Molto incinta

di Em_
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14. Twenty-nine weeks pregnant





Felicity
Una settimana. Una fottuta settimana. Ecco quant’era passato da quando avevano ritrovato lo yacht di Tommy. Vuoto
Ebbene sì, di Oliver e Tommy nessuna traccia. Si pensava fossero stati sbalzati in mare, ma come teoria non stava in piedi visto che mancava anche il piccolo gommone di bordo, ed i gommoni non sparivano nel nulla.
Avevo saputo la notizia dalla sorellina di Oliver, Thea, che mi aveva telefonato in lacrime spiegandomi a grandi linee ciò che era successo. In quel momento ricordo solo di essermi seduta sul divano e di aver iniziato a piangere senza potermi fermare. Erano lacrime di paura, di preoccupazione, sapevo che se fosse successo qualcosa ad Oliver ne sarei morta. Tra noi era stato tutto così incasinato, così frettoloso, eppure avevamo imparato a volerci bene, forse addirittura ad amarci. Ma non c’era solamente il sentimento reciproco in questo momento, c’era un piccolo essere umano che ne avrebbe subito le conseguenze, se fossero arrivate brutte notizie.
«Papà tornerà a casa, Lucy. Te lo prometto.» avevo detto alla mia pancia quella sera.
Non sapevo per quale strano motivo, ma avevo chiamato mia figlia con un nome, un nome vero. Mi era sempre piaciuto il nome Lucy, ed in quell’istante avevo sentito fosse il suo nome. In cuor mio sapevo che anche ad Oliver sarebbe piaciuto, me lo sentivo.
«Fel, vuoi qualcosa da mangiare?» mi chiese Laurel gentilmente.
«Sì, grazie. Penso che Lucy abbia fame.» le risposi sentendo la piccola scalciare forte dentro di me.
«Penso tu abbia trovato il nome perfetto per lei.» commentò la mia amica.
«Avrei voluto dirlo ad Oliver nel momento stesso in cui l’ho pensato.» sospirai cacciando via le lacrime.
«Glielo dirai presto.» mi disse solamente. Anche lei soffriva, me ne rendevo conto, ma lo faceva in silenzio.
Mi ero trasferita da Laurel il giorno dopo aver scoperto che Oliver e Tommy erano scomparsi. Non mi andava di stare sola e nemmeno a lei. Il giorno dopo ancora si erano unite anche Caitlin e Sara, rendendo la casa un po’ più allegra.
«Sara, quando ci presenterai il tuo ragazzo?» domandai alla mia amica. Volevo smettere di piangermi addosso almeno per un po’.
«Che c’entra adesso?» replicò stupita.
«Ho bisogno di distrarmi.» dissi semplicemente.
«In effetti Felicity ha ragione.» intervenne anche Cait.
«Non stiamo neanche insieme, quindi non c’è nulla da presentare.» si lamentò lei. Sara era sempre molto riservata riguardo le sue storie amorose.
«Non sarà mica sposato.» commentò Laurel dalla cucina.
«Macchè!» sbuffò Sara, quasi infastidita.
«È un criminale?» domandò Caitlin ridacchiando.
«Oh, ma per chi mi avete presa voi tre?» esclamò la bionda «È solo più grande di me… Di un pochino.» aggiunse.
«Ovvero?» intervenni io. Le proporzioni per Sara non erano mai uguali a quelle degli altri.
«Beh, sono quasi… Dieci anni.» balbettò abbassando lo sguardo.
«Tutto qui?» mi meravigliai.
«Pensavo mi avreste giudicata, insomma, io sono ancora una ragazza, lui è un uomo!»
«Io certamente non posso giudicarti visto che mi sono fatta mettere incinta dopo un’unica scopata.» replicai ridendo.
«Touché.» rispose divertita anche lei.
