Era un altro giorno ricco
di lezioni e sfide e documenti da approntare e chissà che altro lì alla Tōtsuki
Cooking Accademy.
Due ragazze erano appena
discese dall'auto che le aveva accompagnate nel cortile dell’accademia e si
erano avviate verso l'edificio per seguire la prima lezione della giornata: una
noiosissima lezione di storia della cucina.
Le ragazze benché
trovassero noiosa la lezione dovevano mostrare ai propri compagni un
atteggiamento e un comportamento consono all'accademia nonché alla loro
posizione, quindi si sarebbero anche mostrate entusiaste della prossima
lezione.
Perse nei loro pensieri
si bloccarono al centro del cortile quando la loro attenzione fu catturata da
un capannello di persone che urlavano incoraggiamenti a due ragazze al
centro che urlavano tra loro.
Arato, notato il
battibecco, con aria frustrata commentò “Oh no, non mi dire che stanno continuando
da ieri sera”.
L'ereditiera la guardò
incuriosita chiedendole di cosa parlasse.
Arato alzò gli occhi al
cielo, stufa delle due e rispose "eccole Rindou
Kobayashi e Nene Kinokuni. Come sai ieri sera, da dopo il consiglio dell' elite
10, mi sono fermata nella sala del consiglio assieme a Kinokuni-san a sbrigare
dei documenti. all'improvviso è entrata Kobayashi-san come una furia ed hanno
iniziato a litigare lei e Kinokuni come delle matte.
Ho cercato di dividerle,
ma ero stanca e dopo due ore di lotta sono andata via sperando che non si
ammazzassero. Mi dispiace Erina, ma ero davvero stanca.
A quanto pare il litigio
si è protratto fino ad ora, dalle occhiaie che hanno posso immaginare che
stiano litigando da ieri sera senza sosta”.
Erina la fissò sbalordita
dalle sue parole e ancor più dalle ragazze che stavano litigando. Per quanto
conoscesse il carattere tutt'altro che mite dell'ex secondo seggio, si
aspettava una Kinokuni mite, calma e quasi stoica.
Quindi indossò il
cipiglio tipico da Erina Nakiri, direttore di Tōtsuki e si avvicinò alle
ragazze.
Gli studenti vedendola
subito la fecero passare creando delle ali ai lati.
la bionda senza degnare
nessuno studente della sua attenzione gridò “Kinokuni-san, Kobayashi-san, non
tollero da nessuno un simile atteggiamento nella mia accademia e soprattutto
non lo tollero dall’attuale settimo seggio e dall’ex secondo seggio degli elite
10.
Ora dividetevi, andate a
lezione o tornate nelle vostre stanze e non voglio sentire una parola,
intesi??”
Le due ragazze, ormai
stremate, si divisero e ognuna andò per la sua strada fuori dell’accademia.
Il direttore si rivolse agli studenti rimasti
e così parlò “lo spettacolo è finito andate a lezione” tutti confusi
prontamente risposero “sì Erina-sama”, “sì
direttore”, “buona giornata direttore” e tutti corsero via.
La bionda esortò la
segretaria ad andare prima che iniziasse la lezione, chiedendole il motivo del
litigio. Arato rispose di non conoscere esattamente il motivo, ma ne aveva una
chiara idea, come tutta l’accademia del resto. Arato si chiese chi fosse più
denso tra i due.
Uno era denso come un
buco nero. L’altra era denso come un mattone, ma solo perché il suo passato
l’aveva isolata dal resto del mondo, confinando le emozioni in un abisso da cui
sarebbero uscite un giorno, forse, solo grazie ad un intervento esterno.
Arrivate in classe un
profondo stupore si dipinse sui loro volti.
Accanto alla finestra, lì
dove di solito sedevano c’era già uno studente che aveva occupato dei posti ed
era in evidente attesa di qualcuno.
Uno studente che, tra
l'altro, mai arrivava prima che iniziasse la lezione, se non addirittura a
lezione conclusa.
Era però minimamente
accigliato, molto diverso dal suo solito sé, ma appena le vide un piccolo
sorriso gli tirò lentamente le labbra e disse “Ciao Nakiri, ciao Hisako, ho
occupato dei posti, mi fate compagnia stamane?”
Arato con uno smagliante
sorriso lo salutò “Ciao Soma, buongiorno, è bello vederti già qui” e senza
chiedere ad Erina cosa ne pensasse “grazie per i posti, è proprio dove volevamo
sedere.
Ti dispiace se mi siedo
io vicino a te?”
“Ma certo, ne sarei
felice. Prego accomodatevi” rispose il ragazzo.
Erina alzò il
sopracciglio, era felice che Hisako si sedesse vicino a lui?
Che significava?
Lui avrebbe dovuto essere
felice che lei, il direttore dell’accademia si sedesse vicino a lui.
Non che lei volesse
sedersi vicino a lui, per intenderci, sarebbe stato solo un premio per lui.
Le stava bene prendere le distanze.
Ma perché voleva vicino
la sua migliore amica? Erina era inoltre stupita che, diversamente dal solito,
Soma già fosse in classe, piuttosto che avesse preso dei posti per loro
pensava, ma era casuale o sapeva che avrebbero seguito assieme quella lezione?
Lasciando vagare questi
pensieri, chiese ad Arato da quando si chiamavano per nome lei e Yukihira, lo
vedeva un modo così inappropriato, era una cosa così romantica legata
all’essere fidanzati.
Erina divenne cremisi
mentre parlava e non riusciva a muoversi dall’ingresso, dovevano ancora
sedersi.
Arato sorridente cercò di
calmarla “Erina, dopo lo stagiare io e Yukihira-kun ci siamo avvicinati
tantissimo. Mi ha supportato durante il periodo difficile dello stagiare e mi
ha fatto capire che per te dovevo essere più di un tuo servitore o di una
segretaria.
Mi ha spinto verso di te
come amica aprendomi gli occhi. Gli sono davvero grata per quanto ha fatto per
il nostro rapporto. Durante e successivamente allo stagiare mi ha sempre
chiamato Hisako ed io, lentamente, ho iniziato ad apprezzare questo suo modo di
fare.
A parer mio non è uno
sfacciato, non si comporta così con tutti, ma solo con chi tiene
particolarmente, credo.
