Il
palazzo dell'Alleanza era
immerso nel silenzio e nella penombra, rischiarata solo dai bracieri
che correvano per tutta il perimetro interno dell'edificio,
alimentati da olio di bacche di cernot.
Siobhan
si sentiva nervosa,
e questo non le dava alcuna confidenza in se stessa. Il nervosismo
era talmente lontano dal proprio carattere, che a stento lo aveva
riconosciuto come tale. Yseult invece era apparentemente calma, lo
sguardo assorto mentre si infilava i guanti bianchi, aggiustandoseli
sulle dita.
Brithdara
lanciava uno
sguardo preoccupato prima all'una e poi all'altra, e sembrava voler
dire qualcosa, ma senza trovare il coraggio per farlo.
Siobhan
lo aveva notato, ma
siccome l'insicurezza di Brithdara le dava sui nervi, evitò
di
chiederle di confidarsi. Infilò la lunga veste bianca, che
si
adattava al suo corpo snello come un guanto. Strinse i lacci che
aveva dietro la schiena e passò le mani sulle maniche per
lisciarle.
Poi si osservò allo specchio: l'abito dei Delegati era
immacolato,
fatta eccezione per le otto stelle dorate impresse sul petto.
Allacciò l'ultimo bottoncino bianco che chiudeva il collo
alto e
rigido, indossò la mantellina pure bianca e
infilò i guanti. I
capelli biondi erano raccolti in una rigida crocchia, e gli occhi
azzurri di solito brillanti sembravano spenti.
“Andiamo?”
disse infine
Yseult, portandosi alle sue spalle. “Sei pronta?”
Siobhan
sospirò,
raddrizzando le spalle. “Andiamo.”
Due
servitori spalancarono
le porte della Sala Maggiore all'arrivo delle tre delegate, con
Siobhan in testa. Le donne, con le mani infilate nelle ampie
soprammaniche della veste, entrarono con passo misurato e presero
posto nei seggi che gli spettavano. Il tavolo ovale era ghiacciato al
tatto, e completamente trasparente: sotto di esso erano perfettamente
visibili le piastrelle colorate del pavimento. Era stato fabbricato
con marmo di ghiaccio, un materiale che si trovava solo nelle cave di
Valchir. Era stato un dono del re degli elfi, e risaliva a diversi
secoli prima. Per quanto Siobhan ne sapesse era sempre stato in
quella sala, e aveva ospitato ogni singola riunione dell'alleanza. Vi
passò le dita assorta, provando un brivido di freddo lungo
la spina
dorsale. Per l'ennesima volta si chiese se non fosse stato un errore,
se i suoi predecessori non avessero agito precipitosamente
nell'esiliare per sempre gli elfi dagli Otto Regni e dal resto del
mondo conosciuto. Quelle creature erano sempre state geniali,
potenti... e non era un caso che una loro discendente fosse
altrettanto straordinaria. Era evidente da quanti problemi e quanti
enigmi Marissa portava con sé.
Quando
tutti i membri furono
seduti Lord Arnulf prese la parola, esponendo brevemente i punti
all'ordine del giorno. Un'assegnazione di terre contese tra due
nobili; l'approvvigionamento di grano a Flanshire, i cui magazzini
contenevano più ragnatele e polvere che provviste;
l'addestramento e
il collocamento delle truppe dell'Alleanza. Siobhan lo
ascoltò
distrattamente, presa dai propri pensieri. L'uomo che le stava di
fronte non aveva la sua simpatia, e questo non era un mistero per
nessuno, neppure forse per lo stesso Arnulf. Aveva un modo di fare
mellifluo, untuoso... borioso. Si riteneva una spanna sopra a tutti
solo perché portava il cognome Fielding. La sua discendenza
altolocata gli aveva aperto molte porte, ma Siobhan si chiedeva
spesso se una goccia di talento del Grande Mago Kendell scorresse di
fatto nelle vene del suo pronipote.
Discussero
per circa un'ora
sulle decisioni da prendere, mentre ogni parola veniva doverosamente
verbalizzata dai maghi di Arnulf. Dorea della Terza Stella, una
delegata di Kianares, nel nord, chiese se di nuovo non si potesse
tentare di persuadere le Zarall ad unirsi al consiglio, di inviare
una loro delegata.
“Abbiamo
affrontato questo
argomento innumerevoli volte, Dorea”, le rammentò
Siobhan.
“Abbiamo tentato a più riprese, ma le Zarall
preferiscono non
assumere incarichi ufficiali. Ci tengono alla loro
indipendenza.”
