L'orfanotrofio
Lo schiaffo della sorvegliante risuonò in tutto il corridoio.
- Che sia l’ultima, l’ultimissima volta che combini
una cosa del genere! Cosa mi tocca sentire, spiriti delle fessure,
vermi assassini!-
Jane non si scompose.
- Me l’ha chiesto Laurie, signorina Mahoney. Non è
colpa mia se si impressiona facilmente.-
Un altro schiaffo partì verso sua sorella. Perché
quella li non la smetteva? Ce l’aveva sempre con
lei. E non solo la sorvegliante, anche gli altri bambini ce
l’avevano con loro.
Pure quella sera. Una ragazzina, Laurie, si era avvicinata a Jane non
appena erano rimasti soli nella camerata.
- Ho saputo che sai inventare storie paurose. Perché non ce
ne racconti qualcuna?-
Jane l’aveva guardata con indifferenza.
- Mi è stato proibito. Torna a letto che se ci sente la
Mahoney sono guai per tutti.-
L’altra si era voltata verso un’amica.
- Te l’avevo detto che si vantava e basta ma non è
capace. Buffona, ti dai tante arie solo perché una volta i
tuoi genitori possedevano tutti i campi attorno a Salem. Sei sempre in
giro con una faccia da superiore, ma sei solo una bugiarda!-
Jane sembrava non darle ascolto: si era aggiustata la cuffietta in
fronte e messa sotto le coperte. Ma dopo l’ultima frase si
rialzò, e la fissò negli occhi.
- Laurie, ti hanno mai detto che a volte, di notte, tra le assi del
pavimento si sente un sospiro… ma non sempre, solo quando
nel cielo la luna è scomparsa, e una bambina passeggia a
piedi nudi su un pavimento di legno. Allora lo spirito nascosto nelle
fessure penetra da sotto le unghie dei piedi,e sale su su per il corpo,
fino agli occhi, dove deposita le uova. La bambina non si accorge di
nulla, ma poco dopo sentirà solo gli occhi che le bruciano,
sempre di più finché non si saranno schiuse. I
cuccioli dello spirito mangeranno allora gli occhi per uscire, e dai
buchi rimasti tutti vedranno dei vermi viscidi, che entreranno in
bocca, si ciberanno di tutta la carne della bambina e lasceranno solo
ossa pulitissime. Fino alla luna nuova successiva, e ai successivi
sospiri…-
Laurie, a piedi scalzi sul pavimento di legno, si ritrasse.
- I vermi li hai tu nel cervello! Non mi hai fatto paura per niente,
scema.-
Però si era infilata il più in fretta possibile
nel letto, ed era calato il silenzio.
Fino a quando un urlo aveva lacerato il buio.
- I MIEI OCCHI! I MIEI OCCHI STANNO BRUCIANDO!-
Si era svegliata anche la sorvegliante, trovando Laurie che si rotolava
per terra, combattendo contro esserini invisibili sulla sua faccia.
Tutti i bambini si erano assiepati attorno a lei per vedere a la scena.
Anche Jane, che dall’ultima fila, sorrideva.
Poi Laurie, una volta convinta che nessuna larva le aveva divorato gli
occhi, aveva raccontato della storia di Jane alla signora Mahoney. E la
signora Mahoney stava prendendo a schiaffi sua sorella.
Non aveva mai capito come Jane potesse sopportare rimanendo
impassibile. Quando era lui ad essere punito avrebbe voluto
sprofondare, farsi piccolissimo, fare in modo che nessuno lo vedesse.
O lo sentisse.
O potesse chiamare il suo nome, urlando.
- Alec, non fare quella faccia, in fondo hanno picchiato me. E quella
stupida non sa nemmeno picchiare forte, fa solo la voce grossa.-
Erano seduti in sala da pranzo, appartati rispetto agli altri bambini.
Laurie non si avvicinava più a loro, e quando le capitava di
incrociare lo sguardo di Jane si massaggiava gli occhi, terrorizzata.
Non erano mai stati molto popolari, lì dentro. Certo,
all’inizio i due poveri gemellini rimasti orfani in un
incendio avevano suscitato pietà o curiosità, ma
ben presto si erano ritrovati addosso una fama sinistra, soprattutto
Jane.
- Sai, quando tua sorella ti guarda arrabbiata, sembra che la sua
rabbia faccia…male, non so come altro spiegarlo. Fa paura.-
Glielo aveva detto Paul, il suo vicino di letto. Però le
storie dell’orrore di Jane piacevano. Ma tutte le volte che
lei si inventava un nuovo mostro, qualcuno di notte si sarebbe
svegliato urlando, giurando di averlo visto. E la mattina arrivava la
Mahoney con le sue punizioni.
- Ce ne andremo di qua Jane, ma non aspettando che qualche stupido
contadino ci prenda per spaccarci la schiena tutto il giorno. Dobbiamo
scappare, il più lontano possibile. E’ da tempo
che ci penso, e credo di aver trovato un sistema.-
Jane guardava fuori dalla finestra dello squallido stanzone dove
dormivano. Alec le aveva spiegato come quella notte sarebbero fuggiti,
e lei attendeva con i nervi tesi il momento in cui sarebbe venuto a
chiamarla. Sotto la camicia da notte portava una maglia e un paio di
pantaloni che Alec le aveva passato. Sotto la cuffia i suoi bei capelli
castano scuro erano stati ridotti a pochi ciuffi scomposti: tagliati
così corti nessuno avrebbe distinto lei dal fratello, e le
persone in cerca di un bambino e una bambina avrebbero lasciato in pace
due maschi…
Alec era sempre stato bravo a non farsi notare. Pareva che potesse
divenire invisibile, o che le persone attorno a lui fossero troppo
distratte per accorgersi dei suoi movimenti. Per questo aveva totale
fiducia nel suo piano di fuga. Non che a qualcuno importasse davvero
fermarli: due bocche in meno da sfamare, e proprio quelle dei due
piccoli stregoni.
- Jane.-
Eccolo.
Scese dal letto, e assieme ad Alec salirono in soffitta. Tutte le
finestre dell’orfanotrofio erano sbarrate, a parte
l’abbaino del tetto.
- Aspetta che tolgo questa roba, mi impiccia.-
Jane si liberò della camicia da notte, rivelando il suo
travestimento. Si divertì nel vedere la faccia sorpresa di
Alec: erano davvero due gocce d’acqua. Il bambino
frugò in un baule polveroso, e riemerse con una treccia di
stoffa. La loro scala fino al giardino. Fissarono
un’estremità all’architrave. Alec si
arrampicò poi sul tetto. Fece scivolare la treccia sulle
tegole, e poi giù oltre la loro visuale.
- Vai prima tu.-
Jane annuì e con cautela si fece scivolare lungo la corda.
Atterrò con grazia tra i cespugli alla base della casa. Alec
con un balzo la raggiunse poco dopo. Recuperò dai cespugli
un fagotto con un po’ di cibo, poi presero la strada verso
Boston.
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