Miraculous Heroes 3

di Echocide
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 4.034 (Fidipù)
Note: Un po' in ritardo ma eccomi qua a recuperare gli aggiornamenti che mi sono lasciata indietro: il primo è, ovviamente, Miraculous Heroes 3! A seguire ci sarà anche il nuovo di Scene. E cosa si può dire? Ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine e i fili vengono tirati maggiormente, mentre qualcuno trama nell'ombra e altri...beh, vanno a divertirsi.
In questo capitolo i nostri eroi vanno a Le Palace Club, una delle discoteche più famose di Parigi, la cui storia risale al 1977 quando Fabrice Emaer, personalità importante della vita notturna di Parigi, acquistò il palazzo abbandonato ove Le Palace aprì le sue porte.
Detto ciò, come sempre vi ricordo la pagina facebook dove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi.
Come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate (lo so, sono un mostro perché non rispondo mai!) e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

Felix osservò il liquido fumante all’interno della tazza e inspirò profondamente, poggiando i palmi sul tavolo e posando lo sguardo sugli altri due al tavolo: «Devo fare una confessione» iniziò, chinando un poco la testa e sentendo gli sguardi di Bridgette e Fu superare la barriera degli abiti e scivolare sulla sua pelle: «Ho sempre odiato il the. E il mio odio è aumentato dopo Nanchino. Ecco. L’ho detto.»
«Ma se lo bevevi sempre» borbottò Bridgette, aprendo la bocca e negando con la testa: «Ricordo che quando ci trovavamo dagli Alvares, lo prendevi sempre.»
«Mi sembrava scortese rifiutare.»
«A proposito…» mormorò Fu, portandosi la tazza la tazza alle labbra e sorseggiando un poco di bevanda calda: «Voi sapete chi erano Henrique e Maria?»
«Me lo disse Kang» rispose Felix, poggiandosi allo schienale della sedia e lasciando andare un sospiro: «Non lo avrei mai immaginato» si fermò, piegando le labbra in un sorriso mesto: «Ma, in verità, è un pensiero che posso fare su chiunque: sinceramente non mi interessava di nessuno. A parte Ladybug.»
«Fidati, ce n’eravamo accorti.»
«Ero abbastanza palese, vero?»
«E non solo tu» commentò Fu, scoccando un’occhiata veloce a Bridgette e vedendola stringere con forza la tazza: «Questa non è un’accusa: eravamo tutti più giovani, immaturi. Se non mi fossi lasciato accecare dall’ira, se non avessi perso la fiducia nella nostra Ladybug, forse sarebbe andata diversamente…»
«Con i se e i ma non si fa la storia» dichiarò Felix, sorridendo: «Mio padre me lo diceva sempre e non ho mai rimpianto una mia decisione, giusta o sbagliata che fosse» si fermò, sorridendo: «Le decisioni prese a Nanchino sono state sbagliate, ma ci hanno portato qui. Adesso. E di ciò sono più che grato: mi sarebbe scocciato morire senza venire a conoscenza di tutte queste tecnologie.»
«Se non fossi stata posseduta da Chiyou, non sarei mai diventata una stilista e…» Bridgette si fermò, sorridendo e fissando il the nella propria tazza: «Si sa come la pensavano sulle donne nell’Ottocento, no? Per quanto io abbia sofferto, sono felice di essere qui adesso e dovresti anche tu Fu.»
«Oh. Certo, la mia massima aspirazione di vita era ospitare un moccioso americano con fisse assurde e aprire un certo massaggi.»
«Quanto la fai lunga, vecchio mio. Nemmeno io pensavo a diventar sindaco di Parigi e invece…» Felix allargò le braccia, sorridendo divertito: «Eccomi qua!»
«Non sei ancora sindaco, Felix.»
«Bri, non distruggere i sogni di un uomo, esattamente come hai fatto stamattina quando mi hai promesso un pom…»
«Sergente Norton!»
«Fu, com’è che quando deve zittirmi tira fuori sempre il ‘Sergente Norton’?»
«Io non ne voglio sapere niente.»


