Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi di Sleepyheadven_ita (/viewuser.php?uid=1023484)
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Hanji si era sdraiata lungo tutto
lo spazio del letto, teneva gli arti ben distesi sopra le lenzuola
mentre teneva il cellulare in una mano. Le sue dita sottili battevano
rapidamente i tasti sullo schermo pieno di impronte, mentre teneva il
dispositivo sollevato sopra la sua testa.
Il rumore della doccia arrivava
distante alle sue orecchie, ricordandole che non era da sola nella
stanza di quell’hotel. Levi si era avventurato in bagno una decina di
minuti prima, lasciandola in un silenzio contemplativo.
Aveva realizzato che fosse arrivata
l’ora che si mettesse in contatto con il suo recentemente divorziato
padre, era nel paese da quattro giorni adesso e doveva ancora
informarlo di questo fatto, quindi qualche minuto prima gli aveva
scritto un messaggio per chiedergli di chiamarla.
Non aveva ancora risposto, quindi
si stava tenendo occupata scrollando le timeline dei suoi social.
Sentiva che le mancavano i suoi amici più cari rimasti a casa mentre lo
faceva, aveva riso appena vedendo una selfie di Mike, Nanaba ed Erwin
evidentemente sbronzi in un bar.
Si era voltata di scatto verso la
porta del bagno quando aveva sentito il cigolio della maniglia, segno
che si stava per aprire, ma prima che potesse avere il tempo di vedere
Levi uscirne era stata distratta dal suo cellulare che aveva squillato
rumoroso tra le sue mani.
Aveva risposto immediatamente,
decidendo di ignorare l’altro occupante di quella stanza per il momento.
“Ciao papà” aveva salutato allegra,
eccitata di sentire la sua voce dopo tanto tempo.
“Ciao bellissima” l’aveva salutata
a sua volta suo padre, con un tono tranquillo paragonato a quello
eccentrico di lei. “Come va?” le aveva chiesto per chiacchierare, dopo
una breve pausa.
“Bene, va tutto bene! Veramente ho
una cosa da dirti.”
Hanji aveva fatto un grosso
sorriso, senza riuscire a contenere la sua felicità all’idea di vederlo
di nuovo. Sapeva che non avrebbe reagito benissimo sapendo che era in
città per il matrimonio, ma sapeva anche che avrebbe saputo rabbonirlo,
al momento giusto.
“Non sei mica incinta, vero?” le
aveva chiesto suo padre, incerto.
Hanji non aveva potuto che ridere
alla sua domanda, persino l’idea le sembrava ridicola.
“No, no, niente del genere” aveva
detto ancora ridendo, passandosi le dita tra i capelli. Come raramente
succedeva li aveva lasciati sciolti in quel momento, le arrivavano alle
spalle.
“Veramente sono in città adesso”
gli aveva rivelato calma, mentre volgeva lo sguardo verso destra dove i
suoi occhi si erano imbattuti in Levi a torso nudo.
Aveva percepito i suoi stessi occhi
spalancarsi e le sue guance farsi calde mentre si godeva l’attraente
visione, lasciando il suo sguardo indugiare su di lui mentre cercava
qualcosa nella sua valigia, con i capelli bagnati appiccicati alla
fronte. Le erano venuti in mente dei pensieri poco appropriati mentre
Levi si infilava una maglietta blu che donava alle sue forme.
Improvvisamente si era ricordata che era ancora al telefono con suo
padre e aveva provato repulsione per quei pensieri.
“Scusa papà, mi devi ripetere
quello che hai detto” gli aveva chiesto schiarendosi la gola. Di
malavoglia aveva tolto lo sguardo da quella vista, ma non prima di
notare Levi guardarla perplesso.
“Ho detto che sei qui per loro,
giusto?” aveva chiesto mascherando bene il risentimento, anche se Hanji
poteva percepirlo comunque.
Aveva sospirato appena, annuendo
anche se lui non poteva vederla. “Sì…”
“Ah” era stata la sua breve
risposta. “Che ne pensi se ti porto a cena fuori così chiacchieriamo un
po’? Ti va?”
Hanji aveva sentito un sorriso
allargarsi sul suo viso. “Sì, certo! A che ore? Oh, spero non ti
dispiaccia l’idea di qualcun altro che si aggiunge a noi.”