Inoltre è da dopo il
régiment de cuisine che anche noi due ci chiamiamo
per nome, come due amiche e non come rapporto servitore-padrone, no? Erina è
stato lui a darmi il coraggio di far evolvere il nostro rapporto”
Erina aveva capito il
punto di vista di Arato, ma qualcosa in lei non era riuscito a scattare,
riprese “Sì ma.. Ma è diverso, noi siamo amiche d’infanzia, lui lo conosci solo
da due anni e, eppoi è un ragazzo” arrossì.
Arato sorridendo le
rispose “Erina ma che dici? Innanzitutto sto uscendo con Hayama e lo sai. Tra
me e Yukihira non c’è nulla di romantico, ci piace stare in compagnia come
amici.
Ti posso assicurare che
non vedo nulla in quel senso verso Soma.
Ma se preferisci o se ti
da fastidio posso chiamarlo Yukihira in tua presenza, lui capirà, ne sono
certa.
Però per favore non farlo
anche tu, ho già Hayama che fa il geloso per via del mio rapporto con Soma.”
Erina arrossì all’
affermazione dell’amica e rispose che non voleva essere d’intralcio alla loro
amicizia. Sicché si sedettero.
Yukihira accanto alla
finestra e Arato in mezzo a lui e Nakiri.
Erina però voleva vederci
chiaro e chiese del perché erano seduti così e perché Yukihira fosse felice di
avere Hisako seduta vicino a lui.
Arato con un sorriso
malizioso le chiese se preferiva sedersi lei vicino al rosso.
Nakiri prontamente negò e
si zittì, concentrandosi sull’inizio della lezione.
Arato non le disse che
s’era seduta vicino al ragazzo perché aveva notato il suo sguardo malinconico e
temeva che la vicinanza dei due avrebbe portato, al minimo, a scintille.
La lezione era noiosa
come tutti immaginavano e proseguiva lentamente, fino a quando il professore si
accorse di un comportamento che reputava non consono e cambiò argomento.
“Oggi con noi è presente
il signor Yukihira, l’attuale primo seggio dell’elite 10”.
Tutti in classe si
girarono verso il ragazzo ed Erina si sentì anche lei a disagio, con tutta
l’attenzione rivolta verso di loro, chissà come avrebbero commentato la
vicinanza tra il direttore e il primo seggio, per non parlare tra lui e la sua
segretaria.
Erina si girò a guardarlo
e si accorse, con sorpresa, di uno sguardo triste sul suo volto, mentre
guardava svogliatamente fuori dalla finestra, davanti a sé non c’era l’ombra di
un foglio sul banco con cui prendere appunti.
Era seduto rilassato, ma
accigliato, uno sguardo triste a cercar fuori chissà cosa.
Era così lontano
dall’esuberante ragazzo gioviale che si ritrovò a preoccuparsi per lui: cos’era
accaduto? Un problema familiare? Stava bene il padre? O forse la madre?
A ben pensarci, di lui,
Erina non conosceva nulla, era lei a confidarsi con lui nelle sere in cui
s’incontravano sulla terrazza del dormitorio Polar
Star a guardare le stelle.
Ma lui non aveva mai
fatto parola di sé. Questo pensiero affondò in lei facendo male.
Era l’unica a non saper
nulla di lui? Di certo ne sapevano di più Takodoro, Arato, gli altri amici del
dormitorio, Ikumi Mito e i fratelli Aldini.
Tristemente credette che
tutti fossero a conoscenza di cosa gli passasse per la testa e che lei fosse
l’unica a considerarlo uno sciocco.
Il suo primo seggio non
era un idiota, né uno sciocco, assumeva dei comportamenti a volte assurdi, ma
non era uno stupido, di questo ne era certa.
Il professore interruppe
il treno dei suoi pensieri continuando “Signor Yukihira, ho notato che ha uno
sguardo assente quest’oggi. La lezione non è stata di suo gradimento? Devo
presumere che abbiamo discusso di argomenti di cui è già a conoscenza. Sarebbe
così gentile da illuminare tutti noi? Sempre se ciò non la disturba.”
Il professore concluse
con un risatina seguito anche da molti studenti.
Erina s’innervosì per
l’atteggiamento mostrato dal professore e stava per alzarsi quando la sua mano
sinistra fu afferrata da Hisako che le sussurrò “Erina aspetta, capisco come ti
senti, ma per favore aspetta”.
Erina, di getto, guardò Yukihira
e vide che lasciava la sua posa rilassata e allontanava lo sguardo dalla
finestra per focalizzarsi sul professore.
Si stupì del suo sguardo
serio e deciso.
Soma e con una voce
fredda come l’artico, lontana dalla sua voce calda e confortante parlò “Professore,
lei stava parlando della cucina francese del periodo pre
rivoluzione francese e di come fosse incentrata sullo sviluppo di una cucina
basata sulle verdure e indirizzata all’alta borghesia.
Ha accennato allo chef Audiger Ausonio. Un cuoco francese operante nella seconda
metà del 1600. Uno chef che ha lavorato per Jean Baptiste
Colbert, era un esperto di dessert e liquori. Un
eccellente conoscitore della coltivazione di frutta e verdure, è stato il primo
ad introdurre in cucina l’uso delle primizie di verdure”.
La classe era rimasta in
un silenzio religioso ad ascoltarlo e rimasero stupiti tutti quando Soma continuò
“Mi permetto di dissentire in quanto lo chef Ausonio introdusse solo i piselli
quale primizia. Personalmente preferisco lo chef Antoine Beauvilliers, un cuoco vissuto a cavallo del 1700
e 1800”.
“Professore, ho risposto
correttamente alla sua domanda?”
Il professore assieme
agli studenti era rimasto a bocca aperta ascoltando la spiegazione del primo
seggio, poi si ricompose e disse “Grazie messier
Yukihira, la sua spiegazione è stata degna del primo seggio di Tōtsuki.”
Hisako si girò verso
Erina e con un ampio sorriso le disse “Visto?”
Erina, ancora scioccata
disse “Tu lo sapevi? Ma come? È apparso assente per tutta la lezione.”
Arato sorridendo le
spiegò “Soma predilige, come te, la cucina francese, anche se preferisce una
fusion con la cucina giapponese. Più che assente era perso nei suoi pensieri.