Era bello potersi in qualche modo distrarre e non pensare al peggio. Non potevo negare di aver più volte pianto prima di rispondere al telefono, pensando fosse la polizia che mi comunicava la morte di Oliver. Forse ero esagerata, non lo so, ma era trascorsa una settimana... e nessuno aveva notizie. Zero. Silenzio stampa. Che fossero bloccati da qualche parte senza cellulare? Possibile. Che fossero annegati? Possibile anche questo. Comunque, mi piaceva sicuramente pensare all'opzione numero uno. 
Avevano trovato quasi subito lo yacht, essendo dotato di gps non ci erano voluti grandissimi sforzi, ma il piccolo gommone che mancava all'appello certamente non era dotato di tale dispositivo, quindi era come cercare un ago in un pagliaio. O meglio, un ago in un oceano.
Essendo dicembre, tra l'altro, il sole calava molto presto al pomeriggio e di notte era troppo difficile portare avanti le ricerche. La nota positiva era che la tempesta era stata una cosa passeggera, il mattino seguente era ritornato il bel tempo, e le squadre di soccorso erano partite immediatamente. 
«Ragazze, io esco un attimo, devo fare una telefonata.» esclamò Sara dopo pranzo.
Caitlin, Laurel ed io ridacchiammo come tre pettegole, sapevamo bene chi doveva chiamare ed era divertente il fatto che non volesse farlo mai davanti a noi. Che facessero sesso al telefono? Nah, non era da Sara, lei preferiva andare al sodo se necessario. Non so perché stavo pensando a queste cose, magari voleva semplicemente sentire il suo "amico" e parlarci un po'. Era colpa di Lucy se i miei ormoni erano impazziti, a volte pensavo cose assurde o volevo mangiare cose assurde. 
Qualche ora più tardi ricevetti una chiamata da mia madre. Le avevo raccontato cosa fosse successo a grandi linee, non mi andava proprio di toccare l’argomento a meno che non fosse necessario, anche perché ne parlavano tutti i telegiornali.
«Mamma?» dissi rispondendo al cellulare.
«Felicity! Dammi il tuo indirizzo di casa.» esclamò lei senza neanche salutare.
«Il mio indirizzo? E a che ti serve?» domandai sorpresa.
«Per venire da te, ovviamente!» rispose quasi urlando nella cornetta.
«Mamma, non serve che vieni fino a San Diego, sto bene.» cercai di dire per rassicurarla.
«Ma sono già qua! Ho preso il primo volo disponibile.»
Rimasi per un attimo interdetta. Non sapevo né cosa pensare né cosa dire. Mia madre era venuta fino a qua da Las Vegas. Non ci potevo credere. Dopo un attimo di silenzio le comunicai il mio indirizzo di casa e salutai velocemente le mie amiche. Per la prima volta dopo giorni e giorni mi sentivo felice, felice di avere la mia mamma accanto. Sentivo di aver bisogno di lei più che mai ora, nonostante fosse un po’ matta e infantile sapeva sempre come consolarmi o come farmi stare meglio.
Arrivammo quasi nello stesso istante. Lei mi corse incontro ed io mi limitai a stringerla in un grande abbraccio. Mi veniva quasi da piangere, non lo negavo. Ci vedevamo veramente pochissimo da quando mi ero trasferita in California, ma il nostro rapporto era addirittura migliorato. Probabilmente ciò che ci serviva era proprio la distanza. Riuscivamo a volerci bene e a comunicare molto meglio così.
«Tesoro! Ma guarda che bel pancino!» mi disse entusiasta accarezzandomi la pancia sotto il cappotto.
«Più che altro pancione.» ridacchiai io.
«Dai, andiamo di sopra, ti preparo qualcosa.» si offrì subito.
«È bello averti qui, mamma.» sospirai sedendomi sul divano.
«Non potevo non venire, Felicity. Non oso immaginare cosa stai passando.» affermò portandomi una tazza di tè verde fumante.
