The Hunter and the Demon
Quando Zoro entrò nella locanda fu subito
investito dal forte
odore di fumo, proveniente da sigarette e sigari di bassa
qualità, e di birra vagamente rancida.
Ne ordinò un boccale ed un piatto di stufato giusto per non
destare sospetti e si accomodò in uno dei divanetti
all'ombra
così da poter avere un'ampia visuale della stanza senza
essere
però visto.
Il locandiere arrivò dopo una decina di minuti con la sua
ordinazione, che scaraventò sul tavolo con malagrazia, e
prima di andarsene si chinò sul verde per
sussurrare una
semplice frase che attirò l'attenzione dello spadaccino.
-Ne sei sicuro? Bada che non ho tempo da perdere.- rispose il giovane
spadaccino.
-Assolutamente sì o non vi avrei chiamati.- disse l'uomo
quasi offeso dall'accusa del giovane.
-Va bene, ora sparisci e lasciami consumare questa merda che tu spacci
per cibo. Non far salire nessuno ai piani superiori fino a quando non
te lo dirò io, chiaro?- disse brusco il verde.
Il locandiere annuì e si allontanò in tutta
fretta,
sapeva bene che non era saggio contraddire un cacciatore di demoni,
soprattutto uno con la fama di Roronoa Zoro, conosciuto per aver
ucciso centinaia di quei mostri anche di alto rango, anche se la cosa
più
sorprendente restava che non avesse neanche compiuto vent'anni.
C'era una cosa che però nessuno sapeva riguardo allo
spadaccino,
ovvero la faccenda della sua amnesia. Aveva completamente
perso i
ricordi della sua infanzia e ogni volta che provava a ricordare
qualcosa veniva colto da emicranie lancinanti che lo facevano piegare
in due per il dolore. Si era rivolto a tutti i maghi e guaritori
più famosi, nessuno però aveva saputo spiegargli
il motivo di tale
perdita della memoria né gli avevano ridato i ricordi
perduti.
Sembrava destinato ad essere un uomo senza passato, privo del modo
di conoscere le sue origini, sapeva solo che i suoi primi ricordi
iniziavano all'incirca quando aveva dieci anni ed era stato preso in
custodia da un altro cacciatore di demoni conosciuto e temuto in tutto
il
mondo, ovvero Drakul Mihawk, che lo aveva allevato e addestrato
personalmente per farlo diventare uno dei migliori. Dopo due anni di
addestramento era entrato ufficialmente nella Flotta dei
sette,
un gruppo di appunto sette cacciatori che prestavano servizio
al miglior offerente ma di cui nessuno conosceva il posto in cui
vivevano e neanche chi fossero in realtà. Le uniche cose che
si sapevano in giro
erano i loro nomi e il fatto che fossero i migliori killer di demoni,
ecco perché a nessuno interessavano le loro vere
identità
finché si limitavano a ripulire il mondo da quegli esseri
partoriti dall'inferno e che non facevano altro che creare caos nel
mondo degli uomini.
Uno di quegli esseri si trovava proprio in quella locanda e si era
mescolato agli uomini con grande astuzia, se non fosse che il
locandiere
aveva riconosciuto la sua scia magica non appena l'aveva visto e aveva
allertato la Flotta che aveva prontamente inviato lo spadaccino.
Zoro mangiò lo stufato che era freddo e troppo cotto e
assaggiò appena la birra che aveva un odore ed un sapore
pessimo, dopodiché si avviò lungo la
scricchiolante rampa
di scale che portava
alle stanze da letto.
Sapeva di dover essere molto cauto e di non dover sottovalutare il
demone. Le sue spade erano già sguainate e seguì
la scia
della creatura infernale che portava in fondo al corridoio buio e
odorante di muffa.
Abbassò la maniglia della porta e la spalancò
restando
però fuori, per evitare attacchi magici nel caso in cui il
demone
si fosse accorto della sua presenza. Attese qualche istante e quando
notò che era tutto tranquillo entrò con i sensi
all'erta
e scrutò la stanza cercando qualche traccia del nemico. Le
tende
erano tirate e la stanza era immersa nell'oscurità
più
totale, ma lui aveva imparato a combattere con gli occhi bendati e
sapeva sfruttare a suo vantaggio l'oscurità in qualunque
ambiente e circostanza.
-Sei molto coraggioso ad entrare nella stanza di un demone tutto solo.
