CAPITOLO 9
Epilogo
Dicembre - Fujisawa, Giappone
La neve scendeva lentamente al dolce ritmare del Natale. Si
guardò intorno con circospezione cercando di ricordare quei luoghi che non
vedeva da tanto tempo, di rimembrare l’importanza che avevano avuto nel suo
passato. Stretta nel cappotto di cashmere fu percorsa da un brivido, poi da un
altro e da un altro ancora. Il freddo era pungente ma non voleva andar via. L’aria
frizzante sembrava risvegliarla da un dolce dormire. Si chinò per guardare
meglio una colonnina in pietra con incise delle parole. Giunse le mani coperte
dai guanti di pelle e chiuse gli occhi. I fiocchi continuavano a posarsi sul suo
cappello e sul cappotto. Con la mente cercò reminiscenze del suo passato in cui
c’era ancora lui. Un uomo che aveva amato intensamente ma che il destino le
aveva portato via in maniera cruenta. Sentì le lacrime salirle agli occhi per l’ennesima
volta e la vista annebbiarsi. Accese un bastoncino di incenso e cominciò a
pregare tra i gemiti di quella sofferenza che avrebbe portato sempre con se.
Con la mente gli parlò, raccontandogli gli ultimi eventi che
si erano succeduti nella sua vita, quasi a volerlo rendere partecipe di certi
cambiamenti che le avevano sconvolto il presente. Ridestata da passi lenti ma
continui che si avvicinavano, si rialzò. Guardò la figura che le stava andando
incontro nel suo incedere adagio, sicuro, dolcissimo. Adesso c’era lui nella
sua vita, non l’aveva più lasciata e lei ne era sicura: non l’avrebbe mai
fatto. Guardò ancora la colonnina in pietra con l’incenso ancora fumante e
sorrise. Poi alzò gli occhi verso un cielo bianco dalle sfumature argentate.
- Ti voglio bene papà! Ciao. -.
Oliver le si avvicinò, le cinse la spalla con un braccio e
insieme si allontanarono lasciando alle spalle una scia di orme calcate su un
candido manto eburneo.
Maggio - Barcellona, Spagna
Fissava il suo sguardo sognante, lei ferma dinanzi la
finestra del corridoio che guardava oltre quei vetri trasparenti. I capelli
scurissimi, lisci e lucidi come la seta più preziosa, cadevano morbidamente
sciolti sulle spalle regolari. La pelle nivea sembrava risplendere a quel
contrasto. Le labbra velate di un leggero scarlatto erano unite in un dolce
sorriso. Era cambiata in quegli ultimi sei mesi. Non era più la stessa ragazza
che conosceva, quella che aveva imparato non solo ad apprezzare ma ad amare. Se
ne era riscoperto innamorato proprio nel momento in cui lei aveva avuto la
certezza di amare un altro. Non era riuscito ancora ad abbandonare l’idea che
quella donna così altera, raffinata, affascinante, irraggiungibile non potesse
essere più sua. Lo sguardo cadde sulla mano sinistra dove un cerchietto di
metallo con incastonato un diamante brillava sul quarto dito. Ebbe una fitta al
cuore e corrucciò la fronte. Sospirò cercando di ricomporsi per darsi un
contegno.
L’ultima volta che l’aveva vista, era giunta in ospedale
in tarda serata per farsi controllare dopo una rovinosa caduta sull’asfalto.
Era completamente fradicia…lui la teneva per mano, ricoperto di acqua e fango,
incurante dell’aspetto e di quello che avrebbe potuto pensare la gente.
Non avrebbe mai potuto dimenticare il loro sguardo ricco di
parole non dette e sensazioni che avrebbe voluto provare lui, la magica intesa
che c’era tra loro. Non sapeva cos’era, ma evidentemente, il giorno in cui
lui aveva messo piede in ospedale, le aveva rapito il cuore e la mente. Era di
lui che era innamorata e per tale motivo lo aveva rifiutato.
Qualche giorno dopo, partì per uno stage a Londra. Adesso
era tornato e incurante di quello che poteva essere successo durante la sua
assenza, delle sue mancate risposte, era stata la prima persona che aveva
cercato.
- Ciao! - esclamò avvicinandosi alla sua figura. Lei si
girò dolcemente e lui non poté che rimanere catturato da quello sguardo
ammagliante e sereno. Non l’aveva mai veduta così prima di allora.
- Luis! - disse sorridente. - Quando sei tornato? - gli
chiese baciandolo dolcemente sulla guancia.
- Trish…o…Patty….o…non so come chiamarti! - disse
imbarazzato. Lei rise di scherno.
- Come vuoi tu. A te è concesso, lo sai! - gli rispose
prendendolo sottobraccio e passeggiando insieme per il corridoio diretti
verso il giardino dell’ospedale.
- Come stai? Quando sei tornato? Perché non hai mai
risposto alle mie e-mail? - gli domandò cercando di nascondere il suo
disappunto per le mancate risposte.
- Scusami..sono stato così impegnato…-
- Uhm…potevi trovare una scusa più plausibile! -
- Ti prego…non mettermi in imbarazzo! -
- Okay, non ti chiederò nulla….dimmi di te. - gli
disse poi guardandolo con estrema dolcezza. Era bellissima, nel fiore del
suo massimo splendore. Cosa aveva fatto per diventare così?