“Devo
rammentarvi che gli
avvistamenti di Basorham continuano? Dobbiamo seguitare ad
ignorarli?”
“Fandonie!”
tuonò Lord
Arnulf. “Dovremmo prendere sul serio ogni avvistamento di
fatine e
unicorni che i marinai ubriachi avvistano di continuo?”
“A
questo proposito
milord”, intervenne Siobhan, “la pensavo anch'io
come voi, ma
devo riportare a questa assemblea un episodio a cui ho potuto
assistere con i miei occhi.”
La
donna raccontò ciò che
era capitato a lei e Marissa a Waford, e notò le espressioni
dei
delegati mutare da scettiche ad attente.
“E
voi dite di essere
sicura della natura di questo... essere? Era davvero un
Basorham?”
chiese Dorea di Kianares.
“Non
posso giurarlo. Ma
considerando gli avvistamenti recenti è una
possibilità da non
escludere.”
“E
sia”, disse infine
Lord Arnulf, più annoiato che preoccupato.
“Ordinerò delle
indagini.”
“Dunque...”
continuò
tamburellando le lunghe dita sul tavolo. “Non ci resta che la
relazione dall'Accademia da affrontare. Come procedono i nuovi
allievi, Lady Siobhan?”
Yseult
lanciò un'occhiata
preoccupata alla sua amica, improvvisamente vigile.
“Bene,
Lord Arnulf. I
cadetti danno del loro meglio. E di recente è giunta tra noi
anche
un'allieva con il dono.”
“Una
buona notizia! Avete
altro da segnalarmi o tutto procede come al solito?”
Siobhan
deglutì. “Tutto
come al solito, milord.”
“Bene”,
disse l'uomo
inforcando un paio di lenti da vista montate in oro e studiando una
pergamena ricoperta di nomi e date. “Vedo che gli allievi
sono
attualmente quindici-”
“In
verità Lord Arnulf”,
lo interruppe Brithdara, quasi strillando, “ci sarebbe
un'altra
cosa...”
Siobhan
si voltò di scatto,
fulminando la maga con lo sguardo. Mosse le labbra per dirle di
tacere, ma Brithdara, rossa fino alla radice dei capelli, fece finta
di non vederla. Gli occhi di Siobhan mandavano scintille. Se avesse
potuto incenerire Brithdara sul posto lo avrebbe senz'altro fatto.
“Di
cosa parlate, Lady
Brithdara?” chiese Arnulf poco convinto, guardandola in
tralice da
sopra le lenti.
Con
voce tremante, ed
ignorando lo sguardo duro di Siobhan, Brithdara raccontò di
ciò che
era capitato a Marissa e alla pietra.
* * *
Piccole
gocce di pioggia
inumidivano il terreno, amplificando i profumi della foresta,
incollando tra loro foglie ed aghi di pino e facendo affondare i
rami caduti in una poltiglia di fango.
Eppure
Dorelynn pensava che non ci
fosse mai stato un giorno più bello di quello. Dopo un anno
di duro
addestramento, di esercitazioni nel combattimento, sia a piedi che a
cavallo, di nottate passate all'addiaccio nel tentativo di ritrovare
un sentiero o una traccia, di giorni in cui era rientrata al campo
talmente stanca e sfatta da pensare che sarebbe crollata a terra, lei
e le sue compagne stavano per diventare delle Zarall, membri della
sorellanza a tutti gli effetti.
Al centro
dell'accampamento era
stato acceso un grande fuoco che gettava una grande luce sui volti
della guerriere e delle iniziate. Le ragazze erano disposte a cerchio
tutto intorno al falò e le Zarall le guardavano dall'esterno
di
esso. Regina aveva un'espressione fiera sul volto: quelle erano le
sue allieve, era lei che le aveva addestrate per tutto quel tempo e
non poteva restare indifferente.
Le
iniziate se ne stavano in piedi
in trepidante attesa, osservando una delle Zarall passare tra loro e
distribuire la collana simbolo del nuovo status, che ognuna di loro
avrebbe indossato da quel momento in avanti.
Quando
venne il suo turno Dorelynn
chinò il capo emozionata, e lasciò che la Zarall
Dionaea le
mettesse al collo quello spesso laccio di cuoio con appesi un pezzo
di metallo, uno di corteccia di legno e uno di pelle di cervo
essiccata. Ciò a cui le Zarall dovevano dimostrarsi devote:
la
guerra, la Foresta di Smeraldo e la carne, che rappresentava la loro
volontà di dare la vita per la sorelle.
