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Prompt: 4. A e B sono in vacanza e capitano per caso al matsuri.
★ Bonus: 3. Mazzo di fiori; 42. Un bicchiere di troppo.
Due
mercenari rilassati
Jeeth
appoggiò le mani sui fianchi,
fischiettava e si muoveva seguendo il tempo che si dava da solo.
Si
voltò e guardò l’altra mercenaria
camminargli al fianco.
“Kei,
rilassati” le disse gentilmente.
“Dobbiamo
solo comprare la cioccolata per
la squadra e poi possiamo tornare immediatamente alla base. Non voglio
che ci
scoprano, quelli come noi non sono guardati di buon occhio”
sussurrò Kei.
Jeeth
si mise una ciocca candida dietro
l’orecchio e scrollò le spalle, la magliettina che
indossava gli ricadeva larga
sul corpo smagrito.
“Rilassati,
sembriamo due normali
ragazzini. È per questo che hanno scelto noi per la
missione”
“Io
non sono il tuo migliore amico. A
Vegeta basta spostarsi la frangetta per nascondere quel suo maledetto
sguardo
da scimmia omicida e sembrare un altro” ribatté
lei. Abbassò le orecchie di
pelo grigio scuro, da lupo, e sospirò.
Jeeth
porse il braccio alla ragazza e le
sorrise, socchiudendo gli occhi.
“Goditi
il momento. Non ci ricapiterà
molto presto di uscire solo noi due. In fondo, tu sei la mia ragazza,
facciamo
vedere a questi alieni” disse gentilmente.
Kei
gonfiò le guance, leggermente paffute
e sospirò pesantemente. Le ciocche argentee dei suoi capelli
corti le
accarezzavano i lati del viso.
“Va
bene, hai ragione tu. Solo che non mi
piace stare con le mani in mano”. Gli sfiorò il
braccio e gli sorrise,
socchiuse gli occhi e piegò di lato il capo.
“Soltanto,
informiamoci prima del perché
non abbiamo ancora trovato nemmeno un negozio aperto”.
Jeeth
annuì e si allontanò, si avvicinò a
un anziano seduto dietro un banchetto di caramelle. L’uomo
teneva le gambe
accavallate e la schiena china.
“Scusi”
lo chiamò il giovane. Si grattò la
spalla muscolosa, lì dove sulla maglietta c’era il
simbolo della squadra Ginew.
“Scusi”
chiamò più forte, coprendo il
brusio delle voci dei gruppetti di persone che camminavano lungo il
viale.
L’anziano
alzò il capo e gli sorrise,
mostrando i suoi denti violetti.
“Ha
bisogno di aiuto, ragazzo?” domandò.
Jeeth
infilò la mano nella tasca dei
pantaloni e accarezzò il proprio portafoglio.
“Mi
saprebbe dire cosa succede?” chiese.
L’anziano
chinò indietro la testa,
tenendosi con una mano il cappello di paglia che indossava.
“Ah,
stranieri fortunati. Siete capitati
nel mezzo di un matsuri. E il
migliore per chi è giovane come lei e ha una fidanzata
così carina” disse. Con
la testa indicò Kei.
Jeeth
osservò i mazzi di rose, dotati di
denti, che si trovavano alla sinistra dell’uomo.
“È
di quale festa si tratta?” chiese.
“È
la notte di Tanabata, è
tempo per gli amanti di riunirsi. Io sono qui per
vendere fiori, il miglior regalo quando si vuole far arrivare a
qualcuno i
propri sentimenti” rispose il vecchio, ticchettando con i
propri sandali sulla
strada.
Jeeth
osservò un mazzo di fiori candidi, a
forma di campanelle.
“Posso
comprarne?” domandò.
“Certo”
rispose l’anziano. Gl’indicò i
cartellini con i prezzi, Jeeth ne indicò uno ed estrasse il
proprio portafoglio.
L’anziano si alzò lentamente e prese un mazzo di
fiori rosa e blu, porgendoli
al giovane. Il mercenario guardò il vecchio prendere i soldi
e raggiunse Kei.
Le porse i fiori, la ragazza inarcò un sopracciglio.
“Per
quanto mi piacciano, forse solo un po’
un cliché. Non trovi?” chiese.
Jeeth
le sorrise.
“Per
una volta te li ho potuti portare non
sporchi di sangue” le bisbigliò
all’orecchio.
Kei
annuì e ridacchiò.
“Ho
visto una bancarella con dei dolci,
vado a comprare la cioccolata. Però, hai capito che
succede?” domandò.
“Siamo
capitati nel bel mezzo di una festa
adatta agli amanti, come vedi nessuno noterà una
coppietta” la rassicurò.
Kei
si alzò sulle punte e gli posò un
bacio sulla guancia.
“Allora
rifletterò sul fermarci un altro
po’, ma non dimenticare che il nostro signore ama la
puntualità” disse. Si mise
a correre verso il chioschetto con i dolci.
Jeeth
si accarezzò la guancia e sospirò,
raggiunse un tavolo a cui erano accomodati un paio di uomini, uno di
loro aveva
un occhio che spuntava da un’ispida barba e un altro delle
corna sul capo.
Jeeth
si accomodò su una panchina e prese
una delle bottiglie di vino appoggiate sulla tavolata, la
stappò e se la portò
alle labbra. Bevve avidamente, mentre un rivolo gli sfuggiva dalle
labbra
scendendogli lungo il viso dalla pelle rossa. Prese un’altra
bottiglia e finì
anche questa, si sentiva accaldato e stava sudando, le sue gote erano
in
fiamme.
<
Ha ragione Vegeta, non potremo mai
essere normali. Ci hanno privato di una vita sin da bambini. Lo invidio
maledettamente, lui sembra viverla bene. Io, invece, voglio solo essere
accettato, sperando che questo mi faccia star meglio >
rifletté.
Kei
lo raggiunse, teneva una bustina in
una mano e con l’altra stringeva il mazzo di fiori.
“Possiamo
andare” disse.
Jeeth
annuì e si alzò dalla panca.
“Come
giustificheremo questi fiori?
Profumano tanto e non vorrei separarmene” ammise la ragazza.
Le sue iridi
divennero liquide e socchiuse le labbra.
Jeeth
le prese il mento e la baciò.
“Possiamo
dire che sono dovuti a un
bicchiere di troppo. Penso di essere ubriaco”
biascicò.
Kei
appoggiò la testa sulla spalla di lui.
“Magari
possiamo utilizzare questa scusa
anche per altro, sulla navicella. Magari per divertirci un
po’” disse la
giovane.
Jeeth
ridacchiò.
“Con
piacere” farfugliò.
Kei
mise il mazzo di fiori dentro il
sacchetto, alcuni petali si staccarono.