Personal
Space: sì, ok. Sono imperdonabile. Ma sono tornata...e per restare!
Buona lettura
Capitolo 14: No more.
James capì subito qual’era stata la risposta di
Coulson nel momento stesso in cui guardò Clint negli occhi. Clint, e
non Steve, perchè per quanto lui e Steve fossero stati amici qualcosa
come settant’anni prima, in quel momento era con l’arciere che aveva il
legame più forte.
Non era cattiveria, Dio solo sapeva quanto una parte di lui avrebbe
voluto recuperare il rapporto con Steve, ma era finalmente anche
arrivato alla vera, profonda consapevolezza che tutto quello che Clint
gli aveva detto era vero: anche se il suo nome e la sua faccia erano
ancora quelli di James Barnes, lui non lo era più, non del tutto, per
lo meno. Era una cosa che si era ripetuto spesso, da quando Clint aveva
iniziato a cercare di inculcarglielo in testa, ma solo ora sentiva di
esserne convinto.
Aveva l’opportunità di essere una persona nuova, che usava le proprie
capacità al servizio delle persone innocenti, invece che per uccidere.
E, se ne stava rendendo conto solo ora, non l’avrebbe fatto al servizio
degli Stati Uniti, nè di qualunque altro governo o agenzia segreta o
qualunque altra cosa. No, signore.
Non gli interessava più far parte di qualcosa, e se ne era accorto
perchè mentre Clint e gli altri erano arrabbiati e delusi, lui sentiva
solo sollievo crescere dentro di lui.
Aveva già dato una volta, anzi due, la propria vita per il governo
americano, e ne aveva ottenuto cosa? Niente.
Ora basta.
Non avrebbe più preso ordini. Da nessuno.
Ma non poteva permettere che il mondo perdesse degli ottimi agenti come
Clint, Natasha e gli altri. Se era vero che le organizzazioni statali
erano ormai perse nella corruzione, il rinato SHIELD sembrava posare
sulle spalle di una persona genuina, che aveva a cuore la sicurezza dei
cittadini, ed era di uomini come Clint che aveva bisogno: onesti,
coraggiosi e giusti. Non dei ciechi soldati, ma persone che pensavano,
obiettavano e si ribellavano di fronte alle ingiustizie.
No, non poteva permettere che per causa sua gli Stati Uniti, le persone
per cui aveva dato la vita, perdessero persone come loro.
E poi c’era Steve.
Steve sarebbe andato a fondo con lui se fosse stato necessario, ma a
che pro? L’America aveva bisogno di Capitan America, ora più che mai.
-A che pensi?- la voce di Sam era pacata, ma bastò a distoglierlo dal
turbine di pensieri in cui era entrato.
Si rese conto in quel momento che era da molto che non riusciva a
pensare così lucidamente. Si chiese se fosse o meno un buon segno, ma
si concentrò per rispondere alla domanda. Non era facile mettere ordine
nei propri pensieri ed esprimerli a voce, soprattutto perchè era da
tempo ormai che non era più abituato a fare discorsi. Negli anni
passati da arma, quando doveva parlare lo faceva con frasi secche,
ordini composti da al massimo cinque o sei parole, nessuna delle quali
di sua iniziativa. Aveva la missione da compiere e una serie di ordini
preimpostati tra cui scegliere. Vietato pensare. Quando iniziava a
pensare, la ricompensa era sempre e solo una: ricalibrazione cognitiva
e congelamento.
-Penso… - iniziò, poi esitò, non sapendo da dove cominciare. C’erano
così tante cose che voleva dire, che non sapeva nemmeno da dove
cominciare. Iniziò da quello che gli sembrava più facile - che non
dovreste lasciare lo SHIELD. Nessuno di voi.-
-Non ci rientriamo senza di te- dichiarò Clint, e non per la prima
volta.
-Concordo- gli fece subito eco Steve.
-Io nemmeno-
Solo Natasha e Sam rimasero in silenzio, e James sospirò. Ora veniva la
parte difficile.
