Like a Doll
Note
autrice:
Eccomi qua dopo una vita in cui praticamente non ho pubblicato nulla :P
Vogliate perdonarmi ma tra impegni ed un brutto periodo con il blocco
dello scrittore sono proprio in una brutta fase infatti non so quando
riprenderò ad aggiornare con regolarità
ahimè
Scrivere queste os infatti è stato davvero tipo un un parto
e ho dovuto farlo in più tappe per vari motivi e, forse un
po' per questo e per il periodo no, non sono totalmente soddisfatta
anzi non lo sono per niente ma ho deciso di buttarmi ugualmente e
pubblicarla.
E' la prima volta che tratto di questa coppia ma ammetto che
è stato divertente, un po' perché comunque la
coppia mi ispira, e volevo sapere se Nami la preferite nelle coppie het
o se anche in questa coppia non vi dispiace ;) sono curiosa visto che
so che all'estero piace molto mi sono sempre chiesta cosa ne pensa
invece il fandom italiano!
La storia è un po' lunga e ringrazio chi arriverà
fino alla fine e avrà la bontà di lasciarmi un
commento anche se il risultato finale non è un
granché anche perché mi sono allontana di molto
dall'idea che avevo inizialmente e ne è venuto fuori
qualcosa di davvero molto strano!!! Comunque a voi l'ardua sentenza mie
care lettrici!
A presto e, se non dovessi pubblicare più nulla, ne
approfitto per farvi gli auguri di buon Natale e di felice anno nuovo!
Like
a Doll
Dodici
anni prima
La bambina dai capelli
rossi
mangiò a piccoli bocconi il grosso mandarino che teneva tra
le
piccole mani. Accanto a lei, placidamente sdraiata sull'erba, stava la
sua amica e vicina di casa dai capelli del colore del cielo, raccolti
in
una coda di cavallo che l'altra le tirava sempre con forza quando
voleva farle qualche dispetto.
-Perché mangi
sempre
mandarini? A me fanno venire mal di pancia e non mi piacciono!- disse
la più piccola tra le due bambine.
-Questi li coltiva mia
madre e sono i
mandarini più buoni del paese. Assaggialo, è
dolce.-
rispose l'altra porgendole metà del frutto. Bibi lo
scrutò poco convinta. I mandarini le davano veramente
problemi
di stomaco ma suo padre le aveva insegnato ad essere sempre gentile ed
educata, quindi prese il frutto e ne mise in bocca uno spicchio. Si
sorprese della sua polpa morbida e succosa, decisamente Nami aveva
ragione!
-Davvero li coltiva lei?
Sono buonissimi!-
-Te lo avevo detto io.
Sì, li
coltiva lei! La prossima volta che fa la crostata con la sua marmellata
al mandarino devi venire a casa a mangiarla!- disse la rossa con un
sorriso felice.
Il giardino in cui
stavano giocando
si trovava leggermente fuori dal paese ed era il loro posto segreto per
giocare o semplicemente stare sdraiate ad oziare e a chiacchierare. Si
conoscevano praticamente da quando erano nate, anche se l'azzurra era
più piccola di due anni, e da quando aveva memoria non era
trascorso un giorno senza che le due si incontrassero per andare a
scuola o a giocare insieme. Erano inseparabili e per questo si
consideravano quasi come due sorelle. Nami andava più
d'accordo
con Bibi che non con sua sorella Nojiko, più grande di due
anni
e che si considerava troppo matura per stare con sua sorella minore. Ma
anche così Nami era felice perché sapeva che,
qualunque
cosa fosse successa, Bibi ci sarebbe sempre stata.
L'azzurra sorrise felice
e colse
qualche margherita colorata per intrecciare un bracciale da regalare
alla sua amica. Annusò felice il profumo dei fiori quando
un'ombra scura calò sopra di lei. Pensò che si
trattasse
di una nuvola e non si voltò fino a quando non
sentì
l'urlo di Nami.
Si voltò
spaventata e vide
l'altra bambina che si dimenava mentre una figura interamente vestita
di nero la stava mettendo all'interno di un grande sacco nero. La
piccola poteva vedere le gambe e le braccia della rossa che si
agitavano dal suo interno e una forte paura si impossessò di
lei.
-Chi siete? Cosa volete?
Lasciate
andare Nami!- disse prendendo una pietra e scagliandola contro la gamba
del secondo uomo vestito di nero che si stava avvicinando con fare
minaccioso a lei.
-Sta' zitta e non ti
verrà
fatto alcun male. Urla o prova a scappare e ti uccidiamo, mocciosa!- le
disse con una voce cavernosa che Bibi non riconobbe. Tra le grandi mani
guantate teneva una fucile puntato proprio su di lei e la bambina non
seppe cosa fare.
Non era così
coraggiosa da
tentare di affrontare i due uomini da sola, anche perché non
avrebbe avuto alcuna speranza, e non voleva che facessero del male a
Nami per colpa sua, così lasciò cadere la pietra.
Poi vide solo il buio
del sacco che calava di lei ed urlò senza però
essere udita da nessuno.
Presente,
luogo sconosciuto
L'avvenente giovane donna con il caschetto biondo perfettamente
acconciato stava seduta al bancone
tutta sola con l'aria di chi non volesse essere abbordata quella sera.
Era esattamente il tipo di sfida che Niji Vinsmoke amava affrontare.
Non c'erano donne capaci di resistere al suo fascino e al suo
portafogli sempre pieno, quindi già immaginava di terminare
la
serata con quella bellezza straniera ad allietarlo nel suo letto.
-Posso offrirle qualcosa signorina o aspetta qualcuno?- fece lui
fingendo di averla appena notata.
