Phoenix - The Secret Tzar's Daughter The dragon

di queenjane
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 Naturalmente la zarina sostenne che era tutto merito di Rasputin, che aveva pregato per il ragazzino, se la crisi era stata domata. Non che Andres facesse i miracoli, l’essere un santo che spargeva grazie non rientrava tra i suoi meriti molteplici. Ed anche io avevo pregato, la cecità apparente di Alessandra mi procurava una rabbia senza misura, Rasputin era un millantatore, lei una finta ingenua. Preferiva la supina adorazione della Vyribova a chi osava contrastarla, si illudeva di essere lei sola in grado di governare e avere il necessario discernimento per essere al timone di comando. Di un impero, quando non comandava nemmeno in casa sua in pieno, che in tanti anni ancora non aveva imparato il prezzo esatto delle patate che si vendevano ai mercati di Carskoe Selo. Per favore.
Mi veniva da sorridere, era un teatrino, una tragedia che virava nella commedia, io una grande attrice, in senso lato.  
Sentimenti ambivalenti, quando ero piccola avevo voluto molto bene ad Alix, peccato che con gli anni, sostenendo che portassi alla ribellione e al malumore le sue figlie, specie Olga, avesse cercato di allontanarmi e ben percepivo, avevo percepito quella freddezza. In fondo, ce l’aveva con mia madre e io le somigliavo parecchio e.. Insieme, mi era affezionata, l’affetto di fondo era rimasto, reciproco, tranne che come carattere, abitudini, modi di vivere ed età eravamo agli opposti. Una tregua armata, poniamola in questi termini, che a breve le sarei piovuta tra capo e collo.
Mia madre era in Crimea con mio fratello, l’aveva invitata la zarina madre per il Natale e si rammaricava che fossi tornata senza preavviso, il principe Raulov al fronte, se non a combattere, era a bere o giocare d’azzardo. L’avevo rassicurata, suonando convincente alle mie e alle sue orecchie, ormai ero adulta, vedova e infermiera volontaria, avrei fatto una breve sosta per poi ripartire,vi era mio zio. Non ci vedevamo dal settembre 1914, ci eravamo scritte e sentite per telefono, quando potevo, se avesse saputo la verità, mi avrebbe legato alla sedia per impedirmi fisicamente di andare via. A modo suo, la principessa Ella era  tra le persone più coraggiose che conoscessi. Io una vigliacca combattente, il principe Raulov era al fronte in Galizia, due codardi in trincea.
Respirai a fondo, ricordavo fin troppo bene il litigio che avevo avuto con Olga, l’anno avanti, tuttavia ero stata invitata per “un tè”, un gentile bigliettino dello zar, ero nella piccola villetta che mio zio R-R aveva a Carskoe Selo, non mi ero sentita di andare a palazzo Raulov e passare serate di divertimento nella capitale. I primi due giorni li avevo passati a dormire, leggere e fare bagni, un ottimo ristoro mentre rifacevo il punto della situazione, vietandomi di pensare ad Andres, non sapevo che scuse inventarmi, quali negazioni formulare, chè, indagando, avevo appreso una cosa che mi aveva fatto inorridire di me stessa. E dovevo arrendermi, lo amavo, Fuentes maledetto, ti amavo, in fondo, molto in fondo sapevo che mi amava pure lui.
Alessio stava meglio, dal letto era passato al divano, già qualcosa, almeno dalla tarda mattina fino a sera, con un intervallo nel pomeriggio per un sonnellino.. O lo mettevano a riposare, conoscendolo dormiva ben poco. E ignoravo quanti mesi avrebbe impiegato per riprendersi in modo effettivo, che quella crisi era stata devastante.   
Che avrei fatto? La visita promessa e poi sarei ripartita, poco ma sicuro. Nuove rotte e infiniti peripli per obliare, almeno un poco, la mia disperazione, un altro scopo, ci raccontiamo tante storie, per andare avanti e quella mi piaceva. E sapevo che, nella prima privata occasione, rivolevo stare con Andres.
Mi sfiorai la cicatrice sul braccio sinistro, era orrenda, uno squarcio irregolare che potevo celare con le maniche, uno zig zag nella tenera carne. Ed ero dimagrita così tanto che il busto non serviva nemmeno più, ma lo avrei indossato, per i capelli sempre corti avrei messo uno chignon posticcio, per vestito un color grigio fumo, da mezzo lutto, anche se, in via teorica, le vedove solo dopo 18 mesi potevano “alleggerire”. I  particolari del mondo e delle sue forme riemergevano. Se pensavo che la regina Vittoria aveva portato il lutto per quasi 40 anni, vi era di che meditare.
“Principessa Raulov, Madame, una persona chiede di voi,è nel salotto”la cameriera interruppe le mie riflessioni e sbuffai impaziente “Ho dato ordine di non volere essere disturbata. Tassativo, non credo sia difficile da capire”
“Madame, perdonate è Sua Altezza Imperiale” Tra finire di dire chi era e il precipitarmi la poveretta rimase sola.
Bussai e aprii.
Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”.. La porta si aprì in un lampo e ci ritrovammo davanti. “Altezza Imperiale, Olga Nicolaevna “, una piccola riverenza, poi rimanesti in attesa. Giusto, ero venuta io, spettava a me parlare e tutte le parole volarono fuori dalla mente, tutti i bei discorsi preparati erano scomparsi. E sapevo molte lingue, come te, tranne che non ci incastrava dirti che eri dimagrita. Ti ho vista mettere su peso una volta sola, già, ma era normale, peso per dire, a fine primavera 1917 pesavi 64 chili per un metro e 72, nell’estate 53 per ovvie ragioni, allora non sarai stata oltre i 48 vestita, io attualmente devo solo tacere, eri snella fino a essere troppo magra, come ti reggevi in piedi un mistero e tanto eri la mia Kitty Cat, la mia gattina, che aveva paura e sorrideva “
“Sei dimagrita..” le prime parole, in francese, dopo un anno, tesi le sopracciglia, quindi scoppiai a ridere.
“Giusta considerazione, come voi. Altezza imperiale, mi avete fatto una sorpresa,sul serio.”Ritornai seria e respirai “Ma non siete certo venuta per parlare di queste banalità” Un cenno di assenso. Alessio.. vuoi che facciamo pace.. rievocando il suo peso tra le braccia, la testa contro il petto, erano passati anni, mesi, una vita e sempre noi eravamo. Prima di allora non mi ero  concessa di amarlo in quel modo, aveva percepito la differenza, gli argini rotti, amarlo lo avevo sempre amato, era delicato, fragile, e non mi ero concessa di travolgerlo con il mio affetto se non ora, dopo assenze e ritorni. Fianco su fianco, in quelle ore passate e trascorse, mentre lo cauterizzavano e lo tenevo sollevato, eravamo diventati una squadra, io ci sono per te  e te per me, come io e Fuentes in altri ambiti, come io e Olga in altri tempi.
“ Avevate ragione, a dire che ero una vigliacca, una codarda, nessun atto di eroismo o martirio me lo avrebbe restituito ..Per favore, fatemi continuare”Parlavo a braccio e sapevo una cosa che tu ignoravi, almeno allora credo e spero che tu non lo abbia intuito. O forse sì.. Non lo so. Lo avevo capito a Mogilev, una certezza limpida e adamantina,avevo rifatto i calcoli sulle date e la mia nascita. E avevo confrontato la calligrafia di una delle lettere d’amore di mia madre con quella dello zar. Il passato ritornava, i pezzi combaciavano in modo diverso.