-Voi ci rientrate, invece- dichiarò lui, e di fronte alle loro facce,
articolò. -Io non rientrerò in ogni caso. Non farò mai più parte di un
esercito-
-Buck…-
-No, Steve, niente Buck- lo interruppe, reprimendo a stento il brivido
che gli aveva percorso la schiena. Mai interrompere un superiore. Mai
interrompere. Punto. Si fermò per un attimo, irrigidendosi in attesa di
una punizione che però non venne. Ovvio che non sarebbe venuta, non era
più con l’hydra. Forzò il suo corpo a rilassarsi (o meglio a tornare in
quello stato di non tensione estrema) e riprese a parlare. -Non voglio
più farmi controllare. Non voglio più prendere ordini- deglutì, prima
di proseguire -Non voglio più uccidere nessuno, non mi importa se sia
colpevole o innocente. Non toccherò più un’arma-
***
E d’un tratto, Sam si chiese se non avesse solo perso tempo dopo il suo
rientro dal fronte, quando si era messo a studiare psicologia per poter
poi essere d’aiuto ad altri soldati.
Come era possibile che lui, proprio lui, un professionista nel campo
dei reduci, non si fosse accorto che Bucky era arrivato a quel punto di
saturazione oltre il quale subentrava il rifiuto totale della propria
vita precedente. Non solo, ma era anche in quella fase in cui anche il
solo pensiero di prendere di nuovo in mano un’arma lo terrorizzava e lo
disgustava allo stesso tempo.
Non era la prima volta che lo vedeva accadere, e lui stesso, fino al
momento in cui Steve aveva bussato alla sua porta, si era fermamente e
definitivamente ritirato dal servizio attivo.
Non avrebbe sopportato di tornare a combattere, non dopo Riley. Non
senza Riley.
Eppure, nonostante tutto, non si era minimamente reso conto dello stato
di rifiuto in cui si trovava James.
Avevano tutti dato per scontato che volesse unirsi allo SHIELD,
continuare a proteggere gli innocenti come aveva sempre fatto, che
volesse riscattare le proprie colpe rimettendosi al servizio degli
Stati Uniti D’America.
Come avevano potuto non chiedersi se, dopo essere morto, essere stato
catturato dall’Hydra e ridotto a un’arma, se la sentisse ancora di
riprendere, per l’ennesima volta, le difese di chi lo considerava un
pericoloso assassino senza minimamente porsi il problema del perchè
fosse passato dall’essere un eroe di guerra all’essere il terrorista
numero uno al mondo.
Erano tutti quanti stati, in fondo, egoisti, ognuno a modo proprio. No,
non era del tutto vero.
Clint, in fondo, era sempre stato l’unico ad accettare Barnes per
quello che era, residui del Soldato d’Inverno e uomo dalla personalità
frantumata in mille pezzetti di ricordi che affioravano di continuo
senza un vero legame.
Si erano tutti abituati al modo di pensare dei vendicatori, che, nel
bene o nel male, avevano sempre e comunque accettato di scendere in
campo, nonostante quello che gli era stato fatto precedentemente,
compreso essere accusati di tradimento dopo essere stati controllati da
un alieno con manie di protagonismo.
Steve in fondo, e non per cattiveria, rivoleva il suo migliore amico,
qualcuno con cui condividere il ricordo degli anni ‘40, di un mondo che
non era nemmeno l’ombra di quello che era adesso. Rivoleva l’amico che
lo capiva e lo sosteneva, non perchè era Capitan America, ma per
affetto genuino. E quel qualcuno non sarebbe mai stato altri che Bucky.
Sam non si sentiva tradito o messo da parte, era ben cosciente che non
avrebbe mai seguito Steve Rogers se non fosse stato Steve Rogers.
Probabilmente quell’amico era ancora lì, e col tempo sarebbero
sicuramente tornati a condividere le loro esperienze, ma probabilmente
non avrebbero più condiviso un campo di battaglia e, ora che le cose
erano state palesate, tutto era sempre stato davanti ai loro occhi,
semplicemente non avevano voluto vederlo.