-Solo se contiene molto alcol. Ho avuto una pessima giornata oggi e ho
bisogno di qualcosa di estremamente forte.- disse lei con l'ombra di un
sorriso stanco.
-Ma certo. Cameriere, hai sentito la signorina?- disse rivolgendosi con
fare arrogante e prepotente al giovane cameriere.
-Puoi chiamarmi Nami. Tu sei...?-
-Niji. Niji Vinsmoke.- disse prendendole la mano per posarvi un rapido
bacio.
-Non sarai mica il figlio del famoso imprenditore milionario Judge
Vinsmoke?- disse lei mostrandosi sorpresa.
-Esatto, ma non amo farlo sapere in giro, quindi dimentica pure il mio
cognome.- disse lui passandosi una mano nella chioma perfettamente
ingelatinata.
Il cameriere poggiò davanti a loro due bicchieri colmi di un
liquido trasparente che bruciò la gola del giovane quando lo
bevve tutto d'un fiato. La ragazza fece altrettanto ma senza battere
ciglio, anche se le sue gote iniziarono subito ad imporporarsi nel giro
di qualche minuto a causa dell'alcol.
Niji sorrise soddisfatto tra sé e sé, ancora
qualche
bicchierino e quella ragazza sarebbe stata sua. Del resto lui prendeva
sempre quello che voleva anche se per farlo doveva passare sopra
qualcuno.
Continuarono a bere e, un paio di ore dopo e molto alcol dopo, i due
uscirono dal locale barcollanti e ridevano per chissà quale
battuta che aveva fatto il ragazzo.
Le mise la sua giacca sulle spalle per proteggerla dal fresco della
serata visto che indossava solo un abito da cocktail dorato
con una
generosa scollatura che aveva l'aria di non essere particolarmente
caldo.
Nel compiere quel gesto le sfiorò le spalle apparentemente
con
casualità e si compiacque quando la vide rabbrividire a quel
contatto studiato.
-Ti chiamo un taxi?- le chiese lui fingendo di non avere alcun secondo
fine.
-Oppure potremmo andare a casa tua per concludere in bellezza questa
serata.- disse lei maliziosamente e con un sorrisetto furbo che
minacciò di far perdere la testa al Vinsmoke.
-Bene allora.- disse prendendo le chiavi della sua Ferrari decapotabile
dalle mani del parcheggiatore con un gesto maleducato.
Quando mise in moto si udì un rombo potente che
riempì
l'aria e partì veloce come il vento. Nami si protese verso
di
lui per dargli dei piccoli morsi sul collo che gli causarono dei
piccoli brividi di piacere.
-Ehi, se continui così non ci arriveremo mai a casa mia.-
ridacchiò lui.
-L'idea è quella in realtà. Ferma la macchina.-.
disse
lei mentre gli infilava le lunghe unghie nel braccio e stringeva con
forza.
-Cosa? Ma che diavolo ti prende?-
-Quale parte di "ferma la macchina" non capisci?- domandò
lei
tirando fuori dalla piccola borsetta un bastone con cui
colpì il giovane sulla guancia anche se non troppo forte.
-Ehi ehi, questo gioco inizia a non piacermi. Che diavolo stai
facendo?- chiese lui mentre accostava lungo la stradale deserta e poco
illuminata.
La ragazza tirò via quella che era una parrucca e
liberò
la sua vera chioma dello stesso colore delle arance mature.
-Chi diavolo sei tu?- le chiese intuendo di essere stato raggirato da
quella strega. Lei continuava a sorridere maliziosamente e a puntargli
quello strano bastone contro il viso.
-Te l'ho detto, mi chiamo Nami. Sai, non pensavo sarebbe stato
così facile fregarti, sei stato davvero uno sprovveduto a
pensare che veramente fossi intenzionata ad andare a letto con te! Sei
un presuntuoso arrogante e non mi piacciono gli uomini come te.-
-E tu sei una maledetta pazza!- disse lui allungando la mano nel vano
contenitore che stava nello sportello del guidatore per prendere la sua
pistola. Ma quel gesto non passò inosservato alla ragazza
che,
chissà come, fece allungare il bastone e lo colpì
al
braccio più forte di prima.
Si slacciò la cintura e scese dalla macchina girandogli
attorno
come un gatto con il topo. Strisciò il bastone lungo la
fiancata
producendo uno stridio che fece quasi saltare i timpani e i denti del
giovane Vinsmoke.
-Non è una faccenda personale tranquillo, ma solo un monito
per
tuo padre che si è messo contro la persona sbagliata. Lui
gli
manda i suoi saluti.- disse lei con un sorriso e sopra la sua testa si
formò rapidamente una grande nuvola grigiastra e carica di
elettricità come Niji non ne aveva mai viste prima.
Era qualcosa di bellissimo e terrificante allo stesso tempo, uno
spettacolo che di certo non avrebbe mai voluto vedere così
da
vicino. La nuvola scaricò tutta la devastante potenza del
suo
fulmine addosso allo sfortunato ragazzo. Le sue urla furono coperte dal
fragore del tuono e del fulmine e nessuno le udì mai.
Nami premette uno dei suoi orecchini a forma di perla, che non era
altro che una ricetrasmittente che mandava il segnale in un certo posto
nascosto sotto terra, e con un sorriso soddisfatto disse -Missione
compiuta. Mandate un'auto a prendermi.-
Quando rientrò alla base come al solito consegnò
il suo
bastone alla giovane donna dai capelli verdi che le disse di spogliarsi
e di accomodarsi sul solito lettino, collegato ad un apparecchio di
forma circolare che doveva mettere sulla testa come se fosse una fascia
e attendere che il processo a cui la stavano sottoponendo fosse finito.