O magari sei solo un folle!- disse una voce ridacchiante. Zoro
individuò la sua posizione, si scagliò
all'attacco con
le sue tre lame e con un fendente tagliò di netto la testa
del
demone. Ma quella anziché cadere ai suoi piedi scomparve
come se
si trattasse di un miraggio. Com'era possibile che sapesse usare simili
trucchetti se gli avevano detto che si trattava di un semplice
demone-gatto?
Sentì di nuovo quella fastidiosa risata provenire stavolta
alle
sue spalle, si voltò con un movimento fluido ma solo per
vedere
le unghie del demone gatto graffiargli il volto. La coda felina della
creatura si arrotolò attorno al suo collo e il cacciatore fu
costretto a lasciare la presa su una delle sue katana per cercare di
liberarsi ma più ci provava e più quella morsa si
stringeva rischiando di soffocarlo. Con un movimento rapido della spada
che
teneva tra i denti riuscì a tranciare quella maledetta
estremità pelosa anche se solo di pochi centimetri.
Il demone produsse un verso lamentoso e quello che successe dopo fu
talmente veloce che Zoro fece in tempo a vedere solo la stanza
illuminarsi a giorno a causa di un lampo ed essere colpito da un
fulmine.
Il bambino con i capelli
verdi
sentì un forte tanfo prima ancora di aprire la stanza. Gli
si
attorcigliarono le budella per il disgusto ed un conato di vomito
risalì lungo la sua gola e solo per miracolo non
rigettò
la colazione che aveva consumato qualche ora prima.
Era qualcosa che non aveva mai sentito prima, un misto tra puzza di
marcio, di decomposizione e di... morte? Subito un brivido di paura gli
attraversò la spina dorsale facendolo sussultare.
Aprì la
porta e ciò che vide fu proprio ciò che
più temeva.
Il corpo di sua sorella Kuina giaceva al suolo privo di vita e con un
enorme squarcio lungo il petto come se fosse stata dilaniata da enormi
artigli. Accanto il cadavere di suo padre, il buon Koshiro, recava gli
stessi segni ed una espressione sofferente e disperata sul volto.
Zoro non ebbe neppure la forza di urlare tanto era forte lo shock e
solo in un secondo momento si accorse che parte di quel tanfo che
aleggiava nella stanza proveniva dal corpo decapitato di un enorme
demone con un paio di corna ricurve sul capo, zoccoli al posto dei
piedi e ricoperto di una peluria scura ed unta.
Accanto a lui stava un uomo che teneva tra le mani una spada dalla
lunga lama nera sporca del sangue verde e maleodorante del demone e
l'impugnatura simile ad una croce. Zoro pensò che non lo
avesse
notato e sussultò quando l'uomo gli puntò addosso
i suoi
occhi dorati.
-Qual è il tuo nome bambino?-
-Zoro. Tu chi sei? Cosa ci fai a casa mia?- ringhiò il verde.
-Sono cacciatore di demoni, il mio nome è Drakul Mihawk.-
-Demoni? Intendi come questa cosa? E' stato lui ad uccidere mio padre e
mia sorella?- disse fissando con disgusto la testa mozzata della
creatura.
-Esatto. Non sono riuscito ad arrivare in tempo per salvarli.- disse
l'uomo rinfoderando la sua lunga spada.
Zoro fissò i corpi di Koshiro e Kuina e un moto di rabbia lo
investì con prepotenza. Rabbia verso quel demone che gli
aveva
portato via la sua famiglia, verso se stesso per non essere stato al
loro fianco per proteggerli e perfino verso quell'uomo che pareva
possedere una calma ed una freddezza quasi disumane.
E fu in quel momento che capì cosa avrebbe fatto.
Ricacciando
indietro la rabbia e le lacrime si inginocchiò davanti al
moro
- Voglio diventare come te. Voglio uccidere anche io demoni. Ti prego,
insegnami.- gli disse e l'uomo, che non si
aspettava di certo tale reazione, ne restò stupito. Avrebbe
pensato che il bambino si
sarebbe messo a frignare per quel che era successo, e sarebbe stato
decisamente più normale, ma quella richiesta proprio non se
la
sarebbe mai immaginato.
Attorno al ragazzino vide un'aura rossa di rabbia, nera di dolore ed un
potere che raramente aveva mai visto in un ragazzino di
quell'età.