***
Per quanto fosse convinto che lo SHIELD avesse appena perso una risorsa
validissima, Clint era fiero della presa di posizione di James.
Per la prima volta, aveva preso una decisione spontanea e in totale
autonomia sulla propria vita, e Clint poteva solo parzialmente capire
quanto fosse liberatorio per lui.
Il giorno che aveva deciso di scappare dal circo insieme a suo fratello
era stato come tornare a respirare, così come il momento in cui aveva
deciso di prendere le armi contro Loki.
E ora, James aveva deciso in totale autonomia, senza chiedere consigli
a nessuno, e senza farsi influenzare dall’entusiasmo altrui, di dire
basta alla vita militare; che fosse solo una cosa momentanea, dovuta
alla delusione e alle vicende passate, o una decisione definitiva, a
Clint al momento non importava. Era solo contento che James stesse
finalmente ricominciando a prendere in mano la propria vita.
Era un piccolo passo, certo, ne era consapevole, ma gli sarebbe
sicuramente servito a riprendere sicurezza in sè stesso e a fargli
capire che loro gli sarebbero stati accanto qualunque cosa avesse
deciso di fare, o almeno così sperava.
Clint si scambiò un’occhiata con Natasha, trovando subito il sostegno
della ragazza nella sua tacita approvazione della decisione, e la
stessa cosa valeva per Tommy.
Sam sembrava volersi prendere a schiaffi da solo, per non riusciva bene
a immaginare quale motivo, mentre Steve… Clint riusciva a vedere
chiaramente la lotta interiore in corso nel cervello di Capitan America.
Non sembrava arrabbiato, ma sicuramente le parole di Bucky l’avevano
preso un po’ di sorpresa, probabilmente perchè ricordava ancora il
giorno in cui aveva risposto con entusiasmo alla chiamata di Capitan
America, dopo che lo aveva liberato dalla prigionia di Azzano; Clint
non gliene faceva una colpa: ricordava ancora bene la faccia di suo
fratello quando gli aveva detto che voleva fermarsi e crearsi una vita
allo SHIELD invece che continuare a vivere di furti su commissione.
Barney non gliel’aveva perdonato.
Gli mancava suo fratello? Ovvio.
Gli dava fastidio quando si presentava alla sua porta chiedendo soldi?
Assolutamente sì.
Tornando indietro, avrebbe preso una decisione diversa? Nemmeno morto.
La verità era che, Barney o no, non si era mai pentito della propria
scelta, e ora era piuttosto fiero del proprio percorso, anche se era
ancora uno sbandato che non era in grado nemmeno di gestire il proprio
frigorifero.
***
Steve era sconvolto.
Mai si sarebbe aspettato una reazione del genere da parte di Bucky. Mai.
Certo, sapeva che James aveva sempre voluto arruolarsi più che altro
per fare un favore a Steve, per guardare le spalle a quel ragazzino
mingherlino che aveva come unico ideale quello di difendere la propria
patria. Sapeva però anche che Bucky non si era mai risparmiato sul
campo di battaglia, non si era mai tirato indietro.
E allora perchè adesso non voleva più saperne?
Poi la verità lo colpì come un fulmine.
Per lo stesso motivo per cui mesi prima aveva confessato a Sam di non
sapere cosa volesse fare della propria vita.
Steve sorrise e fece un passo verso il suo amico.
-Va bene, Bucky- disse - Se questa è la tua decisione, la rispetteremo.
Tutti. Permettici però di aiutarti-
-Ha ragione- intervenne subito anche Clint -lo SHIELD possiede
tecnologie all’avanguardia ed è sempre aggiornato sui nuovi ritrovati
della medicina. Loro ti aiuteranno-
-Potrebbero anche aiutarci a ripulire il tuo nome, Bucky- intervenne
Tommy -Se riusciamo a provare che non eri cosciente durante le tue
azioni, nessuno potrà più giudicarti colpevole delle tue azioni-
***
Tommy teneva molto che il nome di James Barnes fosse riabilitato.