Nami non provò alcuna vergogna a farsi vedere coperta solo
dagli
indumenti intimi. Il pudore non era certo il suo punto di
forza,
e poi nessuno la guardava con malizia o interesse in quel posto. Tutti
erano concentrati nella preparazione della macchina che stavano per
attivare.
Inoltre anche se qualcuno avesse avuto quel genere di intenzione nei
suoi confronti probabilmente lei non se ne sarebbe neppure accorta. Non
perché fosse poco accorta o intelligente, ma
perché
era lentamente diventata un guscio vuoto che loro riempivano di
informazioni per le missioni che doveva compiere e che poi svuotavano
quando aveva finito.
Era così che andavano le cose da quando, dodici anni prima,
l'avevano rapita e fatta diventare quel che era. Le avevano dato in
dotazione un'arma con cui poteva controllare ogni elemento atmosferico,
le avevano permesso di studiare per dotarsi della conoscenza necessaria
durante le missioni ma non le avevano permesso di sviluppare alcuna
personalità. Restava ben poco della bambina che era stata e
nella sua mente non c'era assolutamente alcun pensiero che non fosse
controllato da loro.
Era come una bambola nelle loro mani, una marionetta di cui potevano
servirsi a loro piacimento e lei neppure sapeva di esserlo.
La donna dai capelli verdi le mise l'apparecchiatura attorno alla testa
e la fece sdraiare. Nami le afferrò un braccio e la
guardò con un misto di apprensione e spaesamento.
-Farà male?- le chiese e Monet le sfiorò la
chioma rossa con le sue mani gelide.
-No, non ti preoccupare.- le disse, anche se sapeva bene che Nami
avrebbe urlato come tutte le altre volte. Lei non poteva ricordarlo ma
ogni volta che veniva sottoposta a quel processo faceva quella stessa
domanda alla verde e lei le rispondeva in quel modo.
La rossa parve rassicurata da quelle parole e si rilassò un
poco
mentre Monet e gli altri scienziati attivavano la macchina. Non poteva
sapere che, nella stanza a fianco, attaccata alla macchina come lei vi
era una giovane ragazza all'incirca della sua età, a cui
veniva
strappato il suo potere di alterazione della memoria donato
dai
suoi stessi carcerieri attraverso un frutto del diavolo sintetico,
creato appositamente per lei e per essere sfruttato per fare il
lavaggio del cervello alle sue vittime.
Delle scariche elettriche arrivano al cervello di Nami cancellandole il
ricordo dell'ultima missione e di tutto quello che era avvenuto nei
giorni precedenti. Cacciò un urlo simile a quello di una
bestia
ferita e sentì il cuore batterle ferocemente nel petto quasi
come se stesse per esplodere. Tutto durò qualche istante,
poi fu
il buio che avvolse la stanza lasciandola completamente priva di ogni
fonte di illuminazione.
-Maledizione.- disse Monet, perdendo per un attimo il suo completo
aplomb, cercando di orientarsi in quella oscurità perfetta -
Di
nuovo quella stronza, stavolta giuro che la uccido. Cracker, Oven,
andate a mettere in funzione il circuito per le emergenze e a
vedere cosa diavolo sta succedendo. Absalom, tieni d'occhio la ragazza,
io ho una faccenda di cui occuparmi.- disse prendendo una torcia e
uscendo dalla stanza lasciando dietro di sé una scia di
gelida
neve al suo passaggio.
In un'altra stanza, ben lontana da tutti quei macchinari e quelli
scienziati corrotti, Nico Robin camminava nascondendosi tra le ombre
senza problemi. Ora che si era finalmente liberata di quella maledette
catene che inibivano i suoi poteri era libera di attuare il suo piano.
Erano quindici anni che pianificava la sua fuga senza mai riuscirci,
finalmente era giunto il momento di portarla a compimento una volta per
tutte.
Entrò in una stanza chiusa da un pesante portone blindato,
chiuso da tre diversi tipi di serrature e altrettante combinazioni
numeriche, ma per lei non era stato un problema farsi dare tutte le
informazioni dalla guardia che aveva messo ko qualche minuto prima.
Sapeva che dietro quella stanza si celava l'arma più potente
dell'organizzazione che l'aveva rapita. Era una persona che scomodavano
solo per le missioni veramente importanti, un po' come facevano con
lei, perché era un elemento instabile e il processo di
lavaggio
del cervello sembrava non essere totalmente efficace su di lei. Ecco
perché la tenevano legata con delle manette di agalmatolite,
con
un casco attorno alla testa che la accecava e le impediva di sentire
qualsiasi suono che non fossero le urla di terrore dei filmati di
guerra che le mettevano davanti agli occhi 24 ore al giorno senza sosta
per far emergere la bestia sanguinaria che era in lei.
Robin entrò nella stanza e la richiuse alle sue spalle prima
di
accendere una piccola torcia che gettava un fascio di luce davanti a
sé, e che illuminò un'alta figura
incatenata al muro
e coperta con un lungo vestito dallo spacco generoso e con il disegno
di un serpente che si arrotolava sinuosamente lungo i suoi fianchi, per
poi terminare con le fauci spalancate sopra il suo seno generoso.
Tenendosi a debita distanza fece sbocciare un suo braccio accanto al
muro e disattivò, con una chiave magnetica, il casco e le
manette di agalmatolite marina che servivano per inibire i suoi poteri
e indebolirla.
Hancock, quello era il nome della donna, si guardò attorno
confusa e spaesata come se si stesse svegliando da un lungo sonno e
quando vide Robin la guardò con odio profondo.
-Chi sei?- le chiese pronta ad attaccare.
-Il mio nome è Nico Robin, ma non abbiamo tempo per le
presentazioni. Il casco è collegato ad un sistema di allarme
quindi tra meno di due minuti questa stanza sarà piena di
uomini
armati fino ai denti che avranno l'ordine di sedarci nuovamente...o
peggio.-
-Di quale diavolo di sedazione e uomini armati stai parlando? Ma
soprattutto dove siamo?- chiese la mora più alta guardandosi
attorno.
