You can reclaim your crown
«There's nothing left
So save your breath
Lying in wait
(Caught inside this tidal wave)
Your cover's blown
Nowhere to go
Holding your fate
(Loaded I will walk alone)»
- Blow me away, Breaking Benjamin
“I'm the self inflicted,
mind detonator. I'm the one infected, twisted animator”
Schivare
il colpo dell’avversario. Proteggere il viso.
Attaccare. E poi colpire, colpire, colpire.
Liam
avvolse le braccia attorno alla sacca mentre
prendeva dei respiri profondi per calmare le pulsazioni frenetiche del
cuore,
spinse la fronte contro la pelle nera e si concentrò sulla
canzone che stavano
trasmettendo le casse appese alla parete della palestra. Si
allontanò dalla
sacca quando gli sembrò di aver aspettato un tempo
sufficiente per recuperare
le forze e spinse i guantoni l’uno contro l’altro,
tornando a colpire con più
precisione e forza negli stessi punti.
-
Non ti sembra di star esagerando?-
Scosse
il capo con un grugnito e sfogò una parte
dell’energia in accumulo sul paradenti, irrigidendo la
mascella e tornando a
colpire con forza. Prima il destro, poi il sinistro e ancora il destro,
il
destro e…
-
Liam, ora basta.-
Si
scansò con un verso infastidito quando una mano si
posò sulla spalla ma non si oppose all’ordine
fatto a seguirlo, lasciandosi
cadere poi su una panchina nel corridoio e gettando i guantoni a terra
in un
gesto pieno di rabbia. Si chinò in avanti con il busto
mentre prendeva dei respiri
affannati, gli avambracci a premere contro le cosce e gli occhi fissi
sulle
mani tremanti, mosse il capo in un cenno all’invito a restare
immobile e
aspettò l’indebolirsi del rumore dei suoi passi
per premere le spalle contro il
muro e distendere le gambe.
-
Tieni. Bevi.-
Accettò
la bottiglia d’acqua che quello di ritorno
aveva spinto contro il palmo, prese dei lunghi sorsi fin quasi a
finirne tutto
il contenuto e spinse il capo contro il muro con un sospiro, chiudendo
gli
occhi e cercando di ignorare il peso dello sguardo della persona che si
sedeva
al proprio fianco.
-
Sto bene.- grugnì dopo due minuti interi, evitando
di sollevare le palpebre e restando nella stessa posizione,
scrollò le spalle
al verso scettico che era risuonato accanto a lui e passò
una mano sul viso per
liberare la fronte imperlata di sudore dalle ciocche. - Non hai altri
posti in
cui andare? Non ho bisogno di una balia o di un protettore o di
qualsiasi cosa
tu voglia…-
-
Tu mi hai chiesto di seguirti.-
Rispose
alla veritiera affermazione con un verso
scocciato, scosse la gamba per far cadere il suo palmo dal ginocchio e
borbottò: - Se avessi saputo quanto potessi essere
rompicoglioni non avrei
accettato la tua compagnia.-
-
Come se non mi conoscessi, Liam.-
Spinse
la nuca contro il muro con un verso carico di
irritazione, ignorando l’attimo di dolore per lo scontro, e
grugnì: - Ti ho
detto che sto bene. Perché non torni da mia sorella?-
-
Perché se dovessi lasciarti in questo modo tua
sorella non vorrà vedermi mai più. Assicurato. E
perché torneresti subito a
sfogare la tua rabbia senza pensare alle conseguenze. Qualcuno
dovrà pur essere
la voce della tua coscienza.-
Roteò
gli occhi alla conclusione del suo discorso e
con un tono annoiato borbottò: - Peccato che io non voglia
alcun grillo
parlante. E ho già detto che sto bene, o sbaglio?-
Si
decise a spostare gli occhi dal soffitto per
puntarli sulla compagnia indesiderata e cercò di non
mostrare troppe emozioni,
lamentandosi del colpo ricevuto contro la gamba e restando in silenzio
alla
successiva serie di domande che aspettavano una qualsiasi risposta
– “Per
quale motivo stai facendo così? Deve essere successo
qualcosa. Hai qualche
problema in campo? Un litigio con qualche amico? Zayn?”
Si
chinò in avanti con il busto, spinse i gomiti
contro le ginocchia e nascose il viso tra i palmi, evitando in questo
modo di
esporsi alle emozioni o parlarne. Non si allontanò quando la
sua mano pesò tra
le scapole, un contatto che serviva in qualche modo a tenerlo ancorato
a terra
e concentrato su quella sensazione, ma non pronunciò nemmeno
una parola,
preferendo premere i polpastrelli contro le palpebre e la pelle.
-
Oh, andiamo.- Scosse il capo alla richiesta nascosta
in quell’esclamazione, si concentrò sulle parole
della canzone che aveva riempito
il silenzio creato dalla conclusione della precedente e
restò ancora in
silenzio mentre sentiva l’altro insistere a dire: - Devi
parlarne con
qualcuno.-
-
Non ho nulla.- ribatté con un tono controllato, si
scambiò un’occhiata con quello che lo fissava
pieno di scetticismo nello
sguardo e sospirò quando capì di non potersi
liberare di lui, mormorando: -
Sono una serie di cose. L’incidente, il football, la draft
che si avvicina.-
-
Oh, quello stronzo che non vuole lasciare in pace
Zayn. Come dimenticare.- si affrettò ad aggiungere con un
tono sarcastico e un
sorriso che stonava con l’espressione del viso tesa dalla
rabbia. Inarcò un
sopracciglio quando l’unica “parola”
dell’altro fu un semplice verso di
comprensione, strinse i palmi sulle ginocchia e tornò
sull’argomento per
pronunciare: - Credevo davvero avrebbe funzionato questa volta. Un
divertimento
di un paio d’ore non vale la perdita di tutti i denti o
qualche ossa rotta.-
-
Oppure crede che io non sia capace di farlo?-
continuò con le labbra increspate in una smorfia,
spostò gli occhi sulla
compagnia improvvisamente silenziosa di Dominic e sbuffò,
non capendo per quale
motivo ora che voleva parlarne lui si chiudeva. Prese la bottiglietta
dalla panchina
e la finì in un lungo sorso, comprimendo la plastica nel
pugno per deformarla e
ridurre le sue dimensioni. La lanciò poi nel cestino poco
distante da loro e
sbuffò infastidito quando colpì il lato, finendo
a terra. Si alzò quindi dalla
panchina, percependo la pesantezza delle gambe per lo sforzo cui aveva
sottoposto il corpo, e si piegò per recuperare la
bottiglietta, lanciandola
dentro il cestino con un gesto deciso e carico di rabbia.
-
Forse è proprio quello, no?- riprese a dire,
voltandosi verso Dominic che recuperava i guantoni da terra e li teneva
sulle
gambe, agitò una mano per trovare il filo del discorso e
insistette: - Non
sembro uno di quelli che si lascia prendere dalla rabbia e non capisce
più un
cazzo. Non si aspetta che io faccia davvero quel che ho detto.-
-
Forse dovrei solo dargli una piccola lezione e
fargli capire che…- Scosse il capo con uno sbuffo, bloccando
le farneticazioni
dal principio, sfregò il palmo contro la fronte e
sussurrò tra sé e sé: -
L’unico a rimetterci sarebbe Zayn. E l’ultima cosa
che voglio è che quello si
avvicini a lui.-
Si
fermò di fronte a Dominic con un sopracciglio
sollevato, come se volesse sentire il suo parere, ma quello era chiuso
nel
silenzio da quando aveva iniziato a parlare. Un atteggiamento insensato
vista
la richiesta fatta a parlarne. Avrebbe dovuto
pronunciare qualche frase
su come la violenza non avrebbe risolto nulla, su come fosse
più importante il
dialogo e l’indifferenza. Era quello che gli ripetevano
sempre tutti in quei
momenti di rabbia ma da lui non l’aveva mai sentita una volta
da quando si
conoscevano.
Aprì
e chiuse la bocca più volte per chiedergli
consigli, spiegazioni, qualsiasi cosa che lo facesse smettere di
pensare a come
voleva risolvere quel piccolo problema. Incassò il colpo
leggero contro la nuca
e lo seguì con la fronte increspata dalla confusione verso
gli spogliatoi,
evitando di portare alla luce tutti i dubbi che quell’esporsi
aveva portato con
sé.
-
Andiamo a mettere del ghiaccio su quella spalla,
quarterback. La tua prima partita si avvicina e nessuno di noi vuole
una
sconfitta dei Cougars in casa.-
///
Liam
aveva preferito restare in silenzio durante il
tragitto dalla palestra a casa, Dominic gli aveva offerto un passaggio
sia
all’andata sia al ritorno ma non sembrava intenzionato a
proseguire il discorso
avuto poco prima. O almeno, quello che Liam aveva creduto potesse
trasformarsi
in una conversazione, in consigli, e che invece si era rivelata solo
uno sfogo
personale senza alcun commento da parte del maggiore. Non appena Liam
aveva
occupato il posto del passeggero e aveva notato lo stesso comportamento
chiuso
dell’altro, aveva alzato il volume della radio per riempire
il silenzio; le
dita che muoveva ritmicamente sulle ginocchia e gli occhi rivolti ai
quartieri
di Houston tra cui sfrecciavano in quel tardo pomeriggio. Fu con
estrema gioia
che riconobbe le villette in prossimità della propria
abitazione, aspettò
Dominic fermasse la vettura e aprì la portiera pronto a
recuperare il borsone e
lasciarsi alle spalle quella strana giornata che era servita solo a
stressarlo
ulteriormente.
-
Payno, aspetta.-
Poggiò
il gomito contro la portiera con uno sbuffo
quando si sentì chiamare da quello alla guida, rivolse lo
sguardo nella sua
direzione per non essere maleducato e socchiuse gli occhi
all’introdursi del
discorso con un tentennante: - Riguardo quel che hai detto
prima…-
-
Lascia stare, Dom. Sto bene. Non ho intenzione di
andare a spaccare la faccia a nessuno, anche se mi piacerebbe
immensamente.
Sono calmo, so controllare la rabbia.- ripeté con un tono
svogliato, recitando
la frase che volevano sentirsi dire tutti quanti, ruppe il contatto con
i suoi
occhi quando la sua espressione si fece pensierosa e strinse un pugno
quando lo
sentì accennare alla persona con cui avrebbe potuto
parlarne, rispondendo con
un freddo “Ci penserò”.
-
Andrai a parlarle perché sai che è la cosa
migliore
in questi momenti.-
-
Ho detto che ci penserò.- ribatté con
l’irritazione
che gli faceva tremare la voce, sbatté la portiera con forza
dopo aver grugnito
un ringraziamento e ignorò i suoi richiami per dirigersi a
passo svelto lungo
il vialetto e verso il portone d’ingresso. Fortunatamente non
aveva avuto la
terribile idea di seguirlo e bloccarlo, si era voltato per accertarsene
e aveva
intravisto la macchina già a qualche villetta di distanza.
Dominic non
insisteva mai su quell’argomento; lo portava alla luce e
permetteva in questo
modo di lasciarlo in un angolo acceso della mente di Liam. Forse
avrebbe dovuto
innervosirlo come comportamento ma era diventata una sorta
d’abitudine con gli
anni ed ora aveva bisogno di qualcosa che si ripetesse per trattenerlo
in
quella quotidianità.
Si
appoggiò con le spalle al portone d’ingresso,
chiuse gli occhi e deglutì per ricacciare la bile in fondo
alla gola. Cercò di
muovere le dita e non chiuderle a pugno, togliere la tensione dal corpo
con dei
respiri calcolati e regolari, e non appena fu certo di essersi calmato
a
sufficienza da affrontare un discorso senza gridare dalla frustrazione,
camminò
nel corridoio e ricambiò il saluto allegro della madre,
permettendole di
stringerlo in un abbraccio perché sembrava sempre intuire o
respirare nell’aria
quei momenti.
-
Ho fatto la tua torta preferita, sai? L’unica torta
che mi viene bene per strane circostanze misteriose.-
Ridacchiò contro la sua
spalla, rilasciando un sospiro e un poco della tensione che lo teneva
rigido
con la schiena, tenne ugualmente le braccia tese lungo i fianchi mentre
la
madre lo tratteneva in quell’abbraccio quasi impacciato e si
allontanò di un
passo per spezzare quel legame, piegando le labbra in un sorriso
più convinto
per rassicurarla. Rispose con uno sbuffo all’invito che gli
aveva rivolto a
farsi una doccia veloce e raggiungerla per mangiarne una fetta, mosse
un palmo
per salutarla e recuperò il borsone dove l’aveva
lasciato cadere prima
dell’abbraccio, uscendo dalla cucina e facendo un gradino per
volta della scala
che conduceva al piano superiore e alla camera.
Rivolse
uno sguardo alla sorella che lo aspettava a
braccia conserte in cima alle scale, un’espressione
fastidiosamente preoccupata
in viso, e rispose con un grugnito al solito “Stai
bene?”, per poi
sbattere la porta della camera con relativa calma
all’aggiungersi del “Dominic
mi ha accennato volessi parlare”. Era sufficiente
come risposta? Sì, a
giudicare dal silenzio che era seguito mentre si lasciava cadere nel
letto.
Altrimenti avrebbe già bussato alla porta, la sua testa
sarebbe sbucata da una
fessura sempre più profonda e poi la sua presenza sarebbe
stata fissa nella
stanza fin quando non si fosse deciso a esprimersi con le parole.
Allungò
le braccia fino a toccare con le dita la
testata del letto, gli occhi fissi sul bianco del soffitto, e mosse
regolarmente i piedi per seguire il ritmo della canzone su cui stava
cercando
di concentrarsi con tutta la mente. Aveva sempre funzionato quel
metodo, la
musica aveva davvero un effetto terapeutico. Bastava mettersi le cuffie
e la
musica nelle orecchie, unita a una corsa, toglieva tutta la rabbia e la
tensione dal corpo. In quel momento però avrebbe dovuto
accontentarsi solo
della musica, in palestra aveva portato i muscoli all’estremo
e sentiva la
stanchezza pesare sulle gambe. Recuperò quindi il cellulare
dalla tasca,
allungò un braccio per raggiungere le cuffie che aveva
lasciato sul comodino e
cercò nella raccolta qualcosa che potesse farlo rilassare
completamente,
sistemandosi con le spalle contro i cuscini e abbassando le palpebre
per
lasciarsi catturare sin dai primi accordi.
Il
cellulare vibrò nella pausa tra la prima canzone e
l’inizio della successiva, aprì gli occhi per
scoprire chi lo cercasse e piegò
le labbra in un sorriso quando aprì la chat di Zayn e
trovò i due messaggi –
«Ho mandato la domanda» e «Ora arrivano
quei fastidiosi dubbi ma è troppo
tardi»
Spostò
gli occhi sul soffitto, mosse una gamba per
concentrarsi meglio su tutto quel che voleva scrivergli e compose
semplicemente
un «Mi manchi», portando alla luce la nuda
verità e il bisogno di sentirlo
vicino.
«Vieni
a prendermi e fuggiamo insieme?»
Si
mise seduto nel letto con uno scatto alla risposta
immediata del ragazzo, spense la musica e abbandonò le
cuffie sul cuscino,
scendendo le scale di fretta e rispondendo alle domande della madre
sull’impazienza che mostrava con una stretta nelle spalle, un
tenue sorriso e “Devo
uscire con Zee, possiamo mangiare dopo la torta?”.
Non aspettò una
risposta, mosse la mano per salutarla e raggiunse il garage senza
incrociare
altri familiari, recuperò due caschi dallo scaffale e ne
infilò uno sul capo
mentre si sedeva sulla sella della moto.