Infine si
fece avanti Fedora, la
Grande Combattente, il capo della sorellanza, una donna sulla
sessantina, con il volto temprato dal sole e i capelli grigi, ma che
teneva la schiena dritta come un fuso ed emanava un'aura di
autorevolezza assoluta.
“Ora
siete delle Zarall, delle
sorelle, sangue del nostro sangue. Il vostro dovere sarà
prima di
tutto verso le vostre sorelle, ricordatelo. Siamo fiere di voi, dell
ascleta che avete fatto e del lungo percorso che avete affrontato per
giungere a questo momento. Quarantuno estati sono trascorse dalla mia
iniziazione, eppure rivedo me stessa in ognuna di voi. Ed ora come la
nostra tradizione impone sceglierete il vostro fiore.”
Dionaea
si fece avanti con un
cestino dentro il quale c'erano otto coppie di fiori diversi. A turno
le iniziate ne avrebbero pescato uno. Coloro a cui in sorte fossero
toccati i due fiori identici sarebbero divenute ciò che le
Zarall
chiamavano Tanet – gemelle. Ogni Zarall
aveva il compito
speciale di prendersi cura di una delle altre sorelle, e l'impegno
era reciproco. Doveva sempre guardarle le spalle, evitare ad ogni
costo che qualcosa di male le accadesse. Sarebbero state quasi un
unico essere.
Ogni
ragazza estrasse un fiore.
Quando toccò a Dorelynn pescò un'Azaria,
un fiore rosso
dalle sfumature arancioni. Dopo di lei c'erano altre tre ragazze, e
l'ultima a dover scegliere era Galinthia.
Le due
iniziate dopo Dorelynn
estrassero una un Lomoth – un fiore dai
grandi petali blu -,
e l'altra un Oniafer – un fiorellino
violaceo. Dorleynn
trattenne il fiato, mentre Galinthia estraeva l'ultimo fiore rimasto.
Il risultato era scontato, ma Dorelynn sentì la frustrazione
serrarle lo stomaco quando vide la sua rivale pescare dalla cesta
l'altro esemplare di Azaria.
-Ti
rendi conto? Di tutte le
ragazze doveva capitarmi proprio lei? Dorelynn provava una
grande rabbia e un senso di sconfitta. E ciò che la
indispettiva di
più era il fatto che l'essere diventata la Tanet di
Galinthia
aveva rovinato la giornata che tanto aveva atteso, quell'iniziazione
tanto sognata e desiderata che arrivava a coronare gli sforzi
compiuti nell'anno passato.
-Mi
dispiace, Dorelynn, rispose
Damien intristito dal duro sfogo della sorella. Non sapeva come
consolarla, cosa dire per rendere meno amara la sua delusione.
-Quella
ragazza mi odia! Pensi davvero che se fossi in pericolo
sacrificherebbe la vita per me?
-Beh...
-E
anche se lo facesse, continuò
Dorelynn, troppo presa dal suo sfogo per badare al fratello, penso
che preferirei venire trapassata da cento frecce piuttosto che
svolgere ogni missione, ogni turno di guardia, ogni pattugliamento in
sua compagnia!
-Potrebbe
arrivare a piacerti,
azzardò Damien.
-E'
stata lei a prendermi di mira fin dal primo giorno, non io. Se ci
sarà qualcuna che dovrà adattarsi quella
sarà lei!
-Visto
che non sono in grado di alleviare la tua frustrazione, preferisci
che cambi argomento?
-Sì,
forse è meglio, sospirò
Dorelynn, è inutile rimuginare su ciò
che non posso cambiare.
Quella mocciosa insopportabile sarà la mia Tanet per
il resto
della vita, quindi dovrò solo rassegnarmi. Raccontami come
sta
andando il tuo addestramento, almeno mi distrarrò...
-Bene!
Ci crederesti se ti dicessi che, per la prima volta nella vita, mi
sto davvero appassionando a quello che faccio? Anche la mia
insegnante dice che sono molto migliorato. Ho evitato l'espulsione e
il vergognoso ritorno a casa, dove mio padre avrebbe pianto ancora
una volta per il suo figlio tanto scapestrato.
-Non
dirmi che è tutto merito della tua nuova amica?
-In
parte sì. Dobbiamo anche capire perché la Pietra
abbia
quell'effetto su di lei. Siobhan non sa più dove sbattere la
testa.
In più è furiosa per il comportamento di
Brithdara, che ha
spifferato tutto ad Arnulf nonostante lei avesse chiaramente deciso
di non farlo. Ma ci sono altre voci che preoccupano tutti qui a
Letha, tanto che Lord Arnulf ha ordinato un'indagine approfondita. Ci
sono stati degli avvistamenti di Bashoram.