-Te l'ho detto, non abbiamo molto tempo. Usciamo di qui e avrai tutte
le risposte che desideri.-
-Credi forse che io sia una stupida? Non mi fido di te, quindi sparisci
dalla mia vista.- disse guardandola con astio e diffidenza. Prima che
Robin potesse rispondere la porta si spalancò ed un nutrito
gruppo di soldati che ordinarono loro di mettere le mani in alto e con
la faccia al muro.
"Maledizione" pensò Robin. Era arrivati prima di quanto si
aspettasse e il suo piano di fuga si stava rilevando un fallimento. Ma
non si sarebbe arresa senza lottare.
Hancock unì le mani a formare un cuore stilizzato
e, senza
che i soldati ebbero il tempo di battere ciglio, fece partire un raggio
che pietrificò tutti i nemici.
Robin incrociò le braccia e fece spuntare dal suolo due
enormi
mani che colpirono quelle statue mandandole in frantumi. Rivolse un
sorriso soddisfatto all'altra donna che però non
ricambiò
il gesto, ma uscì dalla stanza calciando i poveri
malcapitati
pietrificati che intralciavano il suo cammino.
-Erano questi gli uomini che tanto temevi? Un gruppo di patetici buoni
a nulla che ovviamente non hanno saputo resistere al mio fascino.-
disse sfiorandosi i capelli compiaciuta.
Robin pensò che fosse davvero una strana donna ma
sicuramente
grazie a lei sarebbe riuscita a scappare. Uscì dalla stanza
anche lei e le luci si riaccesero nel corridoio illuminandolo come se
fosse giorno.
Hancock si coprì gli occhi, ferita da tutta quella luce e
abituata com'era a stare perennemente al buio.- Robin le porse una
morbida fascia di tessuto che teneva in vita come una cintura
affinché l'altra potesse avvolgersela attorno agli occhi
almeno
fino a quando non si fosse gradualmente abituata alla
luce.
-Tienila per qualche minuto.- le consigliò.
-Non credere che questo cambi le cose. Non so nulla di te e non mi
fido.-
-Come vuoi tu.- rispose l'altra che, al suo posto, si sarebbe
comportata esattamente allo stesso modo.
Con il mazzo di chiavi che aveva rubato, mano a mano che avanzavano
lungo il corridoio, aprì le altre stanze in cui si trovavano
altre giovani donne come loro.
Robin le osservò attentamente ma dai loro sguardi spenti e
liquidi capì che erano ancora sotto l'effetto del
condizionamento mentale attuato dai loro nemici. Se volevano liberarle
e ottenere i loro ricordi dovevano liberare colei che usavano per far
funzionare la maledetta macchina.
Così almeno avrebbero avuto più chances di creare
scompiglio e salvarsi.
Nami aprì istintivamente gli occhi quando la stanza fu
nuovamente inondata dalla luce al neon. Sbatté le palpebre
varie
volte non riconoscendo il posto né lo strano uomo che stava
ritto davanti al suo lettino come fosse una sentinella.
Era impegnato a guardare la sua immagine allo specchio e la rossa non
sapeva cosa diavolo stesse succedendo. Aveva ricordi confusi e
frammentari che non le dicevano nulla.
L'ultima cosa che ricordava chiaramente era qualcosa che doveva essere
successa almeno dieci anni prima, quando era ancora una bambina, e si
trovava nel suo posto segreto insieme a Bibi.
L'immagine della sua amica la risvegliò definitivamente da
quel
torpore in cui sembrava essere caduta e si chiese se anche lei fosse
lì e come stesse.
Cercò di rialzarsi ma, lo strano uomo che nei lineamenti
somigliava molto ad un leone, la afferrò per una spalla
facendola sdraiare con malagrazia.
-Dove credi di andare, stronza?- disse lui con un ringhio.
-Levami immediatamente le tue luride mani di dosso.- rispose lei
disgustata dal tocco, seppur rapido e privo di qualsiasi secondo fine,
dell'uomo. Lui parve sorpreso dalle parole della rossa. Non era certo
la prima volta che si rivolgeva ad una di quelle donne con freddezza ed
epiteti poco amichevoli e mai nessuna di loro prima di allora aveva
accennato ad una qualche reazione. Non ebbe il tempo di chiederle nulla
che la giovane gli assestò un calcio al petto che gli rese
difficoltosa la respirazione e poi vide solo un lampo di
capelli color mandarino e di pelle diafana che gli sfrecciavano accanto
e lo spingevano addosso ad uno dei grandi macchinari che gli diede una
forte scossa.
Nami sorrise soddisfatta mentre recuperava il vestito che indossava
prima per indossarlo. Non era il massimo della comodità ma
almeno non sarebbe dovuta andare in giro mezza nuda. Accanto
all'indumento vi era anche il suo bastone e la rossa
ringraziò
la sua buona stella che quel giorno pareva farle andare qualcosa per il
verso giusto.
Aveva la testa ancora confusa, rivedeva sprazzi di ricordi che
non sapeva
se fossero reali o meno e che comunque non le dicevano assolutamente
nulla,
ed era come se appartenessero ad un'altra persona.
Per quanto tempo la sua mente era stata violata ed abusata in quel
modo? E soprattutto come diavolo avevano fatto a manipolarla fino ad
allora?
Ma non era il momento per cercare le risposte a quelle domande. Doveva
assolutamente trovare Bibi e andarsene insieme a lei da quell'inferno
in cui erano state rinchiuse troppo a lungo.
