Questione
d’ironia
Quel
giorno, Obi-Wan si ritrovò a svolgere un incarico
inusuale: prelevare il bambino che il suo Maestro aveva raccattato su
Tatooine e portarlo al Tempio.
Arrivato
agli alloggi del Senatore di Naboo, che ospitava
temporaneamente la Regina, il suo entourage e le patetiche forme di
vita raccolte da Qui-Gon, informò una guardia di essere
lì per Anakin Skywalker.
Lì
per lì, l’uomo lo fissò
come se lo ritenesse un aspirante rapitore di bambini, poi
notò i suoi abiti da Jedi e borbottò qualcosa in
un comlink. Ricevuta una risposta, gli chiese di aspettare e se ne
andò.
Sospirando
appena, Obi-Wan si guardò attorno. Si trovava in
una stanza rettangolare, dalle pareti rosso smorto, arredata con una
panca intarsiata e con alcune sculture provenienti da chissà
quale angolo della galassia.
Il
giovane studiò per un istante i volti grotteschi e le
linee sinuose di quei mostri di pietra. Il gusto del Senatore Palpatine
gli pareva del tutto discutibile.
Percependo
che qualcuno era in arrivo, si riscosse da quei pensieri e
si voltò verso il corridoio. La guarda si stava dirigendo
verso di lui, accompagnata da un bambino biondo e irrequieto.
«Eccolo
qui» annunciò l’uomo.
Obi-Wan
gli rivolse un cenno del capo, e la guardia si
ritirò dopo avergli scoccato un’ultima occhiata.
A
quel punto, l’apprendista spostò
l’attenzione su Anakin Skywalker. Il bambino era immobile,
intento a fissarlo ad occhi sgranati.
«Non
sei Qui-Gon» constatò, dopo un
momento.
Obi-Wan
inarcò un sopracciglio.
«Davvero?»
Per
tutta risposta, il bambino lo fissò con aria un
po’ preoccupata, e lui sospirò.
«Era
una battuta».
Anakin
lo scrutò da dietro quell’impossibile
frangia color sabbia, quindi parve rianimarsi. «Sei qui per
portarmi al Tempio Jedi, vero?»
«Già».
Forse
avrebbe dovuto aggiungere qualcos’altro, invece di
voltarsi ed iniziare semplicemente ad avviarsi verso
l’uscita, ma cosa? Seguimi? Era abbastanza scontato, giusto?
Il
ragazzino sembrava piuttosto sveglio, capacità di
recepire il sarcasmo a parte.
Per
il gran sollievo di Obi-Wan, in effetti, non ci fu bisogno di alcun
invito – non appena lo vide allontanarsi, Anakin Skywalker si
affrettò ad andargli dietro.
Durante
la discesa nel turbo-ascensore, parve anche ritrovare la lingua.
«Perché
non è venuto
Qui-Gon?» azzardò, un po’ timidamente.
Obi-Wan
lo guardò con la coda dell’occhio.
«Era impegnato».
«Ah».
L’ansia di Anakin si
dipanò chiaramente nella Forza.
«Però… però sarà
lì, vero? Al Tempio, voglio dire».
«Ci
sarà» gli assicurò il
giovane.
Anakin
parve decisamente sollevato. «Meno male».
Poi, dopo un momento, si affrettò ad aggiungere:
«Non è che non sono felice che sei venuto
tu…»
«No?»
Obi-Wan
aveva seri dubbi sulla sincerità di
quell’affermazione. Non che biasimasse il bambino: Qui-Gon
era una presenza molto più rassicurante.
«No»
rispose Anakin, con estrema nonchalance.
«Tu mi piaci».
Obi-Wan
sbatté le palpebre, preso del tutto in contropiede.
«Davvero?»
«Davvero»
confermò Anakin. E gli sorrise.
“Accidenti”.
Quello
del bambino era un sorriso che non poteva proprio non essere
ricambiato, e Obi-Wan si stupì della facilità con
cui le sue labbra si incurvarono in risposta.
Le
porte dell’ascensore si aprirono, e il Padawan e il
ragazzino attraversarono un atrio lucido, per poi uscire
all’aria aperta.
Obi-Wan
si diresse con sicurezza verso la piattaforma degli aero-bus,
accorgendosi solo un momento più tardi che Anakin era
rimasto indietro, col naso per aria, intento a fissare le navicelle che
riempivano il cielo.
