Chronos, Eros e Thánatos

di Soul of dreams
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Chronos, Eros e Thánatos.


Mi inoltro in questa fitta boscaglia non riuscendo a scorgere nulla.
Il suono dei miei passi risuona sulla terra umida, generando una tenue sinfonia che si infrange nell'aria.
Il mio fiato si trasforma in un sibilo affannoso e stanco, mentre le mie iridi, impreziosite da una coltre nostalgica, si perdono nell'ammirare le trame di questo posto misterioso e inesplorato.
Un fascio di luce improvviso mi sferza il viso, costringendomi ad allungare una mano verso di esso.
Mi libero dell'enorme cespuglio che mi ostruisce la vista, ritrovandomi dinanzi ad un maestoso albero.
La sua anima sembra così antica.
Mi avvicino con cautela, notando, ai piedi di quest'ultimo, un piccolo bozzolo aperto.
Sgrano gli occhi.
È il mio bozzolo!
Quel manto sicuro e confortevole che mi ha protetta per tutti questi anni.
Protendo le dita e lo accarezzo con delicatezza.
«Cosa ci fai qui?»
Sussulto, voltandomi di scatto.
La vecchia me, quel fantasma legato a questo rifugio così familiare, mi fissa, aggrottando la fronte.
«Ecco io... io, non lo so», dico con voce tremante.
È seduta su un enorme masso, mentre si gira nuovamente a fissare lo stupefacente spettacolo che si staglia dinanzi a noi.
Resto senza fiato, perché non l'avevo notato prima?
«Hai paura».
Sussulto nuovamente.
Il mio sguardo si fa malinconico, sospiro e, accorciando la distanza che ci divide, mi siedo al suo fianco.
La mia anima si insinua fra le pieghe del meraviglioso tramonto che, scomparendo dietro l'orizzonte, cerca di gridare le proprie ragioni al mondo circostante.
«È sbagliato?», chiedo.
La sua espressione si fa pensierosa.
«No, credo di no».
«E allora perché mi sento come se lo fosse?», dico afflitta.
«Perché stai lasciando che il tuo animo tempestoso resti ancorato ad un passato ormai sfiorito».
«Quindi cosa dovrei fare?»
«Non hai bisogno di una mia risposta, essa è già custodita nel tuo cuore».
«Non ne sono capace, c'è troppa confusione, troppo dolore. Le mie ali non sono adatte. Ho permesso che tutto quel male, quel vuoto, quella voglia di scomparire, le distruggessero. Non sono in grado di esplorare il mio futuro, di poter intraprendere l'immensa strada che si prospetta oltre i limiti del mio Essere».
«Eppure, le tue, mi sembrano davvero delle belle ali».
Alzo la testa e seguo la direzione del suo sguardo. Sta fissando la mia schiena, mi volto e le vedo. Due ali imponenti, dal colore singolare, dispiegate con orgoglio e prontezza alle mie spalle.
Resto notevolmente stupita.
«Sai, hai ragione. La sofferenza che abbiamo patito, ci ha sottratto molto. Cose essenziali che avrebbero potuto facilitarci di gran lungo il percorso, ma non importa. Non più ormai, lo sai che, nonostante tutto, noi amiamo il nostro dolore.
Si, quella forza distruttiva che ci ha rese partecipi di una guerra che ha allargato le nostre vedute; che ci ha mostrato ed aiutato ad apprezzare la vita nel contrasto; che ha donato significato al tutto; che ci ha fatto crescere e maturare con troppa fretta, ma con spirito ribelle e battagliero.
Ci ha fornito gli strumenti per filtrare la realtà oltre quel connubio di maschere e apparenze che celano una bellezza vera e delicata.
È stato difficile, lo ammetto. Non tutti hanno capito, non tutti se ne sono resi conto. Molti hanno giudicato senza pensare, sputando parole affilate che ti hanno ferita. Ne sono consapevole, ma guardaci adesso, ascolta la forza che vibra al centro del tuo petto, desiderosa di esser lasciata libera di esplodere fra le distese del destino.
Non ignorarla, è questo il dono prezioso che hai coltivato nei frangenti della tua vita passata. È essa l'appiglio al quale aggrapparti, quando non avrai nient'altro in cui credere.
Vivi e basta, ragazza. Vivi.»

Sorrido e annuisco. Mi volto un'ultima volta nell'osservare l'involucro che per tanti anni mi ha rappresentata, mentre una lacrima nostalgica riga la mia guancia.
‘Addio’, penso l'attimo prima che svanisca.
Mi alzo e cammino verso la sporgenza.
La vecchia me si porta le ginocchia al petto e sorride.
«Grazie per tutto quello che hai fatto, amica mia. Mi mancherai», mormoro con gratitudine.
Il suo sorriso si fa più radioso. Chiudo gli occhi, faccio un bel sospiro e mi sbilancio verso in avanti, pronta per spiccare il volo.
«Ah, un'ultima cosa: quando arriverà il ragazzo dal sorriso contagioso, le iridi profonde e l'anima speciale, ti prego, non rovinare tutto. Non lasciarlo andare via».
Rido dinanzi alla sua affermazione, rammentando i sogni sull'amore ai quali sono particolarmente legata.
Fantasie, certo, alle quali, però, non voglio ancora rinunciare.
«D'accordo, ci proverò».
Scuoto il capo e mi volto. Prendo la rincorsa e mi libro in alto, lasciando che l'esistenza, a me riservata, inizi il suo corso fra le insenature della millenaria clessidra di Chronos, Eros e Thánatos.

Ora sei questo seme: piantalo e abbine cura affinché germogli, diventi albero e porti frutti.
Ad maiora.





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