ReggaeFamily
Capitolo
sedici: Immigrant
Star
«Adesso
prendo il vino e me ne vado...»
Sbuffai,
entrando in camera mia per mettere in carica il cellulare.
Nel
frattempo, sentii che Nicolò si stava arrampicando su per le
scale: produceva un baccano assurdo e strillava come suo solito.
«No,
e adesso questo che vuole?» protestai a voce non troppo bassa,
senza curarmi del fatto che lui potesse sentirmi. Non mi importava,
lo sopportavo a malapena e non ero contenta di trovarmelo tra i piedi
anche in camera mia.
«Chissà...»
ribatté Viola.
Il
ragazzo arrivò in fretta sulla soglia e cominciò a
straparlare come al solito, perforando i miei timpani e la soglia
della mia pazienza. Non avevo proprio alcuna intenzione di averci a
che fare.
«Dove
siete voi due?» urlò Nicolò, rivolto a me e
Viola.
«In
camera nostra, cosa te ne frega?!» sbottai.
«Dai
Lalli, non trattarlo male che poi rompe il doppio...» bisbigliò
Viola.
Nel
frattempo ci adoperammo per cominciare a preparare i bagagli: alla
partenza ormai mancava pochissimo, la mattina seguente sarebbe tutto
finito e ognuno sarebbe tornato alla propria vita. Da un lato ero
piuttosto contenta, ma dall'altro c'era una vena di malinconia che
permeava il mio essere. Ovviamente, Viola mi sarebbe mancata, così
come Giovanna e Marta. Marco no di certo, ma questo era logico.
Udii
Nicolò che parlava animatamente con Marco, poi quest'ultimo
aprì il frigorifero che si trovava in cucina e la sua voce
arrivò in un rimbombo confuso fino a noi.
«Marta,
vedrai che faremo una bella festa!» assicurò il ragazzo,
per poi afferrare rumorosamente le due bottiglie di vino che aveva
comprato apposta per quella sera.
Poi
tutto accadde in un secondo: un frastuono terribile, rumore di vetri
infranti, un puzzo nauseabondo a base di alcol e poco altro...
Io
e Viola strillammo simultaneamente e ci tappammo entrambe il naso con
due dita, soffiando aria dalla bocca.
«Oddio
che schifo! Che cazzo è successo?» sbottai irritata,
procedendo a tentoni verso la porta. L'aria era irrespirabile, volevo
chiudermi dentro la stanza e non sentire più quell'olezzo
disgustoso.
«No!»
sbraitò Marco. «No, cazzo... il vino! Dodici euro
sprecati, no! Cazzo, e adesso?! No, non ci credo, che peccato!»
La
scena era talmente raccapricciante che io e Viola non potemmo più
trattenerci e scoppiammo a ridere come due pazze.
Nel
frattempo raggiunsi la porta e la sbattei con forza, rendendomi conto
che fortunatamente l'odore del vino non si sentiva più tanto
forte come prima.
Allora
lasciai libere le mie povere narici e risi, risi fin quasi a perdere
il respiro; era assurdo, Marco se l'era proprio meritato
quell'incidente con il suo diamine di vino!
«Quant'è
che l'ha pagato? Dodici euro?!» strillò Viola in tono
incredulo, portandosi una mano alla fronte. «Oddio, ma... come
si possono spendere tutti quei soldi per un litro di vino?»
«Non
era un litro, ma settantacinque millilitri» precisò lui
dalla cucina, continuando a imprecare come un forsennato.
Nel
frattempo Giovanna arrivò in nostro soccorso, salendo di corsa
le scale per dare una mano a Marta.
«Vi
prego, pulite in fretta! Non si respira qui dentro!» implorai,
sistemandomi vicino alla finestra per poter respirare un po' d'aria
pulita e fresca.
Poi
continuai a ridere, trovando che quella fosse la lezione perfetta che
Marco doveva ricevere.
«Così
impara!» sentenziò Viola in tono malizioso. «Cretino.»
«Così
impari, Marco!» gridai io senza pormi alcun tipo di problema.
Ormai ero troppo divertita per smettere di prenderlo in giro.
Io
e Viola stavamo facendo un baccano assurdo e, mentre Giovanna faceva
avanti e indietro dalla nostra stanza alla sua per recuperare stracci
e disinfettanti vari, Marta ci intimava di abbassare la voce perché
avremmo potuto disturbare gli altri ospiti del residence.
A
noi, neanche a dirlo, importava ben poco.
«Che
è 'sta puzza?! Oddio! Mi sembra di essere in cantina, che
schifo!» si lamentò Tamara, che intanto stava cercando
di salire le scale in modo da controllare cosa stesse succedendo.