Ma lui è il primo seggio
che tu hai nominato, dagli un po’ di credito”.
Subito dopo, per fortuna
di tutti, suonò la campanella annunciando la fine delle lezioni, almeno per
Erina che doveva dirigersi nel suo ufficio per occuparsi di documenti relativi
alla gestione dell’accademia.
La giornata trascorse tra
pile di documenti, quando entrò nell’ufficio Arato per andar via. Lasciarono
l’ufficio e attraversarono i corridoi per raggiungere la macchina nel cortile.
Camminando con eleganza,
Erina dava uno sguardo ai dintorni, per controllare che tutto filasse liscio
nella sua accademia, annoiata dagli sguardi di venerazione che tutti le davano.
Prima era felice di
quegli sguardi, lei era la principessa di Tōtsuki, la detentrice del
palato di Dio, ed era destinata alla magnificenza e a regnare sull’universo
culinario, le dovevano rispetto e venerazione e gli amici erano un peso di cui
non aveva bisogno.
Ma le cose erano cambiate
dall’incontro con qualcuno che non l’ha mai venerata, ma che l’ha trattata sempre come una ragazza qualunque,
una semplice ragazza incontrata a scuola.
Successivamente era
successo troppo perché lei potesse affrontarlo da sola, era grata di avere
degli amici che l’apprezzassero, che apprezzassero Erina per chi era e non per
ciò che rappresentava.
Era felice di avere al
suo fianco la fidata segretaria, ma soprattutto la sua amica Hisako.
Erina spesso è stata
attanagliata da un dubbio: dietro quei cambiamenti, quella rivoluzione che
aveva interessato lei e l’accademia c’era una sola persona?
Quella persona era la sua
nemesi? Nemesi davvero? O lui era il suo alter ego? Una vocina dentro di
sé, in stile Alice, le sussurrava ‘alter ego’, ma non sapeva se ascoltarla o
scacciarla.
Arrivata nel cortile vide
l’auto per loro parcheggiata ad attenderle ed appoggiata ad essa, con aria
noncurante, le mani affondate nelle tasche, camicia bianca e giacca poggiata
sulle spalle c’era lui.
Lo sguardo rivolto ai
suoi piedi.
Lo sguardo del direttore
si posò su di lui e, tra i suoi pensieri chiese “strano. Innanzitutto che ci fa
lì? E poi è strano fin da stamattina, sembra depresso, ne sai nulla Hisako?”
Hisako si fermò,
immaginando che la spiegazione sarebbe stata più lunga del previsto in quanto
avrebbe coinvolto anche la situazione su cui erano incappate al mattino e disse
“Ci sta aspettando, mi ha chiesto un passaggio per tornare al dormitorio, per
sfuggire a delle situazioni” parlò Hisako.
“Situazioni? Oddio che
altro ha combinato quello stupido?” chiese Erina
Arato capì che era
arrivato il momento di vuotare il sacco, emesso un minimo sospiro, si fermò ed
iniziò “Erina hai presente il litigio di stamane tra Kobayashi e Kinokuni? Bè
ecco, era per lui”
Erina iniziò ad
arrabbiarsi “Cosa gli ha fatto? Ancora quelle ricette che prevedono marmellata
e calamari o peggio?”
Hisako con aria triste le
rispose “Non fraintendere. Litigavano per chi avesse il diritto di sfidare o
comunque stare al suo fianco."
Nakiri con la mascella a
terra e gli occhi sgranati come piatti chiese "Per lui non intendi
Yukihira vero? Chi vorrebbe trascorrere del tempo con quello stupido? E
addirittura litigare per lui non è eccessivo?"
Hisako emesso l’ennesimo sospiro
della mattinata rispose "innanzitutto per rispondere alle tue parole ti
ricordo che a te piace trascorrere del tempo con lui.
E prima che neghi, parlo
delle serate che trascorrete assieme sul terrazzo del dormitorio”
Erina sgranò gli occhi
verso Hisako “tu, tu, co-co..”
Hisako rispose “sì ne
sono a conoscenza, non vi spio, semplicemente un paio di sere mi è capitato di
venirti a cercare, non ti ho trovato nella tua stanza e passando vicino alle
porte del terrazzo vi ho visto parlare, parlare educatamente, senza gridare ed
anche sorridendo.
Non so da quando va
avanti e non ti chiedo alcun dettaglio ma, a mio parere, anche tu ti rallegri e
giovi della sua vicinanza.
Certo tu Erina, ora, non
sei da litigare con qualcuno per lui, ma molte ragazze non la pensano così”
Erina sempre più
sbalordita “molte? Cosa intendi per molte? Vuoi dire che oltre Kinokuni-senpai e Kobayashi-senpai c’è
qualcun’altra interessata lui?”
Hisako guardò la sua
amica, osservando come le informazioni che le aveva appena dato la stessero colpendo.
Si chiedeva se fosse una
gelosia in erba o una turba emotiva verso un aspetto del suo amico che non
aveva mai considerato.
Arato, compassionevole,
le rispose “Erina, Soma dagli eventi del regiment de cuisine, nonché dall’essere stano nominato primo seggio, è
diventato molto popolare.
Soprattutto tra le
matricole che lo adorano avendo sentito solo parlare di lui.
Insomma tra le matricole
è una leggenda vivente, un po’ com’è stato suo padre per te.
Le ragazze lo attendono
per accompagnarlo in classe e all’uscita delle lezioni.
Credo che accada anche
perché ha sempre una parola buona per tutti, è gioviale, ha il sorriso in ogni
situazione e pare che nulla riesca a rattristarlo.
È la fonte della forza e
del buonumore per i suoi amici, è sempre pronto ad aiutarli e si fionda lì per
loro senza paura. Non arretra mai di fronte ad una sfida e, in effetti,
lo invidio davvero, vorrei essere proprio come lui.
Cerca sempre di non farsi
accompagnare dalle ragazze per evitare problemi, anche con i ragazzi invidiosi
della sua popolarità.
Così solitamente attende Tadokoro per avviarsi”.
Erina non sapeva se era
più turbata dalla notizia della recente popolarità del ragazzo o dal fatto che
attendesse di essere accompagnato da Tadokoro.
Erina non capiva perché
fosse infastidita, pensava di essere l'unica a trovarlo interessante. aspetta,
Cosa? Lei non lo trovava interessante.
