Last Soul Online

di Danmel_Faust_Machieri
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Varcò la grande porta a vetri e fu accolto da quei colori tenui e chiari che lo mettevano sempre a disagio. Nonostante quello fosse già il quinto mese in cui si recava in quel luogo continuava a non sopportare quell'odore di disinfettanti e medicine varie che si diffondeva per ogni corridoio, per ogni stanza che si trovava ad attraversare cercando di farsi largo tra medici e infermieri mentre ripeteva nella sua testa poesie di Montale per non essere avere uno dei suoi soliti attacchi di agorafobia. Percorse in fretta le scale per arrivare al secondo piano e, dopo aver parlato con un paio di infermieri, entrò in una stanza di ricovero. Teresa era stesa sul letto, immobile, come un quadro che ricordava ancora la passata bellezza sporcata dal tempo e dalla malattia: i capelli rossi che le ricadevano sulle spalle erano sempre più lunghi e iniziavano a spegnersi del loro fuoco, gli occhi che un tempo brillavano erano ora chiusi da quel velo di sonno apparentemente eterno, la pelle iniziava ad essere colorata da un pallore che lento si impadroniva del suo corpo e le labbra ormai sembravano i petali di una rosa avvizziti velati da quella maschera che la aiutava a respirare; diverse flebo erano attaccate alle braccia di lei e cinque macchinari diversi emettevano continuamente una serie di suoni quasi costanti. Lui si tolse lo zaino dalle spalle, prese una sedia, l'avvicinò al letto su cui lei era distesa e le strinse con incredibile premura la mano dicendo -Ciao Teresa- e accennò un sorriso. Iniziò a parlare con la ragazza come se lei lo potesse sentire poi, dopo qualche chiacchiera, lui estrasse dallo zaino un piccolo libretto e iniziò a leggere ad alta voce. Ad un tratto la porta della camera si aprì ed entrò un'infermiera che avrà avuto all'incirca 30 anni -Niccolò- sorrise lei guardando il ragazzo -Dovevo immaginare che ti avrei trovato qui-
-Oh… Dottoressa Bianchi… Non l'avevo sentita entrare- rispose il ragazzo richiudendo il libro tenendo un dito tra le pagine per non perdere il segno.
-Te lo ripeto ormai da cinque mesi sono una semplice infermiera e poi puoi chiamarmi Adele- disse lei avvicinandosi ai macchinari e appuntando alcuni dati su un taccuino che aveva in mano.
-Lo so ma… faccio sempre fatica a dare del tu agli adulti…- spiegò il ragazzo con aria imbarazzata.
-Ho trent'anni mica cinquanta!- rise l'infermiera -Sei venuto qui subito dopo scuola?-
-Sì, ho mangiato un panino al volo e sono arrivato qui-
-Come tutti i mercoledì…- commentò lei guardando Niccolò che, a sua volta, guardava il volto immobile di Teresa -È molto nobile da parte tua continuare a venire qui a trovarla- aggiunse poi con un velo di tristezza.
-Spero solo che la mia presenza la possa aiutare- sorrise lui mentre continuava a stringerle la mano.
-Ma non temi di rimanere indietro con lo studio? Insomma vieni qui un pomeriggio a settimana e poi trascorri qui praticamente tutta la domenica… Non hai problemi a scuola?-
-Non mi interessa particolarmente- rispose lui voltandosi verso l'infermiera -E poi, per studiare, un luogo vale l'altro; per stare con Teresa… Beh vale solo questo-
-Capisco…- sospirò la donna rassegnandosi alla testardaggine del giovane che ormai poteva dire di conoscere -Cosa le stavi leggendo?-
-Era il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia… Amava moltissimo questa poesia- rispose Niccolò tornando con lo sguardo alla ragazza.
L'infermiera sorrise -È molto fortunata ad avere accanto una persona come te…- ma sotto quelle parole una vaga tristezza cercava di essere repressa: un ragazzo così giovane legato dalla propria morale a una ragazza che probabilmente non sarebbe mai tornata… Come faceva? Quale forza lo spronava ad essere sempre lì con lei? Adele non riusciva a capirlo e si sentiva triste al pensiero di tutto quello che il ragazzo non avrebbe mai conosciuto a causa di quel legame -Ora… Devo andare; se avessi bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi…-  e, così dicendo, si avviò verso la porta.
