Incanto 1
Breve premessa.
Ciao a tutti! Questa storia è davvero
anomala e non so neppure io come presentarla. E' nata in una sola
notte, tutta quanta, è stata scritta di getto ed
è stata un'esperienza stranissima che io non avevo mai
vissuto. Questo racconto parte e si è ispirato alla visione
di una magnifica, splendida, incomparabile Serie Tv di Netflix:
'Chiamatemi Anna' o meglio conosciuta come 'Anne with an E'. E' una
serie stupenda e trovo che vengano affrontati dei temi delicati in
maniera matura e profonda. Consiglio vivamente la visione, è
una medicina per l'anima. Inoltre c'è la
bellissima coppia Anna/Gilbert di cui io mi sono follemente innamorata,
proprio totalmente. Questa storia non so come potrebbe essere definita,
se un missing moment o una semplice speranza per il loro futuro
insieme. Non lo so davvero. Per chi ha visto la serie,
troverà dei chiari riferimenti nel testo. Buona lettura! (Lo
spero tantissimo! Non immaginate quanto!).
Dedico questo delirio, sperando possa far loro
piacere, sempre a Jill Shitsuji, Victoria Buchanan e Mari Lace
perchè sono meravigliose, io vi adoro, e a
Miryel che io ringrazio tantissimo per essere così come
è, ti voglio
tanto bene ciccia.
INCANTO
È lì.
Lei è lì.
Lo sapevi, sapevi benissimo che l’avresti trovata nel bosco,
di nuovo, a
cantare con le foglie tra le mani e le farfalle sulle ginocchia, lo
sapevi. Per
questo sei corso lì, veloce hai compiuto i milioni di passi
che vi separano, vi
separano sempre, e hai scostato i rami secchi, ti sei lasciato
graffiare dalle
erbacce e hai fatto cadere la borsa a tracolla con dentro tutti i tuoi
libri.
La senti ridere, sta ridendo con la bocca aperta e le dita puntate
verso il
cielo, ride e parla con gli alberi, parla con la sua volpe, intona una
canzone
e spaventa gli animali mentre si copre la testa con uno scialle e si
inginocchia a terra e tu la senti, tu la senti già,
così come senti il rumore
sordo delle sue gambe contro la terra, delle foglie spezzate e delle
sue parole
pretenziose.
Corri, corri, corri a vederla, perché la vuoi vedere, vuoi
vedere il suo volto
bianco e le sue lentiggini, vuoi le sue lentiggini, vuoi contarle fino
al
mattino e poi fino a pomeriggio e poi fino a sera e poi di nuovo fino
all’alba
del giorno dopo e di quello dopo ancora.
La vuoi tutta, Anna, la vuoi sempre e la vuoi soprattutto adesso.
Ti scortichi i palmi aggrappandoti ad un albero perché
appena la guardi, appena
la trovi, capisci di non poter più respirare
perché lei è lì, eccola è
lì,
finalmente, vicino al ruscello con la gonna ampia che le copre le
caviglie
sottili e i capelli corti che tentano invano di lambirle il collo. La
vedi e la
vuoi, la osservi e la pretendi, sbirci i suoi polsi ruotare in senso
orario e
ti accorgi di volerli avvolgere tra le dita e chiederle di rimanere con
te,
incatenata, fino alla fine dei vostri giorni.
Oh ma no. Non sarebbe una prigionia crudele, non la rinchiuderesti in
gabbia
come un povero uccellino che canta solo per rabbia, no, mai.
La supplicheresti, con ogni preghiera conosciuta, di rimanere identica
ad ora, a
questo momento perfetto, e di farlo per tutta la sua esistenza.
Piangeresti
ogni tua lacrima chiedendole di portarti con lei, in quei suoi mondi di
fate,
magia e amori romantici, tu la pregheresti di legarti a doppio filo a
lei così
da non perdere mai la via del ritorno, la strada di casa.
Faresti questo e qualsiasi altra cosa, lo sai, e ne sei consapevole
sempre di
più mentre ti incanti nell’ammirare la sua figura
snella, tutta ossa e capelli
rossi, accovacciata su se stessa e intenta a giostrare i suoni della
foresta,
con la sua voce squillante e la schiena magra.
