CAPITOLO
17: UNA NOTTE TRA INCUBI E MALINCONIA
-Quello
cos’è? – con gli occhi fuori dalle
orbite più che
mai, Ori era sull’orlo dell’infarto. Come tutti
noi, del resto.
-Il
nostro anfitrione – disse Gandalf pacatamente - si
chiama Beorn. È molto forte ed è un mutatore di
pelle-
Io
lo guardai con aria interrogativa, dal momento che
ignoravo totalmente che cosa potesse essere un mutatore di pelle.
L’unica cosa
simile al termine “mutatore di pelle” che mi venne
in mente furono i serpenti,
che dopo la muta lasciavano le loro carcasse di pelle morta in giro.
E
la cosa mi fece un po’ schifo…
Eppure
anche questa volta non fui l’unica a non sapere un
accidente: - Cosa? un pellicciaio che spaccia le pelli di coniglio per
pelli di
scoiattolo? - chiese Bilbo sconvolto.
-Per
tutti i Valar, certo che no» disse Gandalf burbero -Non
essere sciocco, signor Baggins e per carità non pronunciare
di nuovo la parola
pellicciaio a meno di cento miglia di distanza dalla sua casa!
È un mutatore di
pelle. Muta la sua pelle: talvolta è un grosso orso nero,
talvolta è un uomo
forte dai capelli neri con due grosse braccia e una gran barba
–
Anche
con questa accurata descrizione non riuscii a
capire che diavolo fosse un mutatore di pelle ma non diedi troppa
importanza
alla cosa, anche perché avevo la netta sensazione che lo
avremmo incontrato
molto presto.
Mi
concentrai invece sulla casa: non avevo mai visto un
posto così in tutta la mia vita. Era tutto gigantesco, come
se ci abitasse il
Gigante della fiaba “Jack e il fagiolo magico”, le
travi e le colonne erano di
un bellissimo legno chiaro, intarsiate con motivi floreali e altri
disegni
bellissimi. Era un posto tranquillo, ordinato e accogliente che
trasmetteva un
senso di protezione e sicurezza. Un odore dolce di miele, cera
d’api e legno
impregnava ogni cosa.
Respirai
a pieni polmoni quell’aria, sentendomi
finalmente al sicuro, almeno per qualche ora.
-Bene,
ora mettetevi tutti a dormire – ordinò Gandalf,
intimandoci di raggiungere quella parte della casa adibita a
mangiatoia, dove
l’aria era più calda e c’era del soffice
fieno su cui sdraiarsi. Così, dopo
esserci diretti lì, presi posto vicino al mio amico Hobbit e
in pochi minuti mi
addormentai.
Quando
aprii gli occhi, il terrore pervase il mio corpo e
la mia mente.
Ti
prego, non di nuovo, non di nuovo…
L’accogliente
casa di Beorn era sparita e attorno a me
regnava il caos più assoluto: case che andavano a fuoco,
gente che urlava e
piangeva e l’agghiacciante verso di un drago che risuonava
nell’aria.
Sai
benissimo che è un sogno, devi solo svegliarti, mantieni la
calma.
Eppure
non riuscivo a muovermi: era come se tutto ciò che
avevo intorno fosse reale, come se anche io facessi parte di quel
panorama
apocalittico. Sentivo la voce di una bambina chiedermi aiuto, la sua
leggera
voce, come un sussurro, che tante volte avevo già sentito. E
puntualmente
accadeva l’inevitabile: la bimba veniva bruciata viva dalle
fiamme diaboliche
del Drago davanti ai miei occhi, insieme a molti poveri altri innocenti.
A
questo punto mi svegliavo. Ma non stavolta.
Ero
ancora lì, immobile, in mezzo alla Desolazione di
Smaug: il terrore di non essere più nella casa di Beorn e di
essermi persa nei
meandri dei miei incubi non fece altro che spaventarmi di
più. Mi guardai
intorno, il cervello completamente offuscato, cercando di trovare un
modo per
andarmene di lì.
