuare.
<<
Promettetemi di rimanere sincero. Quando… se
il vostro cuore cambierà, promettetemi di non nascondermelo.
Posso perdervi
come… amante,
>> Galahad sentì
il suo cuore sussultare a quella parola << ma non posso
perdervi come amico.
>>
<<
Ve lo prometto. Voi mi promettete di prendermi sul serio?
>>
<<
Se non lo facessi, non sarei qui. >> rispose lui
sorridendogli.
Galahad
sorrise a sua volta, imbarazzato. Il suo cuore batteva così
forte che anche l’altro
cavaliere poteva sentirlo senza mettergli l’orecchio sul
petto. E non gli
importava: Mordred gli sorrideva e tanto bastava.
Galahad
amava quel sorriso. Era il sorriso che riservava a lui e a lui
soltanto. Era quel
sorriso, più di ogni altra cosa, che si portò nel
cuore per tutto il resto
della sua vita. Più dei suoi baci, più del calore
del suo corpo e del piacere
che sapeva dargli, più della sua voce, più di
qualunque altra esperienza.
Quel
sorriso, carico di promesse mantenute.
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