“Finché non si tratta di tua madre e del
maledetto bastardo che sta per sposare non c’è problema” aveva detto
tra il serio e il faceto. “Chi è, se posso chiedere?”
“Si chiama Levi. È, ehm, il mio
ragazzo in effetti” aveva detto insicura, ma nascondendolo abbastanza
bene. Si era chiesta se fosse così necessario mentirgli sulla loro
relazione dato che era una persona completamente diversa da sua madre,
inoltre era improbabile addirittura che si parlassero ancora, quindi
non c’era il minimo rischio che le spifferasse cosa stava succedendo.
Non vuoi che nessuno all’oscuro
della faccenda sappia che non stai davvero con Levi, le aveva detto il
suo subconscio. Aveva deglutito e aggrottato le sopracciglia pensandoci
mentre suo padre replicava in tono sorpreso.
“Scherzi?” aveva riso contento.
“Beh, allora sono ansioso di conoscerlo stasera.”
Hanji aveva riso appena, il
pensiero di prima la infastidiva ancora. “Sì, anch’io. È meraviglioso,
lo prometto”, aveva sorriso a se stessa dicendolo. Il suo sguardo si
era rivolto alla porta del bagno, dove Levi si era chiuso di nuovo.
“Devo andare a prepararmi per
stasera, ma ti mando un messaggio per definire i dettagli, va bene?”
“Certo. Ti voglio bene, ci vediamo
dopo” le aveva detto con tale calore che Hanji si era bloccata per un
attimo.
“Ti voglio bene anch’io papà, ciao”
aveva risposto tranquilla, sentendo il clic che indicava che aveva
riattaccato.
Era sprofondata con la testa sul
materasso, chiudendo gli occhi mentre la confusione si impossessava di
lei.
Possibile che provasse per Levi
qualcosa di più di quello che immaginava sin dall’inizio? Ammetteva di
trovarlo attraente, e non c’era niente di male in questo ovviamente,
era un sentimento innocuo. Però mentire a suo padre a proposito dello
status della loro relazione, quando non ce n’era alcun bisogno, era un
po’ eccessivo.
Era forse perché aveva provato un
senso di sicurezza in se stessa nel mostrare alla sua famiglia che era
capace di avere una relazione seria? Eppure non aveva mai avuto
problemi con quello che la sua famiglia pensava di lei - o con quello
che pensava chiunque altro per quel che valeva - sin da quando era una
bambina.
Forse semplicemente le piaceva
atteggiarsi come se lei e il piccoletto fossero una coppia. Aveva
strizzato gli occhi in un gesto di frustrazione, prima di riaprirli e
fare un bel respiro per calmare se stessa e i suoi pensieri.
“Hey Levi?” lo aveva chiamato ad
alta voce, con lo sguardo ancora rivolto al soffitto.
“Hm?” le aveva risposto l’altro,
facendo capolino dalla porta del bagno.
Si era rilassata al suono della sua
voce, anche se non riusciva a capire il perché. (Si sarebbe ritrovata a
fissarlo di nuovo più tardi, di sicuro, quindi doveva cercare di
razionalizzare la faccenda)
“Ho fatto programmi per andare a
cena con mio papà stasera, vieni anche tu” lo aveva informato
semplicemente, trovando finalmente il coraggio di guardarlo. Per
fortuna era completamente vestito adesso, i suoi capelli erano ancora
un po’ bagnati.
“Ottimo” aveva risposto Levi prima
di sparire di nuovo.
Hanji aveva arricciato il naso ai
suoi gesti, mentalmente auto rimproverandosi del fatto di farsi strane
idee su un tipo come lui.
Era uno stronzo, maleducato e
insensibile come pochi. Ma era anche gentile in un bizzarro modo tutto
suo, aveva uno strano senso dell’umorismo, simile a quello che aveva
lei stessa. Sapeva come darle conforto e come alleviare la sua ansia
quando questa raggiungeva un picco. E non guastava che fosse anche una
bella vista.
Era una delle persone più vicine a
lei, di cui si fidava e su cui sapeva di poter contare, e che fosse un
sentimento platonico o meno ci teneva a lui.