In pochi mesi era passato dall’essere un eroe di guerra a un
supercriminale, un killer professionista colpevoli di innumerevoli
omicidi. Tommy sapeva bene quanto questo genere di cose potessero
impattare sulla reputazione di una persona.
Lui stesso aveva disprezzato profondamente Clint dopo la faccenda di
suo padre, salvo poi doversi ricredere quando l’arciere gli aveva
svelato la verità.
-Grazie, Tommy- rispose Bucky, regalandogli un sorriso storto -Ma sono
pronto ad assumermi la responsabilità delle mie azioni, e a scontare
qualunque pena mi sarà inflitta dal governo-
-In ogni caso, finchè non ti starai stabilizzato non potranno
processarti, questo è sicuro- Sam intervenne al volo. Finalmente un
argomento su cui poteva dire qualcosa. -E’ già successo ai veterani, di
oltrepassare il limite tra legale e illegale… e in caso venga
riconosciuta anche una sola momentanea incapacità mentale, il processo
viene posticipato-
-In parole povere- chiarì Clint - vogliono che ti renda conto della
pena, esatto?-
-Sì… più o meno una cosa del genere-
Tommy sentì nascere un po’ di speranza dentro di sè, e anche un
qualcosa che non sapeva ben definire. Sapeva solo che negli ultimi
giorni aveva imparato a conoscere un po’ meglio il mistero che era
James/Soldato D’Inverno.
Come con Clint, aveva distintamente percepito tutto il rimorso per le
azioni compiute, indipendentemente dal fatto che fossero state compiute
sotto costrizione (a dir poco!) o che non avesse alcuna possibilità di
scelta a riguardo.
Ma c’era dell’altro.
C’era una cosa che Tommy riusciva ad associare soltanto alla paura, per
non dire terrore. Ogni volta che si accingevano a fare qualcosa al di
fuori dell’ordinario (che per due persone in fuga come loro poteva
essere banalmente entrare in un bar a mangiare un boccone o dormire
nascosti in qualche buco nei sobborghi cittadini), leggeva in James un
terrore quasi primordiale, come se temesse che un qualsiasi nuovo
stimolo riattivasse il Soldato d’Inverno in pieno, portandolo a
uccidere Tommy e chiunque cercasse di fermarlo.
Era una cosa che scatenava in Tommy una pena infinita, perchè vedeva
chiaramente come James si muovesse come sulle uova, timoroso di tutto e
tutti.
Ora forse avrebbe avuto la possibilità di essere seguito da
professionisti, di capire come funzionasse la propria mente, e magari
di recuperare la propria identità. E chissà, magari col tempo gli
sarebbe anche tornata la voglia di far parte dello SHIELD, o della
polizia, o qualcosa del genere.
-Per adesso- intervenne Sam interrompendo il corso dei suoi pensieri -
Dobbiamo concentrarci sul mio incontro di domani con Coulson. Da quello
dipenderanno un bel po’ di cose credo-
-Di che parli?- fu la domanda spontanea di Tommy. Cosa c’entrava
Coulson in tutto questo?
-Coulson aveva nettamente riufiutato la possibilità di ammettere Bucky
nello SHIELD, ma Sam è riuscito a convincerlo per lo meno a incontrarlo
da solo, in modo da sottoporgli la propria perizia- spiegò allora
Steve, guardando Tommy e avvicinandosi però a James.
-Ma ora a cosa può servire?- chiese Clint -Non vuole rientrare nello
SHIELD-
-Posso spostare il tiro. Cambiare le richieste- fu l’immediata risposta
di Sam, che in effetti ci stava pensando fin dal momento in cui James
aveva dichiarato di non essere interessato a entrare nello SHIELD, o
negli Avengers per quanto ne potevano sapere. -Posso chiedere che ti
venga data la possibilità di riabilitazione, in modo da poter stabilire
a tutti gli effetti in che entità possa essere ritenuto responsabile
delle tue azioni e di conseguenza, la gravità e le imputazioni di un
eventuale processo- specificò quando l’attenzione del Soldato si
spostò su di lui.
