A little longer
|I
should've stayed around longer and
held your
little hand, huh, sweetheart?|
1986.
Il nuovo arrivato ha grandi occhi e capelli arruffati. La giacca
è tutta bagnata, e Bobby si chiede quanto tempo sia rimasto
sotto la neve prima di decidersi ad entrare. Di lui sa solo che non ha
avuto una vita facile - come tutti loro del resto - e che le sue mani
sono molto veloci. Mamma Eve ha detto che è stato trovato a
rubare del cibo dal negozio di Ennis in fondo alla strada. Di nuovo.
Quel ragazzino lo fissa terrorizzato, incapace di muovere un solo
muscolo. Bobby sente il bisogno di dirgli che andrà tutto
bene, che adesso è al sicuro.
Con Angel è stato diverso. Lui si è ambientato
subito senza problemi, prendendo possesso della camera come se fosse
sempre stata sua. C'è stato un abbraccio, questo lo ricorda
bene, poi è stato tutto naturale.
Jack, invece, ha l'aria di uno che di mani ne ha conosciute, ma nessuna
gli è mai stata amica. Lo capisce dal modo in cui lo
osserva, studiando ogni suo movimento, quasi avesse paura di trovarselo
addosso da un momento all'altro. Non sa cosa vuol dire avere qualcuno
che gli voglia bene incondizionatamente. Loro possono dargli l'amore
che cerca. Evelyn lo ha accolto in casa e si prenderà cura
di lui. Avrà una famiglia che lo sosterrà. Con
lui e i suoi fratelli ha funzionato.
"Jeremiah, puoi mostrare a Jack la sua stanza?" chiede la madre.
Jerry si stampa un sorriso in faccia e compie qualche passo in avanti,
in attesa, ma il più piccolo non da segno di volerlo
seguire, mantenendo lo sguardo stabile su Bobby. Sta tremando dal
freddo, ancora coperto da quella giacca fradicia, ma i suoi occhi non
si spostano di un millimetro. A Bobby questo non piace, lo fa sentire
vulnerabile, indifeso. È come se gli stesse guardando
dentro, e per qualche strana ragione avesse deciso che può
fidarsi di lui.
"Ci penso io, ma'" dice, incamminandosi per le scale.
Sorride notando che Jack lo sta seguendo, pur sempre mantenendosi a
qualche scalino di distanza da lui.
Non sa per quale motivo quel ragazzino abbia scelto proprio lui, forse
quello meno affidabile dei tre, ma si sorprende nello scoprire che non
gli importa. Jack fa parte della sua vita adesso, è suo
fratello. E non c'è niente al mondo di più
importante della famiglia, per Bobby.
Due ore dopo, a cena, Jack stringe la mano di Bobby per la preghiera,
aggrappandosi a lui come se fosse la sua ancora di salvezza.
1991.
Bobby esce di casa e subito il piede gli sprofonda nella neve. Toccava
a Angel occuparsi di spazzarla via dal prato davanti a casa, ma quel
cretino è talmente impegnato a scoparsi la sua nuova ragazza
da non pensare ad altro. Ora ha la scarpa bagnata e se la
dovrà portare dietro tutto il giorno.
Ha deciso di partire presto, appena sorto il sole. Un po' per
recuperare tempo, un po' perché sa che non riuscirebbe a
partire se dovesse salutare tutti un'altra volta. Evelyn gli ha dato un
bacio sulla guancia, cercando di nascondere gli occhi lucidi; Angel e
Jerry lo hanno abbracciato augurandogli buona fortuna. Ma è
stato Jack a fargli più male, con il suo sguardo perso e
offuscato da lacrime a stento trattenute. Si è sentito come
se in qualche modo lo stesse tradendo, come se stesse infrangendo una
tacita promessa fatta al fratello. Un'altra scena del genere e Bobby,
ne è sicuro, disfarebbe i bagagli e mandarebbe a 'fanculo
tutto il suo piano.
C'è un tizio a Pontiac, un amico di mamma, che è
disposto a dargli un lavoro. Non ne capisce molto di motori, ma
è sempre stato uno che impara in fretta, non sarà
difficile. E nel frattempo potrà continuare a giocare a
hockey e cercare di entrare nella Lega. Quello lo sa fare, pattinare
sul ghiaccio e pestare la gente.
A dire il vero, gli basta andarsene. Ne ha abbastanza di occhiate
storte, commenti acidi e sorrisi falsi. Per tutti sarà
sempre un Mercer; e i Mercer, si sa, sono delinquenti incalliti. Non
basta andare a messa tutte le domeniche, dare una mano alla mensa dei
poveri o in tutti quei lavori socialmente utili in cui Evelyn
è riuscita a infilarli. Detroit, che in quanto a
criminalità meriterebbe la medaglia d'onore, ha paura di
quattro ragazzi che, nonostante tutto, tanto marci non sono.
"Bobby!"
Si ferma e si volta lentamente, prendendo un bel respiro. Preparandosi
all'inevitabile. Sapeva che non sarebbe finita lì, in casa,
non con Jack. E forse dovrebbe continuare a camminare,
perché non si sente pronto ad affrontare nuovamente quegli
occhi grandi e colmi di dolore.
"Torna dentro, Jackie."
"Te ne vai davvero?"
"Sì."
Vorrebbe dirgli che non sarà per sempre, che esistono i
telefoni e rimarranno comunque in contatto.
Che è suo fratello e per lui ci sarà quando
avrà bisogno.
Ma per Bobby è sempre stato più facile usare i
pugni che le parole e anche questa volta non riesce a tirarle fuori.