«Benvenuti a Le Palace» commentò Rafael, scendendo gli ultimi scalini della scalinata d’ingresso del locale e allargando le braccia, scivolando con lo sguardo sulla sala piena di gente che ballava al ritmo della musica che, a tutto volume, veniva sputata fuori dalle casse: «Devo ammettere che non sono un grande fan di questo posto, ho sempre preferito La Cigale.»
«Non l’avrei mai detto» dichiarò Adrien, osservando la fauna che popolava quel posto e sospirando pesantemente: «Che facciamo?»
«Andiamo a cercare quelli che ci hanno invitato?» buttò lì Lila, scostandosi una lunga ciocca di capelli dalla spalla e puntando poi lo sguardo su Alex che, accanto a lei, fissava interessato il tutto: «Tu proprio non sai stare almeno una serata senza fare il nerd?»
«Perché?»
«La tua maglietta, Alex.»
L’americano abbassò lo sguardo, tirando i lembi della maglia marrone su cui svettavano l’immagine e la citazione di un film, spostando poi lo sguardo su Lila: «Ehi, Jumanji è perfetto per ogni occasione.»
«Jumanji?» domandò Xiang, affiancando i due e osservandoli come se stessero parlando in una lingua aliena: «Che cosa è?»
«Un film che devo assolutamente farti recuperare» dichiarò Alex, infilando le mani nelle tasche dei jeans e annuendo con la testa: «Assieme a tanti altri, è tempo che la tua millenaria ignoranza in fatto di cultura nerd venga abbattuta.»
«Andiamo a sederci?» propose Wei, posando una mano sul fianco di Lila e storcendo le labbra in una smorfia, togliendo immediatamente le dita e guardandole: «Quei cosi tondi mi hanno fatto male sotto le unghie.»
«Questi cosi tondi si chiamano paillettes» borbottò Lila, muovendo i fianchi e facendo ondeggiare i dischi multicolor che adornavano l’abito: «E non fare tante storie. Non ti sei fatto niente.»
«Sì, invece» dichiarò Wei, mostrandole il dito ferito e stirando le labbra in un sorriso: «Ti avevo detto che preferivo l’altra opzione.»
«Altra opzione mi avrebbe reso la protagonista delle battute di questi tre» decretò la ragazza, indicando i tre amici che, attenti, ascoltavano il discorso fra i due: «E vi sognate che io vi dica qualcosa. Forza, piumino, marsh. A cercare un posto dove sederci.»
«Ora sono curioso» mormorò Adrien, posando le mani sui fianchi di Marinette e facendola camminare avanti a lui, mentre con lo sguardo fissava Wei: «Qual era l’altra opzione?»
«Rischio a dirtela, Adrien.»
«Sarò muto come un pesce. Anzi, me lo mangio il pesce.»
«Adrien…»
«Tesoro» Adrien sorrise al richiamo esasperato di Marinette, chinandosi e posandole le labbra sul collo, lasciato libero dallo chignon in cui la ragazza aveva raccolto i capelli: «Voglio solo sapere se poteva superare questa meraviglia di vestito che indossi. Tutto qua.»
«Come se non ti conoscessi…»
Adrien sorrise, facendole l’occhiolino e baciandola fra le scapole, lasciate nude dai fili sottili che tenevano su l’impalpabile vestito nero che la ragazza aveva indossato per l’occasione: «Vogliamo andare a ballare?» le propose, indicando con un gesto del capo la pista da ballo e sorridendo, quando vide lo sguardo di lei sgranarsi: «Andiamo. Non ti ho mica detto di uccidere qualcuno.»
«Vuoi per caso scatenare un’apocalisse? Perché mettere me, con questi affari ai piedi» Marinette si fermò, tirando su un piede e indicando i sandali con il tacco alto che indossava: «In mezzo a tanta gente, significa vedermi uccidere un po’ di persone. Sicuramente inciamperò o colpirò qualcuno, infilerò un tacco nel piede di qualche malcapitato e poi…»
«Poi arriverà una spia russa a fermare tutto quanto» cantilenò Adrien, sospirando e, usando le mani che ancora teneva sui fianchi della ragazza, al dirottò verso la pista da ballo: «Prometto che non succederà niente del genere. Ti è mai successo qualcosa di terrificante quando sei con me?»