Non
ebbe bisogno di richiamarlo, però. Dopo un istante, il
bambino si accorse della distanza tra sé e
l’apprendista, e si affrettò a corrergli dietro.
Obi-Wan
rallentò automaticamente la propria andatura, e
Anakin lo affiancò con un piccolo sorriso di gratitudine. Al
Padawan parve quasi di vedere se stesso, giovanissimo e ansioso,
cercare di tenere il passo di Qui-Gon. Quante volte il suo Maestro
aveva accorciato le proprie falcate, vedendolo in difficoltà?
Lui
e Anakin arrivarono alla piattaforma, che era già
circondata da un gruppetto di alieni grigiastri, giusto in tempo per
vedere l’aero-bus atterrare in un vibrare di motori.
Anakin
fissò a bocca aperta quell’argentea scatola
di metallo, e nel salire a bordo quasi si strinse contro il suo
accompagnatore.
Obi-Wan
lo fece infilare in uno dei posti liberi, e il bambino
andò immediatamente ad incollare il naso al finestrino.
«Anakin!»
L’apprendista
Jedi lo tirò indietro, afferrandolo
per le spalle. Davanti all’espressione confusa e un poco
offesa del bambino, spiegò: «È
sporco».
Anakin
annuì, e tornò a guardare fuori
– stavolta, però, evitando di spalmare la propria
faccia sul finestrino.
All’esterno,
il sole aveva iniziato il suo declino verso
l’orizzonte, e la sua luce rossastra si rifletteva sui vetri
e sulle torri lucenti dei palazzi.
Obi-Wan
non poté fare a meno di notare che Anakin sembrava
faticare a rimanere fermo. Allungava il collo e si strofinava le
braccia, e ogni tanto lanciava occhiate alle persone che li
circondavano.
Un
umanoide imponente, seduto proprio dietro il bambino, si era
appisolato… Quando si risvegliò, poco tempo dopo,
saltò in piedi e imprecò ad alta voce, e Anakin
ebbe un sussulto ed incassò la testa tra le spalle come se
si aspettasse di essere colpito.
D’istinto,
Obi-Wan allungò un braccio, non sapeva
nemmeno lui se per elargirgli un gesto di conforto o per fornirgli una
sorta di barriera contro il resto dei passeggeri.
Anakin
si rilassò mentre l’umanoide –
senza nemmeno accorgersi di ciò che il suo brusco risveglio
aveva provocato – si faceva largo tra gli altri passeggeri
per avvicinarsi alle porte.
Obi-Wan
ritirò il braccio, sentendosi un po’
impacciato. Non era in vena di riflettere su quanto era appena
accaduto, così tornò a rimuginare sulla
testardaggine di Qui-Gon.
In
tutta onestà, non riusciva a capire perché si
ostinasse tanto a sostenere che Anakin Skywalker fosse il Prescelto.
D’accordo,
il ragazzino aveva partecipato con successo ad una
corsa di Sgusci, ed era innegabile che avesse un buon potenziale, ma
dopotutto non era il solo bambino sensibile alla Forza a non essere
stato individuato in tempo. Era deplorevole, però succedeva.
Invece
di sballottarlo inutilmente tra Tatooine e Coruscant, Qui-Gon
avrebbe potuto limitarsi a liberarlo e…
«Obi-Wan,
signore, ma ci sono sempre così tante
astronavi?»
Il
giovane sbatté le palpebre e diede un’occhiata
al di fuori, dove le file di navicelle si snodavano da un palazzo
all’altro, passando sotto le arcate e sorvolando le
costruzioni più compatte.
«Direi
di sì» rispose.
«Quindi,
quando abiterò qui, potrò
avere una navicella anch’io?»
C’era
un forte desiderio, nella voce di Anakin, un desiderio
quasi vorace. Non doveva aver posseduto molte cose, nei suoi nove anni
di vita.
In
ogni caso, pensò Obi-Wan, avrebbe dovuto imparare
qualcosa di più sui nessi logici. «Ai Jedi
è proibito il possesso» si limitò a
dire.
«Perché?»
Obi-Wan
lo guardò. «Tu vuoi diventare un Jedi per
avere una navicella, o per aiutare gli altri?»
«Per
aiutare gli altri» rispose Anakin, senza
esitare. «Se avessi una navicella, però, potrei
arrivare più velocemente dove c’è
bisogno di me».