Ridendo era arrivata alla
conclusione di essere fritta.
-
“Ha detto che sarebbe stato qui
mezz’ora fa” aveva commentato Hanji, alquanto incupita. “Si vede che il
lavoro l’ha trattenuto per l’ennesima volta” aveva aggiunto quindi con
una risata amara, una sorta di sentimento nostalgico permeava la
situazione.
Levi le aveva rivolto una breve
occhiata, aveva incrociato le braccia al petto. “Non c’è da stupirsi
che sei un tale disastro” le aveva detto sarcastico, sperando di
risollevarle il morale. Aveva funzionato, sembrava, la sua espressione
cupa si era alleggerita appena.
“Sei proprio uno stronzo” aveva
risposto Hanji, ridendo un po’. “Me lo dovevo immaginare che sarebbe
andata così, però, non sarebbe la prima volta e sono sicura non sarà
nemmeno l’ultima” aveva sospirato sul finire, riavviandosi i capelli in
un chiaro gesto di nervosismo.
Levi le aveva tolto la mano dalla
testa, infastidito del fatto che si fosse spettinata.
“Che te ne viene dal sembrare
sempre così arruffata?” le aveva chiesto guardandola con gli occhi
ridotti a una fessura, parlando con un tono piatto.
Hanji aveva sorriso con aria
giocosa verso di lui. “Beh, l’aspettativa che si ha sulla mia apparenza
quando mi presento da qualche parte è significativamente bassa dato che
le persone ci sono abituate. Inoltre, è soddisfacente vedere qualcuno
genuinamente sorpreso quando mi do effettivamente da fare per
migliorare il mio aspetto.”
Levi aveva alzato una delle sue
sottili sopracciglia guardandola. “Non penso di averti mai visto
sforzarti per migliorare il tuo aspetto da quando ti conosco” le aveva
detto riflettendo, la sua mente impegnata a cercare una situazione in
cui Hanji non fosse apparsa come… beh, Hanji.
L’altra aveva puntato un dito
contro di lui, un sorriso furbetto si stendeva sulle sue labbra. “Ah!
Ma lo sarai quando mi impegnerò, giusto?”
Levi l’aveva guardata inespressivo
per qualche secondo. “Sarà come vedere un asino che vola” aveva
commentato.
Una vettura nera e lucida aveva
accostato davanti all’entrata dell’hotel, aveva i finestrini oscurati.
Levi non riusciva a vedere la persona che stava alla guida, anche se ci
aveva provato, aguzzando la vista.
“In orario perfetto” aveva detto
Hanji camminando verso l’auto, il sarcasmo era evidente.
Aveva aperto la portiera quando
aveva sentito che si sbloccava, salendo a bordo seguita da Levi.
“Sei in ritardo” aveva detto a suo
padre come un dato di fatto, sporgendosi sul sedile e dandogli un bacio
sulla guancia.
“È bello vedere anche te, mia
adorabile figlia” le aveva detto ridendo appena, poi aveva guardato con
lo specchietto retrovisore verso i sedili posteriori. “E piacere di
conoscere anche te, Levi. Devi essere un tipo piuttosto speciale per
aver convinto Hanji ad impegnarsi in una relazione seria, eh?” aveva
detto interessato.
Levi non sembrava impressionato
dalle sue parole. “Per niente. Semmai è il contrario” gli aveva
risposto senza espressione, ma non senza cercare almeno un po’ di
esprimere qualcosa nella sua voce. Era impacciato e per niente abituato
ad aver a che fare coi genitori dei suoi amici, nessun dubbio in
proposito. In ogni caso poteva provare a impegnarsi.
“Per essere onesti è uno sforzo di
entrambi” aveva detto allegra Hanji, sentendosi sollevata del fatto che
suo padre non guidasse come un pazzo, a differenza di sua madre. Erano
proprio a due poli opposti in ogni cosa, era uno shock che fossero
riusciti a far durare così tanto il loro matrimonio.
In meno di mezz’ora erano arrivati
a un ristorante dall’aspetto lussuoso, Hanji era rimasta a bocca aperta
per la sbalorditiva visione, mentre gli occhi di Levi mostravano che
fosse incerto addirittura su se volesse entrarci. Era chiaro che non si
sentiva di appartenere a un posto simile.