Anche se l’aveva colpita
la profonda risposta che aveva dato all’insegnante quella mattina.
Sì apprezzava le sere
trascorse a guardare le stelle, ma erano le stelle ad essere belle.
Aveva apprezzato il
lavoro che aveva fatto con quel tempura don in cui
aveva immaginato una ricetta con uova congelate solo per ridarle la gioia di
cucinare, ma solo perché probabilmente, anzi sicuramente era una ricetta di suo
padre.
Sì, era geniale e
coraggioso, lottava per i suoi ideali e per evolversi e per difendere gli
amici. Ma perché ci stava pensando ora?
Hisako la trasse dai suoi
pensieri rivolgendosi a Yukihira “Soma vuoi un passaggio per il dormitorio?”
Soma con un sorriso
accennato “Yo Nakiri, ciao Hisako. Vorrei un
passaggio se per voi non è di troppo disturbo. Giusto perché anche voi siete
dirette lì, vero?”
Erina rimase di stucco.
Mai gli aveva parlato così, con deferenza e senza che sul suo viso trasparisse il
suo luminoso sorriso sfacciato .
Era rimasta più che
colpita, era impressionata, ed era certa che stava succedendo qualcosa.
Entrarono in macchina con
Nakiri e Yukihira distanti, vicino ai finestrini e Arato, seduta di fronte a
loro, era in evidente stato d’imbarazzo causato dal loro silenzio.
Yukihira commentò,
parlando quasi più se stesso “Pensavo che non è la prima volta che siamo nella
stessa macchina eh Nakiri? Eppure anche stavolta rimaniamo in silenzio, un
imbarazzante silenzio per te. Sì, il destino è davvero ironico.”
Erina ascoltò basita
quanto diceva non trovando un appiglio dove intromettersi nel discorso. A ben
pensarci non credeva che imbarazzante era la giusta scelta del termine.
Prima che potesse in
qualche modo rispondere erano arrivati al dormitorio, scesero dalle auto,
Yukihira ringraziò le ragazze del passaggio e si avviò in cucina.
Erina subito si rivolse
all’amica “Hisako non è sembrato strano anche a te? Non ha fatto alcuna battuta
su come ci avesse stupito in classe, anzi si è rammaricato che fossimo in
silenzio in macchina prendendosi la colpa.
Per quanto mi riguarda la
colpa non era di nessuno, ma se avesse detto qualcosa gli avrei dato io la
colpa. Di solito è lui che da il via ai discorsi.”
Hisako sorrise al
commento della bionda, si stava preoccupando per Yukihira, era evidente, ma non
provò e farglielo notare per evitare di sentirla gridare.
Le rispose parlando
d’altro “Erina entriamo in casa, dai avremo modo di parlare con Soma più
tardi”.
Il ragazzo intanto
arrivato in cucina, notato che era da solo, pensò di cucinare, ma qualcosa lo bloccava.
Sentiva il cuore che si
stringeva sempre più, era arrivato ad una decisione sofferta che lo stava
distruggendo, una decisione amara gli divorava le interiora, ma ormai pensava
che la decisione fosse presa.
Era sera al dormitorio, ed era il turno di
Megumi di cucinare, la ragazza aveva preparato per tutti della semplice zuppa
di miso con radice di ginseng energizzante
accompagnata da tempura di pesce spada e radice di
loto.
I ragazzi del dormitorio
mangiavano e lodavano la sua cucina che li abbracciava, li coccolava e li
rafforzava alla fine della giornata.
Megumi era davvero la
Demetra giapponese della cucina.
Eppure tutti si girarono
verso una figura grigia a un lato del tavolo. Di fronte a Nakiri e di fianco ad
Arato era seduto un ragazzo silenzioso, perso nei suoi pensieri, uno zombie
lontano dal ragazzo gioioso e vigoroso che era stato Yukihira Soma.
Finito di mangiare si
alzò e si avviò verso la porta, sulla soglia ringraziò Takodoro del pasto e le
rivolse un sorriso.
Nakiri non riconobbe quel
sorriso come suo, era freddo e falso e l’amico che conosceva,
il SUO amico, non avrebbe
mai dato a nessuno un sorriso del genere.
Ricordava che anche a suo
padre aveva rivolto un sorriso più caloroso, ricco di aspettative e di forza,
non freddo e vuoto come questo.
Salì pochi minuti dopo,
uscendo sulla terrazza notò che era sola e che la serata era piuttosto fresca,
così si diresse nella sua stanza la 304, la stanza di fianco a quella di Soma.
Hisako, salì anche lei,
ma era preoccupata per il suo amico e si diresse verso la sua stanza per
parlargli. Anche Hisako aveva riconosciuto quel sorriso falso che aveva dato
prima a Takodoro e che era così lontano dal suo solito sé.
Cosa stava accadendo a
Yukihira?
Mentre pensava ciò entrò nella
sua stanza, lo vide seduto sul letto e subito gli chiese perché fosse così
falso con i suoi amici.
La guardò con un mezzo
sorriso seppur amaro “ Ecco Hisako la migliore amica di Erina”
Hisako s’innervosì al
commento “Soma sono anche tua amica, forse non sono la tua migliore amica, ma
non trattarmi così.
Tengo a te e ti voglio
bene, quindi per favore, è palese che c’è qualcosa che non va.
Sei freddo con tutti, a
tavola non hai detto una parola e sei andato via con quel sorriso falso sul
volto. Pensi che gli altri non se ne siano accorti?”
Yukihira, allora, le fece
cenno di entrare e chiudere la porta, poi sempre seduto, si passò la mano
destra nei capelli cremisi, tornò a guardare il pavimento e con una voce
sommessa e delusa parlò
“Hisako ho preso una
decisione. Domani lascerò Tōtsuki.
Ma non farne parola con
gli altri, preferisco che lo sappiano da me, lo farò domani.”
Hisako era scioccata e
rimase a bocca aperta, appoggiandosi al muro per sostenersi, mentre Yukihira
continuava
“Il nostro attuale direttore
aveva ragione a non volermi qui, non sono degno di essere un vostro compagno.
Non sono degno di far
parte di Tōtsuki. Sono un plebeo che non sa nulla di perfezione!”