Rimasero in silenzio, passeggiando a braccetto sotto le verdi
fronde dei viali alberati. Era uno splendido pomeriggio di maggio e il cielo era
terso e limpido, vicino all’imbrunire.
- Scusami se non ti ho scritto…non ho avuto il tempo…no,
non ho potuto…no, non è vero nulla! - le disse arrestando il passo e
sciogliendosi dall’abbraccio. Era impacciato, dubbioso su quello che
doveva dirle. Lo guardò con espressione interrogativa. Lei non proferì
nulla, non protestò a quello che le stava dicendo.
- Trish…io…quando ti ho vista arrivare quella sera in
ospedale…fradicia, contusa, ma felice…beh ho capito che non c’era più
spazio per me nella tua vita! -
- Ma cosa dici? - ribatté lei a quella frase.
- Ti prego, lasciami finire! Tu lo sapevi e lo sai ancora
che per te nutro qualcosa di più di una semplice amicizia: quando vi ho
visti insieme, felici, innamorati…lui è riuscito a riportarti ad una
nuova vita, è riuscito in quel che ho mancato io…o forse qualcun altro.
Mi sono sentito sconfitto e ferito e per questo motivo sono andato via. Mi
sentivo mancare l’aria, soffocare dal pensiero che eri tra le sue braccia.
Mi sono riscoperto geloso. Ti avrei vista ogni giorno sempre più felice,
accanto a lui e per quanto avrei potuto gioire per te, egoisticamente avrei
continuato a soffrire e a sperare che tu potessi tornare da me. Quando mi
hai scritto confidandomi il dramma della tua vita, quello che è successo in
questi ultimi dieci anni, il sentimento sbocciato all’inizio dell’adolescenza…come
pensi che mi possa essere sentito? Avrei voluto averti lì, abbracciarti,
coccolarti, baciarti cercando di lenire le ferite che porti nel tuo cuore,
dirti che non eri sola, che accanto a te c’ero io. Ma adesso c’è lui ed
è sufficiente guardarti, così bella, raggiante, splendida per capire che
non hai bisogno d’altro. -
- Luis…io…mi dispiace averti fatto soffrire. -
rispose rammaricata.
- Non è colpa tua. Non mi hai mai illuso, tutt’altro…sei
sempre stata schietta e sincera e mi avevi anche detto di essere innamorata,
ma questo non mi ha impedito di continuare ad amarti in segreto. Speravo che
questi sei mesi trascorsi a Londra avrebbero potuto consolare questo cuore
triste, - le disse portandosi una mano al petto, - ma non ha funzionato e
adesso che ti ho rivista, ne sono ancor più consapevole. -
- Non so cosa dirti…vorrei poter fare qualcosa, non
sentirmi in colpa per averti causato dolore e sofferenza…
- No Trish…non devi, assolutamente! - le disse
prendendole il volto tra le mani. La brezza primaverile spirava con i suoi
profumi fioriti tra le fronde. Il canto melodioso dei passeri sui rami era
ritmato dal dolce soffiare del vento tra le foglie.
- Luis…ti voglio bene! - esclamò buttandosi tra le sue
braccia in un gesto spontaneo d’affetto.
- L’amore si può mendicare, comprare, regalare, si
può trovarlo sulla strada, ma non si può estorcere. Ti amo Trish…ti
porterò sempre nel mio cuore. Sarai il mio più bel ricordo. - le sussurrò
accarezzandole il capo. - Resto a Londra. - aggiunse poi.
- Tornerai? - gli chiese nostalgica guardando l’amico.
Il sole brillava tra i capelli biondi e sembrava rispecchiarsi nel verde
scuro dei suoi occhi. Alzò le spalle in segno di incertezza ma lei
conosceva la risposta.
- Forse….un giorno…ti auguro tanta felicità Trish, a
te e a Oliver. Spero che lui possa renderti felice come avrei voluto fare
io! - aggiunse sorridendole e sfiorandole le labbra con un dolce bacio d’addio.
Lo vide allontanarsi in fondo a quel viale che tante volte
avevano percorso insieme discutendo di casi clinici e di pazienti. Il suo amico
Luis andava via con il cuore ferito da un amore impossibile. Era dispiaciuta ma
serena. Non avrebbe potuto dargli di più perché amava intensamente Holly,
sempre più consapevole che solo lui le avrebbe potuto dare la felicità che
aveva sempre sognato.
Alzò gli occhi al cielo e rimase abbagliata dai raggi del
sole che intensi e prepotenti illuminavano la volta azzurra che si stava
preparando al tramonto. Il vento soffiò leggero tra i suoi capelli
scompigliandoli piacevolmente. Chiuse gli occhi e respirò l’aria frizzante
della primavera.
Era lì, alla fine del viale che le sorrideva. I capelli
ancora bagnati della doccia, sereno, innamorato. Alzò il braccio richiamandola.
Con un balzo corse verso di lui, verso quell’uomo che amava più di se stessa,
che accompagnato dalla solitudine aveva vissuto dieci anni della sua vita nella
speranza che tornasse, solo e unicamente per dirgli quanto l’amava. Il cuore
le si riempì di gioia e cominciò a palpitare velocemente. Era felice,
raggiante di un amore che avrebbe solo potuto continuare a crescere e a
splendere per loro.
“Amare il mondo e la vita, accogliere con gratitudine ogni
raggio di sole. Non dissipare mai completamente il sorriso. Questo insegnamento
di ogni autentica poesia non invecchierà mai. “
(Herman Hesse)
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