Jack lo guarda spaesato, i capelli arruffati e sulla guancia ancora il
segno del cuscino. Sembra stia per piangere da un momento all'altro, e
Bobby spera vivamente che non lo faccia, altrimenti il pullman per
Pontiac partirebbe senza di lui.
"Torna in casa" ripete con voce un po' meno ferma.
"Volevo solo dirti che mi mancherai" mormora il più piccolo,
creando con il piede un piccolo solco nella neve fresca. "Insomma, qui,
senza di te, non sarà la stessa cosa."
"Puoi venire a trovarmi, ogni tanto."
Bobby capisce che è quella la cosa giusta da dire quando lo
sguardo del fratello si illumina e le mani smettono per un attimo di
torturare la maglietta di cotone - cazzo, vestito così
quell'idiota si prenderà una bronchite e Evelyn
verrà fino a Pontiac per rimproverarlo.
"Posso? Davvero?"
"Certo, se mamma ti da il permesso."
E Jack sceglie quel momento per coprire la distanza tra di loro e
abbracciarlo, stringendo un po', molto più di quanto non
abbia fatto la sera prima.
"Buona fortuna, Bobby."
Lascia cadere il borsone a terra e permette alle braccia di scivolare intorno
alla figura esile del fratello, cercando di mettere in quel contatto
tutto ciò che non è riuscito a dire a parole.
Mi mancherai anche tu.
Sarai sempre il mio
fratellino.
Ti voglio bene.
Qualche ora più tardi, sul bus che lo porta verso la sua
nuova vita, Bobby ripensa a quegli occhioni tristi che lo hanno seguito
fino alla fine, fino a quando hanno potuto. E si ritrova a sperare che
Detroit sia un po' meno cattiva con Jack di quanto è stata
con lui.
2005.
Jack è morto da quasi due mesi, ma per Bobby non sembra
passata neanche una settimana.
C'è un cumulo di neve sulla sua tomba, nonostante i fratelli
facciano a turno per andare a spalarla via, e i fiori muoiono nel giro
di pochi giorni. È una cosa normale, lo sa bene, ma questo
non lo trattiene dal fare un salto al cimitero più spesso di
quanto non facciano Jerry e Angel e cercare di mettere un po' in
ordine. Gli fa pensare che si stia prendendo cura di Jack, anche se con
anni di ritardo.
Non sarebbe dovuto tornare. Detroit gli ha portato via una madre, la
sua stupidità ha ammazzato suo fratello.
Daniela gli stringe la mano, richiedendo la sua attenzione. Lo sguardo
di Bobby si abbassa sulla nipote, infagottata in un piumino rosa e una
sciarpa bianca che le copre quasi metà viso, smorzandone la
voce.
"Papà dice che zio Jack è andato in cielo per
tenere compagnia a nonna Eve."
Le lacrime spingono per uscire, gli offuscano la vista per qualche
secondo. Quella frase, pronunciata con la semplicità e
l'innocenza che solo un bambino può avere, è come
una coltellata al cuore - un'altra, l'ennesima - che alimenta il suo
senso di colpa come benzina sul fuoco.
"Sì, certo, è così" replica Bobby
passandosi la mano libera sul volto.
Lui a queste stronzate non ci ha mai creduto, nonostante le domeniche
passate in chiesa sotto costrizione di Evelyn. Quando uno muore se ne
va e basta, non è da nessuna parte se non chiuso in una bara
sotto due metri di terra. Per Jerry, invece, è sempre stato
diverso. Jeremiah era quello buono, quello caritatevole, il Mercer dal
cuore d'oro. Lui, in chiesa, ci andava quasi volentieri. Non lo biasima
per aver raccontato quella balla alle bambine, lui in fondo avrebbe
fatto lo stesso.
"Cosa stanno facendo secondo te, zio?" gli chiede la piccola.
"Beh, Jackie starà suonando la chitarra e la nonna
starà cercando di farlo smettere."
Daniela ride, e persino Bobby si concede un sorriso. È bello
- più facile - pensarla così, immaginarli a
ripetere scene che il più vecchio dei fratelli Mercer ha
visto per quasi cinque anni. Evelyn che minaccia Jack con un mestolo,
intimandogli di smettere di fare 'un baccano che nemmeno il diavolo
riuscirebbe a sopportare'; il ghigno storto di quel ragazzino dagli
occhi grandi e mani veloci che correvano sulle corde della chitarra
un'ultima volta, sotto lo sguardo severo di mamma, solo per farla
innervosire un po' di più. Lo divertiva da matti
disobbedirle, per poi ricevere quel buffetto sulla guancia che lei
riservava a tutti i suoi figli quando facevano ciò che
chiedeva loro. Era anche questo, Cracker Jack.
Bobby stringe la mano guantata della nipote mentre la guida verso
l'uscita del cimitero, attraverso tombe di gente perlopiù
sconosciuta. La neve ancora ghiacciata scricchiola sotto le loro scarpe.
"Zio?"
"Mmh?"
La bambina si sistema meglio la sciarpa davanti alla bocca e per poco
Bobby non si perde ciò che sta per dire.
"Sono felice che tu sia qui."
Bobby lascia che quelle parole gli entrino nella mente, gli riempiano i
polmoni, gli scaldino il cuore. Solo adesso, per la prima volta dopo
tanto tempo, smette di sentirsi un estraneo in una città che
non gli appartiene. Solo adesso si sente di nuovo a casa. Ed
è una sensazione bellissima.
"Anch'io, piccola" le risponde, asciugandosi velocemente una lacrima
che minaccia di bagnargli la guancia e rovinargli la reputazione. "Lo
sono anch'io."
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