Fu quello a fargli prendere la sua decisione anche se temette
seriamente per la vita del bambino quando lo vide prendersi la testa
tra le mani e perdere i sensi.
E quando si riprese Zoro non ricordava più nulla del suo
passato. I medici dissero a Mihawk che l'amnesia era stata causata
dallo shock per ciò che il bambino aveva visto e che in cuor
suo
non riusciva ad accettare.
Mihawk non parlò mai di ciò che successe quel
giorno ed allevò Zoro come se fosse suo figlio.
Quando Zoro si svegliò fu travolto da una strana sensazione.
Mentre era privo di sensi aveva fatto un sogno decisamente strano...
Era come se si trattasse non del frutto della sua fantasia ma di un
evento reale che faceva parte della sua memoria perduta e che, per un
qualche strano motivo, era venuto a galla.
Possibile che le cose fossero veramente andate così e che
tutto
fosse iniziato quando quel demone aveva ucciso la sua famiglia?
Non ebbe il tempo di chiederselo una seconda volta che si accorse di
essere legato ad un letto per i polsi e le
caviglie con delle corde spesse che lo stringevano dolorosamente. Si
divincolò come un matto ma le corde si strinsero ancora di
più attorno alla sua pelle che iniziava a scorticarsi,
così cercò di stare fermo e di analizzare la
situazione
con calma.
Si era palesemente fatto prendere per il culo da un cavolo di demone di
infima categoria, e solo perché non era stato ben informato
riguardo le sue abilità!
Si guardò attorno per studiare l'ambiente, trovare un modo
per
liberarsi e concludere la dannata missione. L'arredamento era composto
semplicemente da un armadio, un comodino rotto, una sedia e il letto a
cui era stato
incatenato, oltre ad una porta che probabilmente conduceva al bagno.
Non fece in tempo a chiedersi dove fosse finito il demone che se lo
ritrovò davanti come un'apparizione. Peccato che fosse molto
diverso da come lo aveva immaginato. Innanzitutto aveva un aspetto
decisamente femminile e questo fu la prima cosa che non si aspettava.
Aveva lunghi capelli rossi sciolti e fluenti come le fiamme
dell'inferno a cui apparteneva, e grandi occhi gialli e dalla pupilla
verticale come quella dei gatti. Sul bel volto dai lineamenti regolari
e puliti era stampato un sorriso birichino che Zoro non vedeva l'ora di
far sparire.
Tra i capelli Zoro notò un paio di orecchie piccole e
triangolari, decisamente da felino; alla coda mancava
l'estremità che aveva tagliato lui stesso e la gatta la
agitava
qua e là quasi come fosse una frusta.
-Ti sei svegliato dunque.- disse lei accarezzando una strana nuvola
bianca che le svolazzava attorno e che probabilmente era il suo
famiglio nonché fonte dei suoi poteri. Zoro emise un verso
simile ad un
grugnito come risposta alla sua domanda -Suvvia, non è
mica umiliante venire sconfitti da me.-
-Che cosa sei tu?- le chiese lo spadaccino.
-Oh, ma allora sai parlare?- disse lei, avvicinandosi per nulla
intimorita dai modi rudi del giovane.
-Piantala di scherzare!- fece lui infastidito.
Il demone ridacchiò maliziosamente. -Se ti fossi preso la
briga
di informarti per bene sapresti che sono un demone-gatto.-
-Quello lo vedo anche io. I demoni come te però non
dovrebbero saper usare i fulmini.-
-So fare anche altro oltre ad usare fulmini. Sono la figlia di una
strega degli elementi e ho ereditato parte dei suoi poteri come hai
potuto notare tu stesso. Lui è Zeus.- disse dando un'altra
carezza materna alla nuvola.
Zoro si diede dell'imbecille per non essersi procurato prima
quelle informazioni; se l'avesse fatto si sarebbe preparato in maniera
decisamente
diversa e non si sarebbe ritrovato legato ad uno stramaledettissimo
letto senza aver avuto l'occasione di combattere alla pari.
-E comunque sappi che te la farà pagare per avermi tagliato
la coda.- disse lei soffiando come un gatto.
-Stavi cercando di uccidermi, cosa pretendevi che facessi?- rispose lui.