Hanji gli aveva sorriso per
rassicurarlo, immaginando precisamente cosa gli fosse passato per la
testa.
“Caspita, ti sei giocato proprio
tutte le carte, eh papà?” aveva commentato, uscendo dall’auto, lo
sguardo ancora sulla vista.
“Solo il meglio per te, Hanji. Non
è che vieni tutti i giorni a trovarmi, giusto?” aveva risposto
mettendosi le chiavi in tasca, cominciando ad avanzare facendo cenno
agli altri due di seguirlo.
“Tuo padre è un fottuto milionario.”
Hanji aveva fatto spallucce,
incerta su come rispondere. “Sì…? No, forse. Non ne sono certa.”
“Da quello che sembra non mi pare
che muoia di fame, quattrocchi” le aveva detto Levi con uno sguardo
seccato, guardando in alto verso di lei. Suo padre era già entrato nel
lussuoso edificio, mentre loro avevano camminato più lentamente, fianco
a fianco.
Poco dopo erano entrati, il padre
di Hanji li aveva aspettati pazientemente prima di sedersi. Una donna
bionda con i capelli raccolti li aveva guidati al loro tavolo, che era
a vista della torre Eiffel accesa, lo sguardo di Hanji si era
illuminato al panorama.
“Wow, che bello.”
“Vero che lo è? Sono quattro anni
che vengo qui e non smette mai di essere una bella vista” aveva
commentato l’uomo sorridendo, poi si era rivolto a Levi.
“Non mi sono ancora presentato,
giusto? Christopher Zoë” gli aveva detto porgendogli una mano, che Levi
aveva afferrato con decisione per stringerla.
“Levi Ackerman” aveva risposto
tranquillo, studiando l’aspetto di quell’uomo. Aveva la pelle chiara a
differenza di Hanji, gli occhi di una sfumatura color nocciola coperti
da un paio di occhiali spessi, appoggiati su un naso aquilino simile a
quello della figlia.
“Quindi, Levi, che cosa fai per
vivere?” gli aveva chiesto incuriosito, anche se sembrava ci fosse nel
suo tono un che di inquisitorio.
“Veramente lavora insieme a me, è
così che ci siamo conosciuti” aveva detto svelta Hanji. “Ci conosciamo
da tanto tempo” aveva aggiunto con un sorriso dolce sulle labbra
diretto al suo amico, che Levi, aveva notato, sembrava essere
assolutamente genuino.
“Quindi hai conosciuto la mia ex
moglie? A proposito tesoro, come si sta comportando con te?” aveva
chiesto spostando l’attenzione su sua figlia, rabbuiandosi un po’
all’idea.
Hanji aveva avuto la sensazione che
suo padre avesse voluto portare forzatamente la conversazione lì, come
a voler segnare un punto a suo favore comparando l’affetto che i suoi
le dimostravano.
“Lei… beh, mi sta trattando
normalmente” aveva riso appena lei, tamburellando distrattamente sul
tavolo con le dita. “Non penso che Levi si sia ancora abituato alla sua
personalità…”
“Non è male se impari a escludere
la frequenza della sua voce da tutto il resto dei suoni” aveva ammesso
Levi senza preoccupazione alcuna. La sua disarmante sincerità non era
una parte di sé che intendeva nascondere, in caso contrario si sarebbe
comportato come qualcuno di completamente differente.
Il padre di Hanji aveva riso a
quella risposta, evidentemente divertito. “Oh, credimi, non hai visto
ancora niente. Devi essere contento che per quanto riguarda Hanji, la
mela è caduta parecchio lontano dall’albero. Sono certo che se mai vi
sposerete non ti farebbe mai dormire sotto il portico per essere
arrivato tardi a cena.”
“Matrimonio? Per favore, papà,
usciamo insieme solo da pochi mesi” aveva detto Hanji ridendo
nervosamente. “E comunque la mamma ti permise di rientrare in casa
verso le tre di mattina” aveva aggiunto scherzando.
“E quindi? La gente di questi tempi
si sposa dopo poche settimane di conoscenza. E poi non sei più una
ragazzina, io vorrei avere qualche nipotino prima di morire” l’aveva
presa in giro, per giocare un po’.
