A
volte è difficile fare la scelta giusta perché o
sei roso dai morsi della coscienza o quelli della fame
(Totò)
Sul
tavolo, ordinati in modo preciso e pulito, erano disposti tutti gli
strumenti da lavoro. Il coltello grande a lama liscia, quello
seghettato, quello per deliscare il pesce. Un mattarello, diverse
ciotole pulite, un mazzetto di erbe aromatiche, le boccette contenenti
le salse speziate. Il tagliere era stato lavato ed asciugato, le
pentole già pronte all’uso, il fuoco della stufa
ben alimentato. Shiryu osservò soddisfatto il piano in
legno, coperto da tutti gli strumenti necessari. Era un tipo
particolarmente attento ai dettagli, lui. Tutto doveva essere in
ordine, disposto secondo una rigida griglia in cui ogni cosa aveva il
suo preciso posto sul piano. Coltelli in alto, tagliere a destra,
spezie e condimenti sulla mensola, ciotole in alto a sinistra,
bacchette sopra il tagliere, ingredienti a destra. Era
l’unico modo di lavorare per lui.
-
Shiryu! Ho fame! Preparami qualcosa. Sono due giorni che Shun Rei
prepara solo riso in bianco. - Dietro di lui, appoggiato al suo
bastone, Doko della Bilancia lo osservava da sotto le folte
sopracciglia bianche, un sorriso indecifrabile stampato in volto.
Un’espressione a metà fra il divertito e lo
sconsolato si dipinse sul volto del Dragone, che scosse la testa.
-
Se vi sentisse, Maestro, nemmeno il vostro Cloth potrebbe proteggervi
dalla sua furia. - La risata roca dell’anziano
risuonò fra le pareti dell’umile casupola, ben
presto accompagnata da quella più delicata ed elegante del
suo promettente allievo.
-
Ringrazio allora che sia andata a prendere dell’acqua! Pare
che per oggi la mia testa sia salva. Quindi festeggiamo Shiryu! Farai
ancora quei deliziosi jiaozi* al vapore che tanto mi piacciono?
-
I migliori di Goro-Ho, maestro.
Shiryu
era estremamente fiero dei suoi ravioli. Shun Rei era brava ai
fornelli, ma non amava cimentarsi in ricette particolarmente
difficoltose: preferiva i piatti semplici. Al contrario, il ragazzo
adorava potersi confrontare con le ricette della tradizione cinese,
sfidando ingredienti difficili da trattare e lunghe e meticolose
preparazioni. Tutto era iniziato all’incirca un anno dopo
essere arrivato ai Cinque Picchi. Doko lo aveva mandato a prendere
della lana in paese, costringendolo a fare un lungo percorso, scendendo lungo le risaie che costellavano il
fertile territorio tutto intorno. La corputa fattrice che gli
procurò la lana, nel vederlo così basso e
magrolino, sembrò seriamente preoccupata per la sua salute.
Inutili le precisazioni del ragazzo, che anzi era ben nutrito ed
allenato; in poco meno di due minuti, gli erano stati serviti del pollo
agli anacardi e del delizioso riso speziato. Era stato invitato a
sedersi a tavola con la famiglia, e l’allora giovanissimo
Shiryu sapeva perfettamente che sarebbe stata grande maleducazione
rifiutarsi; motivo per cui si ritrovò inginocchiato di
fronte ad un tavolo mangiato dalle tarme, a tu per tu con due ciotole
delle dimensioni della sua testa ricolme di pietanze fumanti. Abituato
ad una cucina povera ed essenziale, spesso e volentieri anche sciapa e
difficile da mandar giù, il moro aveva guardato con gli
occhi sgranati quella manna dal cielo che la fattrice gli aveva
preparato. Lentamente, quasi timoroso, aveva preso fra le bacchette un
boccone di pollo, appoggiandolo sul riso. Gli bastò ruotare
leggermente il polso flettendo le dita per cambiare la posizione delle bacchette,
disponendole parallelamente, in modo da poter raccogliere sia il riso
che la carne. Prima di portare il boccone alla bocca, lasciò
che lo splendido odore, semplice ed invitante, gli invadesse le narici,
facendogli venire l’acquolina. La curiosità per
quel piatto totalmente nuovo lo spinse a spalancare le fauci e
ingurgitare il boccone in un sol colpo. Il contrasto delle consistenze,
l’esplosione delle spezie, il sapore morbido del riso e la
croccantezza del pollo; un vero Eden per quel palato che fino a quel
giorno non aveva mai assaggiato nulla di così buono. Era
solo un bambino, eppure sembrava aver assunto in sé la
segreta passione per quel rituale, così spesso
sottovalutato, quale era il mangiare.