Arato era sempre più
scioccata dalle sue parole, cadde in ginocchio con le lacrime che le uscivano e
balbettò “Cosa? Ma perché? Tu sei il mio amico, non puoi lasciarmi sola.
È palese a tutti che sei
il migliore.
Erina ti ha nominato suo
primo seggio per un motivo!
Hai un talento indiscusso
e sono arci sicura che la parentela con il leggendario Asura non c’entra,
saresti stato grande comunque.
Sei la colonna del
dormitorio, sei la colonna dell’accademia e sei il pilastro cui aggrapparsi per
tutti coloro che, come me, possono definirsi tuoi amici.”
Mentre lunghe lacrime
scendevano sul volto di Hisako e i singhiozzi le bloccavano le parole, continuò
“Prima non eravamo così. Allo stagiare siamo stati assieme e ci siamo
conosciuti e ogni giorno ho ringraziato Kami per
avermi affiancata a te.
Tu hai ricostruito il mio
rapporto con Erina. Tu hai fatto sì che avessi fiducia nelle mie capacità anche
dopo aver perso nelle lezioni d’autunno.
Tu non mi hai mai deriso,
tu sei stato un amico forte e leale per me.
Tu hai sconfitto la
centrale e il regno di Azami.
Tu ci hai salvato dall’espulsione.
Tu hai salvato Erina da
suo padre.”
Yukihira rispose, girando
la testa da parte a parte, con uno sguardo di ghiaccio “la vostra amicizia era
già consolidata, avevi solo bisogno di vederla.
Hisako sei un ottimo chef
ed ora stai uscendo con chi ti ha battuto all’elezioni d’autunno, non ho fatto
nulla per te.
Nel regiment
abbiamo vinto solo perché avevamo Erina dalla nostra, senza di lei non ci
sarebbe stata storia.
Abbiamo affrontato
Tsukasa e Kobayashi ed abbiamo vinto nonostante la mia presenza.
Erina è stata davvero
grande in quell’occasione, ha sconfitto tre chef.
Soma continuò “per Erina
non ho fatto nulla, lei si è salvata da sola, più che altro le è bastato sapere
che dietro di lei c’era mio padre, il suo idolo,
non ha mai avuto bisogno
dell’aiuto del suo stupido figlio.”
Il silenzio gravò sulle ultime parole.
Arato continuava a
piangere non accettando di perdere il suo amico “Soma ti prego non è così,
guarda in faccia alla realtà. Perché tutta questa negatività ora?
Pensa a quella bella
figura che hai fatto stamattina col professore di storia della cucina”
Soma, scosse la testa
ridendo di sé “A lezione ho risposto come ci si aspettava dal primo seggio, non
potevo umiliare Nakiri con qualche risposta stupida.
Non voglio restare qui
sapendo di essere solo un cuoco di secondo livello.
Non sono riuscito a
superare mio padre.
Non sono all’altezza di
Nakiri che mi ha nominato primo seggio.
Con Nakiri ci siamo affrontati al Blue ed ho perso
contro di lei, che razza di primo seggio per Tōtsuki posso essere?
Credo che mi ritirerò nel
mio ristorante come sous-chef di mio padre.”
Arato frastornata, con
voce sommessa ma arrabbiata “no, non puoi lasciare, tu che ti sei battuto
sempre contro tutti, tu che fin dal primo anno ti eri posto l’obiettivo di
arrivare alla vetta dell’accademia, tu che hai fatto tanto per tutti noi tuoi
amici.
Cosa c’è davvero?
Dimmi la verità Soma-kun, cos’è successo?”
Soma guardandosi i piedi “forse
sono come mio padre, lui lasciò Tōtsuki perché si sentiva vuoto restando
qui, ed io lascio perché.... bè per lo stesso motivo.”
Yukihira si alzò dal letto, prese dei
fazzolettini, aiutò Arato ad alzarsi e le asciugò le lacrime e disse “Hisako
sono stanco.
Per favore va a letto e
mi raccomando non dire nulla ai ragazzi, ci penserò io domani. Grazie”
e così si congedò da lei.
La stanza rimase al buio,
con la pallida luce della luna che la illuminava tristemente.
Si stese sul letto sulla
schiena, il braccio destro che gli nascondeva gli occhi e il cervello che
percorreva i giorni passati a Tōtsuki,
momenti di gioia che
s’intrecciavano con la tristezza legata alla decisione di andar via.
Nonostante le parole che aveva detto a Arato cercando di convincerla, sapeva
che andar via era sbagliato. Ma lo era anche restare lì.
Soma sapeva che avrebbe
voluto parlare chiaramente, ma tutti i segni attorno a lui dicevano di non
farlo, che sarebbe stata una delusione ancora più grande, e allora? Allora sceglie
di fuggire.
Fuggire come soluzione? Che
razza di vigliacco era diventato!
Suo padre gli aveva
insegnato di non fuggire di fronte a nulla.
Ma la situazione attuale non
aveva via d’uscita e il dolore che provava era troppo grande ormai.
Arato una volta uscita dalla stanza di Soma
rimase a contemplare la porta chiusa, non sapendo come agire.
Avrebbe voluto parlare
con Takodoro che poteva avere parole di conforto per lui, farlo ragionare e
fargli vedere la realtà delle cose.
Ma gli aveva promesso di
non dirlo a nessuno fino al mattino dopo e tornò in camera.
Ma sulle scale che
portavano al piano di sopra si fermò.
Soma le aveva detto di
non dire nulla ai ragazzi, intendeva i ragazzi del dormitorio.
Lei ed Erina non erano
del dormitorio, erano rimaste a dormire lì, dopo la caduta di Azami, solo per restare più vicine ai nuovi amici.
E poi la promessa fatta a
Yukihira non poteva scavalcare la profonda amicizia con Erina, lei era la sua
migliore amica.
Guardò ancora la 303,
chiedendosi se il suo amico sarebbe riuscito a dormire quella notte e bussò
alla porta della 304.
“Entra” disse una voce e
Arato entrò, chiuse la porta e vide una bionda figura, in camicia da notte
azzurra, sdraiata sul letto a leggere il suo manga shojo
preferito.
La ragazza finì di
leggere e si girò a vedere chi fosse. Sapeva che si poteva trattare solo di
Hisako, tutti gli altri sarebbero entrati e subito si sarebbero annunciati,
eccetto il rosso di fianco a lei che sarebbe entrato dicendo buffonate o la sua
amica che avrebbe atteso la fine della sua lettura.