-Non sia in pena per me- sorrise il ragazzo spiazzando lei che riamasse immobile con la mano sulla maniglia -Posso immaginare quello che sta pensando… È quello che sicuramente mi hanno ripetuto tutti, dagli psicologi ai miei professori… "Sei giovane, hai modo di fare tante esperienze, di andare avanti"… Ma nessuno vuole capire che lei è stata tutto, nessuno vuole capire che con lei non avevo bisogno di altro… Non sia in pena per me Teresa mi ha già dato molto di più di quanto avrei mai immaginato, molto più di quanto avrei mai meritato-
La donna si voltò a guardare il volto del ragazzo che stava ancora sorridendo nel tentativo di velare molto altro -Dottoressa Bianchi- aggiunse poi -Ho bisogno di un favore da parte sua-.

-Fanculo!- esclamò Niccolò uscendo da una locanda -Inutile, inutile, inutile! Possibile che gli NPC non riescano mai a dare informazioni precise?! Fanculo!- continuava a ripetere furioso. Qualche secondo dopo uscirono dalla locanda anche Lorenzo e Luna -Nico dai non ti agitare…- commentò il ragazzo.
-Non ti agitare?! Non ti agitare?!- ripeté Niccolò -Sussulto già fulmineo di fremiti congeniti! Ho più cuori che braccia!- e rapido si diresse verso un'altra locanda.
-Porca puttana se inizia a ripetere il Cyrano siamo nei guai- commentò Lorenzo invitando Luna a seguirlo sulla scia dell'amico.
Da quando il bardo aveva indicato il nome "Eurydice" aveva lasciato la chiesa in fretta e furia e, con ancora le lacrime agli occhi, aveva messo a ferro e fuoco la Città d'Inizio per inseguire quello che tutti, tranne lui, temevano essere solo un fantasma. Lorenzo e Luna si erano offerti da subito di seguirlo per evitare che potesse fare qualche sciocchezza mentre gli altri avrebbero continuato le esplorazioni e la ricerca di altri giocatori appena entrati in quel mondo.
-Non ha paura che tutto questo possa essere solo un fuoco di paglia? Insomma… Mi capisci no?- domandò Luna a Lorenzo mentre seguiva con lo sguardo il bardo.
-Non lo so… Effettivamente dovremmo metterlo difronte alla realtà ma… Non credo che la ignori del tutto…- rispose il monaco spalancando la porta dell'ennesima locanda in cui l'amico era entrato. Lui era davanti al bancone che premeva furiosamente dei comandi davanti al locandiere muovendosi irrequieto come se non riuscisse più a trovare o a immaginare un attimo di pace. Dopo qualche minuto sbuffò furioso e si fece largo verso l'uscita spintonando NPC e giocatori senza curarsi di loro. Sembrava un'anima infuriata, tormentata da un pensiero, da un nome, da una possibilità; Lorenzo e Luna avevano provato a calmarlo più volte, a farlo fermare, ma lui avrebbe ribaltato quella città, avrebbe cercato in ogni vicolo, ogni anfratto, avrebbe trovato la sua Eurydice ne era sicuro.
-Niccolò porca puttana fermati!- esclamò ad un tratto Luna; erano ormai le 21:00, le luci della città iniziavano timidamente ad accendersi mentre la neve tornava a cadere dopo giorni di bel tempo. La ragazza afferrò il bardo per il braccio e lo trattenne -Vuoi capire che tutta questa ricerca potrebbe portarti al nulla? Hai mai pensato che quel nome potrebbe non essere il suo ma quello di qualcun altro?- domandò Luna con un filo di voce, quasi fosse spaventata dalla possibilità di rompere l'illusione del ragazzo.
Il ragazzo si fermò ma non si voltò a guardare la ragazza, strattonò forte il braccio per liberarsi dalla presa e continuò a camminare. 
-Eh no, adesso stai facendo veramente il coglione- disse ad alta voce Lorenzo che, con uno scatto, si era portato accanto al bardo e, dopo aver pronunciato quella frase, gli tirò un pugno che lo fece volare dall'altro lato della strada, rompendo qualche botte fortunatamente vuota -Allora, la vuoi smettere oppure devo farti rompere qualcos'altro?- domandò poi il monaco avvicinandosi all'amico.