«Devo fare l’elenco? O ci fermiamo solo al fatto che ci siamo conosciuti perché tuo padre voleva fare il supercattivo?»
«Supercattivo. Andava in giro a possedere gente. Chi non lo fa?»
«Ehm…»
«Solo un ballo, piccolo piccolo. Non uccideremo nessuno» dichiarò il ragazzo, scivolandole davanti e sorridendole: «Promesso. Ok?»
«Potrei colpire qualcuno per sbaglio, magari il doppio di te e questo vorrà fare rissa e…mpf» Marinette assottigliò lo sguardo, piegando le labbra in un broncio sotto la mano di Adrien che l’aveva zittita e che, adesso, le sorrideva innocente.
«Ci mettiamo in un angolino, lontano dai parenti del Gorilla. Ok?» le domandò e, al cenno affermativo con la testa, tolse la mano: «Adoro avere la meglio su di te.»
«Io non voglio la responsabilità di quello che succederà, sia chiaro.»
Adrien le sorrise, tirandola per i fianchi e facendo aderire il corpo di lei al suo: «Certo, certo» decretò, chinandosi e baciandole nuovamente il collo: «Intanto ti ho portato in pista.»


Sarah si sistemò sul divanetto rosso, lisciandosi il top argentato largo che aveva indossato e osservando, con la coda dell’occhio, Rafael mentre salutava due ragazze che lo avevano riconosciuto: «Eri molto conosciuto qui» mormorò, quando il ragazzo si sedette accanto a lei e si pentì subito delle parole e del tono di voce che aveva usato: petulante.
«Venivo qualche volta» le rispose Rafael, allungando un braccio sul bordo del divano e chinandosi verso di lei, scostandole con l’altra mano una ciocca di capelli: «Penso di aver appena rivalutato i pantaloncini di jeans, sai? Quando vedevo qualche ragazza che li indossava, pensavo che…»
«Non ti manca venire in posti come questo?»
«Cosa?»
Sarah strinse i denti, scuotendo il capo e lasciando andare un sospiro: «Niente, lascia stare» mormorò, cercando di guardare ovunque tranne che nella direzione del giovane e sentendo su di sé il peso dello sguardo di lui: «Rafael…»
«A me piace stare a casa» le rispose lui, scostandole nuovamente i capelli e sorridendo: «E te l’ho già detto.»
«Qui sembri a tuo agio…»
«Beh, perché sono abituato a venire in posti simili» si fermò, sospirando pesantemente: «Sarah, a me non interessa venire in locali simili, mi basta andare a dare una mano ad Alain e non mi pesa stare a casa con te la sera, assieme a quel fissato tolkeniano e a Mikko con i suoi drama sdolcinati. Abbiamo già fatto un simile discorso…»
«Mi sembra di costringerti.»
«Fidati, amore, fai di tutto tranne che costringermi» dichiarò Rafael, sorridendole e chinandosi in avanti, sfiorandole le labbra con le proprie, poggiando poi la fronte contro quella di lei: «Adoro stare con te, passare la serata sul divano a vedere qualsiasi cosa, addormentarmi con te fra le braccia e svegliarmi la mattina con te. E’ una cosa che voglio fare per il resto della vita, apetta.»
«Rafael?»
«Ma questo non è il tempo e il luogo per certi discorsi» decretò il ragazzo, tirandosi su e strizzandole il naso fra l’indice e il medio: «Quindi rilassati e goditi la serata, ok? E possibilmente non uccidere nessuna che…beh, lo sai.»
Sarah mugugnò, prendendosi il volto fra le mani e inspirando profondamente: «Quante ne potrei incontrare?» bofonchiò, aprendo le dita e fissandolo male: «Ma non potevi tenerlo ogni tanto nei pantaloni?»
«In effetti potevo.»
«E invece no.»
«Ehi, stavo facendo pratica per te.»
«Ora non passarlo come una cosa positiva per me.»
«Mi sembra che…»
«Rafael, zittisciti.»


Lila sorrise, passando le braccia attorno al collo di Wei e sorridendogli dolcemente, mentre faceva aderire il suo corpo a quello del compagno: «Come sta il ditino?» domandò, mentre il sorriso le si accentuò quando sentì le mani di Wei posarsi sui suoi fianchi: «Vuoi che gli dia un bacino?»