***
James si limitò ad annuire, incerto su cosa dire.
Non riusciva a permettersi di sperare di liberarsi degli istinti del
Soldato d’Inverno, di poter vivere una vita normale una volta espiate
le proprie colpe.
Certo, probabilmente non avrebbe mai avuto una vita normale nel vero e
proprio senso della parola. Sarebbe sempre stato un soldato potenziato,
con tutto ciò che ne derivava, e la gente l’avrebbe sempre visto con
sospetto, almeno finchè non si fosse convinta della sua non
pericolosità. James, vedendo Natasha, iniziava a capire che ciò non
sarebbe avvenuto solo con un’eventuale assoluzione agli occhi della
legge. Cavolo, Natasha aveva salvato il mondo almeno un paio di volte
(almeno per quel che ne sapeva lui), e non sapeva quante vite aveva
contribuito a salvare con il suo lavoro per lo SHIELD, eppure dopo i
fatti di Washington non avevano esistato a puntarle il dito contro e ad
accusarla di tradimento, riportando alla luce tutto il suo passato di
spia russa.
Quindi, non si aspettava certo un bentornato, o una vita con un lavoro
normale, senza contare che aveva ucciso i genitori di uno dei
personaggi preferiti dagli americani, che ora gli dava la caccia senza
tregua. Anche questo non avrebbe aiutato.
Nonostante tutto, si sarebbe anche solo accontentato di non essere più
un fuggitivo. Anche una vita da recluso era pur sempre meglio di quella
che aveva vissuto finora.
-Bucky?- chiese alla fine Steve, forse preoccupato dal suo silenzio.
-Va… bene- riuscì ad articolare, prima di seguire Sam in una stanza
separata.
***
Per poter fare una perizia, Sam non poteva e non voleva basarsi solo
sul comportamento avuto in Italia, ma voleva indagare un po’ più a
fondo sulle condizioni di James, e non poteva certo farlo in una stanza
dove almeno due persone sarebbero saltate in piedi al minimo accenno di
domanda scomoda.
Aveva paura di finire con l’osso del collo spezzato a metà intervista?
Abbastanza, ma se non altro quello avrebbe dato una chiara risposta ai
dubbi di Coulson.
Credeva che sarebbe finito con l’osso del collo spezzato a metà
intervista?
Probabilmente no.
Sam, per quel che aveva visto, confidava nella voglia di James di
redimersi, o per lo meno di evitare di far del male ad altra gente. E,
soprattutto, aveva un disperato bisogno di non sentirsi una minaccia,
di questo Sam era certo fin dai primi momenti in cui lui e il soldato
si erano ritrovati nella stessa stanza: tutto nel linguaggio del corpo
gridava alla resa, al non voler far del male, al di là degli episodi
nella casa sicura, quando James si liberava di ogni possibile arma
contundente nel momento in cui lui o Natasha entravano nella stanza in
cui si trovava.
Sam invitò James a mettersi comodo, e il soldato obbedì sendendosi a
terra, con una gamba ripiegata col ginocchio che quasi toccava il mento
e l’altra ripiegata sotto di essa, a formare una L.
L’ex pararescue si sedette invece sul letto, con un quaderno recuperato
poco prima appoggiato su un ginocchio e una matita con cui stava
giocherellando quasi distrattamente tra le mani.
Si prese un momento, lasciando al soldato il tempo di calmarsi, e
radunando allo stesso tempo le idee. Aveva qualche domanda da fare, e
non voleva turbarlo più di quanto fosse necessario.
Personal Space: non ho molto da
dire... la storia volge verso la fine... fine che è già scritta... e il
3 capitolo della saga è in corso... io ve lo dico...
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