Il demone non rispose ma si limitò a fissarlo truce. Si
diresse
verso il comodino da cui prese una bicchiere di liquore. Il profumo di
quel liquido arrivò alle narici di Zoro che si accorse solo
in
quel momento di avere parecchia sete. Si passo la lingua sulle labbra
secche e quel gesto non passò inosservato alla rossa che si
avvicinò con il bicchiere in mano.
-Devi avere sete... in effetti sono ore che non bevi.- fece
lei porgendogli il bicchiere. Ma quando Zoro si protese, per
quanto riuscisse a farlo legato com'era, quella versò il
contenuto del bicchiere sul petto del giovane.
-Oh, ma che sbadata che sono.- disse con un sorriso malizioso sul bel
volto. Zoro le scoccò un'occhiata feroce che fece
sghignazzare
ancora di più la giovane.
-Ho sentito parlare di te cacciatore, quindi dammi un buon motivo per
cui non dovrei ucciderti qui e adesso.-
-Sempre che non ti uccida prima io demone.- disse lui con un sorriso
che aveva
molto poco di umano e che lo faceva somigliare ad un demone molto
più pericoloso di Nami.
La rossa lo fissò sospettosa. Cosa diavolo credeva di fare
legato com'era? La stava palesemente sottovalutando nonostante lo
avesse messo al tappeto già una volta!
Zoro, con un colpo di reni e facendo appello a buona parte della sua
forza, scardinò la testiera del letto a cui legato e la
scaraventò sulla testa del demone che fu presa completamente
alla sprovvista.
Il verde prese un coccio di vetro dal bicchiere che si era frantumato
ai piedi del letto quando la rossa lo aveva fatto cadere per lo stupore
e tagliò la corda sia dai polsi che dalle caviglie incurante
delle ferite che gli stava provocando il vetro.
Quando fu riuscito a liberarsi prese dalla sua cintura un piccolo
collare che mise al collo del demone per impedirle di usare i suoi
poteri e afferrò le sue katana.
La gatta si rialzò a fatica, stordita com'era dal colpo
ricevuto, e cercò subito Zeus. La nuvola stava svolazzando
preoccupato sopra la sua testa e quando Nami gli ordinò
mentalmente di colpirlo con un fulmine lui rispose che i suoi poteri
erano bloccati a causa del collare. La rossa cercò di
toglierselo, ma quello restava saldamente attaccato al suo collo senza
dare il minimo senso di cedimento.
-Toglimi questa cosa di dosso, non sono un fottuto cane!-
soffiò
lei rabbiosa. Quell'oggetto le portava alla memoria spiacevoli ricordi
che aveva seppellito nella sua mente perché le facevano
troppo
male.
Ricordava bene il giorno in cui sua madre le aveva raccontato di come
fosse stata rapita da un altro demone, chiamato Arlong, che
le
aveva messo proprio uno di quei maledetti collari e per anni l'aveva
tenuta segregata come una schiava e la umiliava picchiandola e
violentandola ogni volta che ne aveva voglia.
Era stato solo grazie ad un umano chiamato Genzo, vecchio amico di
Bellemere, che era riuscita a scappare poco prima di scoprire di essere
rimasta incinta di quel mostro.
Era stato proprio l'umano, l'unico del quale Bellemere riuscisse a
fidarsi, che aveva deciso di non interrompere la gravidanza, dando alla
luce nove mesi più tardi Nami e la sua gemella Nojiko, che
aveva
ereditato i poteri di demoni marino di quel mostro del loro padre
biologico.
Genzo era stato vicino a quei demoni trattandole come se fossero sue
figlie e per questo anche loro impararono a trattarlo come un padre e a
fidarsi di lui, anche se nutrivano parecchia diffidenza verso gli altri
uomini che spesso usavano quegli stessi collari che Arlong aveva usato
con la loro madre per schiavizzare i demoni e li trattavano peggio che
come animali. Avevano sentito varie storie raccapriccianti di quel che
facevano gli uomini quando riuscivano a mettere le loro luride mani su
quelli della sua razza. Li vendevano come se fossero solo dei pezzi di
carne, sfruttavano fino allo stremo i loro poteri e li umiliavano in
ogni modo.
Per quel motivo avere quel maledetto collare provocò in Nami
una
paura tremenda di quello che le sarebbe potuto capitare. Si
pentì di non aver ucciso prima quell'uomo invece di volerci
giocare per dimostrare di essere capace di sapere tenere testa ad un
cacciatore famoso e temuto come quello che ora le stava puntando una
spada alla gola.