Le tue mani sono sporche e non sai se è giusto toccarla, se
puoi attirare la
sua attenzione e fermare la sua favola, il suo monologo struggente di
Principessa povera e diseredata che è tanto sola,
è tanto triste, e desidera
solo ritrovare l’amore della sua vita, il suo Principe
perfetto.
Posi la testa contro il legno e percepisci il sangue colare dalle
ferite delle
gambe, dalle piaghe delle mani, e ti mordi le labbra screpolate per non
chiamare insieme a lei quel Principe Perfetto che pare non voler
giungere lì
con il suo nobile destriero, che sembra non voler salvare la
sua amatissima
Cordelia.
Tu, un Principe, non lo sei. Eppure vorresti esserlo, solo per poter
rappresentare tutti i suoi sogni romantici, quelli sospirati e amati, e
per poterle far provare
quelle vite lontane in cui sprofonda leggendo i libri rilegati
che nasconde
sotto il cappotto.
Lei è bella.
È bella perché ti apre il petto e ti guarda il
cuore, cercando di non farti male,
e piange, sulla tua clavicola scavata, le sue lacrime pure.
È bella come la neve bruciata dal fuoco, come un Sole tra le
mani, come un
oceano di stelle.
Le
tue rotule si stanno ribellando alla tua corsa sfrenata di giovane uomo
stolto,
perché ti sei innamorato della ragazza più bella,
della più meravigliosa
creatura che vive sotto le nuvole bianche del mondo blu.
“Anna.”
Lo hai urlato, il suo nome, lo hai urlato a squarciagola come se vi
trovaste
lontani miliardi di passi, perché lo siete, lo siete sempre
stati, e lei si
volta di scatto verso di te facendo cadere lo scialle e i fiori appena
raccolti. Ha un’espressione sorpresa e ti osserva come se
fossi un pazzo,
afferra i petali più vicini e se li porta al petto, come se
volesse difendersi.
Oh, ma non glielo hai detto?
Sei tu. Sei tu quello indifeso e pentito, sì, tu ti penti
aggrappandoti
all’albero e chinando il capo sul letto di foglie rosse che
calpesti a
malincuore.
“Anna.”
È bella.
“Anna.”
È così
bella.
“Anna non è qui. Io sono la Principessa
Cordelia.”
Lei si alza e tu credi di essere già ai suoi piedi, dove
è giusto che tu sia, e
pensi, mentre congiungi i palmi in preghiera e posi i polpastrelli
sulle labbra, che sia un destino infelice il tuo.
Infelice e meraviglioso.
“Principessa Cordelia, vi prego di dirmi, di rivelarmi, dove
è la mia Anna.
Dove è la mia Anna? Dove si trova?”
Le farfalle sono tornate a incorniciarle il viso e tu muori lentamente,
con un
cucchiaio dolcissimo di miele avvelenato, e cerchi i coriandoli delle
foglie, dispersi
intorno alle tue ginocchia stanche.
Le porgi le foglie, le regali i fiori che ha perso e le afferri le mani
di cui
baci i palmi e poi i polsi.
“Dove è la mia Anna? Dove si trova?”
“Anna non è tua. Anna non è di
nessuno.”
La stai spaventando e lo noti perché le sue braccia tremano
e lei ha inclinato
il capo a sinistra e non vuole continuare a giocare, vuole correre via,
correre
via da te. I rami sono scheletri, le radici sono zanne di aquile e le
nuvole
sono diventate più nere, più minacciose, si
muovono e fanno rumore.
Tu non ne sei sicuro però, perché il cuore
è nelle tue orecchie, nella tua
testa e forse lo stai anche masticando tra i denti e per questo motivo
stai
sbagliando tutto, per questo motivo lei non ti ha mai voluto.
“Ma io sono di Anna. Io sono suo.”
