Le Relazioni Pericolose

di Le_sorelle_Laclos
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29. Josephine

 

Parigi, 23 giugno 1787

 

Mia cara Oscar,

 

debbo confessarti che i preparativi per la festa di domani sono stati, e continuano ad essere, estenuanti.

Immagino che riderai di me se dico così, ma ti assicuro che tener testa ai fornitori per rendere la magione impeccabile, la cena indimenticabile, il mio abito spettacolare è un'impresa assai faticosa. Adoro le feste, ma sicuramente preferisco che sia qualcun altro a sobbarcarsi la fatica improba dell'allestimento.

Ceci dit, puoi ben immaginare quanto mi offenderesti se non ti presentassi o, peggio, se ti fermassi un'oretta come se io fossi un'estranea. Dai retta a tuo marito, fermatevi e godetevi la festa. Il cibo, le chiacchiere. Permettiti una buona volta di essere serena, anche tra la gente. Non hai più nulla da dimostrare, né a nostro padre, né a nessuno. Puoi infine presentarti alla società (alla città, al mondo, usa pure il termine che preferisci) senza timore di giudizio. Hai ottenuto dalla vita molto di ciò che desideravi. Siine felice. Siine fiera. E non nascondere questa fierezza. Anzi, sai che ti Dico? Questa volta non proverò nemmeno ad insistere per farti indossare un abito femminile. Vieni come sei solita abbigliarti, mostra le tue lunghe gambe nella divisa, e sii diversa dalle altre donne. Sii come sei abituata ad essere.

 

Per parlare d'altro, debbo dire che il tuo soldato Soisson è ben invadente. Spesso capita di trovarlo nella via ad attendere l'uscita della sorella. Non vorrei che queste sue vedette portassero maldicenze nei confronti di qualcuna delle ragazze a mio servizio. Non rispetto a me, dacché rimane sempre in attesa presso l'ingresso di servizio, però rimango responsabile di loro e della loro reputazione.

Eppure, l'altro giorno, proprio questa sua assidua attenzione nei confronti della sorella minore mi ha offerto una ghiotta occasione di esercitare il mio mestiere di sensale, così come lo chiami tu.

Stavo rientrando da un pomeriggio passato a cercare stoffe e nastri. Pioveva, anzi, diluviava come non succedeva da tempo. È stato quel giorno in cui poi ha grandinato. E lungo il marciapiede, ad un paio di porte di distanza dalla mia, ho visto Soisson e François avanzare fradici, controvento. Non ho resistito. Ho fatto fermare la carrozza ed ho detto loro di entrare in casa, dalla porta di servizio. Ho detto alla servitù di permetter loro di asciugarsi un poco, e di dar loro da mangiare.

Non il giardino sentimentale, ma comunque un inizio. E tra la gente, per di più, cosicché la timida Diane ha potuto ascoltare ed intervenire nella conversazione senza troppo arrossire. Come lo so? Me lo hanno riferito le altre cameriere. Io intanto ho chiesto al fratello di salire da me, per chiedere le ultime novità e gli sviluppi a proposito delle indagini.

È un tipo non privo di arguzia, lo debbo riconoscere. Se non fosse così insopportabilmente screanzato, sarebbe quasi piacevole passare del tempo in sua compagnia. Invece il suo atteggiamento un poco provocatorio, così come durante quella famosa cena, rende davvero difficile rimanere in sua compagnia. L'ho trattenuto per dar modo alla sorella, che mi pare un poco soverchiata dalla sua personalità così ingombrante, del tempo per farsi conoscere non solo per il suo bel visino. È una ragazza intelligente, saggia, pacata. Non piange, a differenza di Rosalie, eppure nel suo modo di fare vedo una fragilità ben maggiore. Devo avertelo già scritto. In lei vedo una donna che un uomo non adatto potrebbe spezzare. Una gracilità che la rende simile al cristallo. Attira gli sguardi, ma un gesto maldestro può mandarlo in frantumi.

 

Oh, ma guarda cosa scrivo! Sembro la prozia! Quindi ti lascio prima di farti inorridire del tutto.

Ti attendo domani. Senza fallo.

 

Ti abbraccio.

Josephine.

 





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