Sapeva bene cosa la attendeva e un brivido di paura le
attraversò il corpo facendola sussultare.
-Pensi forse che sia stupido? Sei un demone e come tale devi essere
giustiziata. Ma prima ho una cosa da chiederti.- fece lui serio.
-Che diavolo vuoi?-
-Bada a come parli innanzitutto.- disse lui. Quel demone era davvero
insolente! - Prima ho avuto una sorta visione della mia
infanzia
mentre ero privo di sensi. Cosa mi hai fatto?-
-Che vuoi che ne sappia? Ti ho solo colpito con un fulmine, altro non
so.- disse lei con una scrollata di spalle.- Perché tanto
interesse?-
Zoro la fissò negli occhi per qualche istante. Normalmente
si
sarebbe tagliato la lingua piuttosto che parlare di certe cose con un
demone ma se voleva saperne di più aveva bisogno di quella
gatta
ed era costretto a guadagnarsi la sua fiducia.
-Ho una amnesia fin da quando sono piccolo e non so assolutamente nulla
del mio passato, quello che ho visto prima non lo ricordavo affatto,
ecco perché non capisco come mai sia riaffiorato proprio
oggi. Quel fulmine deve avere fatto qualcosa nella mia testa.-
La rossa inclinò la testa e mosse leggermente le orecchie
triangolari mentre intravedeva una possibilità di
sopravvivenza
ed era più che decisa a coglierla al volo.
-Quindi cosa vuoi esattamente da me?-
-Voglio che tu mi colpisca nuovamente ma con una scarica più
forte così da capire se ho ragione o meno.-
La gatta mosse la cosa nervosamente. -Non ho mai incontrato un umano
che mi chiede spontaneamente di fulminarlo. Devi essere molto sciocco
per chiedermi di farlo... Oppure sei semplicemente pazzo.-
Zoro le premette la punta della spada sul collo candido, non con
l'intenzione di ferirla ma solo di spaventarla.
-Questi non sono affari tuoi. Fai come ti dico e sarai libera di
andartene.-
-Rinunceresti ad uccidermi per riavere i tuoi ricordi?- disse lei
esprimendo a voce alta la domanda che fluttuava nella coscienza di Zoro
ma che lui stava disperatamente cercando di ignorare.
-Ti sto offrendo la possibilità di scappare, quindi
perché
non fai come ti dico? Male che vada il fulmine mi ucciderà e
ti
libereresti comunque di me.- le fece notare lui.
Nami socchiuse gli occhi pensierosa e si chiese se non fosse tutto un
trucco. Era stata presa in giro già parecchie volte nella
sua
vita e non aveva nessuna intenzione di cascarci ancora. La cosa che
più la infastidiva era il non riuscire a capire le reali
intenzioni del cacciatore. Solitamente le bastavano poche occhiate per
capire bene cosa passasse nella testa degli uomini e come sfruttare il
suo fascino per farli capitolare, ma l'uomo che le stava di fronte era
diverso da chiunque avesse incontrato prima di allora.
Non era interessato a lei o al suo corpo come normalmente accadeva, e
le stava addirittura proponendo un patto che andava a totale vantaggio
della gatta.
Sembrava un uomo d'onore ma ancora non sapeva se poteva fidarsi o meno.
-Dammi la tua parola spadaccino che non stai tentando di fregarmi.-
disse lei fissando dritta nei suoi occhi. Quei due pozzi scuri in cui
si sarebbe anche potuta perdere se avesse voluto non ebbero nessun
sussulto e parevano sinceri.
Con la punta della spada si punse il dito e lo appoggiò
sopra
una delle dite del demone, dopo averle fatto la stessa piccola ferita,
e fece mescolare il loro sangue.
-Hai la mia parola che non ti farò del male.- disse e la
ragazza
restò stupita. Il gesto rassicurò la ragazza
anche se un
poco la spaventò visto che il giuramento di sangue era
qualcosa
di sacro ed indissolubile.
-Beh, non mi pare di avere molta scelta allora. Se qualcosa dovesse
andare storto sappi che io non mi prenderò alcuna
responsabilità, cacciatore.- disse lei non volendo mostrare
di
essere rimasta in qualche modo colpita dal giovane, sia per la sua
determinazione che per quella forza che era impossibile da non notare.