“No. È un ordine, allora io .. Sono stata orribile”

“Avevate ragione” Eravamo sorelle, figlie dello stesso padre, non potevo cambiare il destino di nascita, potevo fare qualcosa come Cassiopeia per evitare che il trono fosse rovesciato. Già allora vi erano complotti e progetti, che nei quindici mesi successivi avrebbero portato al disastro, un orrore che nessuno avrebbe mai osato immaginare, figuriamoci viverlo.
“E siamo quello che siamo..Tremanti fiammelle, sparsi  frammenti contro l’infinito” Citai quanto avevi scritto in un biglietto, anni prima, una vita prima, per un mio compleanno.
“Amiche e sorelle. Nonostante litigi e distanze” Le ultime parole, quelle di chiusura.  Lei era una poetessa, in fondo, io una principessa canta storie.
“O ci possiamo riprovare. A tornare amiche. Ai primi gennaio riparto” Secca.  
“Ci avrei scommesso”Una risata amara, senza allegria “Che ripartivi. A questo giro, almeno, lo hai detto in faccia. È bello rivederti anche se l’ultima volta avevo detto che..”
“.. non volevi vedermi mai più. Ho sentito, anche se ho finto il contrario, sono stata tra le tue amiche” Tranne che la vita è già troppo breve per sprecarla nel falso orgoglio e nel rimpianto, quella lezione l’avevamo appresa, sia pure in modi e declinazioni diverse. Ero scivolata al Tu.
“Qui ti sbagli. Sei la mia migliore amica, l’unica che abbia mai avuto o avrò, oltre le mie sorelle, piantiamola con questo melodramma”..Sai, Cat, raccoglie le storie su un quaderno, legge le tue lettere, le manchi e lei manca a te..lo zarevic mi aveva raccontato quella nostalgia. E lei, a sua volta, mi era mancata, come un arto amputato. Un arcobaleno ed una assenza.

“ Ottimo”





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