///
-
Sei sicuro che non ti faccia male?-
-
Zayn.-
-
Non voglio essere la causa del… va bene, va bene!-
Liam
ridacchiò divertito quando il minore pronunciò
quella frase con un sospiro arrendevole, strinse le braccia attorno al
suo
corpo per non permettergli di spostarsi da sopra di lui a un cambio
d’idea e
sfregò il naso contro la sua guancia, premendo poi le labbra
nello stesso
punto. Prese un respiro quando a un movimento del corpo di Zayn si
trovò con le
ciocche a solleticargli il viso e fece scorrere i palmi lungo la sua
schiena,
puntando gli occhi sul cielo che diventava più scuro con il
sopraggiungere
della sera. Risalì con una mano fino a trovare le sue
ciocche, apprezzando la
loro morbidezza tra le dita, piegò le labbra in un sorriso
quando percepì i
loro cuori battere all’unisono e inclinò il viso
per premere la guancia contro
il suo capo, rilassandosi in fretta con il contatto delle sue dita sul
fianco,
il suo respiro contro il collo e il peso del suo corpo a tenerlo
bloccato
contro il prato del parco.
-
Ti amo.- confessò in un sussurro nel silenzio del
parco deserto, trattenne la risata esplosiva e felice quando le labbra
di Zayn
sfiorarono la gola e restò con il capo contro
l’erba soffice mentre l’altro
ragazzo usava le mani contro le spalle per sollevarsi da lui e
bloccarlo in
quella posizione. - Ti amo, Zayn.- ripeté con un sorriso
dolce, gli occhi fermi
su quello che lo fissava irradiando felicità mentre con le
dita gli sfiorava
delicatamente il profilo del viso, chiedendogli di ripetere ancora una
volta
con il divertimento evidente nella voce.
Liam
sforzò i muscoli dell’addome per sollevarsi dal
terreno, tenne le mani sulle sue braccia mentre rotolavano uno sopra
l’altro,
invertendo più volte le posizioni, e si bloccò
con una risata e i palmi tra i
ciuffi d’erba accanto al viso di Zayn, sporgendosi per
premere baci leggeri
dalla sua fronte fino al suo mento mentre ripeteva quella confessione,
quel “Ti
amo” che faceva stringere le dita del minore sulla
maglia come reazione.
-
Ancora una volta.- Inarcò un sopracciglio alla sua
richiesta, si tenne sollevato sopra di lui, resistendo ai suoi sforzi
per farlo
tornare nella posizione precedente, e si chinò fino a
raggiungere con le labbra
il suo orecchio, percependo il brivido che attraversò il suo
corpo al ripetersi
della dichiarazione in un bisbiglio dedicato solo a lui.
Si
spostò dal suo corpo per sdraiarsi accanto a lui,
su un fianco per riuscire a guardarlo ancora, e sollevò un
braccio per togliere
i ciuffi d’erba intrappolati tra le sue ciocche, usandolo poi
per circondare le
sue spalle al cambio di posizione messo in atto dal minore che gli
permettesse
di unire le loro labbra in un bacio. Spostò un palmo contro
la sua nuca per
guidare quel contatto più profondo e premette le loro fronti
una contro l’altra
quando si separarono per respirare, intrecciando poi la mano libera
alla sua
con un sorriso felice a curvare gli angoli delle labbra verso
l’alto.
-
Ti inviterei a casa mia per continuare…-
-…
ma ci sono i tuoi genitori, le tue sorelle e domani
hai scuola.- concluse per lui con un cenno del capo, indicando in quel
modo di
essere quasi nella sua stessa situazione, sollevò le loro
mani unite per
sfiorare con i polpastrelli la sua guancia senza spezzare quel legame e
liberò
un’altra risata leggera e divertita al chinarsi di Zayn per
lasciare un bacio
sulla punta del naso e raggiungere poi le labbra per riprendere quel
che
avevano interrotto.
Liam
rilasciò un verso confuso quando si separò da lui
pochi minuti dopo, sollevò il viso per cercare di seguire le
sue labbra e
corrugò la fronte alla domanda fuori luogo che aveva
pronunciato Zayn con un
tono cauto – “Riesci a dormire ora la
notte?”
L’immediata
risposta semplice che voleva fornirgli
morì in gola di fronte al suo sguardo premuroso,
mordicchiò l’interno delle
guance mentre rifletteva su quel che avrebbe potuto confessare e
optò per
fornirgli la verità, biascicando: - Non sempre.-
-
Gli stessi incubi, Leeyum?-
Scosse
il capo con incertezza e ripeté: - Non sempre.-
Inclinò
il viso fino a premere la guancia contro
l’erba, rompendo in questo modo il legame creato dai suoi
occhi intensi,
permise alle sue dita di scorrere tra le ciocche ma non
tornò con lo sguardo su
di lui ai suoi richiami, preferendo chiudere gli occhi e scuotere il
capo agli
inviti a parlarne.
-
Preferisco non farlo… ora.- puntualizzò con un
tono
più basso, rilasciò un sospiro e puntò
gli occhi sul viso del ragazzo tanto
vicino che aveva sulle labbra un sorriso affettuoso mentre accarezzava
con
estrema cura il volto di Liam.
-
Io sono qui, Leeyum.- Mosse il capo in un cenno di
comprensione e avvolse le braccia attorno al suo corpo, chiudendo gli
occhi
quando il suo peso fu più tangibile delle parole.
S’inumidì le labbra, pronto a
svelare almeno una parte dell’insieme dei pensieri,
aprì la bocca e la richiuse
subito dopo con un sospiro quando niente di quello che voleva
pronunciare trovò
una traduzione in un discorso coerente. Preferì evitare di
farlo preoccupare
con il silenzio, rafforzò la presa attorno a lui e nascose
il volto contro il
suo collo, mormorando: - Diventa difficile distinguere gli incubi dalla
verità
quando sono preoccupato per te.-
Riuscì
a scacciare più in fretta la tensione dal corpo
con il suo profumo nelle narici, il peso del suo corpo a tenerlo
bloccato
contro il terreno e le sue dita tra le ciocche e sul fianco esposto
dalla
maglia che era risalita con i movimenti. Percepì le sue
labbra contro la fronte
e rilasciò un sospiro al suo sussurrare che “Io
invece mi preoccupo per te”.
Cercò
di scherzare con il “Ci preoccupiamo assieme”,
ma non capì se fosse riuscito nel suo intento
perché la risposta di Zayn fu
solo un cenno del capo. I suoi occhi attenti fissi su di lui, la
carezza che
aveva lasciato sul viso, servì a farlo rilassare nel
silenzio insistente del
parco.
///
Il
fruscio delle fronde degli alberi lo stava cullando
dolcemente mentre si teneva chiuso con le braccia attorno alle gambe,
il mento
poggiato su un ginocchio e gli occhi rivolti all’estensione
della baia di Tabbs
che con la lenta risacca toccava regolarmente le piccole imbarcazioni
abbandonate sulla spiaggia. Focalizzò l’attenzione
sul peschereccio in
lontananza, concentrandosi poi sullo stridio dei gabbiani per ignorare
ancora
un poco la presenza della persona seduta accanto a lui in silenzio e in
attesa.
Distese le gambe di fronte a sé quando percepì
gli arti intorpidirsi per la
rigidità cui li aveva sottoposti, puntò gli occhi
sui piedi che muoveva
ritmicamente e mosse il capo in un cenno per accettare
l’invito a fare una
passeggiata, porgendo una mano alla donna per aiutarla ad alzarsi. Fece
qualche
passo lungo la strada poco trafficata che delineava il confine tra
l’acqua e la
terra e preferì ancora una volta il silenzio mentre
ascoltava il rumore provocato
dalle suole contro il terreno e i sassi.
-
Mi ha fatto piacere ricevere la tua telefonata e la
tua visita, Liam.-
Inclinò
il viso per rivolgerle un sorriso impacciato e
sussurrò: - Non credi sia un grosso passo indietro tornare a
parlare con te?-
-
Ne hai parlato con Josh o Dominic?-
-
Dominic.- rispose con un movimento affermativo del
capo, torturò le mani tra loro mentre continuava a camminare
e con una smorfia
sulle labbra riprese il dubbio esposto poco prima, dicendo: - Mi ha
consigliato
di parlarne con te. Vuol dire che pensa che io non sia in grado di
gestire
tutto questo.-
-
O forse è lui a credere di non riuscire a darti
l’aiuto di cui hai bisogno in quest’occasione.-
Corrugò
la fronte mentre rifletteva sulle sue parole,
strofinò insistentemente una mano tra le ciocche e
sospirò, mormorando: - Sì,
forse è anche quello.-
Si
strinse nelle spalle alla domanda che aveva posto
per cambiare argomento, qualcosa che gli facesse prendere tempo per
parlare
eventualmente del motivo che l’aveva portato a Baytown, e
prese un respiro per
non rispondere di fretta, calibrando con cura le parole mentre diceva:
- Louis
ha avuto anni pessimi, ora sta meglio. Non credo abbia avuto molta
scelta.-
-
Il mondo non si ferma ad aspettare quando i tuoi
genitori…- si fermò dal proseguire per prendere
un respiro, distese le mani che
aveva istintivamente chiuso a pugno e aspettò le pulsazioni
tornassero a una
frequenza meno rapida prima di decidersi a riprendere il discorso.
Parlare con
i denti stretti dalla rabbia sarebbe servito solo a farlo farneticare
senza
senso.
-
L’ultima volta che abbiamo parlato temevi di perdere
la sua amicizia.-
Mosse
il capo in un cenno per confermare la frase
pronunciata con cautela dalla donna, si torturò
l’interno della guancia con i
denti e puntò lo sguardo verso la curvatura che prendeva la
strada, mormorando:
- Credo sia anche felice ora. O almeno… ha permesso a se
stesso di essere
felice. Quello è un passo in avanti, giusto?-
Spostò
gli occhi sulla donna che annuiva con un verso
di conferma, indirizzò lo sguardo sulle punte delle scarpe e
solo dopo altri
minuti di silenzio si decise a sussurrare: - Con Danielle è
finita dopo un po’
di anni. Lei è andata in Europa, io sono rimasto ad Houston.-
-
E non hai sentito il bisogno di parlare con me?-
Mosse
il capo con lentezza nei due sensi opposti per
negare e cercò di mettere nel “C’era
Josh” una spiegazione per la donna
che ora annuiva con un sorriso e parlava dei “buoni
amici” che aveva accanto.
-
Ho conosciuto un ragazzo.- pronunciò poi con più
sicurezza, strofinò le mani sudate contro i jeans e senza
spostare lo sguardo
dall’estremità dell’albero in
lontananza, continuò: - Si è trasferito qualche
anno fa e c’è un gruppetto di suoi compagni che
non vuole lasciarlo in pace. Lo
insultano, certe volte pesantemente, e sono arrivati spesso a
picchiarlo.-
Rallentò
il passo per riuscire a prendere dei respiri
profondi, strinse un pugno e cercò di tenere il filo del
discorso mentre
costringeva le parole a uscire dalla gola e rivelarsi con il tremore
della voce
nel successivo elencare: - Io ho visto tutti i lividi. Li ho ancora
nella
testa. Tutti quanti. Ci sono notti in cui li rivedo continuamente. Mi
dice che
devo stare tranquillo, che non capiterà più. Come
può esserne tanto sicuro? Non
hanno mai smesso. Non vogliono smettere. E io li rivedo, sempre. E non
faccio
nulla per impedirlo.-
Storse
le labbra in una smorfia quando riconobbe il
dolore provocato dalle unghie contro i palmi, scrollò appena
le braccia per
disperdere in fretta la tensione e usò quel silenzio per
respirare
profondamente, concentrarsi sulla prima canzone che gli veniva in mente
fino a
scacciare la rabbia dal corpo.
-
Ne hai parlato con qualcuno di questa situazione
alla sua scuola? Con i suoi genitori?-
Mosse
il capo in un cenno per rispondere ad entrambe
le domande e con più calma nella voce aggiunse: - Mi ha
detto che ne avrebbe
parlato con qualche professore o il preside. Qualche responsabile che
possa
fare qualcosa di concreto.-
-
Non mi sembra tu sia convinto di questa soluzione.-
Allargò
le braccia con uno sbuffo e ribatté: - Non
hanno fatto nulla in tutti questi anni. Perché la situazione
dovrebbe cambiare
ora?-
Non
la lasciò concludere la domanda successiva,
capendo subito dove volesse arrivare con quel “Temi
per la sua…”,
ed esclamò: - Ovvio! E ci sono notti in cui non
riesco a dormire.
Continuo a ripensare ai lividi, a quello che potrebbero fargli ancora,
al mio
essere così… lontano e impotente.-
Rilasciò
un sospiro e con un tono inquieto confessò: -
Non mi basta più colpire la sacca. Sento che non serve
più a calmarmi. Riesco
solo a immaginare la faccia di quella persona e quello che potrei
fargli se
solo…-
Passò
una mano sul viso e strofinò il polso contro le
palpebre per eliminare le lacrime che si stavano formando e che erano
pronte a
scivolare lungo le guance, inarcando un sopracciglio con confusione
alla
domanda della donna che sembrava quasi riecheggiare nel silenzio della
baia.
-
Se immagini di lasciarti andare alla rabbia cosa
provi, Liam?-
-
Sto bene?- tentennò con gli occhi rivolti alla donna
che aspettava una risposta senza giudizio nello sguardo, ma
abbassò ugualmente
il tono di voce quando confessò: - Soddisfazione, anche.-
Lei
aveva solo commentato con un verso pensieroso che
gli aveva fatto subito ricordare gli anni di sedute, gli sforzi fatti a
riconoscere i momenti di rabbia e controllarli prima che potessero
esplodere in
vere e proprie crisi. Deglutì più volte per
scacciare il groppo che gli
chiudeva la gola e strofinò un palmo contro la fronte,
lasciando cadere le
braccia lungo i fianchi con un sospiro.
-
Zayn non riuscirebbe più a guardarmi in faccia. Lui
è… contrario alla violenza.- Mosse il capo in un
cenno dopo aver pronunciato
quella frase, sfregò il pollice contro l’indice e
corrugò la fronte, ripensando
ai vari momenti in cui aveva perso momentaneamente il controllo sulla
rabbia in
sua presenza. E se Zayn avesse avuto paura di lui? Non solo non avrebbe
approvato un simile comportamento, ne avrebbe avuto paura.
Il
pensiero che Zayn potesse arrivare a temerlo
l’aveva fatto arrestare di colpo. Sollevò gli
occhi sulla donna che si era
fermata con lui e percepì la tensione stringergli lo stomaco
quando lei
domandò: - E tu non odi più gli scatti
d’ira?-
Abbassò
il capo quando non riuscì ad affrontare oltre
il suo sguardo e ribadì quel che aveva sempre sostenuto in
tutti quegli anni
con la confessione: - Non li ho mai sopportati.-
///
-
Ricordo di averti proibito di muoverti.-
Liam
roteò gli occhi con uno sbuffo e rivolse poi
un’occhiata offesa al proprietario del piede che gli aveva
colpito la coscia
per rispondere di quel suo disubbidire a un ordine. Schiuse le labbra
in un
lamento, sfregando il palmo contro il punto colpito, e
ripeté il gesto di poco
prima con il movimento annoiato degli occhi quando lo sentì
ripetere
quell’autoritario “Devi stare immobile”.
Riuscì a spostarsi appena in
tempo per non ricevere lo stesso trattamento di poco prima e gli
mostrò la
lingua in una risposta infantile, lasciando libera la risata divertita
ai
borbottii di quello che stava seduto a gambe incrociate nel letto con
un blocco
da disegno tra le cosce e una matita stretta tra i denti.
-
Sai che è una richiesta impossibile? Il nostro corpo
non è mai fermo.- replicò prontamente Liam con un
cenno sicuro del capo e le
labbra arricciate in un sorriso, diede una veloce occhiata al ragazzo
che
scuoteva il capo con un sospiro e si coprì la bocca con un
palmo per non ridere
di fronte alla sua espressione seria e al suo borbottare che “d’un
tratto
sei diventato un esperto?”.