Niccolò era per terra, poggiato contro il muro; sentiva la neve cadergli lentamente addosso e allora alzò gli occhi al cielo come se, quella sensazione, mista alle parole degli amici, l'avessero indotto a riprendersi, a fermare per un attimo quella caccia folle -Scusatemi- sospirò senza distaccare gli occhi dal cielo quasi tentasse di ricacciare le lacrime che gli stavano riempiendo gli occhi direttamente da dove erano venute -Avete ragione… Sono un coglione- si dipinse in volto il sorriso più falso e convincente di sempre e continuò -In realtà ho sempre saputo che questo mio inseguire un nome potrebbe rivelarsi una rovina… Un fuoco fatuo che attira uno stolto… Un'illusione che verrà a recriminare il mio dolore… Ma, nonostante tutto, ho bisogno di sapere se quel nome è il suo… Non mi perdonerei mai di venire poi a scoprire che era qui e che io non l'ho cercata…-
Luna gli si avvicinò e con grande premura gli domandò -Ma… Perché Pensi che quell'Eurydice possa riferirsi a lei? Insomma lei nemmeno sapeva che tu saresti entrato in questo gioco… E non poteva sapere che tu avresti scelto il nome Orpheus…-
-Vedi… Nei primi mesi in cui andavo a trovarla in ospedale mentre era in coma ho conosciuto l'infermiera che si prendeva cura di lei e le ho chiesto un favore: se mai mi fosse successo qualcosa doveva chiedere scusa a Teresa da parte mia e spiegarle la situazione- disse il ragazzo mentre estraeva dall'inventario la pipa e iniziava ad accenderla.
-Quindi credi che quell'infermiera l'abbia messa al corrente della situazione? domandò Lorenzo dopo aver ascoltato il discorso di Niccolò.
-Deve averla avvisata! Non mi perdonerei mai se Teresa fosse rimasta sola per ormai due anni senza sapere il perché della mia sparizione!- rispose lapidario mentre nuvolette di fumo iniziavano ad alzarsi davanti al suo volto.
-Ok ma anche se l'infermiera l'avesse avvertita non possiamo sapere se il suo ospedale ha aderito a quest'idea di usare LSO per far decidere ai pazienti in coma della loro vita e di sicuro lei non era in grado di riferire a Teresa il tuo nickname perché nemmeno lei lo poteva sapere- osservò Luna cercando di far capire all'amico quanto poteva essere crudele la realtà delle cose.
-Riguardo al primo punto non ho obiezioni- sbuffò Niccolò tra le parole e il fumo -Mentre per il secondo punto sono certo che Teresa avrebbe scelto il nome Eurydice perché avrebbe capito da subito il nome che io avevo scelto… È inutile quella ragazza mi conosce alla perfezione- conclude il discorso in una risata in cui si annidai tutta la sua tristezza per l'ipotesi di non poterla più incontrare chissà ancora per quanto tempo.
Lorenzo e Luna lo guardano comprendendo a pieno la sua situazione, infondo entrambi avevano smarrito una persona importante quanto lo era Teresa per Niccolò… Poi Luna si chinò accanto al ragazzo e, poggiandogli una mano sulla spalla, gli disse -Ascolta, se tu e Teresa siete davvero così in sintonia smettila di rimbalzare da un posto all'altro come la pallina di un flipper e ragiona! Dove ti andrebbe a cercare? Dove saprebbe di trovarti?-
Niccolò ascoltò le parole di Luna e, dopo aver sorriso onestamente alla ragazza per l'aiuto, si mise a riflettere; dopo qualche istante, scandito dal ritmico intervallo tra una nuvola di fumo e un'altra, Niccolò si alzò in piedi con uno scatto e, illuminatosi in volto, esclamò -So dov'è!- E così iniziò a correre verso ovest. Lorenzo e Luna lo inseguirono dopo essersi scambiati un sorriso e, nel momento in cui i due raggiunsero l'amico, il bardo disse loro -Grazie amici, veramente, grazie!-

Camilla, dopo gli ultimi accaduti, dal momento che Antigone e Sakura avevano deciso di mettersi sulle ricerche dei vari giocatori appena entrati nel mondo per offrirgli un minimo di supporto a livello di gioco e psicologico, aveva seguito Riccardo nella clinica del primo piano per dargli una mano dal momento che sul luogo c'era solo il giovane Exodius. I pazienti ricoverati alla fine erano solo quattro e, anche in tre, non avrebbero avuto problemi a prendersi cura di tutti. Quando giunsero le ore più tarde del giorno e la città iniziò a illuminarsi con i suoi fuochi tutti e tre si ritrovarono per mangiare qualcosa nella piccola cucina che c'era all'interno dell'edificio. Camilla si era arrangiata con quel poco che aveva preparando una cena niente male che Exodius gradì molto. Quando il ragazzino fu uscito dalla stanza per andare a controllare i quattro ricoverati prima di ritirarsi nella sua stanza, Riccardo avvicinò Camilla che stava lavando i piatti e l'abbracciò alle spalle -Tutto bene?- domandò il ragazzo con un velo di preoccupazione nella voce -Ti ho visto molto silenziosa a cena…- disse poi spiegando il perché di quella sua domanda.