Posi di getto la tua fronte tra le sue mani e aspetti una sua parola,
un suo gesto,
un altro suo canto. Hai le labbra che tremano e sulla schiena un peso
che ti
incurva le spalle, ti schiaccia le vertebre fino a non lasciartene
nessuna.
Ti abbandoni fra i suoi palmi e le chiedi pietà, supplichi
per un po’ di pietà,
mormori un ‘per
favore’ che la terrorizza ancora di
più.
“Principessa Cordelia, ditemelo. Anna potrebbe mai
amarmi?”
“Basta, Gilbert.”
“Potrebbe? Potrebbe volere me, fra tutti, potrebbe? Oppure
non ho speranze e
devo rimanere qui, per tutta la vita, ad attendere il suo ritorno e poi
sperare
in un suo sguardo?”
Sollevi il viso e lei ha le labbra imbronciate, il grembiule mezzo
scomposto, i
capelli annodati dal vento e gli occhi talmente profondi che ti
divorano e ti
afferrano per il mento e ti costringono a sillabare tutta la tua
devozione.
“Le donerei l’amore tragico e romantico che tanto
ammira, tanto legge e tanto
canta in ogni sua poesia. Mi farei mangiare metà corpo da un
drago e poi
rimarrei comunque in piedi e l’aspetterei lì,
proprio in quel punto. Lo vede
quel punto, Principessa? Sotto quell’albero gigante, in mezzo
a quelle pietre
bianche, rimarrei ad aspettarla ogni secondo di ogni giorno pur di
coronare il
tragico amore da lei voluto e agognato, l’amore travagliato
vissuto nell’attesa
di un suo sorriso.”
Ti stendi per terra e la porti giù con te, ti sistemi sulla
schiena e stringi
il suo corpo contro il tuo, per non farla scappare e per sussurrarle
altre
parole all’orecchio mentre lei scalcia e ti urla di smetterla
di prenderla in
giro, di smetterla subito.
“Non basta, non per Anna, che io sia ai suoi piedi. E allora,
allora sia, sono
qui sdraiato al suo cospetto e l’aspetto, le dirò
che può sdraiarsi su di me o
calpestare le mie gambe e il mio torace. Sono a terra,
sull’erba umida e
bagnata e sporca, sono a terra e pregherò la mia Anna di
essere gentile e di
avere misericordia di un povero uomo stremato da un amore
così immenso che lo
ha fatto impazzire. Sono folle, sono folle d’amore per Anna.
Potrà mai amarmi la
mia Anna? Potrà, Principessa Cordelia?”
Lasci le sue spalle e getti le braccia sulle foglie, le mani aperte, e
Anna si
alza sui gomiti e poi si poggia sulle ginocchia e inizia a picchiarti,
ti
colpisce il petto e ti urla di smetterla, di smetterla, di smetterla
subito
perché non è divertente, lei non si sta
divertendo e piange, Anna piange, si
copre le guance con gli avambracci e si alza barcollando.
La raggiungi. Ti ritrovi in piedi e la fermi abbracciandole la vita e
immergendo il viso tra i suoi capelli rossi, le blocchi i pugni e con
il tuo
mento senti il suo, così bagnato dalle lacrime e scivoloso
come la pelle del
collo e della mandibola.
Le stringi forte la pancia e le domandi perdono, lo fai ancora una volta e poi
un’altra
ancora mentre lei parla con la voce spezzata dai singhiozzi.
“Sei crudele, sei tanto crudele, sei così crudele.
Tu esisti solo per farmi
soffrire, Gilbert. Tu vuoi vincere e basta.”
“Voglio Anna, voglio la mia Anna.”
“Io sono brutta, io ho i capelli rossi!”
“Bacerò ogni tua ciocca rossa, le amerò
tutte e tutte allo stesso modo. Le amo
già.”
Lei compie due passi e tu le arpioni lo stomaco con una mano e con
l’altra le
cingi i fianchi fino a non lasciare neppure un po’ di spazio
tra i vostri
corpi, tra le vostre labbra poco distanti e sempre lontane, sempre
troppo
lontane per te.