Si
strinse nelle spalle con un mezzo ghigno sulle
labbra e piegò il viso su un lato, intrecciando lo sguardo
con il suo e
caricando subito l’espressione di tutto l’affetto
che provava per lui. Rilasciò
una risata quasi isterica quando una mano gli coprì
interamente il viso, gesto
che trovò una spiegazione nell’imprecazione
successivo e “Non guardarmi
così, Leeyum”, sfiorò con le
dita il suo polso e le avvolse attorno ad esso
per liberare il volto e replicare con semplicità che
“è solo la mia faccia”.
-
Non è solo la tua faccia, signorino.-
ribatté
prontamente il moretto che si lasciava trattenere per il polso e usava
la mano
libera per picchiettare ripetutamente l’indice contro il suo
petto. - Quello è
il tuo modo per distrarmi e dirmi che posso mettere un secondo da parte
il
disegno e darti attenzioni.-
-
Puoi mettere un secondo da parte il disegno e darmi
attenzioni, Zee?- ripeté la sua ultima frase con la mano
avvolta attorno al suo
polso, le labbra che gli sfioravano i polpastrelli e un sorriso che
avrebbe
dovuto dare al viso un’espressione di totale innocenza.
Usò la presa su una sua
mano per attirarlo contro il proprio corpo, ignorando
l’inizio della sua
lamentela sulla promessa che gli aveva fatto due minuti prima, e si
sdraiò nel
letto con un sorriso soddisfatto quando l’altro ragazzo fu
costretto a seguirlo
e bloccarsi sopra di lui. Sfregò le labbra contro la sua
guancia e mormorò: -
Così è già meglio, visto?-
Ridacchiò
agli sbuffi che stava rilasciando il moretto
e allargò le braccia per liberarlo dalla stretta, osservando
con una piega
divertita sulle labbra i suoi tentativi di mantenere in viso
un’espressione
scocciata mentre usava i palmi contro il petto per sollevarsi e si
sedeva sui
talloni tra le gambe aperte del castano che si costringeva ora a non
ridere e
mantenere un’apparente indifferenza in viso.
-
Resterò immobile, Zayn, e potrai disegnarmi quanto
vorrai. Così hai detto.- lo rimproverò il moro
con un’occhiata semi-seria e
l’indice contro il viso del castano che sembrava faticare a
non liberare la
risata per come tratteneva il labbro inferiore tra i denti con la luce
di
divertimento nei suoi occhi.
-
Cercherò.- sussurrò Liam con la fronte corrugata
e
gli occhi che andavano quasi a incrociarsi pur di tenere controllato
l’indice
che Zayn muoveva sul viso, lungo il naso e che andava poi ad
attorcigliare
attorno a una ciocca che cadeva sulla fronte. Storse le labbra in un
piccolo
broncio e ripeté: - Ho detto che cercherò di
restare immobile. Tu ti diverti a
disegnare, io non mi diverto a restare immobile e fingere di essere in
una posa
naturale.-
Spinse
il capo contro il cuscino quando Zayn si sporse
con il busto verso di lui, le mani ai lati del viso per sostenersi in
quella
posizione, e rilasciò uno sbuffo alla decisione nel tono
della sua voce mentre
gli intimava di stare immobile e aggiungeva commenti su quanto in quel
modo
sarebbe stato più vicino al soggetto del ritratto.
Increspò le labbra in un
broncio offeso al suo recuperare il blocco, prendere posto tra le gambe
che
teneva aperte e dedicare ancora una volta attenzioni solo al foglio
bianco,
alla matita e allo schizzo che nasceva con tutte quelle premure. Non
riuscì a
mantenere però l’espressione offesa in viso, si
arrese subito quando le sue
dita si posarono sulle labbra per fargli abbandonare il broncio
contrariato.
Inclinò il viso per premere la guancia contro il cuscino al
lento passaggio
della sua mano lungo il mento e la gola, percependo un fiotto di calore
focalizzarsi sulle gote alla lieve pressione del pollice contro la
voglia, e
prese un respiro rumoroso quando si rese conto di averlo trattenuto
durante
quel breve processo.
-
Non ci riuscirò mai.-
Curvò
un sopracciglio verso l’alto all’ammissione di
Zayn, non riuscendo a incrociare il suo sguardo perché lui
era troppo
concentrato con le dita sullo scollo della maglietta, e attese in
silenzio il
proseguire del suo discorso, una spiegazione per
quell’affermazione, mentre
abbassava gli occhi per osservare le mani che si stringevano alla
stoffa bianca
e il blocco che con sua soddisfazione stava abbandonato contro una
gamba.
-
Non riuscirò mai ad avere un disegno di un tuo nudo
completo. Basta guardare quanta fatica sto facendo ora per la tua
faccia.-
-
Non è colpa mia.- si difese subito con un borbottio,
osservò confuso l’espressione scettica sul suo
viso e seguì il cenno del suo
capo, spostando subito le mani dalle sue cosce che stava stringendo da
quel
cambio di posizione e ripetendo con più grinta: - Sei tu ad
avere poca
concentrazione.-
-
Sono le tue mani a essere una distrazione.-
Rispose
a quell’accusa con uno sbuffo, sollevò le mani
davanti al suo viso e con fare saccente incrociò le braccia
dietro il capo,
borbottando: - Ora non hai più distrazioni… o
scuse.-
Intravide
prima la piega delle labbra di Zayn, poi la
stanza si riempì della sua risata e si unì subito
a lui, premendo le gambe
contro i suoi fianchi per trattenerlo mentre invertiva le posizioni e
lo
bloccava con la schiena contro il materasso.
-
Potrei inviarti delle foto mentre sei via. Così
potrai allenarti senza cadere in tentazione.- propose con un tono
divertito e
un ghigno sfacciato sulle labbra, coperte subito dal palmo di Zayn che
tra una
scossa del capo e una risata lo supplicava di abbandonare il progetto
con un ripetitivo
“Niente foto di nudo, abbi pietà”.
Corrugò
la fronte pensieroso e sfiorò il suo polso con
le dita, seguendo le linee circolari dello Yin e dello Yang impressi
sulla sua
pelle. Aspettò qualche altro secondo nel silenzio e poi si
decise a sussurrare:
- Ogni artista ha il suo punto debole, giusto? Qualcosa che proprio non
gli
riesce. Quindi io sono la tua maledizione.-
Puntò
gli occhi oltre la sua spalla, verso una zona
sicura della parete spoglia, e cercò di riflettere su quanta
verità aveva messo
in quell’ultima affermazione scherzosa. Se solo Zayn avesse
saputo...
-
Non c’è proprio nulla di brutto in te, Leeyum.-
Abbassò per un secondo le palpebre per scacciare il tormento
dagli occhi e,
quando focalizzò l’attenzione sullo sguardo di
Zayn, ricambiò il sorriso con
uno più titubante, memorizzando il contatto delicato delle
sue dita sul viso
mentre pronunciava con forse eccessiva leggerezza: - Sei
così buono, non puoi
essere una maledizione.-
///
Non
c’è nulla di brutto in te, Liam.
Non
odi più gli scatti d’ira?
Sei
così buono, non puoi avere
una maledizione.
Nulla
di…
Strinse
forte i pugni mentre lasciava che fosse Zayn a
trascinarlo lontano. Lontano dal ragazzo che continuava a seguirli, a
istigarlo
a prendere di nuovo le difese del terrorista. La mano di Zayn stretta
attorno
all’avambraccio lo stava guidando verso la sicurezza della
macchina ma Liam non
voleva lasciare il discorso appena avuto incompleto. Non era stato abbastanza
vedere Zayn dare uno spintone all’idiota per farlo
allontanare da loro, nemmeno
vedere l’affronto nella sua espressione quand’era
finito a terra a causa di
quelle due spinte. Non erano sufficienti le parole, non avrebbe mai
smesso.
Eppure si stava lasciando muovere da Zayn che tra i borbottii e
“Ha paura
perché il preside ha minacciato di chiamare a casa alla
prossima occasione”
lo stava portando lontano da quel che doveva
risolvere. Subito. Quello era
il momento perfetto.
-…
o forse hai troppa paura? Sei un codardo, Payne. E
dire che un tempo avrei voluto essere come te. Ora mi fai solo
ribrezzo.-
S’impose
con fermezza per non procedere oltre,
nonostante Zayn si stesse impegnando per fargli compiere quei pochi
passi e
raggiungere la macchina, spinse le unghie contro la pelle tenera dei
palmi per
fermare il tremolio che stava risalendo lungo le braccia e prese dei
respiri
profondi mentre si concentrava sulla presa sempre più salda
delle dita che ora
stavano strette attorno al polso.
-
Hai paura di deludere la tua puttana?-
Diede
uno strattone al braccio per liberarsi di Zayn
che stava commentando la mancanza di stile dei suoi insulti,
invitandolo ad
andare in macchina e ignorare i suoi patetici tentativi di cercare
attenzioni.
Camminò nella direzione del gruppetto che si era formato
alle loro spalle,
ignorando i richiami di Zayn, e diede uno spintone al ragazzo causa di
tutti i
tormenti, stringendo poi le dita sul colletto della sua divisa per non
farlo
finire subito a terra.
-
Prova a ripeterlo.- pronunciò ogni parola con una
fredda lentezza, i pugni stretti mentre lo obbligava a stare quasi
sulle punte
dei piedi per come lo sollevava da terra.
-
Il terrorista lo apprezza il cazzo americano? Vuoi
far provare anche me?-
Era
evidente avesse scelto determinate parole per
scatenare una forte reazione, a giudicare dal tono basso che aveva
usato e dal
sorriso maligno sulle sue labbra. Liam però non
fermò il pugno che scagliò
contro la sua guancia e ignorò i richiami di Zayn a lasciar
perdere per
rispondere con altrettanta ferocia ai pugni dell’avversario.
La tecnica era
uguale a quella utilizzata per colpire la sacca da boxe, ma il contatto
delle
nocche con il viso di quel bastardo gli portava
molta più soddisfazione.
Non
odi più gli scatti d’ira?
Non
li ho mai sopportati.
Non li ho mai… Dio, se era
appagante però sfogare tutta quella rabbia e sentire i suoi
lamenti per ogni
colpo andato a segno.
“Non
scendere al suo livello, Lee”.
///
“Ti
ringrazio del passaggio. Buona giornata”.
Le ultime parole che Zayn gli aveva rivolto erano state di
un’apatica formalità,
come se avesse passato il tragitto in macchina a ripeterle per rendere
la frase
vuota di qualsiasi significato… qualsiasi emozione. Liam
aveva tenuto gli occhi
fissi di fronte a sé, le dita ancorate al volante, mentre
faceva di tutto per
ignorare la breve pausa nel suo respiro, quell’attimo di
indecisione prima che
la portiera venisse chiusa.
Solo
una volta rimasto nel silenzio della vettura e
del garage si rese conto di aver sprecato
l’opportunità di parlare con
Zayn, cercare di spiegare il comportamento avuto fuori dalla sua scuola
e
accennare in qualche modo alla rabbia che talvolta oscurava la
capacità di
giudizio e… no, non era corretto liberarsi in quel modo
delle responsabilità.
Non si era lasciato dominare dalla rabbia cieca, aveva sfruttato quella
rabbia
per dare una lezione al ragazzo che aveva perseguitato Zayn per anni.
Ricordava
persino con una certa soddisfazione il rumore di quella lotta, i pugni
che
andavano a colpire i punti giusti tra lamenti dolorosi e insulti. E lo
sguardo
spaventato… no, terrorizzato di Zayn una
volta la soddisfazione di
entrambe le parti aveva portato alla fine dello scontro. Non si poteva
dire chi
avesse vinto tra loro perché riportavano quasi gli stessi
segni sul viso, ma
Liam era sicuro di non poter vantare il titolo di vincitore mentre
quegli occhi
nocciola sempre così carichi di affetto si facevano sempre
più liquidi e
spaventati. Non aveva vinto, se il risultato era quello sguardo sul
viso di una
persona che teneva a lui.
Zayn
aveva paura di lui. Non c’era alcuna
soddisfazione nell’aver dato una lezione a un bulletto, se
Zayn ora lo
considerava tanto quanto lui un mostro.
Sollevò
gli occhi verso lo specchietto, storse le
labbra in una smorfia quando notò il sangue rappreso sul
sopracciglio e lungo
la guancia, tastò con le dita lo zigomo su cui era certo
sarebbe comparso
presto un livido e chiuse la mano in un pugno quando notò le
nocche
insanguinate, distogliendo in fretta lo sguardo con la bile che
risaliva dallo
stomaco.
Scese
dalla macchina con dei movimenti goffi, una mano
premuta contro l’addome per contenere il dolore e i conati di
vomito, si
appoggiò con la schiena alla portiera una volta chiusa e
prese dei respiri
tremanti, contando fino a cinque prima di camminare verso
l’uscita del garage.
Doveva solo raggiungere la camera. Arrivare in camera e trovare la
musica.
Smettere di pensare al terrore negli occhi di Zayn. Doveva concentrarsi
su
un’azione per volta.
Fu
con qualche fatica che riuscì a inserire la chiave
nella toppa, le mani gli tremavano e la vista si era fatta sfocata,
aprì il
portone e varcò la soglia, muovendosi nel corridoio con dei
passi quasi
meccanici mentre le scale che l’avrebbero condotto al piano
superiore e alla
camera si facevano più vicine. Era così preso dal
raggiungere quell’obiettivo,
così immerso nei pensieri distruttivi, da non essersi
accorto della presenza
delle sorelle in sala, nonostante stessero discutendo animatamente e lo
stessero invitando a gran voce a raggiungerle per parlare della
novità
grandiosa che non poteva perdere. Si dimenticò del sangue
sul viso quando la
pressione di una mano sulla spalla lo bloccò nella lenta
camminata verso le
scale, si ritrasse con un verso infastidito e si trovò
sommerso dalle occhiate
preoccupate delle due sorelle e dagli inviti a raccontare tutto quanto.
-
Lasciami passare.- riuscì a dire tra i denti alla
sorella maggiore che stava sul primo gradino delle scale e scuoteva il
capo con
le braccia spalancate. Cercò di creare una via di fuga nello
spazio libero tra
il suo braccio e il corrimano perché gridare loro che era
solo un mostro
avrebbe peggiorato le cose, farneticare senza senso che Zayn lo odiava
e non
voleva vederlo più avrebbe aperto la strada a troppe domande
cui non aveva
intenzione di rispondere in quel momento.
Strinse
le dita sul legno del pomello posto
all’estremità del primo pilastro della scala
quando una presa sulla maglia lo
costrinse a indietreggiare e abbandonare l’impresa di
superare la barriera
creata dal corpo di Nicole, prese un profondo respiro per calmare il
battito
frenetico del cuore quando la voce carica di preoccupazione di Ruth
cercò di
farsi spazio nell’agglomerato di rumorosi pensieri -
“Vogliamo solo sapere
cos’è successo, Lee” - e
scrollò le spalle con un movimento brusco per
liberarsi della sua mano, percependo il tremore salire dalle dita lungo
tutte
le braccia.
