Notte e promesse
Per i
fratelli Elric, il momento peggiore della giornata era la notte, oscura
e portatrice di cattivi pensieri. Mentre il giorno erano impegnati
nella ricerca della Pietra Filosofale, la notte era costellata di
veglie e incubi. O meglio ricordi del passato e che erano tremendamente
dolorosi.
Edward si sistemava sul divano con una coperta e chiudeva gli occhi,
cercando di addormentarsi. C’erano delle volte in cui era
talmente stanco che i fantasmi del passato lo lasciavano in pace ma
anche delle volte in cui erano talmente forti e insistenti che gli
impedivano di riposare a dovere.
In quelle occasioni, Alphonse si preoccupava per il suo adorato
fratellone e desiderava poter far qualcosa per proteggerlo da quelle
visioni ma non poteva. Il suo essere un’armatura gli impediva di
fare tutto ciò che un corpo umano avrebbe potuto fare anche se
la sua anima, legata ad essa, gli permetteva di sembrare
umano.
Cosi si limitava a vegliare sul maggiore mentre questi si agitava e
mormorava parole incomprensibili per gli altri ma non per lui. Lui
conosceva il loro significato perché legate a quando avevano
tentato di riportare in vita la madre tramite una trasmutazione umana.
Il minore sapeva che Edward si incolpava di quello che era successo
anche se erano stati in due. Il fratellone gli aveva chiesto se
provasse del rancore nei suoi confronti per quello che gli aveva
fatto.
Ma come poteva avercela con lui quando aveva sacrificato un
braccio e una gamba per tenerlo al suo fianco? Come poteva odiarlo
quando lo vedeva sempre più stanco e avvilito da quella ricerca
infruttuosa? Per non parlare del fatto che era costretto a subire
continue umiliazioni per via della sua altezza e del suo esser definito
un “cane
dell’esercito”.
Guardando quel volto imperlato di sudore, Alphonse scosse la testa.
Non, non lo odiava e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di restituirgli
il suo braccio e la sua gamba. E questa era una promessa.
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