-Non
qui nella Foresta, commentò
Dorelynn pacata. Era chiaro che non prendeva molto sul serio la cosa.
Erano talmente tanti secoli che i Bashoram non mostravano il loro
volto che per le nuove generazioni non erano diventati niente di
più
che personaggi delle favole che le loro madri gli raccontavano per
spaventarli quando da bambini non facevano i bravi.
-Mi
prometti che mi terrai al corrente di come vanno le cose tra te e
Galinthia?
-Lo
farò senz'altro, fratellino, ma non aspettarti nulla di
positivo a
breve termine.
* * *
Siobhan
aveva avuto una seria
discussione con Brithdara una volta tornate all'Accademia. A dir la
verità non sapeva neppure lei come aveva fatto a evitare di
prendere
a schiaffi quella faccia di bronzo. Brithdara l'aveva sfidata
apertamente, ma non sembrava pentita.
“Era
nostro dovere riferire
un'informazione così importante al nostro
superiore”, fu l'unica
ostinata spiegazione che diede di fronte alla furia di Siobhan.
L'insignificante
e spaventata
donnetta che Siobhan aveva sempre conosciuto sembrava uscita dal suo
guscio, seppure ancora un po' tremante di fronte al suo sguardo duro.
“So
che sei di grado superiore a
me, Siobhan. Ma non sono una delle tue allieve... sono una maga per
mio diritto e non sono tenuta ad obbedirti! Anche se tu evidentemente
ne sei convinta...”
Così
Siobhan aveva dovuto mandare
giù la sua rabbia, e per farlo aveva cercato di convogliare
l'energia nell'insegnamento e nello scoprire il mistero che aleggiava
intorno a Marissa. La ragazza era un'allieva diligente e volenterosa
e il suo potere cresceva ad un ritmo impressionante. Grazie al suo
esempio anche Damien era migliorato notevolmente, e Siobhan era
arrivata a credere che un giorno sarebbe diventato un grande mago.
Aveva
inviato una missiva alla
Prioria Adeliz, al monastero della Beata Laodamia. Nella lettera
domandava se la religiosa potesse rievocare per lei un episodio di
cui Marissa doveva essere stata la protagonista ad un'età di
circa
tre o quattro anni. Non aveva altro su cui lavorare, per cui
sperò
che la memoria della Priora fosse ostinata come il suo carattere.
* * *
Dorelynn
si era ormai abituata al
movimento ritmico del cavallo, ed al rumore attutito dei suoi
zoccoli. Cercò di concentrarsi su questo per non dover
prestare
attenzione alla ragazza che cavalcava al suo fianco.
“Smettila
di far finta di non
vedermi, principessina”, gli disse ad un certo punto
Galinthia,
“siamo unite indissolubilmente io e te, che ci piaccia o no.
Siamo
Tanet ora, e questo ci rende più unite
che se fossimo state
partorite dalla stessa madre, nello stesso momento.”
“Ho
già un gemello”, borbottò
Dorelynn in risposta, “non me ne serve un'altra.”
“Hai
un gemello? Non lo sapevo. E
tu ti sei mai preoccupata di sapere se io ne avessi uno, o una
famiglia, o da dove venissi?”
“Non
me ne hai mai dato
l'occasione. Ti sei scagliata su di me non appena mi hai
vista”,
rispose secca Dorelynn, portando il cavallo al passo. La treccia alta
che tradizionalmente tutte le Zarall portavano le batteva sulla
schiena al ritmo della cavalcata, e la spada ricurva che le era stata
consegnata il giorno dell'iniziazione le pendeva al fianco.
Galinthia
sorrise tra sé. “E non
ne vedi il motivo, mia ingenua ragazza? Invidia, pura e semplice.
Sono nata in un piccolo villaggio di pescatori non lontano da Conne,
e non ho mai posseduto niente. Ed ecco apparire te, sfolgorante nella
tua tunica ricamata, con i tuoi servitori e i tuoi beni di lusso. Non
capisci come ci siamo sentite io e le altre allieve?”
“Non
era un motivo per escludermi
ed emarginarmi”, le fece notare Dorelynn, ma con voce meno
dura.
Tra le
due ragazze calò il
silenzio, ed entrambe tennero gli occhi aperti scrutando i dintorni.
D'altronde era per quello che pattugliavano i confini della Foresta
di Smeraldo.
Dorelynn
guardò in basso e
l'occhio le cadde sul piccolo tatuaggio che le ornava il polso.