Appena vide Hisako, Erina
si preoccupò, non che fosse una conoscitrice esperta delle emozioni umane, ma
la sua amica aveva lo sguardo triste e le guance bagnate come se avesse pianto
di recente, preoccupata subito
“Hisako che succede? Hai
pianto? Chi è stato?”
Hisako riuscì ad
articolare solo “Yukihira”
“cosa ha fatto quel
plebeo” Erina stava gridando ormai “io lo ammazzo, resta qui vado io”
“no Erina fermati,
aspetta” disse e le prese un mano per fermare la bionda ormai colma di rabbia.
“Yukihira non mi ha fatto nulla. Sono stata nella sua stanza per parlargli, per
capire cosa non andava oggi e…”
Hisako si bloccò mentre i
singhiozzi si mischiavano alle lacrime sul viso
“Hisako allora cos’è
successo? Dimmi mi sto preoccupando”
Hisako rispose “mi ha
detto di non farne parola con gli altri, ma il nostro rapporto è diverso, tu
sei la mia migliore amica e vieni prima di tutti qui”
Erina annuiva e
silenziosa aspettava che Hisako le dicesse tutto.
Hisako fece un sospiro,
inspirò a lungo e lentamente espirò e poi, con una calma solo apparente parlò.
“Se ne va.”
Erina la guardò con aria
interrogativa, confusa le chiese chi andava via.
Hisako sospirò di nuovo e
amareggiata “Soma Yukihira ha deciso di lasciare la Tōtsuki”.
Erina era più infastidita
che arrabbiata o delusa “che razza di scherzo è questo? I calamari gli sono
arrivati al cervello alla fine? Hisako non puoi averlo preso sul serio, è
sempre il solito idiota”
Hisako continuava a
piangere “non è uno scherzo, è deciso, vuole farlo davvero. Anche se non ho
capito per quale ragione. Ha detto che domani andrà via.
Gli ho chiesto perché e
mi ha risposto di non sentirsi all’altezza di Tōtsuki, che è solo un cuoco
plebeo.”
Erina sussultò a sentire
quelle parole, per tanto tempo lo aveva chiamato plebeo e cuoco di seconda
categoria.
Ma non era vero, se ne
era reso conto subito e pensava che lui lo sapesse, lo aveva dimostrato così
tante volte. In effetti era solo uno scontro giocoso tra loro due. “non è così,
è il primo seggio perché è il migliore. È secondo solo a me. Io ho vinto il
blue laureandomi miglior cuoco del mondo, lui è il secondo miglior cuoco del
pianeta.
Solo io posso chiamarlo
plebeo, ma solo perché…” Erina non finì la frase.
Avrebbe voluto dire che
era solo un modo affettuoso per lei di chiamarlo così, un termine concesso solo
a lei e nessun altro, ma Hisako avrebbe frainteso.
“vado da lui”
“Erina no. È molto
depresso, mi ha raccontato di come si senta inferiore a te e a suo padre. Ha
parlato tutto il tempo con uno sguardo gelido e senza mai sorridere. Mi ha
fatto paura per come si è comportato, forse domani si sentirà meglio e potremo
parlare più rilassati.
Ora vado a dormire, sono
molto stanca. Avrò modo di riflettere e affrontare meglio la situazione
domani”.
Erina annuì alla sua
amica e la salutò per la notte.
Si sdraiò chiedendosi
cosa fosse successo a Yukihira l’invincibile.
Quel sorriso capace d’illuminare
una stanza buia e d’infondere fiducia in chiunque s’avvicinasse.
Poi si chiese
‘Tōtsuki può sopravvivere senza di lui ora?’ i pensieri la stancarono e si
addormentò.
Era una notte tranquilla
con la luna piena, la cui luce vellutata accarezzava il dormitorio.
La notte fu squarciata da
un urlo lanciando tutti i residenti nel panico.
Una persona, col sudore
sulla fronte, spalancò la porta della stanza cercando l’aggressore.
Non vide nessuno se non
la donna rannicchiata nelle coperte che piangeva con gli occhi chiusi.
Altri arrivarono correndo
nella stanza, ma una figura tranquilla dallo sguardo risoluto li invitò a
lasciarli soli, avrebbe pensato a risolvere la situazione.
Ancora una volta era in
una stanza buia e fredda, seduta sul pavimento freddo e piangeva “no padre sarò
buona, lo butto come dici tu. La tua bambina ha capito, ha sbagliato. Ora sarò
buona fammi uscire, non buttare anche me, papààà”
Lentamente iniziò a
sentire del calore sulle braccia nude, ma era ancora nel buio,
sola, abbandonata da
tutti.
Piangeva “Non andate via,
non lasciatemi sola, sarò una brava bambina. Farò tutto quello che volete”.
Il calore si stava
espandendo anche al suo viso e sentiva qualcosa, una voce che sussurrava. Una
voce calma, gentile, forse conosciuta
“-ina”
“Erina”
“Erina torna da me”
Lentamente l’oscurità s’iniziò a diradare, vide
una tiepida luce intorno, ancora oscurità fuori dalla finestra, era ancora
notte?
Sentiva anche il calore
più forte sulle braccia e sulla guancia.
Una volta sveglia si
accorse che era con la testa su qualcosa di caldo e le braccia venivano
sfregate da qualcosa di caldo.
Un attimo dopo si accorse
che veniva abbracciata, la testa era su di un petto e le braccia venivano
massaggiate da calde mani.
Una voce suadente le
parlava “Erina non preoccuparti sei qui con me.
Erina sei al sicuro, ci
sono io per te”.
Alzò la testa e le vide,
pozze d’oro che la accarezzavano, ma uno sguardo preoccupato.
Era preoccupato per lei?
“Yukihira perché mi chiami per nome?”
“oh sei sveglia? Ti senti
meglio? Nakiri scusa, ero molto preoccupato per l’urlo allucinante che hai
emesso e ti ho chiamato per nome senza pensarci.”
“Ho urlato? Io?”
“immagino che hai avuto
un incubo.
Strano, da quando tuo
padre è andato via non ne avevi avuti più. Cos’è successo?”