La obblighi a trovare il suo solo confine di esistenza tra le tue ossa
e la tua
carne, formuli a fatica un altro ‘perdonami perché sono
un folle’ e poi indugi
con la punta del naso fra i suoi capelli.
“Tu sei bellissima.”
“Non è vero, non è vero, non
è vero.”
Ridi sottovoce e sorridi contro il suo orecchio.
“Sei bellissima, sei meravigliosa. Lasciami guardare le tue
lentiggini e
consentimi di trovarne una nuova ogni giorno, per favore. Ti prego. Sei
così
bella e l’esistenza è così breve e a me
servirebbero mille vite per amarti nel
modo giusto e poi nel modo in cui tu sogni e infine come desidero io.
Almeno un
po’, te ne prego, almeno un po’ lasciami
sperare.”
Lei volge il viso a destra e ti osserva con gli occhi spalancati e le
labbra
socchiuse e tu vedi delle lentiggini anche intorno alla sua bocca,
giù per il
mento, vicino alla radice del naso e su per tutta la fronte e le
tempie. Anna
sbatte le ciglia e alza i palmi verso l’alto, le dita
distanti, e sorride con i
denti in bella mostra in direzione del tuo volto sbalordito.
Ti dice un’intera lunga frase e tu capisci solo ‘la pioggia’
e poi poco dopo
inizia a tuonare e il cielo sembra squarciarsi e aprirsi sopra le
vostre teste.
Ma lei rimane bella.
Lei è bella oltre ogni umana sofferenza.
Lei è un tormento a cui vuoi dedicarti, anima e corpo, fino
al tuo ultimo
respiro in gola.
Sleghi il vincolo a cui l’hai costretta e intanto lei beve la
pioggia, apre la
bocca e ride, ride, ride, ride, ride.
Lei sta guardando le gocce di pioggia crollare sui suoi vestiti e tra i
lacci
dei suoi stivali e tu ti incanti, di nuovo, ad ascoltare il suono della
sua
risata che ti scuote lo sterno in una maniera frenetica.
Anna si volta verso di te, con tutto il corpo, e ti concede un sorriso
e tu le
afferri le guance e baci la sua risata per sentirtela scendere dalla
bocca fino
al petto, così finalmente potrà sorridere anche
il tuo cuore e vivere un po’ di
pace.
Un po’ di pace, non chiedi altro.
Le baci il naso, le baci le palpebre, le baci le ciglia e di nuovo il
naso.
Baci le sue labbra, i denti e la lingua, baci il suo palato e ancora la
lingua
e la divori così come lei ha divorato te ogni giorno da
quando vi siete
incontrati, tremi perché lei non si scosta da te e poi ti
disperi perché capisci
che da quel momento non potrai mai più lasciarla andare, non
senza morirne.
Mastichi la sua risata e con affanno ti stacchi dalla sua bocca,
facendo un
rumore di bacio a vuoto, e cali dolcemente sul suo mento accarezzandole
gli
zigomi con i pollici feriti e tagliati.
“Io sono tuo. Fa’ di me quel che vuoi.”
Le sfiori le ossa della gola ma ritorni veloce a coprirle interamente le
guance e a respirare solo contro la sua pelle e le sue lentiggini che
hai
assaggiato e che vuoi ancora e che vorrai sempre, come un povero
mendicante
affamato. Tu la vuoi tutta, oltre ogni infinita possibilità
di immaginazione,
tu la vuoi inseguire per poi riprenderla, tu la vuoi riprendere per
poi inseguirla.
L’importante è averla tra le braccia.
Ma lei non riesce a parlare, lei boccheggia, lei ti scuote acciuffando
la tua
logora camicia.
Piove su di voi, piove sui suoi capelli rossi e sul suo petto scosso.
Piove e cerchi di consolarla, piove e vuoi riprendere a baciarla.
Lei ha il sapore di mille storie mai raccontate. È un sogno
dorato, è un
arcobaleno in una bolla d’acqua.
Anna è tutto il tuo mondo.
“Anna, ti amo così tanto. Ti amo da
morire.”
Tutto il tuo mondo.
“Io ti odio, Gilbert. Io ti odio.”