-A dire il vero sono un po' preoccupata per Nico…- spiegò lei mentre riponeva un piatto appena asciugato -Cioè… Se alla fine tutta questa ricerca si rivelasse solo l'inseguimento di un fantasma? Niccolò ne potrebbe uscire distrutto e ciò non farà sicuramente bene alla sua condizione… Anzi…- e lasciò la frase sospesa quasi a voler sottolineare quella possibilità inespressa.
-Capisco…- disse Riccardo con un filo di voce mentre si metteva acanto alla ragazza per darle una mano con le stoviglie -Effettivamente anche io ci avevo pensato ma purtroppo non possiamo fare nulla… Insomma il fatto che Teresa si trovi o meno qui non dipende da noi e, per di più, non la conosciamo nemmeno quindi non potremmo nemmeno provare ad aiutare Nico a capire dove cercarla- continuò poi ragionando su ogni possibilità esistente.
-Hai ragione ma… Prima, quando eravamo nella chiesa e Niccolò si è accorto del nome Eurydice ho visto, al di sotto delle sue lacrime, un sorriso che non gli avevo mai visto, un sorriso incredibilmente reale- spiegò la ragazza ripensando all'espressione sul volto del bardo, a quel sorriso sgombro di ogni ombra, di ogni oscurità che Niccolò si continuava a portare dentro senza mai darla a vedere a nessuno.
-Credo che da quando l'abbia persa ha perso anche quel sorriso e, in quell'attimo, ha creduto con tutto il cuore che fosse tornata- si limitò ad osservare Riccardo lasciandosi scappare in volto un'espressione in cui era riflessa tutta la pena per l'amico che poteva perdere nuovamente quello che non aveva nemmeno riavuto realmente indietro.
-Lo penso anche io ma… Quel sorriso… Credo che quello sia il vero Niccolò e se non la troverà nemmeno lui saprà ritrovarsi- concluse la ragazza prima di chiudere l'anta del mobile in cui riponevano i piatti e i bicchieri.
-Speriamo che abbia ragione e che quell'Eurydice sia davvero Teresa…- concluse Riccardo prendendo le mani della ragazza e baciandola dolcemente sulle labbra nel tentativo di scacciare tutta quella preoccupazione che si sentivano addosso. 
Quella stessa preoccupazione non lasciava nemmeno dormire Alessandro e Roberto che avevano affittato una stanza  da dividere tra loro nella locanda di Mecho per la notte. Si sentivano quasi in colpa per essere lì, a far nulla, mentre i loro amici erano altrove, mentre Niccolò era sulle tracce dell'amore della sua vita. Non sapevano nemmeno quello che avrebbero potuto fare e ciò dava il nervoso ad entrambi. Si rigiravano nei rispettivi letti cercando di prendere sonno e di arrivare il prima possibile al domani, di arrivare il prima possibile a scoprire se quell'Eurydice era veramente Teresa o no… Ma forse quella notte non sarebbe bastata, forse non sarebbe bastato un mese a trovarla… Se Eurydice fosse già stata lontana? Al di là della città d'inizio? Niccolò non si sarebbe mai arreso e l'avrebbe cercata fino all'ultimo giorno della sua vita… Alessandro ne era convinto; conosceva l'amico e sapeva che, in una situazione come quella, non si sarebbe mai arreso, nemmeno dopo anni, proprio come non si era mai arreso dall'andarla a trovare continuamente in ospedale mentre era in coma nonostante chiunque cercasse di farlo desistere. Tormentato da simili pensieri il barbaro continuava a rigirarsi nel letto alla ricerca di un sonno che non dava alcuna speranza d'arrivo. 
-Nemmeno tu riesci a dormire?- domandò improvvisamente Roberto spronato a parlare da i rumorosi movimenti del compagno di stanza.
-No…- sospirò Alessandro rigirandosi per l'ennesima volta.
-Preoccupato per Nico?- continuò a chiedere il guerriero che come lui combatteva contro quella veglia.