Creò un fulmine che distrusse una spessa porta in cui non vi
erano altro che enormi macchinar simili a quelli della stanza in cui si
trovava precedentemente e fu tentata di distruggerli tutti ma sarebbe
stata solo una perdita di tempo e doveva andarsene il più
fretta
possibile. Stava per abbandonare la stanza quando sentì un
debole lamento, come quello di un animale sofferente e quasi in agonia,
e si avventurò per cercare di capire cosa fosse.
Vide una giovane ragazza, che avrebbe potuto avere più o
meno la
sua stessa età, con una fluente chioma castana che le era
stata
rasata da una parte del capo per permettere a degli elettrodi di
aderire alla sua testa.
Aveva gli occhi chiusi e sarebbe potuta sembrare morta se non fosse
stato per qualche gemito che ogni tanto usciva dalla sua bocca.
Aveva anche una flebo attaccata al braccio scheletrico e vari altri
elettrodi che ne monitoravano la frequenza del battito cardiaco, la
pressione del sangue e altri valori che non riconosceva.
Gli occhi di Nami si riempirono di lacrime nel vedere quella povera
ragazza ridotta in quel modo. Quello che avevano fatto a lei non era
niente in confronto a quello che stava subendo quella poveretta. Fu
tentata di liberarla da quei maledetti elettrodi ma non era sicura di
sapere come fare senza arrecare danno a quella giovane.
Mentre la ispezionava la porta si chiuse con un tonfo che la fece
strillare involontariamente. Quando si voltò vide quelle che
dovevano essere le guardiane della ragazza, ovvero una bellissima donna
mora dalle labbra carnose che indossava un vestito a pois e.. Bibi!
Nami fu felice di vederla e fece per correrle incontro ed abbracciarla
ma, mentre si avvicinava a grandi passi, l'azzurra la colpì
con
un'arma sottile e lunga come un filo alla cui estremità era
legata quella che le parve come una piuma di pavone fatta d'acciaio che
le ferì ripetutamente le braccia ed il viso.
Il sangue le colò in rivoletti e con esso spariva la gioia
per
aver ritrovato la sua amica d'infanzia. Perché la stava
attaccando? Perché non le correva anche lei incontro per
abbracciarla? Cosa diavolo le avevano fatto? Ma la risposta era
semplice e non ci fu neanche bisogno di pensarci troppo per capire: era
stata sottoposta allo stesso strano lavaggio del cervello che avevano
fatto a lei e a chissà a quante altre persone.
La mora tese la pistola e sparò un paio di colpi che Nami
riuscì ad evitare per un soffio rotolando di lato. Era
numericamente in inferiorità e senza contare che le altre
due
non sapevano quel che facevano, quindi praticamente era una battaglia
persa già in partenza per lei.
-Quei bastardi!- sibilò furiosa per quello che avevano fatto
sia
a lei che alle altre, ma soprattutto a Bibi. Costringerle a scontrarsi
nonostante fossero sempre state inseparabili e il suo affetto
fosse rimasto immutato anche con il lavaggio del cervello era qualcosa
di veramente diabolico.
Ma lei non era una stupida. Se fino a quel momento aveva sempre svolto
ogni compito che quei porci le avevano affidato significava che le
avevano dato un minimo di addestramento e di formazione. Non aveva mai
imparato ad usare il bastone prima del maledetto rapimento ma sapeva
esattamente come fare per richiamare a sé ogni elemento
atmosferico di cui avesse bisogno, quindi poteva farcela. Bastava solo
non ferirle mortalmente e soprattutto non farsi uccidere e la cosa non
sarebbe stata facile visto che la stanza non offriva molti nascondigli
e non poteva scappare finché le due bloccavano l'unica porta
della stanza.
-Ok, volete giocare belle? Giochiamo allora.- disse e, modificando le
condizioni di umidità della stanza, creò un
miraggio che
la rese invisibile ai loro occhi.
Se voleva sperare di avere qualche chances aveva bisogno di prendere
tempo per studiare una strategia efficace.
Si avvicinò alla castana e cercò di capire come
fare per
liberarla. Era sicura che se la mantenevano sedata ma in vita doveva
per forza essere importante per i suoi rapitori, ma qual era il suo
potere? Cosa faceva per loro?
Non lo sapeva e non ebbe il tempo per farsi altre domande che la mora
la colpì alla spalla con un poderoso calcio con le sue
scarpe
con il tacco a spillo che la mandò a sbattere contro la
parete.
Come diavolo aveva fatto a vederla se aveva usato il bastone per
rendersi invisibile? La spalla le mandò scariche di dolore
mentre tentava di rimettersi in piedi. La donna dai capelli
scuri la colpì ancora con un calcio nello
stomaco e Nami perse la presa sul suo bastone che rotolò a
circa
un metro di distanza da lei.
Bibi le si avvicinò minacciosa e le avvolse uno dei suoi
fili
metallici attorno al collo stringendo con forza. La rossa
tentò
di divincolarsi e di strattonare il filo, ma non ottenne alcun
risultato
se non quello di ferirsi le mani.
-Bibi, ti prego! Sono io! Possibile che non ti ricordi di me?- le
chiese implorante con l'unico filo di voce che riusciva ad usare. Ma
negli occhi scuri dell'altra non vi era traccia di alcun sentimento o
segno di averla riconosciuta, non c'era niente di niente.
Gli occhi le si riempirono di lacrime per la frustrazione e la paura di
essere veramente uccisa da Bibi. Odiava vederla ridotta in quello stato
di succubanza e come se non fosse neppure un essere umano, alla
stregua di un robot senza sentimenti che si limitava a svolgere senza
fiatare ogni ordine che le veniva dato.
-Maledizione Bibi cerca di lottare! Se mi senti non mollare!- disse la
rossa che stava per esaurire la riserva di ossigeno e iniziava ad avere
la vista appannata e tremolante.