«Perché ho il sospetto che questa frase abbia un doppio senso?»
Lila sorrise, allungandosi e sfiorando la mascella di Wei con le labbra, notando con la coda dell’occhio due ragazze sedute vicino a loro, riconoscendole come compagne del corso di economia che seguiva con Adrien e Rafael: «Ehi» mormorò, attirando su di sé l’attenzione delle due e sorridendo loro: «Non mi sembra ci sia molta gente.»
«Molte non sono venute» borbottò una, chinando il capo e frugando nella pochette: «Soprattutto quando hanno saputo che Adrien e Rafael avrebbero portato…beh, lo sai.»
«Quindi avevo ragione…»
«Lila.»
«Oh, andiamo. Come si fa a sperare con due del genere? Sono uno più fedele dell’altro. E Adrien è sposato fra l’altro» borbottò Lila, roteando gli occhi e sbuffando infastidita: «Non sono due tipi che, solo perché sono modelli e famosi, si fanno ogni tipa…ok. Rafael lo faceva, quando era ancora single.»
«Lo sappiamo, però…»
«Avete offeso i miei amici.»
«Piano, volpe» mormorò Wei, sfiorandole il lobo con le labbra e stringendola appena: «Penso che sappiano anche loro che non avevano speranze.»
«Bah.»
«Lila…»
«Andiamo a ballare, Wei.»
«Ti devo ricordare che su questo punto sono al livello di Marinette?» le domandò lui, lasciandosi portare via e seguendola per il locale: «Non dovevi prendertela così, alla fine non hanno fatto nulla di male che invitarvi…»
«Ci volevano provare con Adrien e Rafael, ignorando completamente che sono tutti e due accasati e felici.»
«Loro non lo sanno.»
«Oh, andiamo! Chiunque in quel corso sa…»
«Perché ti sei arrabbiata così tanto? Non penso riguardi solo Adrien e Rafael.»
Lila lasciò andare un sospiro, indicando con un cenno del capo le due ragazze che avevano lasciato al divanetto a cui si erano avvicinati: «Quello è un qualcosa che avrei fatto anche io, se non di peggio, e rivedere una parte della vecchia me…»
«Tu sei cambiata, Lila.»
«Lo spero bene.»
«E quelle due penso abbiano avuto una bella delusione, dato che i due che puntavano stanno tranquillamente amoreggiando di fronte a tutti» decretò Wei, sorridendo: «Sono senza pudore.»
«Ah, te ne accorgi adesso?»


Alex storse le labbra, portandosi una mano alla fronte e massaggiandosela, cercando di ignorare il martellare ritmico della musica: «E’ ufficiale: non sono tipo da posto del genere» dichiarò, sospirando pesantemente e fissando alcune ragazze che ballavano poco lontano da lui: «Xiang, posso farti una domanda?»
«Cosa?»
«Perché ti sei dovuta mettere dei pantaloni lunghi?»
«Lila ha detto che andavano bene» dichiarò la ragazza, massaggiandosi le cosce fasciate in un paio di leggings di pelle: «Ha detto che, nonostante il fatto che fossi vissuta in una caverna, avevo un buon gusto nel vestire.»
«Potevi metterti qualcosa di corto. Come tutte.»
«Mi sentivo a disagio. Io…» Xiang si fermò, stirando le labbra e alzando appena gli angoli della bocca: «Non sono abituata a mettere in mostra così tanta pelle, ecco. Già indossare questa cosa che mi lascia le spalle completamente scoperte…» si fermò, tirando gli angoli del top fucsia e scuotendo il capo: «Sono una persona all’antica.»
«A proposito di persone all’antica, il mio sergente preferito come ha preso la tua serata in discoteca?»
«Mi ha detto di castrare lo yankee se ci avesse provato con me.»
«Simpatico come sempre, il caro sergente Norton.»
Xiang sorrise, poggiando i gomiti contro le gambe e posando il volto nelle mani messe a coppa: «Jumanji…» mormorò, osservando la maglietta di Alex: «Me lo farai mai vedere?»