-
Non ve ne fotte nulla!- rispose alle loro suppliche
con un tono alto e scocciato, i pugni che stringeva per sfogare la
rabbia su se
stesso e non sulle due che continuavano a studiarlo e scambiarsi
occhiate
nervose, spinse un piede contro lo zoccoletto in legno alla base della
scalinata per non avventarsi contro la sorella maggiore e con la stessa
aggressività riprese a dire: - Non vi riguarda! Sono fatti
miei. Sono solo
fatti miei. Vi faccio paura? Avete paura? Allora dovete lasciarmi in
pace!-
Si
agitò fin da subito quando un paio di braccia si
avvolsero attorno all’addome, insistendo con
regolarità sulla natura di mostro,
su quello che meritava e sul voler restare solo, ma la stretta non
sembrava
accennare a diminuire mentre le grida andavano via via ad affievolirsi
e i
singhiozzi rendevano complicato ascoltare gli inviti di Ruth a prendere
respiri
profondi. Si aggrappò alle braccia della sorella che gli
stava inginocchiata di
fronte mentre annaspava in cerca di ossigeno, rendendosi conto man mano
che
passava il tempo di essere seduto su uno scalino e di star respirando
in modo
affannato e rumoroso. Abbassò il capo con gli occhi lucidi
quando tornò
completamente in sé e nascose il viso contro la spalla di
Ruth, vergognandosi
della crisi appena avuta davanti a loro. L’ultima risaliva a
tre anni prima e
aveva promesso loro non sarebbe accaduto più.
L’aveva promesso e…
-
Respira, fratellino.- Chiuse gli occhi e ubbidì alla
richiesta, cercando di concentrarsi sulla sua voce o sulla mano di
Nicole che
si muoveva lungo la schiena. Scosse il capo quando Ruth gli
domandò se volesse
chiamare Dominic e restando contro la sua spalla, sussurrò:
- Non voglio
parlarne, per favore. Sto bene.-
Era
sicuro Ruth e Nicole si stessero scambiando le
solite occhiate preoccupate, confuse, indecise se ascoltare la sua
richiesta o
pensare per lui, quindi preferì non sollevare il viso dalla
spalla della
sorella quando lo chiamarono, offrendosi per aiutarlo a ripulire il
viso. Si
spostò da Ruth con un movimento brusco all’accenno
fatto da Nicole alla madre
che avrebbe potuto spaventarsi al suo ritorno, strabuzzò gli
occhi al
presentarsi di quella situazione nella testa e con una cadenza
ripetitiva nella
voce farfugliò: - Non ditele niente. Non deve sapere. Non
voglio farla
preoccupare.-
Percepì
la gola chiudersi e gli occhi farsi lucidi
quando sputò fuori solo l’inizio del: - Non voglio
che pensi di me… che si
senta in colpa per come…-
Mosse
il capo in un cenno veloce alla promessa di Ruth
sul mantenere il segreto, decidendo di fidarsi di lei, e si
aggrappò alla mano
che gli tendeva per alzarsi su gambe instabili. Non aveva una crisi da
anni e
odiava quella spossatezza, quel doversi affidare alle sorelle per farsi
accompagnare in camera perché i muscoli tremavano dallo
sforzo e minacciavano
di abbandonare ogni resistenza e farlo cadere sulle ginocchia.
Evitò di
concentrarsi sul cambio di percorso, sull’ennesimo invito
fatto a lasciarsi
pulire almeno dal sangue, rilasciò un sospiro arrendevole e
puntò gli occhi
sulla ceramica bianca del lavandino per non sollevarli sul riflesso che
lo
specchio gli mostrava. Avrebbe odiato tutto quel che sarebbe apparso su
quella
superficie.
Strinse
i denti con un sibilo sofferente al bruciore
provocato dal disinfettante sulle nocche, distese le dita come gli
chiedeva
Ruth e spostò il viso su un lato per cercare di nascondere
loro le lacrime
causate dalla vergogna. Come aveva potuto credere potesse essere una
buona idea
mostrarsi a Zayn con tanta violenza? Sapeva quanto fosse contrario a
certi
atteggiamenti. Gli aveva chiesto di abbandonare quel prendersi cura
della
situazione, quella resa dei conti basata sulla violenza. Non
l’aveva mai promesso,
ma sapeva con un comportamento di quel tipo poteva solo deluderlo.
La
camminata dal bagno verso la camera la fece con
passi meccanici, consapevole delle sorelle che lo seguivano con
cautela, si
sedette su un angolo del letto e rispose con un verso indefinito alla
proposta
di Nicole di poter fargli compagnia. Recuperò il cellulare
dalla tasca, osservò
lo schermo con gli occhi lucidi e una smorfia sulle labbra e lo
poggiò al
proprio fianco, portando le mani sulle ginocchia per controllare meglio
il loro
tremolio. Strinse le dita sul tessuto dei jeans quando
l’oggetto iniziò a
vibrare sul lenzuolo e, sollevando lo sguardo su di loro,
notò come fossero
focalizzate entrambe sullo schermo che si illuminava con dei messaggi.
Ignorò
la richiesta di spiegazioni scritta sui loro
visi quando voltò il telefono per nascondere lo schermo e si
sdraiò nel letto,
dando loro le spalle e rannicchiandosi con le gambe strette al petto.
Non aveva
alcuna intenzione di rispondere a Louis, che era stato informato da
Harry, sulla
scenata avvenuta fuori dall’edificio scolastico. Era sicuro
il ricciolino
avrebbe saputo raccontare tutto nei dettagli, cosa che sicuramente
aveva già
fatto. Che voleva sapere in più da lui? Se era arrivato vivo
a casa? Se aveva
distrutto la macchina? Non gli era mai importato nulla di quelle crisi,
perché
cominciare proprio quel giorno?
Piegò
le braccia contro il petto, le mani unite in una
presa salda contro la bocca e i denti premuti contro la pelle
dell’indice,
strizzò gli occhi alla vibrazione successiva del cellulare e
deglutì bile
all’accenno che le sorelle avevano fatto a Zayn. Non poteva
essere Zayn perché,
ora che aveva visto in cos’avrebbe potuto trasformarsi con un
po’ di collera,
gli sarebbe stato ben lontano per paura.
-
Se anche fosse Zayn non voglio sentire quello che ha
da dirmi.- rispose alle insistenze delle sorelle, liberando la pelle
dalla
presa dei denti e sfiorando il segno con il pollice, aprì
gli occhi per fissare
la cornice di foto e sull’onda del discorso precedente,
biascicò: - Saranno
solo spiegazioni su quel che ho fatto di sbagliato e su come siamo
diventati
incompatibili.-
Distese
le dita quando tutta la tensione cui aveva
costretto il corpo iniziò a farsi sentire, storse le labbra
in smorfie per come
la pelle bruciava e puntò gli occhi sulle nocche arrossate
mentre la voce calma
di Ruth insisteva in quel chiedere spiegazioni che non voleva fornire.
Era
stato chiaro sul voler restare solo e non volerne parlare,
perché non
ascoltavano mai certe richieste?
-
Non avrei dovuto cedere.- sussurrò dopo aver
lasciato correre qualche minuto di silenzio teso e corrugò
la fronte mentre
l’attenzione si focalizzava sul disegno che Zayn gli aveva
fatto mesi prima al
bar, attorniato da tutti i disegni che ne erano poi seguiti. Non aveva
una crisi
da tre anni, da quando aveva creduto di poter sedare tutte le paure con
una
corsa e un po’ di musica. Poi era riuscito faticosamente a
riprendersi con
l’aiuto di Josh e Dominic. C’era riuscito, anche
senza l’aiuto di una seduta.
L’aveva visto come un segno di miglioramento e ne era stato
così felice,
orgoglioso per quel che aveva evitato in tutti quegli anni.
E
ora? Ora cosa stava succedendo?
Non
poteva “guarire”, come aveva ingenuamente chiesto
durante una delle prime sedute. Si era illuso forse di essere
più forte, di
aver sconfitto una volta per tutte quella rabbia o di aver acquisito
almeno gli
elementi per batterla. Eppure erano le sue dita a tremare e la gola gli
doleva
per come aveva gridato durante quella crisi. Era una fortuna che non
ricordasse
nemmeno una parola perché si vergognava a sufficienza per
come si era mostrato
ancora una volta debole e succube di quella forza.
-
Non avrei dovuto… L’ho istigato io. Non avrei
dovuto
farlo davanti a lui. Avrei dovuto aspettare… aspettare di
essere solo con lui.
Avrei potuto seguirlo e…- s’interruppe con una
scossa del capo e farfugliò: -
No, non avrei dovuto e basta. Io non sono come lui. E ora Zayn sa che
sono un…
un…-
-
No, Lee, no.-
Si
lasciò stringere dall’abbraccio di Ruth solo
perché
era troppo stanco per reagire, ripetere che voleva essere lasciato solo
a
pensare continuamente a quel che aveva fatto, a come aveva potuto
credere di
aver trovato la soluzione migliore per tutti. Rispose con un verso al
“Sei
solo Liam” e chiuse gli occhi con un sospiro per
ascoltare quel che la
sorella gli chiedeva con un tono cauto contro l’orecchio
– “Lascia andare i
pugni. Prendi un respiro. Come facevamo da bambini”.
-
Dominic crede io stia per scoppiare.- pronunciò in
un sussurro debole dopo aver lasciato correre un paio di minuti di
silenzio e
non rispose quando la sorella girò la domanda verso di lui.
Quel “Senti di
star per esplodere?” che non voleva prendere in
considerazione per quel che
portava con sé. Non aveva bisogno di altre sedute.
Perché nessuno voleva
vederlo che stava bene ma aveva solo paura?
-
Vuoi sentire anche tu come Nicole ha ricevuto
finalmente la proposta di matrimonio che stavamo tutti aspettando?-
Si
rigirò nel letto con gli occhi strabuzzati per
fissare la sorella maggiore che rideva e sollevava le mani con un
rossore
appena accennato sulle guance, corrugò appena la fronte e
sussurrò: - Non
volevo rovinare il tuo giorno.-
Tenne
lo sguardo fisso su di lei che scuoteva il capo,
si sedeva sul letto e passava poi le dita tra i ciuffi per
spostarglieli dalla
fronte, dicendo: - Non hai rovinato nulla, Lee. Ora come ti senti? Stai
meglio?-
Negò
con il capo in un movimento lento, pronunciò a
fatica un sincero “Non lo so” e
spezzò il legame tra i loro occhi,
facendosi coraggio per chiedere con un tono incerto: - Faranno in tempo
a
sparire per il tuo matrimonio?-
Riuscì
a tendere le labbra in un sorriso, rincuorato
dalla risata che era riuscito a ottenere dalla sorella, e
sollevò un braccio
per invitarla a prendere posto nello spazio libero del letto. Era
sempre
piacevole circondarsi di affetto dopo una crisi, lo aiutava a ignorare
tutta la
vergogna provata e concentrarsi sulle sensazioni suscitate dai loro
abbracci,
dalle brevi frasi cariche di amore.
-
Sono sicura sparirà tutto. Non sarai costretto a
fare l’anima dannata di James Dean.-
Rilasciò
una risata liberatoria a quel commento, si
lasciò baciare le guance dalle sorelle e con un tono
più leggero, pronunciò: -
Sono sicuro a Frank piacerà Zayn. Finalmente qualcuno
potrà batterlo nelle sue
discussioni infinite su quanto Superman sia meglio di Batman.-
Increspò
la fronte in un’espressione incerta e spostò
gli occhi dal soffitto verso la sorella maggiore, chiedendo: - Posso
invitare
Zayn?-
Annuì
con un sorriso felice quando Nicole ribatté: -
Credevo fosse scontato. Lui è il tuo ragazzo.-
Avrebbe
dovuto lasciare passare qualche giorno per
permettere sia a Zayn che a se stesso di riprendersi dalla sorpresa
causata da
quella lotta, poi avrebbe potuto parlargli, chiarire, spiegarsi. Doveva
solo
darsi il tempo di accettare quel che la lotta aveva irrimediabilmente
portato
alla luce e trovare il coraggio di affrontare tutte le conseguenze di
quel
gesto.
«I get lost, I get lost a lot and you
meet me there
I can close my eyes and find you anywhere
I can hold you close while you wonder free
But the long walk home says you're good for me»
- Every songbird says, Sam Beam & Jesca
Hoop
Le
dita sfioravano con delicatezza i tratti del
bozzetto di un viso mentre i ricordi completavano quel disegno con il
sangue
rappreso sul labbro spaccato, il livido sulla guancia e la totale
apatia che
per un istante aveva eliminato la luce dai suoi occhi scuri.
Accarezzò quei
punti, quasi a voler lenire le ferite sul vero volto con quei tocchi, e
strofinò con nervosismo il punto bagnato dalla lacrima,
storcendo le labbra in
una smorfia quando con quel gesto rovinò il tratto che
definiva il
sopracciglio. Chiuse il taccuino con un verso scocciato e
incrociò le braccia
sopra di esso sulla scrivania, poggiando la guancia
nell’incavo del gomito
mentre si distraeva con le dita che spingeva contro la testa della
piccola
tartaruga che oscillava per seguire il ritmo.
Spostò
lo sguardo dal piccolo oggetto verso la porta
che si apriva l’attimo dopo il lieve bussare,
sollevò le spalle con uno sbuffo
all’invito fatto a scendere per cena e ignorò i
passi della sorella maggiore
per concentrarsi sull’antistress che aveva trovato. Era
meglio osservare la
testuggine, era più semplice seguire il movimento
oscillatorio su cui lui aveva
potere, piuttosto di dare pieno controllo ai pensieri, ai ricordi, o
spiegare
per quale motivo non avesse fame.
-
Una settimana intera a chiuderti in camera dopo
scuola.- stava dicendo la sorella che picchiettava le dita contro la
scrivania
in un ritmo snervante. - Persino papà ha detto che stai
esagerando.-
-
Sono indietro con il programma.- Optò per una mezza
verità, diede un colpetto al capo della tartaruga e
osservò come riprendesse a
oscillare in varie direzioni per colpa dell’eccessiva forza.
- E non è vero che
è una settimana che non mangio… o vi evito. Ho
solo preso a cuore i miei doveri
di studente, come dice lui.-
-
Zayn.-
Rilasciò
uno sbuffo al tono usato dalla sorella,
quella preoccupazione mista a un velato ordine a parlarne, e rivolse lo
sguardo
dall’altra parte della stanza mentre mugugnava: - Sono solo
preoccupato.-
Roteò
gli occhi con un verso infastidito al “Questo
è già qualcosa” che la
sorella aveva pronunciato con una punta di
divertimento e si costrinse a restare immobile in quella posizione,
così
accovacciato sulla scrivania, quando il suo palmo si posò
sulla spalla e la sua
voce domandò altre spiegazioni.
-
Per Leeyum.- sussurrò senza più alcuna voglia di
mentire ancora, si sollevò subito dopo e si mosse sulla
sedia per guardare
negli occhi Doniya mentre con apprensione nella voce chiedeva: - Tu
l’hai
visto?-
Si
scoraggiò quando vide il suo capo muoversi con la
negazione e abbassò lo sguardo sui piedi coperti dalle calze
al suo specificare
di non averlo visto in università per tutto quel tempo,
scuotendo il capo per
come cercava di rincuorarlo con accenni a possibili esami o impegni con
la
squadra.
-
Se sei tanto preoccupato per lui…- Sollevò gli
occhi
dalle calze per fissare la sorella e storse le labbra in una smorfia al
suo
concludere: -… prendi il telefono e scrivigli. Oppure
chiamalo.-
Si
sporse verso la scrivania per recuperare il
cellulare, lo sbloccò in fretta per far sparire la foto
usata come salvaschermo
e aprì subito la chat che gli interessava, mostrando alla
sorella tutti i
messaggi mentre si affrettava a dire: - Non risponde nemmeno alle
chiamate.-
-
Hai provato a cercarlo a casa sua? Hanno un telefono
anche loro, non vivono nel…-
La
interruppe con un verso scocciato e ribatté con un
tono puntiglioso: - Ho chiamato e Ruth mi ha detto che ha bisogno di
tempo.-
Fissò
la sorella che muoveva una mano come a
chiedergli quale problema ci fosse ancora e lasciò cadere il
cellulare sulla
scrivania in un gesto irritato, ripetendo con un ritmo lento per
calcare su
ogni parola: - Sono preoccupato per Leeyum.-
Ignorò
il tono disinteressato con cui Doniya lo
invitava a spiegarsi meglio, il “Per quale motivo?”
che non aspettava
davvero una risposta, e agitò appena una mano prima di
farfugliare con
incertezza: - Forse perché crede ci siamo lasciati.-
-
Credo Liam sia abbastanza intelligente da capire che
hai bisogno di studiare per…-
Si
coprì il viso con le mani per bloccare in parte il
verso irritato e all’occhiata perplessa della sorella,
spiegò: - Non si tratta
di quello. Sono certo lui stia pensando che ci siamo lasciati. Ho
specificato
che avevo bisogno di tempo per studiare, ma sono sicuro lui abbia visto
le mie
parole in tutt’altra luce. Quindi ora non risponde ai miei
messaggi.-
-
Io penso lo studio ti abbia fatto male.-
Scosse
il capo per negare più volte alla sua
affermazione, notando il suo sopracciglio inarcarsi sempre
più, e si lasciò
prendere per un braccio per seguirla fuori dalla stanza e verso la
cucina.