-Tu pensa a fare quello che devi e basta. E comunque mi chiamo Zoro,
non cacciatore.- disse lui mentre le toglieva il collare che inibiva i
suoi poteri.
-E io sono Nami, non demone.- disse lei agitando la sua coda mutilata
con un sorriso.
Zoro si stese sul letto cercando di non farsi troppe domande riguardo
quel che stava facendo e al fatto che sarebbe potuto andare tutto
storto. Avrebbe avuto troppi rimorsi se non ci avesse provato e se per
riottenere i suoi ricordi doveva rischiare la sua vita scendendo a
patti con un demone, beh era più che lieto di farlo.
Nami richiamò Zeus e si preparò a scagliare un
fulmine
ancora più devastante di quello che aveva utilizzato prima.
-Cerca di non crepare.- sussurrò anche se la sua voce venne
coperta dal fragore del tuono a cui seguì un immenso fulmine
che
illuminò la stanza come se fosse giorno.
Subito si diffuse un certo odore di carne bruciata e di fumo.
Zoro guardava ammirato
suo padre
mentre si allenava e si chiese se un da grande anche lui sarebbe
diventato un uomo forte e coraggioso come lui. Ciò che lo
stupiva era la calma che circondava l'uomo. Qualsiasi cosa succedesse
lui non perdeva mai le staffe e sembrava possedere una pazienza
infinita nonostante tutto quello che il bambino combinava.
Un colpo di spada di legno sulla testa lo riscosse dai suoi pensieri.
-Ti sei distratto... e hai perso di nuovo.- lo schernì sua
sorella con una espressione di superiorità sul suo viso
magro.
Zoro ringhiò e si maledisse per essersi fatto fregare per
l'ennesima volta.
Kuina piangeva nonostante le gote le bruciassero per la vergogna di
farsi vedere in quella situazione proprio da suo fratello.
-Cosa vuol dire che non diventerai una spadaccina come papà?
Cosa diavolo stai dicendo? Tu sei molto più forte di me e di
tutti i suoi allievi, perché vuoi mollare?- le aveva chiesto
lui
furioso per la codardia dimostrata da sua sorella.
-Tu non puoi capire cosa significa essere una donna. La mia forza non
sarà niente, e quando crescerò tu o
chiunque altro mi
batterete facilmente.- disse lei anche se scossa dai singhiozzi.
-Bugiarda! Basterà che continui ad allenarti come fai
sempre, no?-
-Sei proprio uno stupido Zoro! Non capisci che non servirà a
nulla? Diventerò debole e nessuno vorrà
combattere con
me.- disse.
-Allora mi allenerò come un matto e gestirò io la
palestra al posto di nostro padre.- disse il bambino con fare sicuro.-
Sì, diventerò più forte e tu allenerai
e
gareggerai con me, te lo prometto-
Kuina passò il dorso della mano sul viso per cancellare
quelle
lacrime di cui tanto si vergognava. -Sei proprio uno sciocco.- disse
però con il sorriso sulle labbra e senza più
lacrime ad
offuscare i suoi occhi.
Anche Zoro sorrise e suggellarono la promessa con una solida stretta di
mano.
Koshiro passò una mano sulla zazzera verde e disordinata di
suo
figlio e lo guardò con orgoglio. - Molto bene Zoro, ormai
riesci
a tenere testa ai ragazzi più grandi e perfino agli adulti.
Ti
stai allenando duramente vedo.- disse con un sorriso sincero.
-Tsk, perché sei tanto sorpreso padre?- disse lui con un
filo
d'erba tra le labbra e facendosi cullare dalla brezza fresca che
rendeva piacevole quel pomeriggio d'estate.
-Non sono affatto sorpreso, al contrario sapevo che avresti ottenuto
grandi risultati. Sembra che tu e tua sorella non litighiate neanche
più come prima.- disse osservandolo con curiosità.
-Sarà una tua impressione.- disse lui misterioso anche se
dal
suo sguardo Koshiro capì che ci aveva visto giusto.
Probabilmente era successo qualcosa tra i suoi figli, qualcosa di cui
non gli avevano parlato ma che li aveva avvicinati un poco e non
poté che sorridere felice.
-Buon compleanno Zoro!- disse Koshiro entrando nella camera del bambino
trovandolo ancora sotto le coperte. Il verde stiracchiò le
membra e sbadigliò sonoramente prima di venire soffocato
dall'abbraccio paterno.