«Ovviamente! Hai delle lacune enormi che devo colmare.»
«Andiamo al cinema allora?»
«Questo non lo danno al cinema» dichiarò Alex, storcendo le labbra: «O meglio ci sarà il remake, ma prima devi assolutamente vedere l’opera originale.»
«E allora…»
«Ti introdurrò alla magica arte dello streaming e, fidati, una volta conosciuta non ne farai più a meno.»
Xiang annuì, sorridendo: «Il televisore in salotto, va bene? Felix blatera sempre di come vede bene tutto con quello.»
«Ah, quindi usiamo quello? Mh. Sarà complicato per le mie manovre di appolpamento con il sergente Norton fra i piedi ma si può fare, magari sento Bri se può darmi una mano…»
«Le tue cosa?»
«Nulla, stavo parlando ad alta voce.»


Thomas inspirò, cercando di ignorare lo sguardo che sentiva addosso e si sistemò meglio sul letto, togliendosi da sotto la schiena il cuscino e sistemandolo contro la spalliera del letto, sfogliando il volumetto che aveva fra le mani e concentrandosi sulla lettura: «Potevi akumatizzarmi» dichiarò la voce di Manon, mentre Thomas mugugnò e si portò il manga al viso, nascondendosi con quello: «Non sbavarci dentro.»
«Non sto sbavando» borbottò il ragazzo, abbassando il fumetto e fissando l’altra: «Te l’ho detto: non ti akumatizzo.»
«Ma perché? Potrei essere utile.»
«No.»
«Ma sei duro!» Manon si alzò dalla sedia della scrivania, i pugni stretti e le braccia abbandonate lungo i fianchi: «Non ti fai problemi ad akumatizzare Xiang o Bridgette e con me sì?»
«Forse perché Xiang e Bridgette non sono state delle akumatizzate di Papillon?» sbottò Thomas, voltandosi verso di lei e allargando le braccia: «Hai mai pensato a cosa direbbero a scuola, a cosa direbbe qualcuno in particolare, se per caso La Marionettiste tornasse a girare per Parigi?»
Manon aprì la bocca, richiudendola e scuotendo il capo, sentendo tutta la rabbia scivolarle di dosso, mentre si lasciava cadere sulla sedia della scrivania e abbassava lo sguardo: «Potrei essere qualcosa di differente…» mormorò a voce bassa, stringendo le ginocchia fra sé e alzando speranzosa il capo: «Forse…»
«Il mio potere fa affidamento sulla versione di te che reputi più forte» Thomas inspirò, scuotendo il capo: «C’è un’alta probabilità che tu torni a essere La Marionettiste e, sinceramente, non ho voglia di rischiare» lasciò andare l’aria e si voltò di lato, sorridendo alla vista di Nooroo che dormiva tranquillo e beato fra le zampe di un orsacchiotto di peluche bianco: «Quella simpatica ragazza – e sono sarcastico – ti tormenta abbastanza già così, non voglio essere proprio io a darle altro mater…» si fermò, sgranando gli occhi e sentendo il corpo irrigidirsi: Manon si era gettata contro di lui, le piccole mani che gli sfioravano le spalle e le labbra che gli toccavano la guancia.
Rimase immobile, mentre lei si tirava su e gli sorrideva luminosa: «Grazie» bisbigliò, portandosi le mani alla bocca e sorridendo: «Posso ufficialmente dire che sei diventato il mio cavaliere dalla scintillante armatura.»
«Co-cosa?»
Manon gli sorrise, non rispondendo alla sua domanda e recuperò il cellulare dalla scrivania, alzandosi e raggiungendolo sul letto, costringendolo a farsi da parte mentre la ragazzina si accomodava al suo fianco: Thomas la fissò mentre, con tutta la tranquillità del mondo, Manon riprendeva a leggere dal punto dove si era fermata, sicuramente per tormentarlo, rimanendo a fissare il contorno del viso dell’amica, seguendo la linea dello zigomo e quella del naso, scivolando poi lungo il corpo e notando, con un piccolo sorriso, di quanto lei fosse più bassa.