Doniya non sapeva quel che era successo, non aveva visto come si era
avventato
sul compagno di scuola e nemmeno quanto era stato impassibile per tutto
il
viaggio in macchina. Aveva cercato di parlargli una volta davanti a
casa,
spiegando di aver bisogno di tempo per studiare, ma Liam aveva tenuto
gli occhi
fissi di fronte a sé e non era più tanto sicuro
avesse sentito anche solo una
parte del discorso, almeno quel “Ti amo”
o “Prediti cura di te”.
Avrebbe dovuto costringerlo a spegnere la macchina e seguirlo, ma era
ancora
troppo scosso dalla lotta cui aveva assistito, dal sangue che gli
macchiava la
maglia e gli ricordava perfettamente le grida e le suppliche a smettere.
-
In ogni caso, se sei tanto preoccupato, puoi sempre
farti trovare fuori da casa sua.-
-
Non voglio costringerlo a vedermi o parlarmi.-
Costringerlo
a dare spiegazioni quando l’unica cosa
che gli aveva chiesto era più tempo.
-
Parla con i suoi amici, allora. Così smetti di
chiuderti in camera a riflettere, tutto questo non ti fa per nulla
bene. Ti
preoccupi per Liam, noi siamo preoccupati per te.-
Sfregò
una mano contro la nuca quando la sorella lo
lasciò solo nel corridoio, la passò poi sul viso
con un sospiro e varcò la
soglia della cucina con un sorriso impacciato al trovarsi al centro
dell’attenzione familiare. Sollevò una mano come a
volerli salutare e si
affrettò a prendere posto a tavola, ignorando i bisbigli tra
le sorelle più
piccole che sembravano più inviti fatti a Safaa di tacere su
un certo
argomento.
Abbassò
lo sguardo sulla mano della sorellina che si
stringeva al polsino della felpa e inarcò un sopracciglio,
invitandola a
procedere con la domanda che sembrava stargli tanto a cuore.
-
Se vieni preso da quella scuola tanto lontana, non
ti dimentichi di noi?-
-
Non potrei mai dimenticarmi di voi, Safaa.- rispose
subito con un palmo sul suo capo e un sorriso intenerito, chiedendo
poi: - Per
quale motivo questa strana domanda?-
-
Vuole solo impietosirti per avere la tua stanza.- Si
sporse sul tavolo per osservare Waliyha che riprendeva a mangiare con
un
sorriso soddisfatto dall’aver stroncato i piani della
sorellina e scosse il
capo con una risata quando lei continuò: - Lo sanno tutti
che la sua stanza
sarà mia, perché sono più grande.-
Sollevò
le spalle con un sorriso divertito
all’ammonimento nello sguardo della maggiore quando propose
una “classifica
delle favorite” e strofinò le dita
contro il mento, fingendosi pensieroso
per qualche secondo prima di spiegare alle due tanto attente che
“Si tratta
di togliere un punto a chi non rispetta le mie regole e vince chi
mantiene
meglio il punteggio di partenza”.
Vide
le due studiarsi incerte e stringersi poi la
mano, accettando quelle condizioni nella gara che doveva essere onesta
e senza
alcun tipo di favoreggiamento. Portò la mano destra al cuore
e sollevò la
sinistra mentre con un tono deciso prometteva di essere imparziale fino
alla
fine.
///
-
Vi siete lasciati?-
Zayn
si guardò attorno per essere certo di non aver
addosso lo sguardo di nessuno, rivolgendo poi un’occhiata
scocciata a Harry che
gli stava accanto nella fila della mensa e continuava indisturbato a
riempirsi
il vassoio.
-
Non ho detto questo.- borbottò Zayn con la fronte
corrugata quando Harry si voltò verso di lui e
ripeté: - Hai detto che lui
crede che…-
-
Appunto!- esclamò per interromperlo dal proseguire
oltre, lo seguì lontano dalla fila e verso il loro tavolo in
disparte mentre
con un tono di voce più basso aggiungeva: - Lui crede ci
siamo lasciati dopo
quel casino. Non sono certo sia così, però non
risponde ai miei messaggi in cui
gli chiedo di parlare. E non posso comparire a casa sua e costringerlo
a farlo.
Sono cose che non si fanno, dal momento che mi ha chiesto solo del
tempo. Per
questo ti ho chiesto di parlare con Louis e chiedergli…-
Si
bloccò con un verso sorpreso quando Harry si
strinse nelle spalle, sganciando indisturbato una bomba con quel suo
indifferente “Liam non parla con lui”.
-
Come sarebbe a dire che Liam non…-
-
Quel che ho detto.- lo interruppe Harry con un tono
puntiglioso, bevve un sorso d’acqua e poi mostrando lo stesso
disinteresse di
poco prima, spiegò: - Ho raccontato di quel che è
successo a scuola e Louis ha
cercato subito di mettersi in contatto per capire. Non gli ha risposto
e…
quindi ora mi tocca distrarre due persone dalle stranezze di Liam.-
Il
calcio sotto il tavolo contro la gamba di Harry fu
inevitabile quando lo indicò con una forchetta e
pronunciò con eccessiva
serietà: - Non ti aspettare che mi metta tra le tue gambe.-
Zayn
non riuscì a chiedere altre informazioni sullo
strano comportamento di Liam, credeva Louis fosse il suo migliore amico
e di
poter risolvere con lui quella catena per avere informazioni sul
castano,
perché Eleanor si era seduta al loro tavolo con uno sbuffo
scocciato senza
rivolgere loro un saluto. Si scambiò un’occhiata
perplessa con Harry e aprì
appena la bocca per rivolgere la domanda curiosa alla ragazza che li
aveva
raggiunti, ma lei l’aveva anticipato, sibilando: - Hanno
deciso di chiudermi
fuori.-
Inarcò
un sopracciglio quando quella frase non servì a
spiegare molto la sua presenza tra loro, osservò la
decisione con cui brandiva
la forchetta per infilzare i pezzi di carne e piegò il viso
su un lato al suo
specificare: - Jason ha deciso che il gruppo doveva tagliarmi fuori e
loro
l’hanno fatto senza neppure opporsi.-
La
stavano fissando entrambi sempre più confusi, dei
grossi punti di domanda evidenti sul loro volto, ma non fecero in tempo
a
chiedere nuove informazioni che lei si affrettò a
pronunciare con eccessiva
grinta: - Il tuo ragazzo l’ha umiliato davanti a tutti i suoi
amici e ora spera
di mantenere lo status quo nel suo gruppo costringendoli a ignorare me.
Perché
o smetti di essere amico della feccia o sei la feccia.-
-
Mi disp--…- bloccò il resto delle scuse nella
gola
con un verso quando Eleanor gli puntò contro la forchetta
con uno sguardo
deciso e “Non ci provare a dirlo”.
Sollevò le braccia come a mostrarle
di essersi arreso e spostò lo sguardo su Harry che teneva
gli occhi concentrati
su un punto della mensa in cui era certo si trovasse il tavolo dei
più
popolari. Persone con cui lui aveva un buon
rapporto perché nessuno
aveva mai odiato Harry Styles.
-
Mi hanno detto che sono state costrette. Hanno solo
paura di perdere certi privilegi e finire dall’altra parte
della fazione. Se
gli voltassero tutti le spalle, invece di
lamentarsi di lui, non avrebbe
più nessuno da comandare e resterebbe solo.-
Si
strinse nelle spalle, non sapendo come rispondere a
Eleanor che a nessuno importava granché di ribaltare degli
equilibri che
esistevano da anni, e preferì concentrarsi sul proprio
piatto mentre vedeva
l’amica ignorare tutto il vassoio e prendere tra le mani il
budino.
-
Non so se avercela con lui o con tutti i caproni che
gli stanno dietro.- la sentì insistere con rabbia, la stessa
che mostrava con
il gesto di immergere il cucchiaino nel budino e portarlo alla bocca
poi con un
verso soddisfatto, sollevandolo per mostrarlo con un fin troppo serio
“Questo
budino è ottimo”.
Scosse
il capo con un sorriso divertito per come aveva
cambiato improvvisamente discorso, mosse la forchetta tra tutte le
pietanze
scelte che non gli erano sembrate disgustose e sollevò gli
occhi su di lei
quando la sentì pronunciare: - Danielle mi ha detto che vi
siete visti.-
-
Un po’ di settimane fa, sì. Non è
ancora partita?-
domandò con interesse, dimenticandosi del cibo che aveva sul
piatto per
osservare con cautela quella che portava alla bocca il cucchiaino, si
stringeva
nelle spalle e con le guance appena arrossate spiegava che “Sta
valutando le
opzioni”.
-
Ti ha detto altro del nostro… incontro?- insistette
con le curiosità, seguì la negazione del capo di
Eleanor e ascoltò il suo breve
riepilogo nel “Odia Louis e vi augura il meglio”.
-
Solo questo? Nient’altro?- insistette con un poco di
irrequietezza nella voce, vide il sopracciglio di Eleanor tendere verso
l’alto
e sospirò quando lei con grinta difensiva
pronunciò: - Non ha intenzione di
rendersi ridicola quando Liam è stato chiaro a non volerle
dare alcuna
possibilità. Sa di aver perso la sua occasione. Penso sia
questione di
accettarlo davvero e permettersi di ricominciare.-
Mosse
il capo in un cenno per mostrarle di essere del
suo stesso parere e sussurrò: - Spero davvero possa essere
felice.-
-
Sì, anche io.-
Si
torturò le mani da sotto il tavolo quando dalla
breve frase di Eleanor intuì si nascondesse un atteggiamento
difensivo nei
confronti dell’amica, passò una mano sul viso e
sospirò, vedendo i suoi occhi
sollevarsi dal budino per un solo istante e approfittando di quel
momento per
trasmetterle sincerità con il bisbiglio: - Non ho nulla
contro di lei. E mi
dispiace per come l’ha trattata Louis quel giorno. Credo sia
un po’ troppo
protettivo nei confronti di Liam.-
Distolse
lo sguardo da Eleanor per fissare il ricciolino
che aveva sbuffato con un cenno d’assenso, la forchetta che
portava alla bocca
con un gesto deciso e il criptico “Non sai quanto”
che non aveva voluto
spiegare a nessuno dei due mentre continuava a mangiare con gesti
meccanici.
///
-
Siete sicuri sia una buona idea?- domandò Zayn
mentre cercava di tenere il passo dei due che camminavano con sicurezza
davanti
a lui e si completavano a vicenda con quel “Assolutamente
certi” che non
era servito granché a rassicurarlo. Intravide in lontananza
l’insegna del
ristorante cui erano diretti e quando lo sguardo si posò sul
gruppetto lì fuori
tutti i dubbi tornarono più forti di prima, facendogli
domandare: - Non si
sentirà messo alle strette?-
-
Nessuno lo mette alle strette. Josh ci ha invitati
con loro. Se ha problemi con noi, sono fatti suoi.-
Non
riuscì a intromettersi nel discorso di Louis,
spiegargli che forse stavano affrontando quella situazione di
petto, e
lo seguì con una camminata incerta, in netto contrasto con
la fierezza con cui
l’altro si muoveva per avvicinarsi sempre più al
gruppo che parlava fittamente.
Capì subito quanto avesse ragione con
quell’indecisione ad accettare l’invito a
cena per “unire il gruppo” quando si
trovò davanti a loro, rivolgendo un saluto
con un cenno del capo e gli occhi bassi pur di non incrociare alcuno
sguardo.
Come aveva fatto ad accettare con tanta facilità
quell’invito? Non aveva
nemmeno il coraggio di guardare Liam negli occhi, figurarsi affrontare
un
discorso per spiegargli che aveva compreso male tutta quella situazione.
Fu
Louis a rompere il ghiaccio e forse sarebbe stato
molto meglio tenere quella tensione imbarazzante perché la
sua frase,
pronunciata con un tono velenoso, li gettò con un balzo in
un argomento che
Zayn avrebbe voluto affrontare con più cautela –
“Sbaglio o mi sembra di
vedere Liam Payne tra noi? Ci ha degnati della sua presenza o
è solo un
ologramma?”
Sollevò
gli occhi da terra quando sentì Josh
intromettersi con rabbia con l’ordine fatto a Louis a stare
zitto, cercò
l’appoggio di Harry che sembrava quanto lui confuso da quella
situazione e
aspettò Liam rivolgesse lo sguardo sorpreso su Louis per
poter osservarlo
indisturbato. Sembrava tanto stanco, se le occhiaie e il colorito
pallido
potevano darne un’indicazione, e schiacciato da qualche forza
che gli bloccava
le spalle in una posizione arrendevole.
-
No, Josh! Ora basta. Devi smetterla di proteggerlo
in questo modo. Deve smetterla di chiudere fuori le persone dalla sua
vita.
Devi smetterla, Liam. Non sei giustificato a farlo. Mi hai capito?-
Trattenne
il respiro quando il castano distolse lo
sguardo da Louis, senza nemmeno ribattere, e sentì un nodo
allo stomaco per
come suonava stanca la sua voce mentre si rivolgeva solo a Josh,
dicendo: - Te
l’avevo detto che sarebbe stato meglio non venire. Non sono
il benvenuto.-
Zayn
si bloccò dal fare un passo in avanti perché
Louis si era intromesso ancora una volta con la rabbia che sporcava le
sue
parole, il tono della voce che suonava duro e di un sarcasmo freddo
nella frase
“Ogni scusa è valida per non affrontare i
tuoi fottuti problemi”.
Si
scansò da Louis, indietreggiando appena dal gruppo,
al passo in avanti di Josh che si metteva tra i due con le dita di una
mano
strette alla maglia di Liam che tentava di andare via e una contro il
petto di
Louis per non farlo procedere oltre.
-
Sei un grandissimo stronzo, lo sai?-
-
Josh, per favore. Non voglio restare qui.-
-
No, tu ora mi ascolti!- Fissò inorridito Louis che
spingeva via Josh e non poté che trovarsi
d’accordo con il concetto che stava
dietro il rabbioso: - Non hai una motivazione
valida per averci ignorato
tutto questo tempo, ti è chiaro? Eravamo preoccupati e ci
hai chiusi fuori.-
Sembrò
a Zayn di essersi trovato improvvisamente al
centro di tutto, la supplica negli occhi di Liam era evidente mentre lo
inchiodava sul posto, e non riuscì a non prendere le sue
difese, sussurrando: -
Forse aveva le sue ragioni per…-
Non
riuscì a concludere perché Louis emise un
grugnito
infastidito, scosse il capo con un movimento brusco e introdusse un
discorso in
cui si sentiva completamente estraneo, di cui sembravano essere a
conoscenza
tutti tranne Harry e lui – “Sono stato al
tuo fianco dopo ogni seduta,
ricordi? Avevamo dei simboli da rispettare. Hai dimenticato anche
quello, tra
tutto quanto? Li abbiamo decisi insieme, Liam. E tu non mi hai
risposto. Avevo
solo bisogno di uno stupido simbolo.”
