Capitolo dieci TCC
Capitolo 10
“Dove stiamo andando, zia?” Delphi si girò appena
in tempo per vedere il professor Lupin e Teddy che, immobili, si
scambiavano un interminabile sguardo. L'insegnante era rosso di
rabbia.
“Nel mio ufficio,” spiegò la zia, guidandolo verso
la scalinata dispettosa che ruotò, portandoli fuori rotta. “Ho
contattato tua madre appena congedata dalla Preside. Ti vuole
parlare.”
“Non vedo l'ora di raccontarle tutto!” disse Delphi
eccitato.
La zia lo fermò e lo guardò dritto negli occhi, la
lunga ciocca di capelli che le era scivolata sulla fronte le divideva
diagonalmente il viso, dandole un'aria sciatta che non le si
addiceva.
“Parlale del professor Lupin,” gli sussurrò tesa.
Nel pronuciare il nome dell'insegnante le sue labbra ebbero un
fremito.
“Ovvio,” ghignò Delphi, insensibile alle emozioni
tradite dalla donna. “Quello sarà il pezzo forte!”
Una volta raggiunto l'ufficio adiacente all'aula di
Storia della Magia, Delphi studiò con attenzione il focolare e
sussultò quando una testa sorse dalle braci pulsanti di calore.
“Mamma!” esclamò, buttandosi con le ginocchia a
terra.
Sua madre storse la bocca quando lo sguardo le cadde
sulla sua divisa coi colori di Tassorosso, ma lui non ci fece caso
perché era così assorbito da quello che voleva raccontarle che era
come se lo stesse vivendo una seconda volta.
“Ho affrontato un lupo mannaro!” le disse tutto d'un
fiato, perdendo quasi l'equilibrio per l'eccitazione.
“Lo so,” rispose sua madre. “La zia me lo ha
scritto.”
Non si stava mostrando orgogliosa come Delphi si era
aspettato, doveva come minimo complimentarsi con lui.
“Sono il migliore, vero?” domandò, un po' titubante
a causa all'innaturale freddezza materna.
Le braci che le illuminavano il viso diedero una vampata
e i suoi occhi scuri brillarono per il riflesso del fuoco.
“Lo sei, piccolo. Non dubitare mai di questo.”
Il cuore di Delphi aumentò di tre misure, ma l'attimo
passò velocemente. Sua madre stava nuovamente studiando i colori
giallo e nero che portava addosso e questa volta lui se ne accorse.
“Quella non è la tua Casa,” sputò disgustata.
Delphi si sentì come se lo avesse colpito con un pugno.
Raddrizzò la schiena e sporse la mascella.
“Il Cappello Parlante ha deciso così,” pronunciò.
Non sulla difensiva, era ferito ma non aveva perso quella sicurezza
di sé che gli era venuta meno quando le aveva parlato dell'incontro
col lupo mannaro.
“È un complotto organizzato dall'Ordine della
Fenice,” sibilò sua madre con odio, i denti rovinati dalla lunga
permanenza a Azkaban esposti in un ringhio silenzioso.
Delphi non si lasciò intimorire, sapeva di avere
ragione!
“Sono Tassorosso, invece. Lo sono davvero.”
Se sua madre non avesse lasciato mani e braccia a Villa
Malfoy a quel punto non gli avrebbe risparmiato un ceffone o peggio,
aveva lo sguardo tempestoso di quando stava per dare in
escandescenze. Delphi avvertì un movimento alle spalle e capì che
si trattava della zia, perché gli occhi ardenti di sua madre non
erano più puntati su di lui.
“Quando suo
padre saprà dello Smistamento, Bella,” intercesse Narcissa. “Dirà
semplicemente che dobbiamo volgere questa situazione a nostro favore,
e tu lo sai bene. Potrebbe addirittura essere un vantaggio, per noi.”
La mascella di sua madre si irrigidì come se stesse
mordendo un pezzo di ferro, Delphi non capiva perché fosse così
difficile per lei accettare il suo Smistamento, che importanza aveva
qual era la sua Casa?
“Hai ragione, Cissy,” ammise la strega dopo una
decina di minuti di cocciuto silenzio. “Delphi, tu puoi brillare
ovunque e tra i Tassorosso la tua luce sarà ancora più forte!”
Delphi sorrise trionfante, era quello che pensava anche
lui. Entrambi dimenticarono con facilità la tensione.
“Ho conosciuto la figlia di mia cugina,” le
raccontò. “La zia non ha voluto spiegarmi perché non so nulla dei
Lupin.”