«Tami,
stai giù! Quell'imbecille di Marco ha fatto cadere una delle
sue bottiglie di alcol sul pavimento della nostra cucina!» la
ammonii, accostandomi maggiormente alla zanzariera della finestra.
«Cosa?»
Mia sorella si bloccò a metà strada e si lasciò
andare a una fragorosa risata. «Gli sta bene! Così
impara a voler sempre assumere quella merda!» proferì
con entusiasmo, poi fece dietrofront e si allontanò
nuovamente.
«Andate
a fanculo!» gracchiò Marco dalla cucina, per poi
lasciare la nostra stanza tra borbottii e imprecazioni irripetibili.
«Ma
smettila, non è morto nessuno!» lo rimbrottò
Viola, accostandosi a piccoli passi alla finestra sotto cui lui stava
passando proprio in quel momento.
«Uhm...
dodici euro sprecati, ma dimmi te... cazzo, non ci voleva...»
La
sua voce cupa e amareggiata si perse nell'aria.
Io
e Viola rimanemmo perplesse per un attimo, poi tornammo ad
abbandonarci a un'altra serie infinite di risa.
Veramente
ridicolo.
Mi venivano in mente
soltanto quelle due parole per descrivere Marco e il suo
comportamento, specialmente durante quell'ultimo campo. Non so come
mai non mi fossi mai resa conto di che razza di idiota aveva attirato
la mia attenzione in passato.
Prima di scendere a cena,
scambiai qualche messaggio con Danilo.
Quel
cretino del mio ex ha fatto cadere una bottiglia di vino da 12 euro
in camera mia... non sai che puzza, ahahahahah, gli sta bene!
Domani
torni a scuola, vero? Come ti senti? Sei pronto?
Ahah
dai si sono pronto
Mi
fa piacere! A che ora dovrai alzarti? :)
Alle
7 e 10 circa
Infatti
vado a letto tra poco
Alle
nove vai già a letto?! O.O
E
si mi tocca cucciolotta
Io
non riuscirei XD dai, adesso vado a cena... lascio il telefono in
carica. Mi raccomando, stai tranquillo per domani, poi comunque ci
risentiamo! Un bacio :3
Abbandonai il cellulare sul
comodino e non aspettai una sua risposta, uscii dalla stanza in
compagnia di Viola e Marta, contenta che non ci fosse più
quella puzza nauseante di alcol.
Raggiungemmo il resto del
gruppo in piscina, dove già le pizze erano state sistemate sul
tavolo. Per l'occasione, questo era stato posizionato su una
piattaforma di cemento dove in genere stazionavano le sdraio.
Avevo portato con me il
computer, dentro il quale era già pronta la playlist che io e
Marta avevamo preparato apposta per l'occasione. Lo consegnai a
Giovanna, lei lo sistemò su una sedia e io mi avvicinai per
poterci collegare le casse portatili. Selezionai la playlist e la
feci partire in riproduzione casuale.
La musica fu un dolce
sottofondo durante la cena: io avevo preso una pizza con il
gorgonzola e me la gustavo appieno, decisamente affamata. Era una
bella serata, non c'era caldo e non soffiava troppo vento da
disturbarci, ma abbastanza per mantenere una temperatura piacevole.
Parlammo ancora
dell'incidente di Marco con il vino e tutti lo prendemmo ancora in
giro per ciò che aveva combinato.
«Tanto le bottiglie
erano due!» protestò con un boccone di pizza ancora da
inghiottire.
«Mastica, ingoia e poi
parla! Ci manca solo che mi sputi in faccia!» mi lamentai, dal
momento che ero seduta proprio di fronte a lui.
Tamara, al suo fianco, quasi
soffocò per via di un'improvvisa risata. «Stavo bevendo,
Lau... vuoi farmi morire?»
Feci spallucce. «Che
ho detto?»
Finimmo abbastanza in fretta
di consumare la nostra cena; io mi accostai alla postazione dove si
trovava il mio computer e mi ci sedetti di fronte, regolando il
volume e sollevandolo un po'.
«Tutti a ballare!»
esclamò Giovanna con enfasi, trascinando in piedi Gabriella e
Simona.
«Lau, metti una
canzone per loro...» mi suggerì Marta.
«Tipo?»
«Qualcosa di
reggaeton...»
Scorsi la lista dei brani
con il cursore, poi intravidi un titolo famigliare e ci cliccai sopra
due volte per farlo partire. Si trattava di El mismo sol, per
l'immensa gioia di Gabriella che subito si agitò come una
matta sulle note ritmate e dal sapore latino.
Marco si alzò dalla
sua sedia e si avvicinò a bordo piscina. «Com'è
l'acqua?» domandò.