-
Mi dispiace.-
-
Fai bene a sentirti in colpa.-
Zayn
spostò lo sguardo tra i due con una smorfia sulle
labbra; non aveva capito molto del discorso di Louis, ma era certo non
fosse
quello il modo di affrontare un discorso tanto delicato. Attaccare Liam
non
sarebbe servito a nulla perché l’avrebbe solo
fatto chiudere ulteriormente e
allontanare da loro.
Mosse
il capo in un cenno quando Josh s’intromise
dicendo: - Stiamo facendo una scenata inutile. Vogliamo entrare?- e
puntò gli
occhi su Liam, vedendolo negare con la testa, un debole sorriso sulle
labbra e
le preoccupazioni di poco prima che si manifestavano nel suo spiegare
che “Forse
è meglio che vi lasci soli”, assieme al
difensivo “Mi dispiace di aver
rovinato la vostra serata”. Seguì il
successivo allontanarsi da loro con
gli occhi puntati sulla sua schiena, sperando quasi fosse sufficiente a
farlo
voltare e parlare almeno con lui, ignorò le lamentele di
Louis per il colpo che
Josh doveva aver dato contro la sua nuca o il borbottio successivo
“Prendi
sempre la strada sbagliata. Devi smetterla di essere impulsivo”,
fece un
cenno ad Harry per chiedergli di ordinare per lui e cercò di
raggiungere Liam
con uno scatto veloce delle gambe.
Riuscì
a fermarlo con una mano attorno al suo polso,
prima che potesse attraversare la strada, aspettò si
voltasse verso di lui e
schiuse le labbra, pronto a iniziare da un qualsiasi lato quel discorso
che
doveva assolutamente avere con lui. Lo fissò confuso quando
lo anticipò con un
“Mi dispiace” che non gli
sembrava avesse senso in quel momento e inarcò
un sopracciglio quando insistette, spiegando: - Mi dispiace di averti
fatto
preoccupare.-
-
Solo questo?-
Si
sentì un poco meglio quando Liam mosse il capo in
un cenno, forse tutte le preoccupazioni che aveva avuto in quella
settimana
erano state davvero inutili, ma tutta la confusione tornò in
fretta quando lo
sentì insistere con quel “Mi dispiace
davvero, Zayn”.
-
L’hai già detto, Liam.- sussurrò con le
sopracciglia
corrugate mentre tentava di interpretare la sua espressione sconfitta,
il suo
sospiro e il cenno d’assenso. Strabuzzò gli occhi
con un verso sorpreso quando
il suo sguardo deciso si focalizzò su di lui, non riuscendo
a comprendere il
tono di sfida con cui aveva pronunciato: - Hai paura di me?-
-
Che stai dicendo?-
-
Hai paura che possa perdere il controllo e far del
male anche a te?- Continuò a fissarlo in silenzio durante
l’esposizione quasi
cinica di quella domanda e piegò il viso su un lato quando
sembrò perdere per
un momento la freddezza e l’apatia per insistere: -
Perché non succederà mai.
Anche se non dovessimo… anche se tra noi due… non
farei mai del male alle
persone a cui tengo, alle persone che amo.-
Restò
in silenzio con le labbra schiuse dalla
confusione, gli occhi che teneva puntati sul suo viso, e
domandò: - Chi ti ha
messo in testa l’idea che ho paura di te?-
Cercò
di non soffermarsi sulla risata fredda di Liam,
su come sembrava starsi proteggendo da lui con quella corazza
d’indifferenza
che lo portava poi a spiegare con un movimento delle spalle che
“Ci siamo
lasciati perché hai paura di me”.
-
Ho paura per te, Liam!- esclamò d’istinto al veder
realizzarsi l’ipotesi che Liam avesse potuto pensare a una
loro rottura per
quelle due settimane. Rilasciò con un sospiro tutta
l’energia quando notò gli
occhi scuri di Liam diventare più lucidi, strinse i denti
sul labbro per
scaricare in quel modo la tensione e, quando lui spezzò il
legame tra i loro
sguardi, sussurrò: - Mi avevi promesso non avresti fatto
nulla di stupido.-
Allungò
un braccio nella sua direzione e strinse le
dita attorno alla sua mano, confessando in un bisbiglio: - Ho avuto
paura per
te, sono preoccupato per te. Non ho mai avuto paura di te. Capito,
Liam?-
Rafforzò
la presa sulla sua mano quando puntò gli
occhi su di lui, cercando di non farsi scalfire dalla durezza e
dall’eccessivo
sarcasmo con cui pronunciava: - Non mi dispiace di aver dato una
lezione a
quello. Di averti fatto preoccupare, sì. E non voglio usare
come scusa tutta
questa… storia degli scatti di rabbia improvvisi. Sono
andato in terapia per
anni e so come calmarmi, come fermarmi. Non ho voluto farlo quel
giorno. E non
mi pento di nulla.-
-
Liam.-
-
Evidentemente non sono il ragazzo perfetto che
credevi di conoscere.-
-
Liam…-
-
E non mi dispiace nemmeno di aver rovinato
quell’immagine che avevi di me. Sono stanco di rispettare
sempre quel che
credono di me.-
-
Non hai rovinato proprio nulla, Liam.- pronunciò con
un tono deciso e una luce di fierezza negli occhi, strinse la sua mano
quando
tentò di liberarsi dalla presa debole e insistette: - Io amo
te, Liam. Non
qualsiasi idea tu credi di aver messo nella mia testa. Nessuno crede
che tu sia
perfetto e nessuno si aspetta che tu indossi i panni del ragazzo
d’oro. Abbiamo
tutti i nostri difetti e nessuno, Liam, nessuno vuole che tu nascondi i
tuoi.
Siamo preoccupati per te e ti vogliamo bene.-
Diede
uno strattone alla sua mano quando tentò di dargli
le spalle per andarsene e sibilò: - Sei importante per tutti
noi, Liam.
Possiamo anche prendere a cuore tutta questa storia e cercare di
risolvere nel
modo sbagliato, ma teniamo a te. Non puoi chiuderci fuori dalla tua
vita quando
le cose vanno male perché non serve a proteggerci e non
aiuta te.-
Allentò
la presa sulla sua mano fino a lasciarla
quando vide Liam muovere il capo in un cenno, il sospiro che aveva
rilasciato
come i tentativi di allontanarsi, e sfregò le dita lungo il
suo braccio con un
sorriso incoraggiante. Lo osservò mentre dava
un’occhiata titubante alle sue
spalle, forse verso il locale in cui li aspettavano gli altri, e
accettò con un
movimento del capo la flebile confessione di aver bisogno di ancora
qualche
tempo.
-
Tranquillo, Liam. Devi solo sapere che siamo qui per
te.-
-
Ti prometto che è solo questione di altro tempo.-
Lo
osservò con un’increspatura triste sulle labbra
quando si trovò ad affrontare ancora una volta le sue
spalle, fece uno scatto
nella sua direzione, si fermò e poi lo chiamò,
cercando di mostrarsi forte
mentre sussurrava: - Avvisami quando arrivi a casa, per favore.-
Sentì
un poco della tensione lasciarlo quando Liam
annuì con un sorriso stanco e gli fece la promessa di
mandargli un messaggio al
varcare la soglia di casa. Scosse il capo al suo chiedere con un
borbottio di
porre delle scuse a Louis e al suo mostrare confusione,
spiegò: - Non hai
niente di cui scusarti. Ha sbagliato ad aggredirti in quel modo.
Qualsiasi
fossero le sue ragioni, non hai colpe.-
-
Hai appena detto che…-
-
Non è accettabile il suo comportamento, Liam. Anche
se poteva avere ragione.-
Lo
abbracciò di slancio quando non accennò a
riprendere la direzione di poco prima, forse ancora confuso da quelle
ultime
parole, e lo tenne stretto con una mano contro la sua nuca,
sussurrando: - Sono
sempre qui per te.-
Rilasciò
il resto della tensione accumulata in quelle
settimane con un sospiro quando le braccia di Liam si avvolsero attorno
a lui e
si mantenne in equilibrio sulle punte dei piedi per non lasciarlo
andare subito
e approfittare di ogni istante di quel momento tra loro. Si
separò dopo qualche
minuto, notando con piacere un sorriso più vitale sulle
labbra di Liam, e
sfregò le nocche contro la sua guancia, ripetendo in un
bisbiglio: - Ricordati
il messaggio.-
-
Prima mi lasci andare a casa e prima avrai il mio
messaggio.-
Spinse
un pugno contro la sua spalla con uno sbuffo e
gli puntò contro l’indice, cercando di intimidirlo
dicendo: - Tu prova anche
solo a dimenticarlo e vengo sotto casa tua a tirare sassi contro la tua
finestra.-
Cercò
di chiudere nel cuore la risata allegra di Liam,
il movimento buffo che doveva imitare il portamento rigido di un
soldato, e
tenne gli occhi fissi sulla schiena mentre lo vedeva allontanarsi
sempre di
più, tornando verso il locale solo quando non
riuscì più a distinguerlo nel
buio della sera.
///
Zayn
aveva pensato tutta la settimana a quel momento,
valutando ogni possibile variante nel piano e scoraggiandosi
ripetutamente, ora
che si trovava davanti al portone di quella villetta con
l’indice sollevato per
suonare il campanello non era più così sicuro
dell’idea di partenza. Nei pochi
messaggi che Liam gli mandava era chiaro preferisse restare solo, che
si sentisse
persino in colpa a mettere quella distanza tra loro, e lui nelle
risposte aveva
cercato di togliergli quel peso, descrivendogli giornate di studio
intenso non
completamente veritiere. Farsi trovare quel sabato mattina fuori da
casa sua
era stata una decisione presa tra un esercizio di matematica e
l’abbozzo del
sorriso che ricordava sulle labbra rosee di Liam. Forse era stato
stupido
presentarsi da lui, costringerlo a parlargli e soprattutto convincersi
di
riuscire a far comparire di nuovo quel sorriso rilassato sulla sua
bocca. Non
poteva tornare indietro ora, i genitori avrebbero fatto troppe domande
ed era
già complicato mantenere davanti a loro una facciata di
tranquillità che non
gli apparteneva quando citavano Liam e la sua assenza.
Spinse
il polpastrello contro il campanello in uno
slancio di improvviso coraggio e roteò le spalle in senso
semi-circolatorio,
come se fosse un pugile pronto a salire sul ring e affrontare
l’avversario.
Liam non era suo nemico e forse complicava le cose quanto tenesse a
lui, diviso
tra il volerlo aiutare e accettare la sua scelta.
Prese
un respiro profondo quando la porta si aprì e
unì i palmi quasi a supplicarlo, tenendo gli occhi bassi
mentre farfugliava: -
So che è davvero stupido che io abbia deciso di venire qui.
Non sei obbligato a
farmi entrare o parlare con me. Ti prego, mi manchi.-
Sollevò
subito lo sguardo quando sentì pronunciare il
proprio nome da una voce femminile, avvampò
d’imbarazzo all’accorgersi di
essersi svelato tanto alla sorella di Liam e sforzò la
risata tesa fuori dalla
bocca, cercando poi di guardare oltre le sue spalle mentre chiedeva: -
Liam è
in casa?-
Corrugò
la fronte, mostrandosi confuso di fronte alla
secca negazione, e indietreggiò di un passo quando comparve
Liam alle sue
spalle, spostando lo sguardo tra i due per capire cosa stesse
succedendo e per
quale motivo Ruth dovesse mentirgli sull’assenza del
fratello. Forse le aveva
detto di non voler vedere nessuno e lei lo stava proteggendo? Quindi
aveva
sbagliato a presentarsi in quel modo senza chiedere a Liam
perché ora era
costretto a parlargli?
-
Non voglio costringerti.- si affrettò a introdursi
nel discorso che stava avvenendo di fronte a lui tra “Sto
solo cercando di
aiutarti” e “Questo è
tutto il contrario di aiutarmi”, indicò
alle proprie
spalle con un’espressione che sperava fosse convincente
mentre spiegava: - In
realtà ho anche molto da studiare, ero passato solo per un
saluto.-
Si
fermò a metà del vialetto quando si
sentì chiamare
per nome e non poté far a meno di sentire l’invito
che rivolgeva a Ruth a
rientrare in casa, scaricando la tensione che a ogni suo passo si
accumulava
nelle mani che stringeva tra loro. Cercò di scacciare
l’incertezza provocata da
quella strana situazione e mantenne gli occhi fissi sul viso di Liam
quando gli
si fermò di fronte, notando più della settimana
precedente il colorito pallido
e la stanchezza nei suoi occhi scuri e nella piega della sua bocca.
-
Che ci fai qui, Zayn?- Strinse le dita attorno alla
sua stessa mano per non rivelare tutte le emozioni che con tumulti
volevano
venire a galla, deglutì il groppo che gli chiudeva la gola e
si strinse nelle
spalle con gli occhi già lucidi quando sentì le
sue insistenze confuse. - Avevi
detto di dover studiare. Hai qualche test che ti aspetta il prossimo
mese.
Zayn, è importante che tieni una buona media
perché…-
-
Scusa, Liam. Non volevo costringerti a vedermi… o
parlarmi. Non voglio costringerti. Mi era sembrata
un’idea…- Si fermò con un
verso irritato quando non riuscì a concludere quella
spiegazione per colpa
della voce che gli si era spezzata, distolse lo sguardo da lui e
strofinò
insistentemente la manica della felpa contro le palpebre per eliminare
dal
principio le lacrime traditrici. Prese un respiro profondo per calmarsi
in
fretta e gli rivolse un sorriso un poco più convincente,
nonostante il tremolio
alle labbra mentre aggiungeva: - Ti ho visto e salutato quindi ora sono
pronto
a immergermi nei libri di scuola.-
-
Zayn.- Incrociò le braccia al petto per riuscire ad
affrontare l’occhiata perplessa di Liam, le spinse contro lo
stomaco al sospiro
arrendevole che aveva rilasciato e spostò per un istante lo
sguardo verso il
portone chiuso che indicava con un cenno e “Mi
dispiace per Ruth”.
Scosse il capo con un’alzata di spalle e ribatté:
- Aveva tutte le ragioni per
comportarsi così. Avrei dovuto avvisarti, prima di piombare
a casa tua senza
delicatezza.-
Curvò
un angolo delle labbra verso l’alto quando
riuscì a ottenere con quella frase la risata di Liam e
osservò con orgoglio la
piega del sorriso che gli illuminava il viso con più
allegria e leggerezza.
-
Non disturbi mai, puoi venire quando vuoi. Ruth ha
esagerato.- sentì insistere Liam una volta interrotta la
breve risata, il
divertimento che permaneva ancora nei suoi occhi, e si fece attento
quando spiegò:
- Era solo preoccupata perché Louis è stato qui e
abbiamo avuto una
discussione… non del tutto amichevole.-
Inarcò
un sopracciglio alla stretta di spalle di Liam
e al suo riportare tra loro il discorso fatto la settimana precedente,
fornendo
una giustificazione al comportamento di Louis.
-
Non è proprio così.- borbottò Zayn con
una smorfia
irritata sulle labbra, avrebbe fatto un discorso a Louis il prima
possibile, e
insistette: - Ci sono diversi modi per dire qualcosa e lui usa quella
sbagliata. Non può sfogarsi su di te, senza pensare alle
conseguenze delle sue
parole.-
Non
si premurò a nascondere il fastidio quando Liam
prese ancora le sue difese con un’alzata di spalle e
“Dimostra la
preoccupazione in modo diverso”,
borbottò ancora qualche mezzo insulto
contro Louis e sollevò gli occhi sul maggiore quando
insistette per sapere il
motivo della sua visita.