Sua madre s'incupì e lui pensò di aver toccato un
altro tasto dolente, ma non era arrabbiata o delusa, sembrava più
che si vergognasse.
“Bene, è giusto che tu sappia. Il Signore Oscuro mi
aveva ordinato di uccidere sua madre, ma io ho fallito.”
Delphi, che non si aspettava nulla del genere, si lasciò
sfuggire un gemito.
“Uccidere sua madre? Perché?”
“Una Black che sposa un lupo mannaro, Delphi!” tuonò
l'adulta. “Una delle più nobili famiglie magiche che insozza il
suo sangue, mescolandolo con quello di un lurido ibrido! E non
sapevamo che quella pervertita di tua cugina portasse addirittura in
grembo il figlio di quell'essere...”
Sua madre era afflitta, quasi disperata, ma Delphi non
poteva dire che gli dispiacesse che avesse fallito. Teddy non gli
piaceva granché, ma questo non voleva dire che volesse lei e sua
madre morte.
“Teddy Lupin...” disse piano. “Lei... è identica
a te, mamma, dovresti vederla.”
Sua madre avvampò ma la zia fermò sul nascere la sua
replica.
“Delphi ha ragione, Bella, somiglia ai Black,
purtroppo... e a quanto pare è una rettilofona.”
Delphi provò una bruciante fitta d'invidia. Perché
quella ragazzina somigliava a sua madre e lui no, perché possedeva i
rarissimi poteri di suo padre e lui no? Non aveva nessun senso! Sua
zia riprese a parlare, a Delphi era sfuggita la reazione della madre
a quelle rivelazioni.
“Devi sapere un'altra cosa, Bella. Lupin è attratto
da Delphi almeno quanto Delphi lo è da lui. C'è qualcosa di molto
strano...”
Delphi si rallegrò, qualcosa di speciale che riguardava
lui e non Teddy, finalmente!
“Quando era trasformato mi ha leccato una mano invece
di aggredirmi. Ho sentito dire che non è normale.”
La zia era tutta rigida, con un pugno premuto sul petto.
Delphi non ci avrebbe fatto caso se si fosse trattato di un'altra
persona, perché tutti temevano sua madre ma non la zia Narcissa, lei
mai.
Sua madre, però, la sorprese con un ghigno soddisfatto.
“Davvero non lo capisci, Cissy? Lui è come suo
padre!” disse, felice di poter pareggiare i conti: non aveva
bisogno di lezioni sul Suo Signore dalla sorella, dopotutto. “Anche
il Signore Oscuro affascinava tutti, feccia compresa!”
Da quel momento in poi l'atmosfera si distese, anche se
Delphi non riusciva a smettere di pensare a Teddy e ai serpenti, che
a lui non avevano mai avuto nulla da dire... lui aveva più affinità
coi licantropi.
***
Teddy individuò facilmente la testa color magenta di
Delphi tra quelle comuni dei ragazzi seduti nella Sala Grande e prese
posto accanto a lui.
“Devo parlarti,” gli bisbigliò furtivamente. Due
compagni di Casa del ragazzo, che sedevano al lato opposto della
panca, allungarono il collo incuriositi, ma lui fece loro segno di
lasciarli soli.
“Vuoi unirti a me e al tuo papino così ne parliamo
tutti e tre assieme? In fondo la punizione toccherebbe anche te!”
provocò Delphi sottovoce.
Lei fece finta di non averlo sentito:
“C'è un bagno al primo piano del castello, ha un
cartello con scritto 'guasto' appeso alla porta. Ci vediamo là dopo
le lezioni.”
Teddy all'ultima ora aveva Erbologia e appena fuori
dalla serra corse via prima che Scilla potesse fermarla, non voleva
mentirle e non poteva neppure raccontarle come intendeva trascorrere
il resto del pomeriggio.
Conosceva il bagno di Mirtilla Malcontenta perché
gliene avevano parlato Harry, Ron e Hermione, soprattutto Ron. Le sue
storie erano le sue preferite perché erano sempre divertentissime.
Mirtilla era seduta sulla cassetta dello scarico
dell'ultimo water in fondo allo squallido e sporco locale.
“Tu chi sei?” le domandò con voce lagnosa.
“Ciao, Mirtilla. Sono Teddy, la figlioccia di Harry
Potter... Harry ti manda i suoi saluti,” mentì, intuendo che le
avrebbe fatto piacere.