E proprio quando credette che tutto stesse per finire la pressione
sulla sua gola allentò di colpo e poté respirare
nuovamente. Tossì violentemente mentre si rimetteva in piedi
e
recuperava il suo bastone. Si guardò attorno e vide che Bibi
e
l'altra donna dai capelli neri erano diventate due statue di pietra
perfettamente immobili nella loro bellezza quasi come l'opera di uno
scultore di altri tempi.
-Stai bene?- le chiese una giovane donna dai lunghi capelli neri che
entrò dalla porta spalancata. Nami non ricordava di averla
mai
vista prima e la guardò con sospetto.
-Si, ma chi sei tu?-
-Mi chiamo Robin e stiamo cercando di liberare le altre ragazze per
poter scappare.- le disse la mora.
-Dubito che vorranno venire di loro spontanea iniziativa.-
-E' per questo che abbiamo bisogno di quella ragazza laggiù.
E'
lei la causa delle nostre amnesie e che sfruttano per poterci fare il
lavaggio del cervello ogni volta. Tu come hai fatto a liberarti?-
-Fortuna immagino.- disse Nami con una scrollata di spalle.
-Poche chiacchiere Robin, non abbiamo molto tempo ricordi?- disse la
voce di una seconda donna che Nami non aveva visto entrare.
-Si lo so, ma questa ragazza è riuscita a liberarsi dal
controllo mentale e può aiutarci.-
-Non abbiamo bisogno di una mocciosa, sbrigati ad occuparti di quella
che ci serve. Nel frattempo che io mi libero di queste due.- disse
Hancock pronta a sferrare un calcio verso Bibi.
-Ferma!- le ordinò Nami frapponendosi tra la mora e la sua
amica. -Non puoi farle del male, lei è mia amica.-
-Una cosa toccante, ma se non lo hai notato la tua "amica" stava per
ucciderti e se non fossimo arrivate noi tu saresti solo un cadavere
sdraiato sul pavimento, quindi limitati a ringraziarmi e togliti di
mezzo ragazzina.-
-Non mi chiamo ragazzina e comunque ti impedisco di toccarla. Se come
dite grazie a questa ragazza possiamo invertire il processo abbiamo una
possibilità di salvarle.-
-Ma per favore. Credi che a me interessi salvarle? Io voglio liberare
le altre solo per usarle come esca mentre io mi metto in salvo, non
credere che mi importi niente di te, di lei, di Robin o di chiunque
altro ci sia qua dentro.- disse Hancock senza alcuna traccia di
pietà negli occhi chiari.
-E a me non frega niente di te o di quello che vuoi fare, ma Bibi non
si tocca o te la vedrai con me!-
-Non vorrei disturbarvi ma vi ricordo che non abbiamo tempo per queste
cose. Ho liberato la ragazza ma è priva di sensi e non so se
è stata drogata o sedata quindi serve a ben poco in queste
condizioni.- disse Robin che reggeva la ragazza che aveva fatto
spuntare un altro paio di braccia per sorreggere la castana.
-Fantastico.- rispose acida Hancock che vedeva andare a rotoli il suo
piano di fuga.
-Che diavolo facciamo allora?- chiese Nami che vide sfumare l'unica
opportunità concreta che aveva per salvare Bibi. Se non
poteva
usare i poteri della ragazza per farla tornare com'era cosa diavolo
avrebbe potuto fare?
-Sholololo ve lo dico io cosa potete fare, che ne dite di morire?-
disse con voce acuta uno strano essere che si formò al
centro
della stanza quasi come se fosse stato incorporeo fino ad allora e
avesse ascoltato i loro discorsi, aspettando il momento più
adatto per fare la sua entrata in scena.
Aveva lunghi capelli neri spettinati, il viso pallido come quello di un
cadavere e occhi allungati e gialli come quelli di un felino. Nami
sentì un brivido correrle lungo la schiena e scuoterle il
corpo
tanto era inquietante l'uomo che si ergeva minaccioso davanti a loro.
Al suo fianco vi era Monet, la scienziata che si occupava del loro
"trattamento" ogni volta che tornavano da qualche missione. Ma
anziché avere delle normali gambe aveva delle possenti zampe
da
volatile e le braccia erano diventate due grandi ali che la
sorreggevano mentre si levava in volo sempre accanto all'uomo.
-Mi duole vedere che tre soggetti efficienti e potenti come voi siano
sfuggiti al mio controllo ma a questo punto non mi resta che
eliminarvi.- continuò l'uomo.
-E così finalmente mostri la tua brutta faccia Caesar
Clown.-
gli disse Hancock che, al contrario di Nami, non pareva spaventata
dall'uomo ma lo fronteggiava con sicurezza e spavalderia.
-Boa Hancock, proprio tu che eri il mio soggetto perfetto non sai
quanto mi dispiaccia privarmi di una come te.-
-A me non dispiacerà affatto eliminarti invece.- disse
posizionando le mani a forma di cuore per sparare il suo raggio
pietrificante. Ma anziché tramutare lo scienziato in una
statua
di pietra lo attraversò come se fosse incorporeo.
-Povera sciocca, credi che ti avrei donato quei poteri se non mi fossi
preso la briga di renderli innocui contro di me?- rispose
l'uomo
con un ghigno feroce sul viso anemico.
-Dannato!- ruggì Hancock furiosa prima di toccarsi le labbra
e
posizionare poi le dita come se fossero una pistola per far partire una
raffica di cuori rosa che chiamò Pistol Kiss. Monet si
frappose
davanti a Caesar Clown e, soffiando con quanto fiato aveva in corpo,
congelò tutti i colpi della mora che sgranò gli
occhi
davanti all'ennesimo attacco andato a vuoto.