“Yukihira Soma sei un
bugiardo. Mi hai appena detto che sono al sicuro perché ci sei tu, che mi sei
vicino, che ci sarai sempre ma non è vero”
Soma guardò confuso il
suo cipiglio, non capendo di che stava parlando, ma Dio quanto era adorabile
con quel broncio e le sopracciglia corrugate.
“Hai detto a Hisako che
vuoi andar via. Non incolparla di nulla, è venuta a raccontarmi tutto perché
era preoccupata. Anche se non capisco perché mai qualcuno dovrebbe preoccuparsi
di un profondo idiota come te.
Comunque ho sognato di
essere lasciata sola di nuovo, lasciata nella spazzatura.
Non voglio sentire le tue
inutili ragioni, tu devi sentire le mie.
Nella mia vita tutti
volete abbandonarmi. Perché? Perché non vi ubbidisco?
Perché non mi considerate
alla vostra altezza?
Capisco tuo padre, il mio
idolo, il genio indiscusso, ma quel rifiuto di.di. di
Azami, e tu.
Non ho bisogno di te. ”
Erina parlava e piangeva
di nuovo, si era scostata da Soma, era seduta sul letto e lui era a terra ad
ascoltarla.
La sua attenzione era
tutta rivolta a lei, che la prese.
Erina continuò lo sfogo
“L’affetto di mio padre mi ha abbandonato subito.
Ho perso un padre che
avrebbe dovuto amarmi da quando mia madre non c’era più, per scoprire un
aguzzino che mi ha segnato a vita.
E quando mio nonno è
riuscito a strapparmi alle grinfie di mio padre, quando il danno era già stato
fatto, ho conosciuto tuo padre.
Lui mi ha fatto amare il
cibo, ma come è apparso così è comparso, e non l’ho più rivisto per dieci anni.
E poi sei arrivato tu.
Mi hai sfidato, mi hai
resa tua amica quando nessuno te lo aveva chiesto.
Di tua iniziativa mi hai
salvata dal ritorno di mio padre e mi hai sostenuto.
Ora che ho bisogno di
qualcuno che mi aiuti a crescere, ad affrontare la vita, a risollevarmi, te ne
vai? Non puoi lasciare Tōtsuki, non puoi lasciare me!
Non vedi quanto ho
bisogno di te?
Sei uno stupido!
Sei un idiota!
Non sei plebeo, non sei
un cuoco di secondo livello. Sei un maledetto stupido. Sei un idiota. Baka.
Baka. Bakahira” Erina iniziò a piangere.
Soma non sopportava di
vederla piangere, men che meno di vederla piangere per causa sua.
Si alzò e la abbracciò,
poi si sedette sul letto mentre la abbracciava e iniziò ad accarezzarle la
testa.
Le diede un bacio sulla
testa mentre le accarezzava le ciocche miele.
“hai sempre detto che
sono un plebeo, e l’ho dimostrato in tutti gli shokugeki contro di te, anche al
Blue”
“Idiota. Al blue sei
arrivato secondo, hai perso solo contro di me.
Hai battuto chef del
calibro di Tsukasa.
Hai battuto Asahi, il
miglior chef di mezzanotte, che è riuscito a battere anche tuo padre.
Battendolo è come se avessi sconfitto tuo padre, rimango solo io.
Ma sapevi dall’inizio che
sarei stato l’ostacolo più duro.
Sei lo chef numero due al
mondo, ma sei l’idiota numero uno.
Perché sei così strano,
cos’è successo davvero? È successo qualcosa a Saiba-sama
o a tua madre?”.
Per la prima volta quel
giorno Yukihira sorrise, un sorriso sincero e parlò
“A mio padre non è successo nulla, l’ho sentito
qualche giorno fa, è a Dubai per lavoro e ci resterà per un altro mese.
Neanche a mia madre è
successo nulla, riposa in pace già da undici anni”
Erina lo allontanò e lo
guardò “che significa? Dov’è tua madre?”
Soma guardò di lato
tradendo uno sguardo di tristezza, emise un sospiro che non sapeva di avere e
iniziò
“Mia madre è morta quando
avevo sei anni.
I miei genitori erano
entrambi chef girovaghi.
Eravamo ad Istanbul per
un catering, io e la mamma eravamo usciti per commissioni.
La nostra auto finì in
mezzo ad una sparatoria, mia madre si sdraiò su di me per proteggermi. Quando
il rumore degli spari cessò mi sentivo tutto bagnato.”
Yukihira fece una pausa,
il volto triste, gli occhi spenti e si asciugò una lacrima che correva lungo il
viso “vidi che era una sostanza rossa. Ero bagnato del sangue di mia madre.
Con l’ultimo fiato
rimasto mi disse ‘Ti Amo, sii sempre forte e affronta tutto con coraggio’.
Credo di averle risposto
con le mie azioni fin ora.
In quella situazione mi
procurai la cicatrice sull’occhio, ferito dai vetri rotti che mi erano finiti
addosso ed uno mi colpì al sopracciglio. Il suo corpo fu portato in Giappone e
ora riposa vicino casa.
Dopo quel fatto papà
cambiò il suo cognome in Yukihira per onorare la sua memoria.”
Le rivolse un tenero
sorriso “Sei l’unica a conoscere questa storia, è la prima volta che la
racconto” fece un grosso sospiro come se fosse stanco.
“Da allora mio padre mi
ha insegnato ad affrontare le sfide qualunque esse siano. Non importa se vinci
o perdi perché imparerai sempre. Ma ora sono di fronte a una sfida per cui non
ho alcuna preparazione.
Non è una sfida di cucina
per cui saprei come fare in qualche modo”.
Yukihira raccolto il
coraggio le prese delicatamente il volto tra le mani e continuò
“Quindi ho catturato
tutto il mio coraggio per dirti che sei il volto che cerco tra la folla,
la voce melodiosa che mi
porta il vento, il sorriso che mi spazza l’anima,
la donna che voglio
raggiungere .
Allora te lo dico perché
una sfida va affrontata anche quando sai che sei in perdita”.
Erina deglutì a secco
ormai affamata di ogni singola parola, gli occhi aperti, un delicato rossore
che in contrasto con la pella alabastro la rendeva
ancora più bella, il cuore martellante e lo stomaco salito in gola.
