Le cronache di Aveiron: Un nuovo domani

di Emmastory
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Capitolo XIX
 
 
Oscure verità
 
 
Avevo dormito solo per poche ore, ed ero di nuovo sveglia. Ero l’unica del gruppo ad esserlo, ma non mi importava. Stavo bene, e non ero ansiosa, ma nonostante tutto, non riuscivo a smettere di pensare ad Ava. Perchè era fuggita da me? Perchè si era mostrata così ostile? Cosa poteva esserle successo? Domande che continuavano a vorticarmi in testa senza posa, e più ci pensavo, più la testa mi faceva male. Seduta nel salotto di casa, cercavo di ingannare il tempo leggendo, ma le parole impresse sulle pagine sembravano non avere alcun senso. Chiudendo il libro che tenevo sulle gambe, lo rimisi al suo posto nello scaffale, e abbandonandomi ad un cupo sospiro, chiusi gli occhi per un attimo. Non appena li riaprii, notai la luce accesa, e voltandomi, lo vidi. Aaron. Doveva certamente essersi svegliato per uno spuntino o un bicchiere d’acqua, ma notandomi, cambiò idea, venendo a sedersi proprio accanto a me. “Piena di pensieri, vero mamma?” Chiese, guardandomi negli occhi e attendendo in silenzio una qualsiasi risposta. “Puoi dirlo forte, figliolo.” Dissi soltanto, sospirando ancora e abbassando leggermente lo sguardo. A quella reazione, Aaron mantenne il silenzio, e muovendo la mano, andò alla ricerca della mia. Non appena la trovò, la strinse leggermente, proprio come avrebbe fatto suo padre. Lasciandolo fare, tornai a guardarlo, e nel momento esatto in cui gli sorrisi, lui ricambiò apertamente. Il silenzio calò lentamente nella stanza, e guardando per qualche istante fuori dalla finestra, notai la luce della luna riflessa sui nostri visi. “Ti capisco. Ti capisco perfettamente.” Mi disse poi, disturbando la quiete di quel momento con quella che credevo sarebbe stata una rivelazione. “Cosa? Che intendi?” Non potei fare a meno di chiedere, confusa e stranita da quelle parole. “Vi ho seguiti, e anche io ho visto Ava. Non mi avete notato perchè mi nascondevo, ma ero uscito a cercarla, perchè... ecco, io... io la amo, e credo che lei debba saperlo.” Rispose, parlando in tono mesto e facendo uso di un’ onesta che trovai disarmante. “Dì, non sai nient'altro di lei?" Chiesi allora, curiosa e certa che lui la conoscesse meglio di me. Per quanto ne sapevo, erano amici sin dall'infanzia, ed in un momento del genere, le sue parole avrebbe agito da chiave capace di aprire la metaforica porta che Ava stessa continuava a tenere ermeticamente chiusa. Colto alla sprovvista dalla mia domanda, Aaron esitò, ma raccogliendo le sue forze e il suo coraggio, decise di parlarmi. "Mamma, non so come dirtelo, ma lei... vedi, lei... nasconde un segreto, ed è importante." esordì, per poi scivolare nel silenzio e sfuggendo dai miei sguardi. Ascoltandolo in silenzio, non osai interromperlo, ma al semplice suono di quella parola, drizzai subito le orecchie. "Aspetta, segreto? Di che genere?" azzardai, sperando che si fidasse abbastanza da rivelarmelo. Come ben sapevo, Aaron era un ragazzo riservato, ma restavo sempre sua madre, e in silenzio, aspettai che fosse pronto a parlare. Sfortunatamente, le mie aspettative, vennero deluse, poichè lui non disse più una parola a riguardo. "Lei si fida di me, e ho promesso di non dirlo, ma se proprio vuoi saperlo, dovrai aspettare domani." rispose infatti, rifiutandosi di continuare e mantendo la parola data. "Aaron, aspetta." Lo pregai, sfiorandogli un braccio per convincerlo a voltarsi. "Ho detto domani, mamma." Rispose a muso duro, voltandosi solo per un attimo. Da quel momento in poi, lui girò sui tacchi e scelse di andarsene, ritirandosi lentamente nella sua stanza. In quel preciso istante, la luce si spense e il buio mi avvolse di nuovo. Restando seduta, non mossi un muscolo, ma non appena fui da sola, provai l'impulso di piangere. Sopraffatta dalle mie stesse emozioni, non lo soffocai, singhiozzando lì nel salotto di casa. Nessuno avrebbe potuto capirlo, ma la mia era tristezza mista a preoccupazione. Avevo conosciuto Ava quando non era che una bambina, e ora ero davvero preoccupata per lei. Era cresciuta, certo, ma anche cambiata, ed io non riuscivo a crederci. Quando da piccola giocava con Aaron, sembrava dolce e carina, e lo era ancora, ma per qualche strana ragione, era come se non fosse più sè stessa. L'aria da dura sostituiva la sua dolcezza, e un senso di rabbia, impotenza e rammarico mi pervadeva. Stringendo i pugni con decisione, chiusi gli occhi, e asciugandomi una lacrima, compresi che solo il tempo avrebbe potuto far luce sulla vera natura di Ava e su tutte le sue oscure verità.




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