Lost World

di Cry_Amleto_
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We said goodbye, that's what you told me once
So many time we've made our peace[...]
(Ci siamo detti addio, questo è ciò che una volta mi dicesti
Ci siamo riconciliati tantissime volte[...])

La luna piena illuminava a giorno tutto ciò su cui posava attenzione. Alcuni suoi raggi si infiltrarono tra le ante aperte di due balconi, nella camera da letto patronale di una sontuosa villa nella città di Malibù. Raggiunsero due figure maschili stese su di un enorme letto che troneggiava al centro della stanza, coperte da un lenzuolo candido. Uno dei due – il più massiccio – era vigile nonostante la tarda ora e accarezzava con lo sguardo il volto addormentato dell'altro, che rannicchiato su se stesso, contro il petto del primo, sembrava quasi un bambino al suo confronto. L'espressione di quest'ultimo sembrò come accartocciarsi, visibilmente in preda a terribili incubi.

Li vide entrare alla spicciolata, lentamente, i camici bianchi da cui si intravedevano le divise militari, i guanti in lattice immacolati che fasciavano loro le mani.
Gli puntarono un faro al neon contro, accecandolo e costringendolo a distogliere lo sguardo, denudandolo delle ombre nelle quali era abituato a confondersi.
Cambiò leggermente posizione, spostando il peso da un piede all'altro, e lo strano materiale traslucido e vischioso che lo legava ad un muro di cemento si adattò ai suoi movimenti. 
Con la testa reclinata verso il basso e il corpo debole, infiacchito dalla prigionia, si lasciò esaminare da quegli pseudo-scienziati che borbottavano commenti a cui non volle prestare attenzione. 
Dopo un arco di tempo che non riuscì a quantificare, uno degli uomini gli si avvicinò. 
Inizialmente non riuscì a mettere a fuoco che il suo profilo scuro che si stagliava sulla luce accecante del faro. Poi, la voce dell'uomo che gli era dinanzi ordinò di abbassare i riflettori. Una voce che gli strinse il cuore in una morsa nostalgica. 
E poi eccoli. 
Quei due grandi e profondi occhi celesti che amava come nessun'altra cosa al mondo, lì, nei suoi. 
Gli sorrise, Tony Stark, sorrise a Steve Rogers. 
Un sorriso che gli morì sulle labbra quando, scavando in quelle due pozze oceaniche, le trovò troppo torbide, prive di quella luce che lo aveva fatto perdutamente innamorare di lui.
No. Quell'uomo che indossava quel camice, che lo squadrava con sguardo da predatore, che aveva piegato le labbra in un ghigno scoprendo i suoi bianchissimi denti perfetti, non poteva essere il suo Steve.
Eppure... Eppure era lui. Era indubbiamente lui. 
Quest'ultimo gli si avvicinò, il passo lento e felpato di una belva che si accosta alla sua preda.
Si fermò solo quando pochi centimetri separavano i loro volti, tanto che l'inventore percepì sugli zigomi il respiro caldo del Capitano.

«Esperimento numero 1»

Tre parole secche, pronunciate dalla voce di colui che amava, che spalancarono le porte dell'Inferno.

C'era solo dolore.
Lampi di luce violetta improvvisi che illuminavano le mani o il ghigno del carnefice incaricato.
La voce di Steve che, dopo ogni seduta, lo accarezzava suadente e dolce come miele, promettendo una nuova vita nata dal dolore. Nata dalla pazzia.
E urlò.
Urlò il nome di quell'uomo identico al suo Steve, eppure così nettamente diverso.
Urlò.
Gli urlò di smetterla.
E implorò.
Implorò la fine di quei tormenti.
Implorò.
Gli implorò di ucciderlo.

Si svegliò di scatto, madido di sudore, urlando. Una voce preoccupata lo chiamava per nome. Quella voce.
Si alzò repentinamente dal letto, un gemito lasciò le sue labbra.
E incrociò nuovamente quello sguardo di zaffiro.
Era lo sguardo giusto. La luce che brillava sotto di esso era visibile anche nell'oscurità della notte.
Sì.
Era il suo Steve.
E quella in cui si trovava era la loro camera da letto.
Si rifugiò nuovamente sotto le coperte, nascondendosi tra le braccia muscolose del Capitano, che prese a cullarlo accarezzandogli ritmicamente i capelli.

Quel sogno... Perché aveva sognato uno Steve che si dilettava a farlo torturare? Perché, se avrebbe affidato a quest'ultimo la propria vita senza pensarci due volte? Eppure quelli non sembravano sogni... erano troppo veri, troppo dolorosi per esserlo. Come se fossero ricordi soppressi, immersi nel fango della propria memoria.
Con la mente ed il cuore turbati, respirò a fondo l'odore del suo uomo, lasciandosi condurre dalla sua dolce voce consolatoria verso un sonno senza sogni.





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