-Cosa vi avevo detto? Non potete farmi assolutamente niente,
Sholololo.- rise malvagio l'uomo.
-Non esserne così sicuro.- disse Robin che fece spuntare
delle
braccia sulla schiena della donna dai capelli verdi per intrappolare le
sue ali. Monet, non potendo più volare, cadde al suolo anche
se
senza danni visto che la caduta era avvenuta da circa un metro
d'altezza.
Soffiò una folata gelida nella sua direzione ma prima che
potesse colpire la mora, Nami creò una parete di vento caldo
che
si scontrò con la sua generando un strato di cumulonembi che
riempì la stanza e minacciavano una vera e propria tempesta.
Robin sorrise verso la rossa, ringraziandola per l'aiuto, e
preparandosi ad attaccare nuovamente la sua avversaria. Ma mentre Monet
si preparava ad attaccarla una freccia rosa la colpì al
cuore
facendole emettere un urlo sofferente. Non si accasciò al
suolo
come aveva creduto Nami ma quando aprì gli occhi la rossa
vide
che non li aveva più del solito caldo colore dorato
bensì
rosa acceso come la freccia che l'aveva colpita.
-Non preoccupatevi di lei, l'ho colpita con il mio Slave Arrow ed ora
obbedirà a me.- spiegò loro Hancock.
-Grande idea.- disse Nami.
-Per forza, l'ho avuta io.- disse compiaciuta Hancock. -Ora occupiamoci
di quel pagliaccio una volta per tutte, sono stufa di questo posto.-
Robin e Nami annuirono d'accordo con lei anche se non
sapevano
come fare per liberarsi di quel maledetto scienziato che apparentemente
sembrava intoccabile.
-Maledette! Cosa avete fatto alla mia assistente?- disse Caesar Clown
per nulla felice di aver perso il so braccio destro.
-Sta' zitto stupido mostro!- replicò furiosa Nami. -Non hai
il diritto di parlare proprio tu.-
Lo sparo echeggiò nella stanza prima ancora che l'uomo
potesse
rispondere e le tre donne videro Monet accasciarsi al suolo con un buco
nel petto da cui fuoriuscivano dei rivoletti di sangue.
Nami fissò inorridita gli occhi spalancati della verde e la
posa
innaturale in cui era caduta. -Perché lo hai fatto?? Sei un
folle!-
-Monet era stata compromessa e non era più utile ai miei
scopi.-
rispose lo scienziato senza perdere il suo ghigno malefico. -E ora
veniamo a voi, stupide guastafeste che non siete altro.-
Tese una mano verso di loro, che non si capirono cosa stesse facendo
fino a quando non divenne impossibile per loro respirare e si
accasciarono al suolo mentre rantolavano alla disperata ricerca di
ossigeno.
Robin cercò di colpirlo a distanza ma quello pareva
diventare immateriale quando i suoi pugni lo colpivano.
-Non avete ancora capito? Io ho il totale controllo di tutti i gas e
tutti i vostri attacchi sono inutili perché io stesso posso
diventare di gas mentre vi privo dell'ossigeno e vi guardo morire
lentamente per aver osato sfidarmi. Non rovinerete i miei piani proprio
ora.- ghignò lui.
Nami allora ebbe un'idea che avrebbe potuto far guadagnare loro del
tempo prezioso. -Robin prova a colpirlo nuovamente.- rantolò
mentre ormai la sua vista si appannava.
-Ma è tutto inutile.- tossì la mora. -Non
funziona.-
-Fidati di me.- disse la rossa. Robin creò una gamba che
colpì il moro, anche se questi divenne immateriale come
aveva
già fatto in precedenza.
Nami, con il suo bastone, creò un forte vento che
spazzò
lo scienziato nell'impianto di aerazione e l'aria rientrò
dolorosamente nei loro polmoni.
-Niente male, devo ammetterlo.- disse Hancock che ti rimise in piedi
con un movimento agile e fluido.
-Grazie ma ora non perdiamo tempo o quel bastardo tornerà
prima
che ce ne accorgiamo.- rispose mentre creava uno strato di ghiaccio
davanti alla grata dell'impianto in cui aveva appena spedito Caesar.
-Ragazze!- le chiamò Robin quando si accorse che la bruna
stava
riprendendo conoscenza. La circondarono con discrezione mentre lei
riapriva i suoi occhi castani dalle lunghe ciglia.
Sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco
i
tre volti che la osservavano con curiosità ed anche un po'
di
apprensione per le sue condizioni di salute.
-Chi siete?- chiese con voce flebile mentre si massaggiava la fronte e
le tempie doloranti.
-Siamo tue amiche e vogliamo solo aiutarti.- disse Nami.
-Come ti senti?- le domandò Robin.
-Starei meglio se avessi con me un paio di aspirine a dir la
verità.-
-Riesci a camminare da sola e ad usare i tuoi poteri?-
-Credo di si.- disse lei scuotendo la testa confusa.
-Bene, ascoltami bene perché abbiamo bisogno di te per
andare
via. Devi far tornare la memoria anche alle altre ragazze prigioniere
così ce ne potremo andare tutte insieme. So che ti sei
appena
ripresa ma devi farlo o non avremo alcuna speranza se non ci aiuti.-
-Ma dove siamo?- chiese la castana che non riconosceva la stanza
spoglia in cui si trovava e in cui aveva trascorso più di
dieci
anni della sua vita.
-A dopo le spiegazioni ragazzina, abbiamo poco tempo e stavolta non
possiamo permetterci di farci cogliere alla sprovvista come
è
successo prima.- disse Hancock mentre annullava gli effetti del suo
raggio pietrificante usato su Bibi e sull'altra mora. -Prego, sono
tutte tue. Io vi precedo ed inizio ad aprire le celle delle altre. Fate
in fretta.- disse e le altre ignorarono il suo tono prepotente solo
perché dovevano necessariamente fare squadra se volevano
uscirne
tutte vive.