«A volte credo di impazzire. È il non sapere che mi spaventa.» le confessai.
«Lo capisco.» replicò facendo una pausa «Non ci sono novità?»
«No, non ancora. Il tempo è buono e le ricerche vanno avanti senza sosta, ma potrebbero essere ovunque.»
«Li troveranno vedrai. Me lo sento.» cercò di confortarmi.
«Io lo spero, mamma. Non voglio che Lucy cresca senza padre.» le dissi.
«Lucy?» mi chiese con un sorriso.
«Già… Mi viene spontaneo chiamarla così.»
«È un nome bellissimo, Fel. Ad Oliver piacerà un sacco!»
Annuii «Non vedo l’ora che torni a casa…»
Lasciai a mia madre la camera degli ospiti per la notte, dopo aver cenato e guardato un po’ di televisione mi rintanai nella mia stanza, ma chiaramente non chiusi occhio. Continuavo a sognare che la guardia costiera mi chiamava dicendomi di aver ritrovato il cadavere di Oliver. Mi svegliavo di soprassalto ogni volta e controllavo compulsivamente il cellulare rendendomi conto, però, che non vi era alcuna chiamata. Ero stanca e spossata, la gravidanza certamente non aiutava a rilassarmi, ma il pensiero di mia figlia era forse l’unica cosa che m’impediva di crollare. Cercavo di non disperarmi per lei, cercavo di essere il più positiva possibile proprio per lei.
«Felicity! Felicity, svegliati!» mi chiamò mia madre.
«Cosa? Che c’è?» domandai lievemente intontita.
«Il tuo cellulare sta vibrando da un’ora, non lo senti?» 
«No… Io… Devo essermi proprio addormentata…» balbettai tirandomi su e afferrai il telefono «È Thea, la sorellina di Oliver. La richiamo.»
«È una vita che cerco di chiamarti!» mi urlò contro la giovane Queen.
«Scusa, sono crollata dal sonno… Hai novità?» le chiesi immediatamente.
«Li hanno trovati! Erano vicino alla baia! Li stanno portando in ospedale per dei controlli ma pare stiano bene. Se non sbaglio andranno al San Diego Memorial, vuoi venire?»
«Sì! Sì!» dissi senza esitare, non avevo metabolizzato ancora la notizia, mi era uscito spontaneo dire di sì.
«Passo a prenderti tra quindici minuti.» aggiunse Thea riattaccando.
«Mamma, li hanno trovati.» dissi sorridendo e piangendo allo stesso tempo.
«Te l’avevo detto! Sono così contenta!» esclamò abbracciandomi.
«Tu porti fortuna, lasciatelo dire!» replicai correndo in camera ad infilarmi qualcosa per uscire.
Non vedevo l’ora di vedere Oliver, ma già il fatto che stesse bene mi rasserenava moltissimo «Andiamo da papà, Lucy.» dissi a me stessa prima di uscire di casa.











Angolo autrice
Rieccomi qui! Scusate per l'attesa, ma avevo iniziato il capitolo tempo fa e l'ho finito solamente adesso!
Una settimana è passata dalla scomparsa di Oliver e Tommy e Felicity cerca di reagire come può. La cosa che la spaventa di più è che la sua bambina non abbia un papà... E a proposito di bambina, abbiamo anche un nome finalmente ahah: Lucy. Non so perchè ma adoro questo nome, poi Lucy Queen suona bene quindi punto a favore xD
Compare anche la mamma di Fel, che prende il primo volo e raggiunge la figlia. Sembra anche portare fortuna oltretutto, infatti Oliver e Tommy vengono ritrovati e pare stiano bene!
Nel prossimo capitolo i nostri due protagonisti si rivedranno dopo questa disavventura ;)

Un grazie sempre a chi mi segue e soprattutto a chi commenta! Mi fa sempre tanto piacere ricevere un parere!

A prestissimo,
Anna




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