In quel momento appresi che
Samuele stava facendo un bagno notturno e mi ritrovai a pensare che
sarebbe stato bella anche per me un'esperienza del genere.
«Bella fresca...»
commentò l'istruttore con il suo solito tono piatto.
Poi, un rumore indecifrabile
si diffuse nell'aria e io sobbalzai sulla sedia, non capendo cosa
fosse successo.
«Cazzo! Ah, è
gelida, cazzo!» sentì strillare Marco.
«Non dirmi che... ma
che cazzo... si è buttato in acqua?» sbottai allibita.
«Sì! Ed è
anche completamente vestito!» commentò Marta, per poi
scoppiare a ridere.
«Che genio» fece
Giovanna con ironia.
«Oddio, gli farà
malissimo! Ha appena cenato!» strepitò Viola; sentivo
già l'ansia farsi strada nella sua voce, quella ragazza era
proprio un caso perso.
«Cavoli suoi»
borbottò Tamara, poi sghignazzò e si sistemò
meglio sulla sua sedia.
«Ah, cazzo! Devo
uscire, sto morendo di freddo!» squittì Marco in tono
stridulo e insolitamente acuto. Sembrava proprio una femminuccia, non
potevo credere che uno come lui stesse davvero dando vita a
uno spettacolo tanto ridicolo e raccapricciante.
Non potei fare a meno di
ridere a mia volta, mentre Gabriella ballava ancora, come se niente
fosse, sulle note del famoso brano reggaeton.
Marco uscì di corsa
dall'acqua e si accostò nuovamente al tavolo, dove si lasciò
cadere sulla sedia che aveva occupato fino a poco prima. Intanto
continuava a borbottare e imprecare, e dal tremore della sua voce
intuii che era infreddolito e che il suo corpo doveva essere scosso
da profondi brividi.
«Guai a te se mi
bagni, ho il cellulare in mano!» lo ammonì subito
Tamara, seduta di fianco a lui.
«Macché.»
Lui ridacchiò. «Alla fine ho fatto bene, era una cosa da
provare!»
«Uh, che emozione!»
lo schernì con pungente ironia mia sorella.
In quel momento dalle casse
si diffuse immigrant Star dei Mellow Mood, brano che non avevo
potuto evitare di inserire nella playlist: era troppo allegro e dai
toni estivi per escluderlo.
«Tami, senti!»
richiamai mia sorella.
Lei fece un balzo dalla
sedia. «Adesso sì che si può ballare!»
esclamò con entusiasmo.
Anche io, dopo un po', mi
costrinsi ad alzarmi e a ballare insieme a lei, trascinando con me
anche Viola. I nostri movimenti erano tutto fuorché perfetti e
armoniosi, eppure non ci importava perché ci stavamo
divertendo da morire e quella giornata stava andando piuttosto bene.
Non riuscivo a credere che
l'ultima sera del mio ultimo campo fosse arrivata e stesse anche per
volgere al termine.
Don't
forget who you are
Oh
my little baby
Mi ritrovai a cantare quelle
parole, rendendomi conto che anche io non dovevo dimenticarmi della
mia identità, di chi ero e di cosa volevo.
Durante quel campo ero
riuscita a non farlo, a non farmi condizionare dalla presenza di
Marco, dall'attrazione che da sempre intercorreva tra noi. Ero stata
me stessa, ero stata forte e non avevo ceduto ad avances che, un
tempo, non avrei respinto e, anzi, avrei atteso con impazienza.
Un tempo avevo creduto di
poter costruire qualcosa con quel ragazzo, ora sapevo che mi ero
illusa, niente più. Ero stata ingenua, mi ero lasciata fregare
e avevo perso di vista la me stessa che non si lasciava mettere i
piedi in testa da nessuno.
E, soprattutto, ero cambiata
nel corso del tempo, avevo imparato dai miei errori e avevo trovato
un nuovo equilibrio. Forse questo non aveva a che fare con Danilo e
con la sua presenza nella mia vita, era semplicemente la stabilità
che mi permetteva di accogliere nuove persone e nuove esperienze
nella mia vita.
Stavo bene con me stessa,
anche se certe volte risentivo dei miei limiti fisici, ma tutto
sommato le cose mi andavano bene ed ero così riuscita ad
aprirmi a Danilo e quelle nuove sensazioni che pian piano stavo
scoprendo con lui.
Eppure, mentre mi agitavo a
ritmo di musica, ebbi come l'impressione che lui non sarebbe stato al
mio fianco per sempre. Era un'impressione remota, quasi intangibile e
inesistente, che però si stava pian piano rafforzando in me.
C'era qualcosa che non mi
convinceva.
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