Ma
in tutta quella baraonda non riuscivo a pensare a
niente se non alla carneficina che si stava consumando davanti a me.
Sentii la
terra tremare sotto i miei piedi per il violento ruggito del Drago,
bambini
disperati che piangevano accucciati vicino alle macerie delle loro case.
E
io ero immobile. Qualcosa, non solo la paura o il
terrore mi impediva di muovermi. Era come essere circondata da una
barriera
invisibile.
Ero
solo una spettatrice.
Ad
un tratto, qualcosa catturò la mia attenzione,
qualcosa che mi lasciò a bocca aperta: lunghi capelli del
color della luna
celati da un pesante mantello scuro ed Endacil, la Vittoriosa stretta
in una
mano troppo piccola per essere quella di un uomo. Correva, tenendo tra
le
braccia un bambino che piangeva disperatamente.
Non
vedevo il suo volto, ma ero sicura che si trattasse
di mia madre. E quel bambino dovevo essere io.
La
chiamai a gran voce più di una volta, dal momento che
mi era impossibile muovermi. Urlai fino a sentir bruciare la gola. Il
desiderio
di vederla viva, così reale era così forte che
ero sicura che sarei svenuta per
l’emozione.
Un
grido più forte degli altri forse la raggiunse
perché
la vidi bloccarsi. Stava per girarsi verso la mia direzione, stava per
guardarmi, quando una violenta luce bianca prese il posto di quel
triste
paesaggio ed io ebbi come la sensazione di cadere nel vuoto.
Non
ora, ti prego…
Spalancai
gli occhi, ma ciò che vidi mi lasciò
amareggiata: la casa di Beorn era sommersa da un silenzio quasi
surreale e i
miei amici dormivano sereni tra le enormi balle di fieno della
mangiatoia. A
fianco a me, Bilbo ronfava a bocca aperta, russando non poco.
Sorrisi
tristemente per quello spettacolo e mi diressi in
cucina. Con non poca fatica mi issai su una seggiola gigantesca e dopo
aver preso
una ciotola mi servii del latte fresco che troneggiava in
un’enorme caraffa al
centro del tavolo.
Quel
piccolo gesto mi fece tornare in mente quando ero
piccola e mi svegliavo nel bel mezzo della notte per un temporale o per
un
incubo e andavo a svegliare mia madre. Dopodiché lei mi
portava giù in cucina e
mi riempiva un bicchiere di latte.
“Te
lo hanno mai raccontato che tutte le paure svaniscono di fronte alla
dolcezza
del latte? – domandò Lilith.
Io
scossi la testa: -Secondo me te lo sei inventata! –
-Amore lo sai che
non ti dico bugie! Bevi qualche sorso e vedrai che ti sentirai meglio!
–
Il
ricordo della mia mamma e il fatto di non essere
riuscita a vederla, anche solo per un secondo, in quella visione,
sgretolò
anche l’ultima briciola di forza che avevo in corpo e iniziai
a piangere come
una bambina: mi mancavano i miei genitori, la mamma, papà
che probabilmente a
Londra stava impazzendo dal dolore per la mia scomparsa.
Da
una piccola tasca interna del mio cappotto tirai fuori
la pergamena che avevo sottratto da casa mia: la stirai per bene e
iniziai a
fissarla. Mio padre era quasi irriconoscibile con quei lunghi capelli
castani e
la barba incolta, mentre mia madre era sempre la stessa, con i suoi
occhi
dolci, il viso roseo e i capelli biondissimi.
-Un
po’ di nostalgia, bambina mia? – La voce di Balin
mi
fece sobbalzare.
-Direi
parecchia… - sussurrai io, asciugandomi le
lacrime. Mi soffiai il naso e lo invitai a sedersi accanto a me.