Un mondo intero da
conquistare.
“No, aspetta. Aspetta, ho lasciato un mio desiderio qui. E
poi uno qua e un
altro là.”
Le baci lo spazio tra il naso e la bocca, le riprendi il labbro
superiore tra i
denti e ti sposti a sfiorarle l’angolo dell’occhio
sinistro.
Un mondo intero da
proteggere.
Le pupille di Anna si espandono e ti sembra che lei abbia gli occhi
neri e
pensi che è giusto così, perché tu
stai precipitando in un pozzo
senza fondo da cui non tornerai mai più, non da vivo.
Rimani in bilico per un secondo e poi ti butti giù, ti
abbandoni con la tua fronte
contro la sua e con le dita incastrate tra le sue ciocche.
“Ti sposerò.”
Lei si nega e tu hai una voragine nel petto.
“Ti sposerò nel modo in cui tu desideri e
quando lo vorrai. Tra mille
anni, tra cento secondi. Al cospetto della Regina delle Fate oppure
prostrato
dinanzi al Re di Camelot. Scegli tu, scegli tu ogni cosa.”
“Io sono mia.”
“E io sono tuo.”
La pioggia continua a scivolare via dalle nuvole e ti fa starnutire, vi
fa
starnutire, perché siete incoscienti, e allora tu ti abbassi
a ricercare lo
scialle e le copri il capo, le celi la nuca, ti nascondi insieme a lei.
Hai i
nervi a fior di pelle e la sua bellezza ti soffoca la ragione quando
ricordi
che amarla è stato spontaneo e necessario come il respirare
e che l’amerai
nonostante il dolore di mille spine lanciate per colpire il tuo cuore.
Quanto è bella.
Anna è così... bella.
E lei adesso ti sfiora, impalpabile, il profilo del viso, prima solo
con i suoi polpastrelli, poi gira le mani per accarezzarti le guance con le dita,
per fermarsi stordita.
C’è un infinito tempo dentro di lei, perché Anna ha le chiavi
di ogni stagione.
Dentro di lei c’è la tua casa.
C’è tutto.
“Mi ami, Anna?”
“Gilbert, non sei leale.”
“La nostra casa sarà sul più bel albero
di ciliegio di questa isola o di
qualsiasi terra in cui vorrai vivere. Le stanze saranno tutte decorate
con fiori
e nastri. E specchi. Tanti specchi per insegnarti quanto sei
bella.”
Lei inizia di nuovo a piangere e il suono dei suoi lamenti non
può confondersi
con la pioggia sottile che crolla a gocce dai rami degli alberi ormai
spogli.
“Smettila, Gilbert. Oppure non riuscirò mai
più a respirare e morirò, morirò
giovane e senza aver vissuto l’amore.”
Anna si alza sulle punte dei piedi e ti strappa lo scialle con cui
si accinge a coprire soltanto il suo viso, arrotola la stoffa più e più volte
intorno al suo intero volto
scarlatto e si appoggia alle tue spalle per non ruzzolare a terra.
“Lo vedi adesso? Lo capisci, Gilbert? Se io fossi
così, se io non avessi i
capelli rossi, andrebbe tutto bene. Ma tu sai che non è
vero, tu sai che io i
capelli rossi li ho davvero e che quindi non potrò mai
essere felice. Non
felice così, mai immensamente.”
Ti abbassi, senza lasciarle il tempo di finire di parlare, e le baci i
ciuffi
rossi che sono sfuggiti alla sua furia e la attiri a te per la schiena,
distrutto al rimbombo del suo cuore che batte forsennato.
“E io ti rendo così? Io ti rendo immensamente
felice?”
Lei smette di respirare e tu non puoi sopportarlo, lei tanto pallida
con quegli
immensi e lucidi occhi azzurri, e allora inizi di nuovo a baciarla, le
dai la
tua aria, prendi tutta la vita che è dentro di te e gliela
regali sulla punta
della lingua e continui a parlarle e mentre le parli la baci e mentre
la baci
sospiri a fatica e ritrovi la forza premendo forte sulle sue labbra che
sono da
consumare.