Un debole sorriso baluginò sul volto traslucido, ma
s'incurvò subito verso il basso.
“Non è più venuto a trovarmi,” disse cupa. “Lo
aveva promesso!”
“Io... sto aspettando un amico,” tentò Teddy.
“Dobbiamo fare delle prove e mi chiedevo se possiamo farle qui.
Sono per una sorpresa, sai, una cosina che stiamo organizzando per
Harry a Hogwarts.”
Mirtilla svolazzò fuori dal gabinetto e atterrò di
fronte a lei.
“Verrà a trovarmi, quindi?”
“Sì, verrà di sicuro.”
Teddy in genere non era una bugiarda, ma all'occorrenza
non aveva difficoltà a inventare storie su due piedi.
Delphi arrivò mezz'ora dopo di lei ed entrò nel bagno
senza registrare, apparentemente, che fosse quello delle ragazze.
“Sono in punizione,” giustificò il ritardo,
distratto subito dopo da Mirtilla Malcontenta, che planò su di loro
con un lungo lamento.
“Quella chi è?” domandò sorpreso.
“Quella? Sono una ragazza, un po' di rispetto!”
Teddy gli scoccò uno sguardo d'avvertimento.
“Saluta gentilmente Mirtilla, Delphi.”
“Oh. Ehm, ciao, Mirtilla. Grandioso il tuo gabinetto.”
Il fantasma cercò tracce d'ironia nella voce del
ragazzo e, non trovandone, annuì malinconica, per poi tuffarsi in
uno degli scarichi del lavandino.
“Forza, scusati velocemente che ho da fare,” tagliò
corto Delphi non appena Mirtilla fu sparita. “Devo anche studiare,
oltre a scontare la punizione.”
“Sei tu che dovresti scusarti. Cosa Merlino pensavi di
fare quando hai raccontato tutto a mio padre? Durante una lezione,
per di più!” gli rinfacciò Teddy, stufa delle sue frecciatine “E
dopo che mi hai dato quell'occhiataccia davanti a lui temo che abbia
capito tutto!”
Il ragazzo non si scompose minimamente.
“Lo ha capito perché tu sei arrossita. Se non sai
mantenere i segreti che colpa ne ho, io?”
Teddy avvertì un pizzicore alla base del collo,
l'osservazione di Delphi era così ingiusta che per un attimo temette
di avere uno scoppio di magia involontaria. Prese un paio di profondi
respiri: suo padre non l'aveva accusata esplicitamente, ma il suo
atteggiamento era cambiato. Aveva accompagnato lei e Scilla nel suo
ufficio, ma aveva finito in fretta la sua Burrobirra, un chiaro
segnale del fatto che voleva essere lasciato solo.
Ora stava a Teddy trarre qualcosa di utile da quel
pasticcio, perché il lampo che le aveva schiarito la mente quando
aveva visto l'affinità tra suo padre in forma di licantropo e Delphi
non si era ancora spento.
“Okay, siamo pari,” disse ingoiando il disappunto.
Era inutile o peggio controproducente discutere con quel ragazzo. “Ho
un'idea.”
Delphi inarcò le sopracciglia.
“Un'altra?” chiese incuriosito.
“Già. Tu passerai le vacanze di Natale a casa mia e
io a casa tua.”
Delphi emise una risatina per la sorpesa.
“Non so se è il caso.”
Sembrava stranamente preoccupato, Teddy non aveva
previsto che potesse succedere, insomma, non sembrava il genere di
persona che si preoccupava, dato che era necessario pensare,
per arrivare a provare determinati sentimenti.
“Cos'è che ti spaventa?” gli domandò, dando un
pizzicotto al suo orgoglio.
“Dovresti essere tu a essere spaventata,” le disse
con voce grave. Era quasi irriconoscibile.
“E perché mai?”
“Se mia madre ti scopre...” Delphi si massaggiò il
collo, a disagio.
“Se i miei genitori ti scoprono... corriamo gli stessi
rischi, mi pare.”
“Tu non sai... mia madre...” borbottò nervosamente
l'altro.
Teddy si sforzò di comprendere quale fosse il problema.
Bellatrix Lestrange era stata una pericolosa Mangiamorte, ma se fosse
stata in pericolo la Profezia glielo avrebbe mostrato. Era sicura che
stava facendo la cosa giusta, anzi, era quasi certa che non seguendo
il proprio istinto sarebbe accaduto qualcosa di male, non il
contrario!
“Senti, Delphi, ti dirò la verità. Io sono una
Veggente.”