Riprese a leggere il manga, irrigidendosi quando sentì Manon posare la testa contro la sua spalla ma, sebbene si sentisse a disagio, continuò a seguire la storia, sebbene dovesse passare più tempo su una nuvoletta rispetto a poco prima, mentre un sorriso gli piegava le labbra e sentiva il proprio cuore aumentare furiosamente i battiti.


Qionqgi sorrise mentre poggiava la mano sul cristallo ambrato, osservando l’uomo imprigionato e immobile nella posa stoica con cui aveva accettato l’esecuzione: Taotie non aveva supplicato il loro signore, in silenzio si era chinato e aveva abbassato il capo, ben sapendo che quell’ultimo fallimento era calato su di lui come una spada di Damocle.
Taotie si era poi rialzato, fiero e orgoglioso, mentre il loro signore lo imprigionava, esattamente come aveva fatto con Hundun, sotto lo sguardo suo e di Taowu.
Un monito a convincerli a non fallire ancora.
«Una sgradevole perdita» commentò Qionqgi, voltandosi e sorridendo al giovane generale mentre nella sua testa iniziava a elaborare velocemente il miglior modo per usare il suo ultimo compagno: doveva convincerlo a scontrarsi nuovamente con i Portatori, possibilmente a indebolirli e permettere poi a lui di scoccare il colpo finale.
E poco gli importava se anche Taowu sarebbe diventato un abbellimento della sala.
Doveva solo usare la sua leva migliore e quale, più perfetta, che dei sentimenti che il giovane generale nutriva per una certa ragazza?
«Un po’ come la tua» mormorò, abbassando la mano e voltandosi verso Taowu, notando come lo sguardo di smeraldo si era posato su di lui, vigile e attento.
«La mia?»
«La giovane amante che hai perso» mormorò Qionqgi, iniziando a passeggiare per la stanza e ascoltare il suono dei suoi passi che risuonavano nel silenzio: «Ma forse dovrei dire in un altro modo? Alla fine non è mai stata tua, dopotutto ha sposato un altro» si fermò, sorridendo all’effetto che le sue parole stavano facendo, notando come Taowu aveva stretto i pugni, e decise di rincarare la dose: «E’ a un altro che apre le gambe.»
Lo vide subito, il momento esatto in cui qualcosa divampò nello sguardo di Taowu e Qionqgi rimase in silenzio, mentre l’altro se ne andava dalla stanza in silenzio: aveva fatto il suo passo, adesso Taowu si sarebbe scatenato contro i Portatori e lui doveva solo attendere, aspettare il momento propizio.
Si voltò verso i due generali imprigionati nel cristallo ambrato e sorrise, promettendo a se stesso che non avrebbe fatto quella fine.
Ma e poi mai.


Il panorama era cambiato.
La distruzione onnipresente della visione, che lo accompagnava da quando era diventato Peacock, era sparita dalla città di Parigi che vedeva sempre nei suoi sogni; certo, era ancora ben lontana dall’essere un qualcosa di pacifico ma si stava avviando sulla buona strada per esserlo.
O almeno voleva sperare che fosse così.
Voleva credere che le scelte che stavano facendo, li portasse ben lontani da ciò che aveva sempre visto.
«E’ cambiato» commentò la voce di Kang alle sue spalle, mentre il giovane veggente lo affiancava e fissava il panorama davanti a loro: «Beh, c’è ancora qualcosa da fare.»
«Solamente sconfiggere Kwon. Roba da niente» commentò Rafael, posando le mani sui fianchi e inspirando profondamente, mentre il ricordo di un’altra visione gli giungeva prepotente alla mente: «L’altro giorno abbiamo combattuto contro uno dei suoi emissari ed io ho usato il mio potere per vedere una soluzione e sconfiggerlo, ma…»
«Ma la tua visione ti ha fatto vedere tutt’altro.»
«Sì.»
Kang rimase in silenzio per una buona manciata di minuti, inspirando profondamente e lasciando andare lento l’aria, continuando a fissare avanti a sé: «Ho visto anche io ciò di cui parli» mormorò, stringendo le labbra: «E anche il momento in cui scoprirai – scoprirete – chi è all’interno di quei cristalli.»
«Che cosa?»