Hanji aveva provato a spingere
molto lontano dalla sua mente l’immagine di un neonato con i capelli
neri e gli occhi chiari. “Quanto sei teatrale!” aveva risposto a suo
padre roteando gli occhi, sforzandosi di fare un sorrisetto.
Levi si era mosso sulla sedia come
per mettersi comodo, l’aria si era fatta imbarazzante intorno a lui.
“Posso già immaginarmi un nanetto
di due, tre anni che corre in giro all’impazzata, come facevi tu a
quell’età. Speriamo che non erediti la nostra terribile miopia e che
non sbatta sui muri come facevi tu da bambina” aveva aggiunto suo padre
scherzando.
Levi aveva riso appena a
quell’immagine di Hanji da bambina che correva.
“Molto divertente” aveva detto
Hanji sorridendo, cercando di non scoppiare a ridere. “Cambiando
discorso, come stai tu?” gli aveva chiesto con un po’ di
preoccupazione, poco dopo.
“Bene” aveva replicato suo padre
semplicemente, per niente turbato dalla domanda, almeno sembrava, ma
Hanji poteva vedere oltre la sua maschera. Sembrava ferito, anche se
cercava di farle credere che tutto andasse bene, come faceva sempre.
Gli aveva rivolto un mugolio
pensieroso prima di fargli un sorriso confortante. “Ti è concesso di
essere triste, lo sai? Sono certa che nessuno ti biasimerebbe se lo
fossi per la fine di un matrimonio durato più di trent’anni” gli aveva
ribadito con calma.
Era ovvio che suo padre non fosse
dell’umore di discutere dei suoi sentimenti, quindi aveva velocemente
cambiato argomento. “Lo so, tesoro. Ma non parliamo di questo adesso.”
Si era schiarito la voce prima di
parlare di nuovo.
“Allora, Levi, è la prima volta che
vieni in Francia?” aveva chiesto guardandolo.
Levi aveva annuito. “Sì, lo è.”
Hanji gli aveva sorriso pienamente.
“Penso che sia contento anche solo per il fatto di essere uscito dallo
stato di Washington per un po’” l’aveva preso bonariamente in giro.
Levi era rimasto indifferente
all’apparenza, non aveva fatto rimostranze alle sue parole.
“Però è divertente guardarlo
osservare le cose con la faccia da tonto.”
“Io non faccio la faccia da tonto”
aveva replicato brevemente, secco.
“Sì che la fai.”
“Sei solo una stupida ciecata” le
aveva detto annoiato.
“E tu sei un maniaco della pulizia
con la faccia da tonto” l’aveva canzonato Hanji con un sorriso luminoso
in faccia.
Suo padre si era limitato a
guardarli interagire in silenzio, osservandoli.
-
Il resto della serata era andato
liscio, erano rimasti in un gradevole silenzio per quasi tutto il
tragitto di ritorno in macchina, fatta eccezione per pochi commenti.
Almeno finché suo padre, mentre uscivano dall’auto, aveva chiesto ad
Hanji di trattenersi.
Levi si era già incamminato verso
l’hotel, disinteressato alla conversazione. Aveva capito che quello che
doveva dirle non era niente che lo riguardasse, quindi aveva dato loro
spazio.
“Puoi far fessa tua madre con il
minimo sforzo, ma io ti conosco troppo bene per caderci” le aveva detto
suo padre sorridendole, mentre Hanji era rimasta di stucco alle sue
parole. “È un tipo per bene però, un po’ sgarbato in superfice magari,
ma posso capire com’è che siate amici.”
“Io… ehm, guarda…” aveva cominciato
a dire lei senza sapere dove andava a parare. “Noi non siamo…”
“Non mi devi spiegare niente, lo so
quanto tua madre possa essere irritante quando si tratta della tua vita
privata. Sappi solo che sei hai bisogno di aiuto per qualsiasi cosa,
basta che mi chiami.”
Detto questo aveva tirato su il
finestrino ed era ripartito lentamente con l’auto, lasciando Hanji
incredula e senza parole.
Avrebbe dovuto immaginare che non
sarebbe riuscita a ingannarlo. Aveva sospirato profondamente,
cominciando a camminare verso Levi.
Che avevano fatto di diverso quella
volta?
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