-Già… Vorrei poter fare qualcosa per aiutarlo…- continuò a dire con lo stesso tono il barbaro mentre continuava ora a ricacciare via le coperte ora a cercarle per coprirsi meglio.
-Ti capisco- iniziò a rispondergli l'amico -Eppure… Questa è la sua ricerca, non la nostra; tempo fa mi feci trascinare in un vortice di malumori e rabbie perché volevo combattere la guerra di un altro…-
-Ti riferisci a Claudio vero?- domandò a bruciapelo Alessandro.
-Già…- rispose con un sospiro Roberto -Da allora ho imparato che ognuno ha le sue battaglie e, sebbene un aiuto lo si può sempre dare, ci sono battaglie che si devono combattere da soli. Questa ricerca è la ricerca di Nico e, sebbene con lui ci siano Luna e Lorenzo, deve essere lui a trovare la sua Eurydice, gli altri lo terranno solo d'occhio che non impazzisca come Astolfo- sorrise lui pensando di aver fatto la citazione corretta.
-Wow… I tuoi pellegrinaggi ti hanno reso saggio- osservò divertito il barbaro -Ma credo che ad impazzire fosse Orlando-
Allora i respiri dei due si fecero sempre più pesanti, i movimenti più rilassati, e il sonno lento sopraggiunse come quel soffio di vento che nasce lento tra i campi di papaveri e si solleva, giungendo attraverso le finestre a rilassare le profondità dell'anima stessa.

Niccolò ormai correva e, giunto alle porte della scuola di Berthyn, le spalancò facendole andare a sbattere rumorosamente contro le pareti. Lorenzo e Luna faticavano a corrergli dietro ma, una volta entrati nella scuola lo ritrovarono a qualche passo dall'entrata e Lorenzo gli disse col fiatone -Sai le risate che mi sarei fatto se avessi rotto le porte?-
Ma Niccolò non sembrò nemmeno sentirlo; il suo sguardo vagava intorno, squadrava quei corridoi vuoti, cercava dettagli, giocatori e chissà cos'altro.
-Ma… Sei sicuro che lei si trovi qui?- domandò Luna affaticata quasi quanto il monaco.
Il bardo continuava a star muto e a guardarsi intorno poi, quando vide una sagoma uscire da una porta e dirigersi verso loro rispose -Lo scopriremo presto-
La sagoma continuava ad avvicinarsi e, dopo pochi secondi, esclamò a gran voce -Chi fa questo baccano?!- e fu da quella voce che i tre riconobbero Kralen e anche lui, dopo qualche passo, riconobbe i due professori e la loro compagna -Ma… Orpheus… Hamlaf… Sono quasi le 23:00 cosa ci fate qui?-
Niccolò subito si avvicinò al combattente fino a quando non gli fu ad un palmo dal naso e, non degnando di risposta la sua domanda, chiese a sua volta -Kralen per caso, una giocatrice, oggi, è venuta a cercarmi?-
-A dire il vero, fortunato bastardo, ci sono un sacco di ragazze che si lamentano della tua sparizione e che vogliono che tu riprenda le lezioni- disse ridendo Kralen ma velando in quella battuta un minimo di vera invida.
Niccolò però, insoddisfatto da quella risposta, riprese a domandare, sempre più ansioso -Non ti è venuta a parlare magari una ragazza che non hai mai visto fino ad oggi?!- il suo tono si fece più pressante, più agitato, tanto che Kralen fece un passo indietro quasi spaventato e intanto Lorenzo tendeva una mano sulla spalla dell'amico per trattenerlo. Il bardo, sentendo la stretta amica, interruppe il suo domandare e, dopo aver chiuso gli occhi, iniziò a respirare profondamente per calmarsi nell'attesa di una risposta.
Kralen non capì quello che stava succedendo e perciò impiegò qualche secondo a formulare la risposta diretta al bardo, poi, evitando di chiedersi oltre il perché di quelle azioni, di quegli atteggiamenti, rispose -Beh… Ora che mi ci fai pensare ha chiesto di te una ragazza che non avevo mai visto…-
Un battito prepotente risuonò nel cuore di Niccolò.