-Anna, Anna, Anna-
Le fermi il viso e stringi le palpebre fino a lacrimare.
-Mi manchi sempre, anche
quando sei accanto a me-
Lei risponde al movimento della tua bocca e una assurda frenesia ti
agita i
pensieri fino a riversarsi tra i palmi delle tue mani che le afferrano
vestiti
e pelle, dolorosamente, e la imprigionano contro il tuo torace e tra i
tuoi
gomiti, le tue gambe.
-Mi stai mancando anche
adesso-
E piove, piove, continua a piovere sulle vostre incantevoli lacrime,
sui vostri
cuori spaccati a metà e sbriciolati insieme alle foglie.
“Gilbert, soffocherò. Sarei già dovuta
soffocare, non ho più aria, non ho più
nulla. Mi sento soffocare.”
Ti allontani quel che basta, ti allontani di due respiri, e continui a
sussurrarle altro sulle sue palpebre e tra le sue ciglia tremanti.
“Non so se è un sogno. Non so se ci troviamo in
una favola oppure in un romanzo
o in un racconto di una sola misera pagina. Non so se è la
realtà oppure un mio
disperato immaginare, non so cosa sia questo incontro. Ma io sono con
te.
Ovunque noi siamo, in qualsiasi luogo e tempo, a me va bene.
Perché sono con te
e se sono con te sono felice, io sono felice. Mi basta
questo.”
Le nascondi il viso contro il tuo collo.
“Mi basti tu.”
“Sei così... stupido. Certo che è
reale, è tutto reale. Non te ne sei accorto?”
Ti ruba una lacrima con l’unghia e te la mostra non
allontanandosi da te, con
il naso sotto il tuo mento e il braccio allungato verso un orizzonte di
alberi
maestosi. La lacrima si mantiene in equilibrio e non viene toccata
dalla
pioggia, rimane lì, a dondolarsi sul bordo
dell’unghia ed ad affacciarsi verso
il terreno fangoso.
“Solo se sei sveglio puoi notare come le lacrime hanno una
forma diversa
rispetto alle gocce della pioggia. Ora lo vedi? Le lacrime sono quasi
bianche
mentre la pioggia è scura. Nei sogni questo non potresti mai
capirlo.”
E tu ridi.
La lacrima cade, tu non puoi farci nulla e ridi.
Tu ridi.
Ti lasci bagnare dall’inchiostro, le riprendi il braccio e la
riprendi tutta,
ridi e piangi e le prometti di piangere ogni giorno della tua vita per
avere la
certezza di vivere la realtà e le prometti anche di non
dormire mai più, non se
nei tuoi sogni lei non ti raggiunge. Sei perso, sei dentro di lei, ti
ritrovi e
poi ti perdi ancora.
Anna ti sgrida, Anna giura di vendicarsi contro di te e poi ti cerca le
labbra
perché ti dice arrabbiata di volere altri baci e di volerne
tanti perché ha
aspettato troppo.
Ti cerca la bocca e ti dice che mica lo sapeva lei che i baci erano
così belli,
ti bacia e ti rivela che forse sono i tuoi baci ad essere tanto belli,
ti
abbraccia e ti confessa di volere solo i tuoi baci perché
sembrano i baci del
vero amore, quelli descritti così
bene nei libri.
Lei è... un incanto.
“Allora mi ami? Mi ami?”
Anna scuote la testa, piano, da destra a sinistra, e poi trova il tuo
viso e si
specchia nei tuoi occhi.
E tu lasci, tu accetti, che lei ti strappi il cuore dal petto, fino a
sporcarlo
con la pioggia.
Ma va bene così, perché tu hai tutto
l’amore del mondo e lei potrà essere
felice, in un incantevole amore tragico, lei potrà essere
felice e tu vivrai
con lei, suo schiavo, e le donerai ogni giorno l’affetto che
anela, l’amore che
sogna.
Ti va bene così, anche a costo di morire per mano sua, anche
a costo di
soffrire tormenti infiniti nelle pause dei suoi sorrisi.
Va bene così.
Sì, va bene così.
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