«Voi li salverete» continuò Kang, ignorando l’esclamazione del giovane e annuendo con la testa: «Loro sono state pedine in questo gioco, pedoni che Kwon ha spostato per arrivare a ciò che più gli preme: i Miraculous.»
«Tu sai chi sono?»
«Sì, e presto lo saprete anche voi» Kang si voltò verso di lui, allungando una mano e posandola sull’avambraccio di Rafael: «Devi sapere che Kwon non è mai stato a conoscenza della vostra identità, non sa chi c’è sotto la maschera di coloro che indossano i Miraculous. Vi cerca inesorabilmente, captando le tracce di Quantum e qualcuno, più di altri, ha queste tracce addosso…»
«I generali.»
«Esattamente. Perché pensi che abbia usato persone a voi vicine?»
«Non comprendo» mormorò Rafael, scuotendo il capo e inspirando profondamente: «Su di noi, me e gli altri Portatori, non dovrebbe essere più forte questa traccia? Se ha preso persone che conosciamo, vuol dire che lo abbiamo incontrato in qualche modo. O almeno credo.»
«Devo ammettere che è complicato da spiegare» dichiarò Kang, stirando le labbra in un sorriso: «Su di voi c’è una traccia uguale alle altre, che esplode nel momento in cui usate il potere del Miraculous. Un po’ come se fosse un geyser e, a meno che Kwon non sia vicino a voi nel momento della trasformazione, non sarebbe capace di individuarvi rispetto a chiunque altro ha una traccia come voi.»
«Ma allora perché quei quattro?»
«Sono state le prime persone che lui ha incontrato, appena giunto a Parigi» spiegò Kang, socchiudendo gli occhi e inspirando profondamente: «Dopo avermi ucciso, Kwon è giunto a Parigi e qui ha incontrato la prima persona che ha posseduto, andandosene subito dopo: il suo piano iniziale era quello di smascherarvi per mezzo di Maus.»
«Kwon conosceva Maus?»
«Kwon ha finanziato Maus» dichiarò Kang, continuando a tenere gli occhi chiusi: «Quando è tornato, ancora ignaro della traccia, ha posseduto le prime persone che, secondo lui, potevano portarlo facilmente ai Miraculous ma poi…»
«Poi si è accorto che le tracce erano tutte uguali e quindi nulla lo poteva avvicinare ai Miraculous, ma nonostante tutto è riuscito a prendere qualcuno di vicino a noi.»
«Una piccola fortuna ma anche un’enorme sfortuna, perché voi vi battere con ogni mezzo per salvare le persone a cui tenete» dichiarò Kang, storcendo le labbra in un sorriso: «Vorrei tanto darti il nome che usa, ma non riesco a vederlo. E’ l’unica cosa che non riesco a vedere di lui e ho paura che abbia usato il Quantum per mascherarlo a me.»
«E’ possibile?»
«Non lo so. Forse. Oppure inizio a essere vecchio» Kang ridacchiò, osservando il panorama di Parigi e sorrise: «Questo panorama è veramente bello: ho sempre visto questa città nelle mie visioni e l’ho sentita come una casa…» si fermò, inspirando profondamente l’aria e rilasciandola: «Vorrei dirti due ultime cose.»
«Ultime cose?»
«Ci sarà un momento in cui vorrai agire, ma attendi» Kang si fermò, sorridendo e socchiudendo le palpebre: «Il vostro vero potere è nell’unione. Da soli siete deboli, forti uniti. Ricordalo sempre, Rafael. Siete sette non uno e come tali dovete combattere.»
«Ma che…»
«Questa è l’ultima volta che ci vediamo, mio giovane amico» si fermò, sorridendo e alzando lo sguardo, fino a incontrare quello di Rafael: «Vi ho sempre osservato nelle mie visioni, ho sempre visto i possibili futuri che le scelte portavano e ho fatto di tutto perché si realizzi il mio preferito: è un bel futuro, sai? Voi avete sconfitto Kwon e vivete le vostre vite finalmente in pace, per quanto quest’ultima sia un concetto effimero e temporaneo. Ma ogni tanto è bella, no? La pace.»
«Kang…»
«Vivi felice, Rafael, assieme all’amore della tua vita e ai figli che avrete. Ve lo siete meritato.»

 





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