-
Ho pensato molto a tutto.- decise di prendere il
discorso dall’estremità più lontana,
darsi così il tempo di raggiungere il
nocciolo della questione ed essere il più chiaro possibile a
Liam che lo
fissava in attesa. - Tu ci sei sempre stato per me quando ho avuto dei
momenti
terribili in questi mesi e voglio esserci per te.-
Si
chiuse nelle spalle quando Liam lo chiamò con un
sospiro, tutta la stanchezza che traspariva ora anche dalla sua voce
mentre
sussurrava: - Ci sei per me. So che ci sei per me. Solo che oggi
dovresti
pensare a studiare e non…-
-
Solo qualche ora, Leeyum.- insistette con l’accenno
della supplica evidente dal tono della voce e dai palmi uniti di fronte
al viso
e quando vide sul suo viso dell’indecisione si
affrettò ad aggiungere: - Poi mi
metto a studiare tutto il pomeriggio.-
Osservò
l’apertura arrendevole delle braccia di Liam,
quel “Dove vuoi portarmi?” che
aveva pronunciato con un una punta di
divertimento nella voce, e si concentrò per ricordarsi quel
che aveva deciso,
non trovando alcuna idea perché il piano geniale si fermava
a quel punto.
Raggiungere Liam, spiegargli di voler esserci per lui e… non
aveva pensato ad
altro.
-
Non sono ancora arrivato a quel punto.- borbottò tra
sé e sé, rilasciò uno sbuffo alla
risata del maggiore e si grattò la nuca,
socchiudendo gli occhi mentre con voce tentennante proponeva: - Ci
sarebbe una
bella mostra di fotografia che vorrei vedere. Però in questo
modo si
tratterebbe di me, non di te.-
Si
coprì il viso con i palmi quando non riuscì a
trovare altre proposte intelligenti. Era assurdo scoprire in quel modo
quanto
poco conoscesse Liam, o meglio… come ignorasse
cos’avrebbe aiutato Liam a
togliere la tensione dalle spalle e dal viso. La palestra? Il football?
Doveva
esserci altro che potevano fare assieme.
-
Se vuoi andare a questa mostra posso venire con te.
Non mi crea problemi, Zayn.-
Scosse
il capo ripetutamente con un verso frustrato
per mostrargli l’insensatezza di quella soluzione e
pensò con amarezza
all’occasione persa la settimana precedente di chiedere
consigli a Louis… o a
Josh. Josh conosceva sicuramente la soluzione e gliel’avrebbe
fornita senza
esitazione, al contrario di Louis che sembrava dell’idea
malsana di lasciare
Liam a soffrire finché non avesse trovato le palle
di affrontarli.
-
Voglio davvero mostrarti di esserci per te, Liam.-
sussurrò con un successivo sospiro e gli occhi bassi mentre
confessava: - Per
favore, è importante.-
Tenne
puntigliosamente lo sguardo fisso sui loro piedi
perché era certo Liam lo stesse fissando dal principio di
quel discorso e
sollevò di scatto il viso quando sentì la sua
domanda ‒ “Ti va di fare un
tuffo?”
-
Un… un tuffo?- ripeté le sue parole con la fronte
corrugata e gli occhi fermi sul ragazzo che annuiva con un sorriso, si
stringeva nelle spalle e ripeteva “Credo possa farmi
bene un tuffo, a te?”.
-
Questo… è importante per te? Ti aiuterebbe?-
Intravide un guizzo sulle labbra di Liam, il sorriso malcelato che per
un
istante aveva reso il suo viso meno teso, e accettò la sua
proposta con dei
cenni del capo e “Andiamo dove vuoi”.
S’illuminò subito quando il
sorriso di Liam fu più stabile e lo seguì con uno
scatto quando gli diede le
spalle con degli inviti a entrare in casa mentre preparava
l’occorrente.
Salutò
Ruth con un cenno, un poco teso per la
situazione che si era venuta a creare nei minuti precedenti, quando
Liam li
lasciò soli per cambiarsi e ondeggiò appena sui
piedi, spostando il peso del
corpo per tenersi impegnato e non pensare allo sguardo che la sorella
di Liam
continuava a riservargli. Il litigio con Louis doveva essere stato
importante,
se ora lei non si fidava neppure di lui.
-
Mi hai detto che voleva del tempo e ho cercato di
lasciargli spazio.- si rivolse a lei con un tono basso e gli occhi
rivolti a un
quadro appeso alla parete pur di non affrontarla. Era già
complicato inserirsi
in quel discorso, portarlo avanti con l’evidente giudizio nei
suoi occhi
sarebbe stato impossibile. - Ho più motivi io per gridargli
contro di quanti ne
abbia Louis, ma non l’ho fatto e non voglio farlo. Sono solo
preoccupato per
lui e voglio aiutarlo. Voglio stare vicino a lui e dimostrargli che non
è solo.-
-
Zayn, io non voglio che tu stia lontano da mio
fratello. Sono solo preoccupata quanto te. Voglio il meglio per lui e
dopo quel
che è successo credevo non volesse…-
-
So cosa si prova a essere circondato di persone e
sentirsi soli.- la interruppe con la voce che tremava un poco
dall’emozione ma
gli occhi decisi e fermi nei suoi mentre affermava con più
sicurezza: - Voglio
che lui sappia che ci sono, anche quando si sente solo. Può
fidarsi di me, non
ha bisogno di nascondere nulla.-
Seguì
il cenno del capo di Ruth, il sorriso debole che
compariva sulle sue labbra, e spostò l’attenzione
su Liam che saltava l’ultimo
gradino con più grinta di quella dimostrata poco prima,
così come la luce che
stava nei suoi occhi e sul suo viso.
-
Non dirmi che in quella borsa ci sono i libri da
studiare.-
Scacciò
la sua mano dal laccio della tracolla che
aveva usato per fargli fare dei passi in avanti e borbottò:
- Avevo bisogno di
una scusa credibile per uscire dalla mia stanza.-
Salutò
Ruth con un movimento delle dita mentre si
lasciava guidare verso il portone dal braccio che Liam aveva poggiato
sulle
spalle e spinse un gomito contro il suo fianco quando sentì
chiaro contro
l’orecchio la cantilena: - Il gattino disubbidiente corre dal
suo padrone alla
prima occasione.-
Sembrava
l’idea di raggiungerlo e costringerlo a
parlargli avesse funzionato sull’umore di Liam più
di quel che aveva
ipotizzato. E Zayn percepiva il cuore riempirsi della risata del
maggiore che
aveva ignorato totalmente il gesto per farlo zittire e aveva ripreso un
discorso sui gattini, gli alberi e “Mi sei mancato,
scricciolo”. Si
plasmò contro il suo fianco con un sorriso felice quando la
presa del suo
braccio sulle spalle si rafforzò e sollevò il
viso per trovare la sua bocca.
Non riuscì nemmeno a sbuffare infastidito quando gli
scompigliò le ciocche con
una mano, si tenne stretto a lui con le dita ancorate alla sua maglia e
ascoltò
ogni sua parola di giornate passate in compagnia di Josh e Niall che
erano
quanto di più disgustoso e melenso
avesse mai visto. Inarcò un
sopracciglio confuso quando parlò di preparativi di
matrimonio, accenni a balli
che avrebbero dovuto fare al centro della pista e una breve parola sul
bouquet
della sposa che avrebbe dovuto recuperare. Si soffermò solo
sul commento divertito
che aveva fatto dell’altezza, gli diede un pizzicotto contro
il fianco e
sorrise fiero al verso sorpreso che era risuonato l’attimo
dopo nel garage.
///
-
È importante che tu chiuda gli occhi per gustare al
meglio questa specialità.-
Zayn
scosse il capo con una risata ma imitò quel che
Liam gli aveva ordinato, abbassò le palpebre e tenne il
sandwich di fronte agli
occhi chiusi, prese un respiro al ridicolo “Fai
entrare Galveston dentro di
te” e diede un morso al panino, gustandolo in
silenzio mentre si lasciava
avvolgere dall’atmosfera creata dallo stridio dei gabbiani,
dal rumore delle
onde e dal vento tra i capelli. Si strinse nelle spalle per rispondere
alla
richiesta di Liam di commentare quanto appena mangiato e si
leccò le labbra per
ripulirle della salsa in eccesso, affondando di nuovo i denti nel pane
e nella
carne con un verso soddisfatto.
Rilasciò
una risata nasale quando sentì Liam citare
con eccessiva serietà il nome che aveva dato al sandwich -
“Il panino
orgasmo, che ti dicevo?” - e gli rivolse una breve
occhiata di sfuggita per
imprimersi nella testa il sorriso genuino che stava sulle sue labbra da
parecchio tempo. Non sapeva se fosse merito della compagnia o di quella
spiaggia, quel che era importante era vedere un po’ di
felicità e
spensieratezza sul viso provato dalla stanchezza.
-
Credo ci sia troppa salsa.- si decise a commentare
il minore quando a un nuovo morso delle gocce caddero tra le gambe
aperte e
sulla sabbia, si leccò il mignolo e il polso per ripulirsi e
al verso scandalizzato
di Liam ripeté quanto detto in un “Eccessiva
salsa”.
Inclinò
il viso per fissare quello che scuoteva la
testa con dei borbottii e si spinse contro la sua spalla con un sorriso
quando
sentì la filippica che aveva pronunciato in difesa di quel
panino, roteando gli
occhi con uno sbuffo alla sua conclusione ‒ “E tanto
per intenderci, Zayn,
non esiste il termine troppa salsa. La salsa non
è mai troppa”.
Fissò
il restante panino che teneva tra le mani mentre
ascoltava le enunciazioni infervorate di Liam sulla cucina sudista, su
quanto
doveva imparare sulle pietanze tipiche e su quanti anni aveva sprecato
nella
totale ignoranza da inglese in terra straniera. Fu quando introdusse il
discorso sull’ignoranza da spezie che rilasciò un
verso incredulo, tossì un
paio di volte e accettò la bottiglia d’acqua,
prendendo un sorso e un respiro
l’attimo dopo.
-
Mio nonno è un puro pakistano e, fidati, so cosa
sono le spezie.- si difese con un’occhiata torva rivolta al
ragazzo che aveva
sulle labbra un sorriso di sfida e sollevò il sandwich
mentre borbottava: - Qui
dentro è troppa la salsa e soffoca tutto il resto dei
sapori.-
Finì
quel che gli restava tra le mani con dei morsi
affamati, deglutì il tutto con un nuovo sorso
d’acqua e si sdraiò sul telo,
picchiettando i palmi sullo stomaco con un sorriso soddisfatto e un
sospiro.
Puntò gli occhi sulla schiena di Liam, ancora indaffarato
con il suo panino, e
mosse i piedi nudi nella sabbia, apprezzando
l’umidità di quei granelli sulla
pelle.
-
Mi piace questo posto. È molto tranquillo.-
commentò
nel silenzio rotto dagli uccelli marini e dalla lenta risacca,
allungò un
braccio per sfiorare con le dita la fascia di pelle libera dal tessuto
della
maglia del ragazzo che gli stava seduto accanto e gli sorrise quando si
voltò appena
a guardarlo. Premette tutto il palmo contro la sua schiena quando Liam
sembrò
cercare un contatto più solido con quel lieve indietreggiare
e, anche se aveva
rivolto di nuovo gli occhi verso la vastità
dell’oceano, annuì al suo
mormorare: - D’inverno mi piace di più.
D’estate c’è troppa gente.-
Trattenne
il respiro quando sentì il suo sospiro
pesante, la risata smorzata che aveva preceduto la scossa del capo e
“Ci
venivo sempre da bambino”. Risalì con i
polpastrelli lungo la sua spina
dorsale, cercando in quel modo di mostrarsi attento e presente, e
ripercorse lo
stesso tratto in una lunga discesa con le nocche contro la pelle quando
respirò
e confessò: - Mi portava qui la mia terapista. Non mi
piacevano molto gli spazi
chiusi.-
Spostò
gli occhi sulle sue dita che dal tracciare dei
segni sulla sabbia erano passate a muoversi sul tessuto dei pantaloni e
commentò con un verso la sua frase, come a spiegargli di
essere attento ed
essere pronto ad ascoltare qualsiasi discorso volesse intraprendere.
Piegò una
gamba per riuscire a tenerla più vicino a Liam,
semplificando in quel modo il
percorso delle sue dita dal ginocchio fino alla caviglia, e
sfregò il palmo
contro la sua schiena quando prese un respiro più profondo
dei precedenti.
-
Stava sempre seduta a riva e mi lasciava correre
fino al molo là in fondo.- Inclinò il viso per
seguire quel che il braccio teso
di Liam stava indicando e riportò subito dopo gli occhi
sulla sua schiena,
risalendo lungo la sua nuca e quel che riusciva a intravedere del suo
viso, delle
labbra che stava torturando con i denti in un chiaro sintomo di
nervosismo.
Picchiettò le dita contro il suo fianco e spinse il
ginocchio contro il suo
gomito per invitarlo e riprendere con quei tocchi, ottenendo la sua
risata che
fece sciogliere il nodo di improvvisa ansia dallo stomaco.
-
Non è necessario che me ne parli. Non ho accettato
di seguirti fin qui per farti parlare.- sussurrò con cautela
quando il silenzio
si protese con gli occhi di Liam puntati ostinatamente
all’orizzonte, sfiorò
con le dita la linea creata dalle ultime vertebre e insistette: -
Voglio solo
starti vicino, Liam.-
Seguì
il movimento veloce del suo capo e si mise
seduto con uno scatto al suo confessare di essere stanco
e al singhiozzo
che aveva spezzato l’ultima parola. Avvolse le braccia
attorno alla sua vita,
spinse la fronte contro le sue spalle e lo lasciò piangere
tra i palmi delle
mani, stringendo il tessuto della sua maglia tra le dita come ad
ancorare
entrambi con quella presa.
-
So che non sono… che non posso… credevo davvero
questa volta di… poi sono tornato a casa e mi è
piombato tutto addosso.-
Spostò
una mano all’altezza del suo cuore che batteva
con più forza e nascose il viso contro il suo collo,
respirando piano per
permettergli di concentrarsi su di lui e non su tutti i pensieri che si
riversavano fuori dalla sua bocca in farfugli incompleti.
-
Non riesco a non… è frustrante tutto questo.
Venire
a patti con qualcosa che non puoi controllare del tutto. È
faticoso riprendersi
dopo e accettare una sconfitta sul controllo che credevo di aver
trovato sulla
mia vita.-
-
Liam, non puoi controllare ogni…-
-
Lo so, Zayn. Lo so perfettamente.- Mosse il capo in
un cenno alla sua interruzione e sfregò i palmi sul suo
addome, lasciandosi
stringere poi una mano e intrecciare le dita con le sue. - Mi sento
così…
spossato e senza forze quando tutto finisce. So che non posso
controllare tutto
quanto, ma una parte di me è convinta che non mi sia
impegnato a sufficienza,
che mi sia arreso.-
Fece
scorrere il pollice lungo il dorso della sua mano
e inclinò il viso per premere le labbra contro la sua
mandibola, cercando quasi
di chiudere il suo corpo più grande e muscoloso tra le
braccia per proteggerlo
da tutto quel che lo preoccupava tanto.
-
Quel che ti rende tanto forte è alzarti dopo una
sconfitta, come dopo una caduta durante una partita.-
bisbigliò con serietà, le
dita di una mano strette al suo mento per farlo voltare e avere la
possibilità
di tenere gli occhi fissi nei suoi. - Vedila in questo modo,
quarterback. Una
caduta non t’impedisce di fare… touchdown?-
tentennò sull’ultima parola
con le sopracciglia corrugate e una smorfia sulle labbra,
sfiorò la sua guancia
con le nocche al breve cenno indeciso del capo di Liam e si sporse per
premere
un bacio delicato contro la sua tempia.