L’apprendista
quasi sorrise del suo tono pratico.
«Per questo, sono il Tempio e il Senato che mettono a
disposizione i mezzi».
Il
bambino parve in qualche modo deluso. «Ah».
Tacque
un istante, tormentandosi ansiosamente le maniche, ed Obi-Wan fu
abbastanza ingenuo da pensare che le sue domande si fossero esaurite.
Poi
Anakin tornò alla carica: «Quando
inizierà il mio addestramento Jedi? Appena arriveremo al
Tempio?»
Obi-Wan
lo fissò, incredulo, quindi si schiarì la
gola. «A dire il vero, verrai esaminato dal
Consiglio… dai membri più importanti
dell’Ordine Jedi».
Anakin
lo fissò, poi fece per parlare… stavolta,
con un’incertezza che Obi-Wan trovò francamente
più spaventosa dell’entusiasmo di poco prima.
In
qualche modo, poteva fronteggiare le spudorate curiosità
di un bambino di nove anni… Se si trattava di rassicurarlo,
però, temeva di essere una delle persone meno indicate.
«Esaminato?
In che senso, esaminato? Io non so combattere con
la spada laser».
Obi-Wan
dovette guardarlo bene per assicurarsi che non stesse
scherzando. Ma già, dimenticava che Anakin Skywalker e
l’ironia non sembravano essere amici molto stretti.
«Non
devi saper combattere con una spada laser» gli
disse, accigliato. «Si tratta solo di alcuni test per
verificare il tuo legame con la Forza».
Il
bambino parve leggermente meno preoccupato. «E sono
dolorosi?»
«Non
penso proprio».
«Anche
tu sei stato sottoposto a quei test?»
«Ad
alcuni di loro sì, può
darsi» rispose Obi-Wan. «Ma ero molto piccolo
allora. Non me ne ricordo».
Anakin
gli rivolse un’occhiata poco persuasa, e lui gemette
interiormente. Come volevasi dimostrare: il saper tranquillizzare un
bambino di nove anni non rientrava affatto tra le sue doti.
Ci
fu un istante di silenzio, durante il quale Anakin si morse
nervosamente il labbro. «E tu… tu credi che
diventerò un Jedi?»
Obi-Wan
distolse lo sguardo. La risposta sincera sarebbe stata un no.
Il ragazzino era troppo grande, troppo attaccato a sua madre…
Per
un istante, il giovane si sentì quasi infastidito che
Qui-Gon avesse alimentato le speranze di Anakin in un futuro
così improbabile, poi sospirò. Non spettava a lui
criticare le azioni del suo Maestro.
«Non
lo so» rispose, in tono neutro.
Gli
occhi azzurri del bambino restarono puntati su di lui.
«Secondo Qui-Gon lo diventerò».
«È
vero» concesse Obi-Wan, evitando di
aggiungere che nessun uomo, per quanto saggio ed esperto, aveva la
garanzia dell’infallibilità.
«Io
voglio
diventarlo» insistette Anakin.
«È quello che ho sempre sognato di fare».
Obi-Wan
riportò lo sguardo su di lui. Si chiese
perché il bambino avesse tanto l’aria di volerlo
convincere. La sua opinione non era certo determinante.
Poi
ripensò alla prontezza con cui Anakin aveva detto di
voler aiutare le persone, e si ritrovò ad ammettere:
«È un bel sogno».
Anakin
annuì, infervorato.
“Ma
nessuno può prometterti che si
realizzerà. Nemmeno il mio Maestro”.
Non
sapeva, Obi-Wan, che di lì a pochi giorni si sarebbe
ritrovato accanto ad Anakin a guardare le fiamme consumare il corpo di
Qui-Gon. Non sapeva che allora si sarebbe voltato verso il bambino, e
che sarebbe stato proprio lui a dargli la sua parola: Tu diventerai un
Jedi, te lo prometto.
Note:
Era da un po’ di tempo che questa OS languiva sul mio pc (non vorrei esagerare ma credo fosse lì da quasi una decina d’anni). Non
sono sicura di come sia, ma dietro insistenza di Dragasi mi sono
finalmente decisa a pubblicarla.
Spero possa esservi piaciuta!
(Ommioddio, mancano solo pochi giorni all’uscita de Gli
Ultimi Jedi!)
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