Prima
di andarsene con la lana, aveva chiesto alla donns di insegnargli a cucinare
quel piatto. Per tutta risposta, la fattrice, accompagnata da una
grassa risata, gli aveva fatto dono del suo segretissimo libro di
ricette. E allora ogni momento di pausa dagli allenamenti era
diventato, per Shiryu, il momento ideale per esercitarsi. Imparare a
riconoscere i diversi aromi, giocare con le consistenze ed i colori;
molte altre erano state le visite alla fattrice, con una scusa o
l’altra, per osservarla cucinare e imparare i segreti di
quella che, agli occhi spensierati di un bambino, appariva come la
migliore cuoca del mondo.
La
lama ticchettava sul tagliere di legno con un suono sordo, affondando
senza alcuna difficoltà nel porro e nelle carote. In una
ciotolina lì vicino giaceva la carne di maiale tritata,
mentre sul fuoco era già stata posta una grossa pentola
contenente dell’acqua. La porta si era aperta con un cigolio,
e la figura snella di Shun Rei si era stagliata sulla soglia. Non disse
nulla, osservando la schiena del giovane piegata sui fornelli, e si
limitò a posare i due secchi d’acqua che aveva
sulle spalle vicini alla porta. Amava osservare Shiryu cucinare. Le
faceva sempre sorridere il ricordo di come, imbarazzato e leggermente
ritroso, il ragazzo le avesse chiesto di insegnargli a intrecciarsi i
capelli, dato che non poteva certo cucinare con i suoi lunghissimi
capelli sciolti. Inizialmente, le sue trecce erano terribili, e sotto
la bandana che metteva per tenere la frangetta risultava ancora
più buffa. Ora i capelli erano cresciuti, e la treccia
arrivava a sfiorare i magri fianchi del ragazzo. Non aveva tuttavia
abbandonato la sua amata bandana, che risaltava candida sulla
capigliatura nera. Si girò, osservando l’anziano
maestro seduto al tavolo, intento a giocare a Shangai. Chiuse la porta,
avvicinandosi a piccoli passi alla cucina. Osservò il
profilo di Shiryu, rimanendo incantata da quei tratti delicati e virili
allo stesso tempo.
-
Sono contento che tu sia tornata in tempo.
-
Fai gli jiaozi?
-
Già. Siediti e rilassati, fra una mezz’ora
è tutto pronto. - Annuendo, la ragazza prese posto su di una
vecchia sedia di paglia, sistemando le pieghe del suo cheongsam** e
prendendo dal tavolo lì vicino un tangzhuang***.
L’ennesimo abito distrutto da Shiryu durante gli allenamenti.
Armandosi di pazienza e filo, la giovane iniziò a rammendare
il capo, valutandone l’effettivo lavoro che andava profuso
nel tentativo di salvarlo. Ma ben presto, i suoi occhi neri tornarono a
cercare i gemelli di smeraldo, e si fermò
nell’osservarlo al lavoro.
Il
Dragone in grembiule era totalmente preso dalla composizione. Quelle
mani, rese dure e callose dall’armatura che, solitamente,
indossava per giornate intere, sapevano essere delicate e precise. Con
la stessa facilità con cui avrebbe buttato giù un
albero, sapeva lavorare la pasta elastica per i ravioli, stendendola
con movimenti ritmici e pazienti sul tavolo. In bocca già
poteva sentire la salsa agrodolce che ora bolliva appiccicosa e pigra
sul fuoco, inondando la minuscola casa con il suo aroma. Il braccio di Shiryu
si muoveva come per istinto, andando a prendere la ciotola dove giaceva la
carne tritata. Vi erano già stati aggiunti preventivamente
la carota e il porro, i gamberetti e un po’ di salsa di soia
e di pesce.
Il
suo maestro non li chiamava a torto “gli jiaozi migliori che
abbia mai mangiato”. E Doko aveva duecento e passa anni.
Erano
buoni perché il ragazzo ci metteva tutto l’impegno
e l’attenzione possibile, come se fosse la missione
più importante del mondo. Con la stessa, identica dedizione
con cui aveva imparato a padroneggiare i suoi colpi mortali, era
riuscito , alla soglia dei suoi quindici anni, a fare sua quella
ricetta, dopo numerosi fallimenti e pentole bruciate. E aveva anche scoperto che preferiva di gran lunga cucinare
che combattere. Quando combatteva, Shun Rei piangeva sempre. Passava le
notti e i giorni di fronte alla cascata di Goro-Ho, le mani giunte e le
ginocchia a sbucciarsi sulla tagliente roccia, a pregare per lui.
Perché tornasse a casa vivo, e intero, affinché
la durezza della battaglia non infiacchisse il suo spirito e la sua
fede in Atena. Perché la guerra non lo cambiasse, rendendolo
un uomo che non avrebbe più saputo amare. Invece, ogni qual
volta saltava gli ingredienti in padella, indossando quel ridicolo
grembiule e l’ancora più imperdonabile bandana,
lei sorrideva. Si
sedeva vicino alla cucina e si metteva a cucire, per non distrarlo, ma lui
sapeva in realtà che lei lo osservava, amava alzare lo
sguardo e vederla girarsi dall’altro lato, le guance in
fiamme. Ed era la cosa più bella del mondo, il suo sorriso e
la sua timidezza, era di quei piccoli gesti che lui si era innamorato.