Il ragazzo spruzzò saliva nel tentaivo di non scoppiare
a ridere.
“Lo sono veramente!” protestò lei. “E se ti
chiedo di fare questo scambio è perché il primo giorno di scuola,
quando ti sono svenuta addosso nell'ufficio di Gazza, ho avuto una
visione.”
L'espressione di Delphi cambiò immediatamente,
ricordava bene quello che era successo quel giorno, lui si era
spaventato parecchio.
“Se non lo facciamo potresti essere in pericolo,”
constatò Delphi.
Non era una domanda e lui era molto serio, Teddy non
capì il perché ma andava bene così.
“Sì, penso di sì.”
“Se ci sarà di mezzo almeno un Plenilunio ci sto,”
ghignò il ragazzo ancora non del tutto tranquillo, ma desideroso di
buttarsi in una nuova avventura. Aveva voluto accettare fin da
subito, in fondo.
Teddy annuì.
“Puoi giurarci!”
Delphi aveva il suo giochino e con sua madre a
controllarlo non sarebbe accaduto nulla di male con il padre, quanto
a lei finalmente avrebbe scoperto a cosa avrebbe portato la sua
visione: guardandosi allo specchio aveva visto il volto di Delphi e
alle sue spalle il riflesso di quello che pareva essere un castello,
che era probabilmente Villa Malfoy. Ci doveva essere qualcosa che
doveva fare nei panni del ragazzo, qualcosa che non sarebbe successa
in nessun'altra maniera.
“Dovremmo fare delle prove, ora,” propose a Delphi.
“Prima dimmi tutto quello che non so di te.”
La bambina si fece sospettosa.
“Cioè?”
“Beh, sei una Veggente. Cos'altro?”
“Ah, giusto. Sono anche una Legilimens naturale.”
Delphi la fissò senza dir niente, con un sorrisetto
strano.
“Che c'è?”
“Andiamo. Dimostralo,” la invitò, picchiettandosi
l'indice su una tempia.
Teddy sbuffò, c'era da aspettarselo.
“Caccola di Troll,” lesse, ruotando gli occhi al
soffitto.
Il ragazzo ridacchiò soddisfatto.
“Mi piace come lo dici!”
Teddy pensò che imitarlo sarebbe stato una delle cose
più degradanti dell'universo.
“Prova fare me,” lo invitò.
Delphi alzò il naso e la guardò da sotto in su.
“Sono la figlioccia di Harry Potter! Guardatemi! So
cambiare aspetto con una strizzata d'occhi, oh, professoressa Malfoy,
posso leccarle la suola delle scarpe?”
Teddy strinse la bacchetta nel pugno con una gran voglia
di scaraventarlo di testa in uno dei gabinetti.
“Intendevo con il tuo potere, testa di rapa.”
Delphi strizzò gli occhi ma non successe niente, non
era concentrato.
“Basterà che cambiamo le nostre facce e modelliamo un
po' il corpo, non serviranno altri... dettagli.”
Teddy non aveva pensato a quello. Annuì vigorosamente,
non meno imbarazzata di lui.
“Certo. Ovvio. Ma... quando vai in bagno chiudi sempre
a chiave, i miei genitori non hanno molto chiaro il concetto di
privacy...” lo avvertì. “Non vorrei venisse loro un colpo.”
“E tu occhio agli Elfi Domestici! E... beh, non dovrei
dirlo a nessuno, ma non vedo come tu possa non farti scoprire se non
lo sai... Il Signore Oscuro è davvero mio padre.”
Teddy alzò le sopracciglia.
“Stai scherzando?”
Lui la guardò dritta negli occhi.
“No.”
Quel no definitivo e l'innaturale serietà fecero
vacillare le certezze della ragazzina.
“Tu... tu sei una rettilofona,” proseguì lui un po'
titubante. “Dovresti farmi un piacere. Quando sarai me, mostra
questo potere a mia madre.”
“E tu come lo sai?”
“Tuo padre lo ha detto a mia zia.”
A Teddy sembrava strano che suo padre ne avesse parlato
con degli estranei, quel potere lo metteva molto a disagio, anche se
lei non capiva il perché.
“Perché dovrei farlo?” chiese perplessa.
“Fallo e basta.”
Rimasero a guardarsi in silenzio, dritti uno di fronte
all'altra, consapevoli che quello scambio di segreti aveva fatto di
loro due qualcosa di più che semplici compagni di scuola. Qualunque
cosa fosse accaduta, non potevano più tornare indietro.
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