Spostò
le braccia dalla sua vita a circondare le sue
spalle, trascinandoselo dietro a sdraiarsi sul telo, si
rannicchiò contro il
suo fianco e poggiò la guancia contro il suo petto,
sfiorando con le labbra il
tessuto della sua maglia mentre mormorava: - Non voglio che tu sia
sempre forte
e indistruttibile con me, Liam. Abbiamo tutti le nostre debolezze e non
sei
costretto a nascondere le tue. Posso starti accanto, anche se non hai
voglia di
parlare. E allo stesso modo non devi sentirti in colpa se vuoi stare
solo.
Basta che tu sappia che ci sono.-
-
Lo so, Zayn. E grazie.-
Spinse
i polpastrelli contro la maglia e chiuse gli
occhi quando le sue dita si mossero con leggerezza tra le ciocche,
lasciandosi
cullare dal battito del suo cuore sotto l’orecchio e dal
rumore dell’oceano. Si
addormentò subito dopo uno sbadiglio rumoroso con un sorriso
sulle labbra,
l’ultima affermazione di Liam che l’aveva
accompagnato con dolcezza ‒ “Dormiglione
come un gattino”.
///
-
Malik, Styles e Calder. Vorrei parlare con voi
ancora un po’.-
Le
teste di tutti e tre si mossero all’unisono in un
cenno affermativo, rifiutarono l’invito fatto
dall’uomo dietro la scrivania a
prendere posto sulle poltroncine e tennero gli occhi rivolti a quello
che
sistemava gli occhiali sul naso adunco. La stanza che si svuotava degli
altri
coetanei e loro che restavano al cospetto di quello che dopo un sospiro
si
decise a chiedere: - Quel che avete detto poco fa…
è tutto vero?-
Solo
due teste si mossero questa volta per annuire,
Zayn al contrario dei suoi amici teneva le braccia incrociate al petto
e
un’espressione priva di emozioni in viso. Riuscì a
mantenere lo sguardo fermo
in quello del preside e la stessa posizione rigida ai suoi inviti a
parlare e
confermare quanto riportato dai due compagni di classe ‒ “È
una situazione
che sta proseguendo da tre anni? È corretto?”
Zayn
sollevò le spalle in silenzio, sicuro di avere
gli occhi degli amici addosso che cercavano di trovare una spiegazione
a quel
comportamento freddo, e spinse gli avambracci contro lo stomaco quando
alle
proprie spalle si fece sentire uno schiarimento di voce e “Se
permette,
preside, posso confermare io quanto detto da Styles e Calder”.
Per quale
motivo ora anche il professore di matematica credeva di avere diritto
di parola
su quella situazione?
-
Gradirei sentire la conferma dell’interessato di
questa vicenda. Non voglio favoritismi in questa scuola.-
Non
riuscì a fermare il verso sprezzante al
concludersi di quell’affermazione seriosa, strinse la stoffa
della camicia
della divisa per farsi forza e con sarcasmo nella voce
mormorò: -
Effettivamente in questi tre anni non ce ne sono mai stati.-
-
Quindi è la verità? Ci sono stati atti di
bullismo
ripetuti nei suoi confronti?-
Si
rifiutò di rispondere e strinse con più forza le
braccia per contenere tutta l’amarezza che voleva sputare
contro quell’uomo che
avrebbe dovuto proteggerlo molto tempo prima. Rivolse a Harry e al suo
ottimista “Racconta tutto, Zayn! Può
aiutarti lui” uno sguardo truce e
tenne un tono basso per farsi sentire solo dall’amico mentre
grugniva: - Non
vedo perché dovrei dire una cosa che avete già
confermato tutti voi. Non
risolverebbe nulla.-
Riportò
poi lo sguardo sul preside che si stava
sporgendo sulla sedia per riuscire quasi a captare i loro discorsi e
con un
cenno svogliato della mano borbottò: - Ho picchiato di nuovo
Jason e aspetto la
sospensione. Non c’è nulla che io possa dire per
discolparmi.-
-
Signorino Malik…- Prese un respiro per prepararsi al
proseguirsi di quel discorso dal tono fin troppo austero e
sbuffò apertamente
quando continuò: -… deve sapere che tengo molto
ai miei studenti e…-
-
Ora improvvisamente tiene a me.- lo bloccò con una
smorfia sulle labbra, indicò alle proprie spalle con il
pollice e insistette: -
Solo perché nella mensa ci hanno visto tutti e le voci
girano e la reputazione
della scuola ne soffrirebbe. Tiene a me perché la mancata
integrazione dei
terroristi non viene vista di buon occhio al giorno d’oggi.-
-
Non si permetta di…-
Sollevò
le braccia con un sospiro per spegnere la
rabbia che stava infiammando il viso del preside e borbottò:
- Mi dia questa
sospensione e facciamola finita. Mi sono stancato.-
Abbassò
lo sguardo quando delle mani forti si posarono
sulle spalle e intravide il capo del preside muoversi in un cenno, la
sua mano
indicare verso la porta e “Potete andare”.
Si scansò con un movimento
brusco per far cadere le mani dalle spalle e marciò verso
l’uscita dello
studio, evitando di ribattere con una battuta acida sulla mancanza di
punizione
che attendeva. Tenne puntigliosamente gli occhi sulle scarpe e
ignorò i due
amici che lo salutavano, pronti a raggiungee le loro abitazioni dopo
quella
giornata di scuola e lasciarlo solo alla richiesta fatta dal professore
a restare
con lui.
Non
solo un richiamo dal preside. Ora era costretto a
sentire un rimprovero di un professore che fingeva di tenerci a lui e
all’andamento scolastico.
Lo
seguì ugualmente verso l’infermeria,
accettò con un
mezzo ringraziamento il pacco di ghiaccio e lo portò subito
contro il punto che
aveva sbattuto e che gli doleva, sedendosi su uno sgabello e osservando
a occhi
bassi le quattro gambe di una sedia collocarsi di fronte a lui.
Riuscì a
restare in silenzio per quasi cinque minuti, poi sbuffò,
spinse i polpastrelli
contro l’involucro ghiacciato e si rivolse al professore con
un insofferente “Ha
bisogno di qualcosa? O vuole un aiuto per riprendere con la filippica?”.
-
Vogliamo solo aiutarti.-
-
Ha paura per Jason o per me? O per la reputazione
della scuola?-
-
Zayn.-
Spostò
il ghiaccio dal sopracciglio e puntò gli occhi
su quell’oggetto, riportandolo subito dopo contro la zona
dolorante del viso
dove era certo stesse comparendo un bernoccolo.
-
Quando un professore ti chiama per nome è perché
sta
cercando di stabilire un legame. Sono messo così male,
perfetto.-
Ignorò
il sospiro che quello seduto di fronte a lui
aveva rilasciato e persino la sua confessione - “Ero
esattamente come te,
sai?” -, strinse le dita sul pacco che premeva
contro la fronte e sperò di
non aver avuto una smorfia evidente sulle labbra per il dolore provato
dall’inarcatura del sopracciglio.
-
Posso assicurarti che proteggerti dietro questa
facciata da insensibile non servirà a risolvere il problema.-
Si
strinse nelle spalle e ribatté: - Non
c’è stato
problema per tre anni. Non vedo perché dovrebbe esserci ora.-
-
Hai ragione ad essere arrabbiato con questo
sistema.- Incise i denti sul labbro inferiore per fermare il verso
infastidito
quando la pelle tirò di nuovo all’aggrottarsi
della fronte, sollevò le spalle
in un gesto indifferente e ascoltò la voce del professore
continuare: - Ti
abbiamo deluso. Non ti abbiamo aiutato. Hai fottutamente ragione.-
Rilasciò
una risata amara alla piccata conclusione e
con una scossa del capo commentò: - Ora sta usando un
linguaggio più giovanile
per far in modo che io possa fidarmi di lei perché
è dalla mia parte.-
-
Zayn.-
Non
rispose a quel richiamo, ascoltò il successivo “So
come ci si sente” e solo a quel punto si decise a
sollevare gli occhi verso
il professore, cercando di trovare nell’espressione del suo
viso una
coincidenza con l’onestà percepita nella sua voce.
Distolse lo sguardo l’attimo
successivo aver trovato la risposta che cercava, sospirò e
dopo una stretta
delle spalle confessò: - Mi ha dato uno spintone in mensa e
ha detto una cosa
disgustosa. Solitamente riesco a ignorare quel che dice
perché… insomma, non è
uno spasso gettarsi in una rissa che sai di perdere in partenza. Ha
insistito e
non voleva lasciarmi andare il braccio. Gli ho dato uno spintone per
allontanarlo da me. È stato lui a iniziare e poi lei si
è messo in mezzo, ci ha
trascinati dal preside che ha fatto chiamare i genitori di Jason, che
è stato
sospeso e ora siamo qui.-
Sollevò
appena gli occhi dalle nocche rosse per cercare
di capire il motivo del silenzio del professore, lo vide pronto a
parlare e
vennero interrotti dal bussare contro la porta aperta
dell’infermeria. Le
labbra di Zayn si stesero subito in un sorriso quando riconobbe il viso
di
Liam, si raddrizzò con la schiena sullo sgabello e
aspettò con pazienza che i
suoi lenti passi in avanti lo portassero più vicino.
-
Harry mi ha detto che ti avrei trovato qui. Stai
bene?-
Si
strinse nelle spalle per rispondergli, nonostante
non ce ne fosse alcun bisogno dal momento che stava cercando da solo di
capire
la situazione. Le sue dita gli tenevano con delicatezza il mento per
fargli
tenere sollevato il viso e i suoi occhi lo stavano ispezionando nei
dettagli
per trovare segni di lotta.
-
Nulla di rotto, Leeyum. Solo una botta quando sono
finito con la faccia contro il pavimento.- spiegò mentre
allontanava il
ghiaccio dalla pelle per mostrargli il punto dolorante,
seguì la sua scossa del
capo, il suo sospiro e ridacchiò divertito per
l’improvvisa sorpresa e
imbarazzo che aveva colorato le sue guance di rosso
all’accorgersi dell’altra
persona che era con loro.
Era
esilarante la scenetta che si trovava davanti agli
occhi, un esemplare di Liam Payne frustrato alle prese con un
professore di
matematica.
-
I suoi genitori non sono in casa e hanno chiamato me
per venire a prenderlo. Non è un problema che sia entrato a
scuola? Anche
perché era la mia vecchia scuola e… uh.-
-
Non c’è problema, Liam Payne.-
-
Ci conosciamo?-
-
Studente brillante che ha preferito concentrarsi
sullo sport. Mio marito mi rinfaccia sempre che hai preferito seguire i
suoi
consigli ai miei.-
Zayn
ridacchiò divertito di fronte al persistere
dell’imbarazzo di Liam che sfregava ora una mano contro la
nuca e si difendeva
dicendo: - Sono cresciuto nella sua palestra. È diventato il
mio mentore.-
-
E non fa altro che vantarsi anche di quello. Dice
che il suo pupillo diventerà famoso.-
Zayn
diede un pizzicotto al fianco di Liam e osservò
poi il gesto del professore di alzarsi, premere una mano contro la
spalla del
maggiore e commentare con un cenno nella sua direzione di tenere
controllata la
“bestia”. Distolse lo sguardo da
Liam quando il professore aggiunse “Ha
fatto un occhio nero al suo compagno di scuola” e
aspettò fossero soli per
rispondere alla sua domanda con un cenno del capo, sollevando la mano
che non
teneva il ghiaccio per mostrargli le nocche rosse per quei ripetuti
scontri
contro il viso del coetaneo.
-
Sempre lui?-
Annuì
ancora una volta con una stretta delle spalle e
osservò il pollice che sfregava contro il dorso della mano,
decidendosi poi a
sussurrare: - Se gli dai un bacio guarisce prima.-
Distese
le labbra in un sorriso quando vide un ghigno
comparire sulla bocca di Liam e mosse di nuovo il capo in un cenno
affermativo,
ridacchiando divertito a ogni bacio che il maggiore stava lasciando
sulla pelle
arrossata.
-
Sono diventato un ragazzo ribelle, hai visto?- Mosse
le sopracciglia in un gesto provocante e gli mostrò la
lingua quando scoppiò in
una risata fragorosa al lamento che era sfuggito dalle labbra a quel
movimento.
Commentò il suo divertimento con uno sbuffo annoiato e
spinse il ghiaccio
contro la fronte, ribadendo: - Fossi in te non approfitterei di questa
situazione in cui sembro svantaggiato. Ho un pugno di ferro. Nessuno te
l’ha
detto?-
Chiuse
la mano in un pugno e lo spinse senza forza
contro la sua spalla, imitando il suono di un crollo. Gonfiò
il petto con
soddisfazione quando Liam non accennò a calmarsi, arrivando
persino a ridere
fino alle lacrime, e si lasciò abbracciare da lui subito
dopo, ridacchiando
contro la stoffa della sua felpa e confessando: - Se sapevo di farti
ridere
così avrei sferrato la mia arma magica tanto tempo fa.-
Si
lasciò scompigliare i capelli con un sorriso e
saltò giù dallo sgabello, seguendolo fuori
dall’infermeria con il ghiaccio che
premeva contro la fronte e la mano libera stretta alla sua felpa.
Tirò la
stoffa con una risata quando all’uscita della scuola
intravide la Ferrari rossa
e si lasciò trascinare per un braccio mentre continuava a
ridere e ripetere: -
Avrei dovuto sfoderare il mio pugno d’acciaio molto tempo fa.
Tantissimo tempo
fa.-
Angolo
Shine:
Eccoci
qui con questa terza pubblicazione estiva
dell’AU car wasshhhiana. Ora si apre
davanti a me la lunga pausa
meditativa prima dell’ultima carrellata. Da leggersi come, la
sedicesima parte
se ne parla a dicembre perché è un episodio
natalizio e non posso scrivere
del natale con questo caldo.
Ora,
per quel che riguarda questa parte… eh.
(Il
titolo è un verso della canzone King di
Lauren
Aquilina e vi consiglio di ascoltarla perché
è meravigliosa)
Decidere
di riprendere in mano questa serie mi ha
permesso di trovare di nuovo questi personaggi e farli maturare. O
meglio,
permettermi di fare il passo per quel che riguarda la caratterizzazione
di
Liam. Non mi sentivo pronta a dare un nome ai momenti di rabbia che
compaiono
nelle altre parti di Car Wash e non volevo banalizzare un discorso
tanto serio
quanto l’eid (disturbo esplosivo intermittente). Ho deciso di
portarlo alla
luce perché mi sento un poco più sicura con la
scrittura e spero di aver
descritto nel modo più semplice e veritiero.
I
prossimi aggiornamenti dell’universo di Car Wash:
-
mercoledì 23 con lo spin-off LiLo
-
martedì 29 con lo spin-off Ziam
Per
il resto se ne parla con l’arrivo del freddo di
dicembre che porterà il natale nella famiglia Malik-Payne.
Ho già in mente
tanto bel fluff per riprendermi da tutto questo angst eccessivo.
Per
quel che riguarda invece le altre mie storie sono
fortemente convinta di pubblicare l’OS sulla sirenetta
moderna per fine
ottobre/Halloween. E ho ceduto tanto facilmente all’idea
della telenovela Ziam
(per intenderci Liam riccone e Zayn che lavora per la famiglia Payne)
quando
Liam ha deciso che era cosa buona e giusta indossare un completo
elegante e un
paio di occhiali da vista. Quel giorno sono morta e mi sono lasciata
prendere
dalla tentazione di quell’os che mi perseguita da anni.
Un
enorme ringraziamento a chi ancora mi legge e
spera, come la povera me illusa, in un ritorno dello Ziam. Ho bisogno
solo di una
collaborazione, non mi sembra di chiedere molto.
Come
sempre potete trovarmi su Twitter
per una
chiacchierata di qualsiasi genere.
A
presto! ♥
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