Era per lei e per il Maestro che cucinava, e per loro cercava ogni
volta di rendere più buoni e appetitosi i suoi piatti. Si
arrampicava su scalinate profumate di spezie e salate come la salsa di
soia, fino a giungere ai loro sorrisi compiaciuti. Per un cuoco, per
lui, era la
più grande ricompensa a cui potesse ambire.
-
Shun Rei, puoi gentilmente iniziare ad apparecchiare? Qui è
quasi pronto. - La ragazza sussultò, presa in contropiede, e
annuendo debolmente si alzò per prendere le stoviglie.
Shiryu finì di sistemare i coltelli e le ciotole nel lavabo,
prima di pulire tutto il piano di lavoro. I ravioli erano nei cestelli
di bambù, posti sull’acqua bollente, e questo
significava che per almeno un altro quarto d’ora avrebbe
potuto rilassarsi. Si tolse il grembiule e la bandana, appoggiandosi al
bancone e lasciando alla ragazza lo spazio per passare. Un sorriso
delicato e sincero gli si dipinse sul volto, mentre osservava rapito i
movimenti aggraziati della fanciulla; sembrava un fiore di loto smosso da calme acque per le sue movenze
delicate ed eleganti. Lei sembrò notarlo, dato che si
fermò ad osservarlo, tre ciotole strette tra le braccia. Il
tempo sembrò fermarsi, anche per Shiryu che eppure stava
calcolando quanto mancasse al termine della cottura. Il suo cuore
prese a battere forte, ignorando i morsi della fame che gli
scuotevano lo stomaco. Le folte ciglia nere della donna si chiusero,
come delicate ali di farfalla, sui suoi occhi, nascondendo con un
movimento civettuolo le iridi di carbone. Sorrise, nonostante le guance
rosse per l’imbarazzo e le gambe tremolanti. Con un passetto
accorciò la distanza che la separava dal ragazzo, e veloce,
gli stampò un delicato bacio sulla guancia.
-
Grazie per il pranzo. - Gli occhi di Shiryu si allargarono
fino a raggiungere le dimensioni di una padella, mentre il sangue gli
affluiva al volto. Si era portato una mano alla guancia, nel punto in
cui le morbide labbra di Shun Rei avevano stampato un innocente bacio.
-
Shiryu… Ragazzo! Il tuo Maestro non vuole morire di
vecchiaia aspettando il pranzo. E sono già sulla buona
strada, ah ah ah! - Come colpito da una scarica elettrica, il Dragone
si riscosse, gettandosi con movimenti frenetici a controllare lo stato
dei ravioli, mentre la ragazza si affrettò a sistemare
minuziosamente le ciotole sul tavolino spoglio, il volto in fiamme.
-
Ah… s-sì Maestro, è pronto,
è pronto.
-
Mh. - L’anziano osservò con fare calcolatore il
ragazzo, che aveva quasi affondato il viso nel cestino, abbandonando
tutta la grazia e la rigidità che lo contraddistinguevano
per assumere quella posa impacciata. - Ragazzo mio, il tuo amore per
gli jiaozi non ti autorizza a condividene il cestello. A differenza
loro ti sfalderesti.
Note:
*
I jiaozi sono i ravioli al vapore della tradizione cinese. Si tratta di
un involtino di pasta, molto simile alla pasta fillo, ripieno di carne,
pesce o verdure. I più famosi sono quelli ripieni con carne
di maiale e gamberetti tritati.
**
Abito tradizionale cinese da donna. Diverso da quello con cui siamo
abituati a veder raffigurata Shun Rei, è più
simile ad un largo kimono.
***
Giacca tradizionale cinese da uomo, simile a quella che porta
solitamente Shiryu.
Angolo Autrice:
Questa piccola serie sui Bronze Saint è nata come per magia,
guardando la serie animata. Ogni volta che i nostri cinque sono a
tavola, in quelle poche volte in cui non sono intenti a prendersi a
sberle con il nemico di turno, dimostrano di avere un rapporto con il
cibo estremamente diverso l'uno dall'altro, nonostante siano quasi
cresciuti insieme. Pertanto, mi sono permessa di indagare
più a fondo in questi comportamenti, e di vedere come il
momento del pasto venga interpretato da ognuno di loro. Shiryu
è stato il primo perchè mi riesce facile pensare
che abbia voluto affiancare Shun Rei in cucina.
Questi piccoli racconti hanno fermentato nel mio pc per quasi tre anni,
e soltanto ora ho di nuovo l'ispirazione per riprenderne la scrittura.
Spero che apprezzerete la storia, e che magari vi faccia venire un
languorino.
BlackInkVelvet
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