-Grazie papà ma così mi fai male.-
-Oh, scusami tanto figliolo.- ridacchiò l'uomo liberandolo
da
quella stretta. -Ecco, questa è per te.- disse mettendo tra
le
mani del giovane una lunga spada leggermente ricurva con il fodero
bianco e l'impugnatura ugualmente bianca e con un motivo geometrico
nero.
-Ma questa è la Wado Ichimonji!- disse il bambino sorpreso.
-Esatto figliolo. Sei abbastanza grande ormai per la tua prima spada e
so che ne desideravi ardentemente una.-
-Sei sicuro di volerla dare proprio a me?-
-Non potrebbe essere in mani migliori.- disse l'uomo e Zoro sorrise
felice. Si alzò rapido dal letto per andare subito in
palestra a
provare la sua nuova arma.
Nami si mordicchiò le unghie con fare nervoso.
Il cacciatore era
privo di sensi ormai da più di un'ora e iniziava a credere
che
qualcosa fosse andato storto. Vedeva il petto muscoloso alzarsi ed
abbassarsi ritmicamente e lei gli aveva perfino curato con un
incantesimo le bruciature dovute al suo fulmine quindi sicuramente non
era in pericolo di vita, però non poteva fare a meno si
sentirsi un po' spaventata per la sua sorte.
Si chiese a quali allenamenti massacranti si sottoponesse il giovane
per essere sopravvissuto a ben due fulmini nell'arco della stessa
giornata. Osservò il suo corpo dalla pelle dorata, i muscoli
guizzanti, le cicatrici che solcavano il petto e le gambe e le mani
grandi e forti.
Si ritrovò senza accorgersene a fissare il giovane con vivo
interesse e con un certo desiderio che si stava impossessando delle sue
parti basse.
Calmati Nami, non puoi
sbavare sul tuo nemico, si
disse accorgendosi di sentirsi avvampare solo alla vista di quel corpo
atletico. Sapere che era vivo la rassicura anche se non sapeva il
perché. Era un cacciatore di demoni che se ne avesse avuto
la
possibilità l'avrebbe uccisa senza rimorsi quindi
perché
si stava preoccupando così tanto?
Si avvicinò al letto e si chinò sul giovane per
sfiorare
i contorni del suo viso con la punta delle sue unghie lunghe e gli
diede un bacio a fior di labbra, approfittando del fatto che fosse
privo di sensi.
-Andiamo Zeus, qua abbiamo terminato ormai.- disse preparandosi ad
abbandonare quella locanda fatiscente.
Quando Zoro si svegliò capì che il demone era
andato via,
lasciandolo solo nella stanza vuota e in balia dei suoi pensieri.
Ricordava tutto perfettamente ormai anche se non sapeva cosa
pensare. I suoi pensieri gli avevano lasciato una strana inquietudine
addosso.
Da una
parte sentiva di essere finalmente completo ora che la sua mente era
integra e non avere più il chiodo fisso della sua amnesia lo
faceva sentire decisamente meglio. Ma sapere di avere avuto una
famiglia a cui era profondamente legato che era stata spazzata via da
un demone lo rendeva cieco di rabbia nonostante fossero trascorsi quasi
dieci lunghi anni.
Si alzò a fatica dal letto, sentendosi spossato e stordito
come
se avesse dormito per giorni e giorni. Sul comodino vide un bicchiere
di liquore ed biglietto che lo
incuriosì.
Ho qualcosa che ti
appartiene. Se ti interessa riaverlo vieni a prendermi vi
era scritto con la grafia minuta e tondeggiante del demone-gatto.
Il verde si accorse che nel suo orecchio destro i suoi orecchini d'oro
non tintinnavano più. Un ghigno feroce gli
deformò i
lineamenti del volto.
A quanto pareva prima di tenere fede alla promessa fatta a Kuina di
gestire la palestra di famiglia, ammesso che esistesse ancora, aveva
un'ultima caccia da concludere.
Bevve il liquore ed uscì da quella stanza sentendosi
finalmente
bene e tutto grazie ad un demone che voleva giocare con lui. Ma
l'avrebbe trovata e gliel'avrebbe fatta pagare per quel furto.
Ma soprattutto l'avrebbe ringraziata per quello che aveva fatto per
lui.
|