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Entrai nella doccia. Avevo addosso una maglia. Il getto d'acqua la
inzuppò subito.
"Smettila
di tradirmi", gli dissi. Lui mi fissava basito.
Probabilmente si domandava perché fossi entrata nella doccia
mentre lui si stava lavando.
Probabilmente si stava chiedendo perché non mi
fossi tolta la maglia.
"Non
posso", mi rispose.
Io
annuii. Come se fosse la risposta che stavo cercando, invece, non lo
era. Non poteva, e io non potevo capirlo. Rimasi ferma. Guardando in
basso.
Il gentile scorrere dell'acqua sui miei piedi, fino allo scarico, il
rumore continuo del getto.
Il mio cuore che sentivo sforzarsi, in un battito pesante,
alla base del collo. Lo sentivo lì, come se quell'arteria
fosse troppo carica, come se non potesse sopportare oltre.
Lui
mi mise le mani sulle spalle. Sembrava volesse schiacciarmi. Non mi
faceva male, ma non sopportavo un suo contatto.
L'acqua mi rilassava, per quello ero rimasta immobile. O almeno,
così cercavo di convincermi. Non avevo nemmeno capito se mi
piacesse.
Lui. Sapevo solo che ne ero possessiva. Avevo bisogno di tenere strette
le mie cose. A questo punto, tra i due, la stronza ero io.
O ancora, così cercavo di convincermi. Non disse una parola,
così capii che era il momento di lasciarlo al suo silenzio,
sperando che avrebbe pensato alle mie parole.
Misi un piede fuori dalla doccia, poi l'altro. Aprii la porta
e me ne andai. Chiusi gli occhi, sedendomi a terra.
Nonostante tutto, mi sentivo leggera. Come se mi fossi liberata di
qualcosa che stava affondando i denti nella mia testa e che ora, si era
stufato del sapore.
Non avevo mai fatto nulla di importante nella vita, eppure mi sembrava
di essere sulla stessa linea dello spirito, legata ad una pace cosmica.
Avevo semplicemente accettato la situazione con stoicismo. Come avevo
fatto per tutta la vita.
Quando da piccola venivo presa di mira, derisa, picchiata dagli altri
bambini, non piangevo, non chiamavo la maestra.
Questo non implica che accettavo di meritare quel trattamento. Ci
passavo solo sopra.
Ero padrona dei miei sentimenti, non lasciavo che loro
fossero più forti di me. Poi quei bambini smisero di
prendermi in giro.
Perché con me non c'era divertimento. Non
rispondevo, non sembrava soffrissi. Divenni una bambina silenziosa,
solitaria. Ma io mi sentivo bene.
Mi sembrava di poter respirare l'aria più pura del
mondo, quando, tra i banchi, mi trovavo esclusa. Alcune persone sono
come me. Ma le altre, non lo accettano.
Alcuni sono così abituati alla compagnia, che vedere
qualcuno solo, li fa immedesimare. Se loro soffrirebbero in quella
situazione, allora lo devi fare anche tu.
A differenza dell'amore.
Lì vuoi solo le ali che sembrano esserti fornite con il
cuore che perde un colpo, quella prima volta.
Non vuoi che ti pugnalino, metaforicamente. Quando il petto
sembra colmo di qualcosa di nero, a cui non sai dare una forma.
Nel centro, nel centro del tuo petto.
Il dolore. Non vuoi provarlo, ma, alcune persone, lo fanno provare agli
altri. C'è chi non si accorge. C'è chi lo fa
volontariamente.
E poi, come se nulla fosse, beandosi delle lacrime altrui,
carezzano la testa di chi hanno straziato. Lui è
così.
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