Un'Azaria, identica a quella portata da Galinthia.
Era stata
fatta loro la mattina successiva all'iniziazione, e così
alle altre
ragazze i rispettivi fiori.
Continuarono
la loro ronda lungo la
costa che era stata loro assegnata: quella nord, che si affacciava
sul Mare di Azure. Dorelynn alzò il capo: alle sue narici
giunse
distinto l'odore salmastro che tante volte aveva sentito a Conne. Il
mare non poteva essere lontano.
Proseguirono
ancora per qualche
miglio, svoltando ad ovest. La foresta cominciò a diradarsi,
lasciando il posto a verdi distese d'erba punteggiate di macchie
colorate: i primi fiori dell'anno. Non ci volle molto perché
giungessero sulla scogliera che sovrastava l'immensa distesa d'acqua
salina.
Fermarono
i cavalli a pochi passi
del precipizio e rimasero ad osservare l'infrangersi delle onde sugli
scogli, molti metri più in basso.
“Quanto
tempo è trascorso
dall'ultima volta che ho visto il mare!” commentò
Galinthia,
rapita. La leggera brezza marina le colpiva in pieno volto, ma non
era una sensazione spiacevole.
“La
tua era una famiglia di
pescatori?” chiese Dorelynn.
“Mio
padre ha preso la sua
barchetta ogni mattina per venticinque anni. Un giorno il mare l'ha
inghiottito e non lo abbiamo più rivisto. È stato
allora che ho
scelto di unirmi alle Zarall piuttosto che morire di fame o essere
costretta ad entrare in un bordello.”
“Mi
dispiace molto”, mormorò
Dorelynn. E per la prima volta provò una sorta di simpatia
verso
gemella che le era stata imposta.
* * *
La
lezione di quel giorno fu
particolarmente impegnativa per Marissa. Il tema era il respiro: come
controllarlo perché diventasse una leggera brezza o,
all'occorrenza,
un vento capace di spazzare via una casa. La ragazza si
impegnò
molto, ma quando pensava alle parole nella sua testa – parole
che
conosceva d'istinto, senza bisogno di impararle – e portava
una
mano sotto il mento per aiutarsi, il soffio che ne usciva era a volte
troppo debole, a volte troppo forte. Rovesciò la scrivania
di
Siobhan, mandandola a sbattere contro il muro con un gran fracasso,
prima di riuscire a fermarsi. Ma Siobhan sembrava distratta quel
giorno, la mente assente, e mancò di rimproverarla come
avrebbe
fatto di solito.
Alla fine
fece uscire tutti prima
del termine della lezione, ma chiese a Marissa di restare ancora un
po'. Lei non se ne stupì: era usuale che Siobhan le
dedicasse del
tempo esclusivo alla fine di ogni lezione, ma le parve strano che
volesse farlo quel giorno, quando era così chiaramente persa
nei
propri pensieri.
“Non
voglio prolungare la
lezione, Marissa”, si affrettò a chiarire
l'insegnante una volta
rimaste sole. “Non oggi.”
“E
allora perché sono qui?”
Siobhan
le lanciò un'occhiata
attenta. Nell'arco di quell'anno Marissa aveva compiuto notevoli
progressi. Ed era anche più alta, meno timida e
più sicura di sé.
Una giovane donna in boccio.
“Ti
ho chiesto di restare perché
ho finalmente avuto una risposta dal monastero.”
“Dunque?
Hai scoperto cosa mi
accadde da bambina?”
Siobhan
scosse il capo, desolata.
“L'unica che avrebbe potuto far luce sull'accaduto era la
priora.
Ma mi è stato riferito che, dopo aver ricevuto la mia
lettera, è
morta improvvisamente. Il cuore, dicono.”
“Ci
credi?”
“Che
sia stato un incidente? No,
non credo alle coincidenze. Qualcuno si sta dando molta pena
perché
il tuo passato non venga alla luce.”
Nota
dell'Autrice: Con
scandalosissimo ritardo, eccomi tornata! Ci ho messo una vita per
scrivere questo capitolo, perché la storia mi era chiara in
mente
fino ad un certo punto (e sui fatti principali ovviamente lo
è fino
alla fine), e da adesso in poi devo lavorare molto per chiarirmi le
idee e capire come andrà avanti. Ho ricevuto tante
recensioni
davvero fantastiche, e non posso che ringraziarvi per avermi dato il
sostegno e la spinta necessarie per continuare.
E
niente, spero che questo capitolo piaccia...
Alla
prossima
Eilan
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