Guardaqndola negli occhi, la cercò nelle sue ametiste, lo sguardo
scese per un attimo sulle labbra delicate e si avvicinò.
Con delicatezza le sfiorò
le labbra con le sue, le sue labbra erano morbide e calde,
Erina le apprezzò subito
e si sciolse.
Rimase interdetta quando
lui si allontanò, voleva indietro quel calore.
Yukihira la guardò negli
occhi, le sorrise con quel sorriso caldo e tenero che scioglieva i ghiacciai
perenni, tenendole ancora il viso tra le mani delicatamente le disse
“Ti amo!”
Erina rimase zitta, cosa
aveva detto? Non capiva.
Nel suo stomaco una
mandria di bufali correva in giro e il suo cuore stava esplodendo.
Soma continuò “È stato
palese verso la fine del regiment. Nello shokugeki
contro Tsukasa ero troppo preso da te, dalla tua vicinanza, dal tuo sorriso,
dai movimenti perfetti, dall’eleganza con cui ballavi in cucina e ho
incasinato. Per fortuna tu sei favolosa ed abbiamo vinto.
Godo di ogni sguardo che
mi dai, adoro il tenero broncio che hai, vivo nel tuo sorriso, muoio se piangi
e amo ogni attimo in cui mi rivolgi la parola”
Erina lo ascoltava e
sorrideva
“ma so di non essere all’altezza di Erina
Nakiri, la lingua di Dio, il direttore di Tōtsuki.
So solo che devo andare
via perché non posso più guardarti, parlarti e sapere di non poterti avere.
Preferisco scappare
avendoti nel cuore piuttosto che assistere al giorno in cui arriverà qualcuno
bello, ricco ed elegante e ti porterà via.
Sono un vigliacco e non
riesco più a soffrire così senza avere la forza per conquistarti.
So che non provi nulla
del genere per me.”
Una risatina amara lasciò
la sua bocca “non mi vedi nemmeno degno di parlarti.
Erina Ti Amo.
Continua a restare la
roccia per i tuoi amici e non soffrire per il passato”.
Erina lo afferrò per la
maglia con entrambe le mani, lo guardò negli occhi
“Sei il più grande
stupido che abbia mai conosciuto.
Non puoi baciarmi con
quelle labbra calde e tenere, dirmi che mi ami, che ti piaccio e poi dire che
te ne vai.”
Lo tirò a sè e lo baciò, prima teneramente come aveva già fatto lui,
poi si leccò il labbro inferiore invitandolo ad entrare.
Le lingue si
intrecciarono e danzarono nelle loro bocche. Da un bacio tenero e gentile si
trasformò in pura passione che li travolgeva.
Stavolta si allontanò
Erina e gli disse “Anche io Ti Amo Bakahira. Amo i
tuoi sorrisi stupidi,
amo i tuoi shokugeki al
limite e le ricette assurde che crei solo per terrorizzare gli studenti,
amo le tue braccia che mi
avvolgono così teneramente,
amo le tue labbra cui ho
dato il mio primo bacio.
Non aspetto nessun
ragazzo ricco che mi porti via, ho trovato già uno stupido che mi ha rubato il
cuore.”
Soma la guardò teneramente,
la strinse ancora a sé e la sommerse di piccoli teneri baci sulle guance, sulle
labbra, in testa, sugli occhi e sulle mani.
Mentre le accarezzava le
guance e le mani parlò “è stato anche il mio primo bacio e sono felice di
averlo condiviso con te.
Erina vuoi essere la mia
fidanzata? Voglio poterti abbracciare, baciare, tenere per mano ed avere
appuntamenti con te.”
Erina gli sorrise ed
ancora rossa in viso e le labbra tumide “Forse se non abbandoni Tōtsuki.
Ma non voglio che tutti
sappiano, magari piano piano, un po’ alla volta, ecco…”
Soma la tenne a sé
“non preoccuparti amore mio, sarò una tomba”
“Soma allora resterai in
accademia, resterai con me e con tutti gli amici che ti amano?
Ma se ti vedo parlare o
addirittura flirtare con una ragazza, l’espulsione sarà l’ultima delle tue
preoccupazioni, ti ucciderò e farò in modo che il tuo corpo non sia più
ritrovato.”
Soma sorrise, il sorriso
malizioso che le faceva venire le farfalle allo stomaco e le rispose
“ma non puoi dirmi che no
posso più parlare con Hisako o Megumi o Ikumi o Ryoko
o Yuki o Alice o...”
“basta!” esplose Erina
“Hisako va bene, le altre sembrano avere una simpatia per te che va anche oltre
l’amicizia” e da quando le chiami tutte per nome? Anche mia cugina?”
“Erina mi fa piacere che
tu sia gelosa, ma ho già fatto la mia scelta.
L’unica donna che amo, la
donna che mi ha rubato il cuore, la donna per cui voglio cucinare donandole
tutto il cibo che preparo sei tu.
Voglio stare solo con te.”
Erina lo guardò sciolta,
gli chiese di sdraiarsi sul suo letto per dormire assieme, cullata da quelle
amorevoli braccia. Gli si sdraiò addosso avvolta dalle sue braccia e con la
testa sul petto disse “Soma resterai qui con me? Anche io è da tempo che mi
sento così con te.
Sento come mi guardi,
come mi proteggi, anche se mi prendi sempre in giro”.
Soma sorrise alle sue
parole che gli riscaldavano il cuore, cuor che batteva forte come un tamburo e
veloce come un aereo
“Erina resterò qui e
andrò ovunque tu vorrai. Sento il bisogno di proteggerti perché ti amo.
Mi piace affogare nei
tuoi profondi e seducenti occhi.
Perdonami se ti prendo in
giro, ma amo tutte le tue espressioni, sono felice ogni volta che riesco a
strapparti un’emozione, fosse anche quell’irresistibile broncio.
Tutto perché Ti amo, ma anche
perché sei così bella, solare, seducente…”
“pervertito, baka, è
tardi sarà meglio dormire ora.”
“come vuoi mi piccola
principessa. Erina Ti Amo, buonanotte.”
“buonanotte Soma.”
Con un sussurro che
sperava che non udisse Erina disse “ti amo anch’io bakahira”
Soma sorrise, la baciò
sulla testa e le accarezzò i capelli miele, soffici come la seta, finché non si
addormentarono entrambi.