E' buio, fa freddo, la stanza non è altro che un cubo nero.
Adesso non potrò parlare nemmeno con la mia ombra come facevo sempre, spero in un demone dall'altra parte della stanza, pronto a divorarmi e a farmi soffrire, quasi.
Almeno urlerei in faccia a qualcuno, e invece no.
Solo l'oscurità mi avvolge nel suo niente e sono sola, la mia ombra non può esistere qui dentro.
Si gela, non vedo niente, fa freddo.
Allora perché? Perché non riesco ad urlare, a piangere, a chiedere aiuto?
La scatola si stringe, non è più una stanza, bensì, una bara.
Una bara nera senza uscita, nessun coperchio, nessuna breccia.
Non respiro, soffoco.
Muoio, lentamente, atrocemente.
Le mie unghie grattano e si rompono contro quella superficie insormontabile che è il mio orgoglio, mi sta uccidendo, mi opprime dall'interno.
Aiutato da quella vergogna che ha sostituito qualsiasi mia emozione...
e non ho più unghie da rompere, ora grattano sole le dita nude coperte da un sangue così deludente e patetico.
E loro ridono di me, picchiettando con le dita sulla superficie esterna della mia prigione.
Ridono e sghignazzano tra loro perché non ho un'ombra, perché sono in una bara, perché sto morendo, perché nessuno mi aiuterà.
Non gli darò mai l'ultima soddisfazione, non una lacrima solcherà il mio viso.
Fa freddo. |