Lorenzo allargò gli occhi per la sorpresa -Ma… Come fai a dirla di non averla mai vista? Insomma ci sono più di 1000 giocatori in questa scuola potrebbe essere una studentessa che ti è passata inosservata-
-Ah no, fidati- rispose Kralen con un sorriso ebete stampato sul viso -Una così non puoi non notarla-
Un secondo battito prepotente risuonò nel cuore di Niccolò che, con gli occhi tremanti di lacrime e speranza, chiese -Si trova qui o altrove?-
-A dire il vero si era offerta per tenere delle lezioni di filosofia e mi aveva chiesto se poteva piazzarsi in un'aula per starsene un po' tranquilla… L'aula III era libera tutto il giorno e gliela ho consigliata… Ora che mi ci fate pensare non l'ho vista uscire, potrebbe ancora essere là- pensò attentamente il guerriero esponendo quei pensieri ai tre davanti a lui.
Niccolò non aspettò nemmeno che il ragazzo finisse di parlare ed iniziò a correre verso la biblioteca come un fulmine che brama lo scontro con la nuda terra. Ad ogni passo un battito risuonava, violento, speranzoso… Una lacrima scendeva ansiosa di arrivare, desiderosa di scoprire la verità ora che ogni sogno pareva divenire realtà…. E lui correva, senza mai fermarsi, correva, spinto da un cuore che sentiva battere nuovamente, che sentiva battere come non sentiva ormai da anni. Lorenzo e Luna, colti alla sprovvista dalla partenza di lui, lo inseguirono dopo qualche secondo lasciando il povero e rintontito Kralen da solo con la sua confusione. Così, i tre, insieme arrivarono davanti alla porta dell'aula III; Niccolò poggiò la mano sulla maniglia e rimase lì, immobile, fermo, per qualche secondo che lui confuse con gli anni, con gli istanti in cui ci si gioca la vita, con gli attimi  che ci separano dal sogno. Lorenzo e Luna erano alle spalle del bardo, nessuno dei due si sentiva di dire nulla, sapevano entrambi che quell'attimo era solo ed esclusivamente di Niccolò, che lui avrebbe dovuto viverlo ma loro sarebbero rimasti lì, pronti a consolarlo qualora la speranza si rivelasse illusione, pronti a sorridere qualora il sogno si realizzasse.
Niccolò respirò profondamente e abbassò la maniglia. Varcò l'uscio come se si stesse gettando tra le fauci di Verità. Si guardò intorno e poi vide. La vide. Seduta dietro alla cattedra una ragazza bella come nessuna stava scribacchiando qualcosa con un vecchio stilo sopra a dei fogli di pergamena; i lunghi capelli rossi come la rosa di san Giorgio le ricadevano sopra alle spalle e incorniciavano due occhi verdi come le foreste primordiali, indossava un elegante abito verde che la faceva sembrare una realtà più alta. Lei, quando sentì aprirsi la porta, si voltò e vide lui. Lo vide sfilarsi dalla testa il largo cappello verde decorato con un pennacchio nero e tenerlo tra le mani; lo vide con indosso una camicia verde infilata nei pantaloni neri, un panciotto nero e una lunga giacca dello stesso colore che gli arrivava fin sotto alle ginocchia; lo vide coperto da un sottile strato di neve che si andava sciogliendo. Lo rivide, rivide i suoi occhi verdi e i suoi capelli neri e ribelli, rivide quel tremore nel verde da cui poteva sentire tutta la forza della sua anima. Si rividero e ognuno si specchiò nelle lacrime dell'altro. Si corsero incontro come se per tutta la vita, come se per tutto il tempo che gli fosse stato concesso fino ad allora non avessero aspettato altro. Quando puoi si ritrovarono nel loro abbraccio iniziarono a piangere ancora più forte ma con un sorriso che non potrebbe mai essere raccontato. In quell'attimo era chiuso il loro senso, il loro infinito secondo d'eterno. Quando i singhiozzi iniziarono a farsi più rari lei disse con dolcezza -Ciao Nico… Mi sei mancato-
I singhiozzi di lui si fecero invece più forti e, a fatica, disse -Teresa… Anche tu mi sei mancata-
Fu allora che le labbra dell'uno ritrovarono le labbra dell'altra, fu allora che le loro anime si ritrovarono e che i loro cuori vennero accordati su un'unica nota. Non si può raccontare la lunghezza di un bacio perché è un qualcosa che si sente dentro, un qualcosa che ti attraversa le vene senza pensare al resto, un fuoco che ti avvolge portandoti al di fuori del tempo stesso. Quando le loro labbra si strinsero ancora più forte e, unendo i loro sospiri, senza allontanare il proprio volto dall'altro, dissero simultaneamente -Ti amo-




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