-E’
normale avere nostalgia delle persone che amiamo –
continuò il nano – Quando non sono vicino a noi
è come se ci mancasse qualcosa,
come se non tutti i pezzi fossero al loro posto. Anche a me manca molto
la mia
famiglia, sai? –
-Hai
lasciato tua moglie e i tuoi figli per questa
missione? – domandai io.
Balin
scosse la testa, accennando un sorriso del tutto
privo di gioia: -No mia cara, purtroppo non ho né moglie
né figli. Io e Dwalin
abbiamo lasciato nostra sorella Lynn sui Monti Azzurri, con i nostri
nipotini…
loro sono l’unica famiglia che ci resta e più di
una volta mi sono ritrovato a
domandarmi se effettivamente stessi facendo la cosa giusta –
-Io
penso di si. State facendo qualcosa di grandioso,
un’impresa che nessuno in questo strano mondo ha mai pensato
di fare. E’ dura,
certamente, ma sono più che convinta che sia la cosa giusta
e che per me sia
stata una grande fortuna essere capitata in questa compagnia –
A
Balin vennero gli occhi lucidi e mi fece segno di
abbracciarlo. Lo strinsi forte a me e gli feci un gran sorriso: per la
prima
volta nella mia vita mi sembrò quasi di parlare con un nonno
e pensai a come
sarebbe stata la mia vita se li avessi avuti con me.
-A
proposito, mia cara… - accennò Balin,
sciogliendosi
dall’abbraccio – Hai avuto qualche incubo? Ti ho
visto agitarti parecchio nel
sonno –
Evitai
di raccontargli la verità. Balin pareva così
contento che mi sarebbe dispiaciuto rovinargli il sorriso per un mio
sciocco
incubo: -Niente di che, solo qualche brutto sogno –
Lui
annuì, augurandomi la buona notte e si diresse verso
la mangiatoia. Lo seguii poco dopo, ma invece di tornare al mio
giaciglio
raggiunsi Thorin e mi accoccolai tra le sue braccia, stringendomi al
suo petto.
-Mmmh…
Aranel, sei tu? – domandò Thorin, sbadigliando.
Io annuii silenziosamente:
-Voglio solo stare lontana
dagli incubi per qualche ora -
Spazio
Autrice:
Salve a tutti, miei cari lettori!
Lo so, sono una persona orribile e
meschina, ma vi supplico non linciatemi! Il fatto di aver ripreso la
scuola e di essere (finalmente) all'ultimo anno non mi aiuta per niente
nella stesura di questa storia, a causa del poco tempo libero che mi
rimane tra studio e allenamenti di pattinaggio. (Vedi la mia
prof di italiano che il primo giorno entra in classe
proclamando ad alta voce: "Ragazzi, mancano esattamente
279 giorni, 20 ore e 2 minuti alla maturità" MA
GRAZIE OH!)
Comunque, tornando alla nostra
storia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Chi ha colto che la
descrizione di Beorn fatta da Gandalf è la stessa del
libro?? Immagino tutti... ma vabbè. Gli incubi di Aranel
tornano di nuovo a turbarle il sonno anche se questa volta succede
qualcosa di strano e la visione cambia... Che cosa sarà
successo? SEGRETO!!! La seconda parte, quella con Balin è
stata forse una di quelle che ho adorato di più scrivere in
assoluto! (Precisiamo che la storia della sorella e dei nipotini
è del tutto inventata da me).
Per quanto riguarda i ringraziamenti,
vorrei fare una mezione particolare a LaViaggiatrice che
ha aggiunto la storia alle preferite, alle seguito e mi ha omaggiata
con una bellissima recensione! Ringrazio anche la mia super diletta ThorinOakenshield che
mi rimane sempre fedele! SIETE FANTASTICHE!
Per questa settimana è
tutto e (teoricamente ahaha) vi aspetto la settimana prossima per un
nuovo capitolo!
Un bacione,
Jenny
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