La ragazza, che scoprirono chiamarsi Pudding, si avvicinò
alle
due giovani donne e restituì loro i pochi ricordi che
avevano
della loro vita precedente alla cattura.
I loro occhi si riempirono di tutte quelle immagini, come se stessero
guardando un film, e anche di tutte le emozioni di cui erano state
private per anni.
Si tennero la testa, che sembrava quasi per stesse per scoppiare vista
la quantità di dati che il loro cervello aveva dovuto
metabolizzare ed immagazzinare nel giro di pochi secondi.
-Bibi!- la chiamò Nami preoccupata poggiandole le mani sulle
spalle esili dell'azzurra. Bibi sussultò quando riconobbe
quella
voce e sollevò lo sguardo per ritrovarsi davanti gli occhi
grandi e scuri della sua amica perduta.
-Nami?-
-Si, sono io.- le disse sorridendo per la prima volta in maniera
sincera e spontanea da quando aveva ripreso coscienza di se stessa.
D'istinto poggiò le sue labbra su quelle soffici dell'altra
assaporandone la morbidezza ed il sapore come quello di una calda
giornata estiva.
Lacrime salate colarono lungo le guance dell'azzurra e con esse la
consapevolezza che l'incubo era finalmente finito. Si separano ma le
loro mani restarono intrecciate mentre l'altra donna diceva loro di
chiamarsi Violet e di essere stata rapita insieme a sua sorella Scarlet
e alla di lei figlia Rebecca.
-Non preoccuparti Violet, le troveremo e ce ne andremo tutte di qui.-
la rassicurò Robin mentre uscivano dalla stanza.
I corridoi erano pieni delle guardie che erano state tramutate in
statue da Hancock e fu quindi facile per loro seguire le tracce della
donna mentre si dirigevano verso le celle per scortare Pudding che era
ancora debole e provata.
Quando raggiunsero le celle Hancock stava aprendo l'ultima per fare
uscire una giovane donna dai capelli rosa e due particolari occhi viola
anche se spenti come tutti quelli delle altre.
Pudding fece appello a tutte le sue energie residue per restituire loro
i ricordi, che parevano simili a dei rullini di un film o di una
macchina fotografica, e dopo qualche secondo di spaesamento si chiesero
dove si trovassero e cosa ci facessero in quello strano posto.
-Stupide donne, credete forse di avere qualche speranza di farcela a
scappare? Shololo- ridacchiò Caesar Clown sbucando fuori dal
condotto nella sua forma gassosa.
Nami strinse più forte la mano di Bibi, aveva un forte
timore che quel bastardo le avrebbe separate nuovamente o che, peggio
ancora, le avrebbe uccise tutte quante.
-I corridoi saranno presto saturi di un gas velenoso Shololo. Ma voglio
essere magnanimo e darvi la possibilità di vivere se
tornerete
tutte nelle vostre celle.-
-Te lo scordi brutto bastardo.- disse la donna dagli occhi viola. I
suoi occhi si illuminarono per qualche istante e, in pochi secondi, il
corpo di Caesar mutò fino ad assumere la sua forma da
infante.
Pudding lo colpì con un calcio mandandolo dritto nelle celle
e
chiudendola a chiave. Con le sbarre di agalmatolite sarebbe stato
impossibile per lui uscire da lì.
-Come facciamo ad andarcene evitando il gas? E' praticamente
impossibile.- disse una bionda vestita con un audace vestito corto e di
pelle che metteva in mostra le sue curve esplosive.
-Se si tratta di un veleno me ne posso occupare io. Grazie al mio
potere posso assimilare qualsiasi tipo di sostanza velenosa senza
risentirne, anzi mi renderà più forte.- disse una
bellissima donna dai capelli rosa e singolari sopracciglia arricciate.
-Sei sicura? Non ti faranno niente?-
-Assolutamente no.- disse lei con un sorriso mellifluo.
-E va bene, allora Robin devierà il gas verso di te
così
tu potrai inspirarne una parte e io cercherò di deviarne il
più possibile con il vento verso i condotti di aerazione.
Così dovremmo farcela.-
-E noi che facciamo?- chiese la rosa dagli occhi viola.
-Stateci dietro e pregate che vada tutto bene.- rispose la rossa un po'
preoccupata. Non che non avesse fiducia nel suo stesso piano ma si
chiese se ce l'avrebbero fatta veramente ad uscirne illese o se
sarebbero morte provandoci.
-Io aiuto Nami.- disse Bibi agitando le sue armi che avrebbero aiutato
a dare maggiore intensità al vento generato dalla rossa.
-No Bibi è troppo pericoloso.-
-Non ti lascio sola, non ora che finalmente possiamo andarcene. O
insieme o nessuna.- disse risoluta l'azzurra. Nami vide la grande
determinazione che illuminava gli occhi dell'altra e capì
che
non voleva lasciarla sola .
Annuì e le strinse la mano grata per quello che la sua amata
voleva fare con lei. Videro la nube tossica venire verso di loro ed
ebbero solo un istante per guardarsi negli occhi prima di gettarsi
contro quella sostanza mortale con le armi spiegate.
Quando la botola che conduceva all'esterno si aprì Bibi fu
ferita dalla luce del sole che la investì in pieno.
Salì
gli ultimi scalini che le mancavano per raggiungere la tanto agognata
libertà con il cuore in gola. Aveva avuto fino all'ultimo
momento la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto ed invece ora
finalmente poteva godere dei raggi del sole che baciavano la sua pelle
chiara e rotolare sull'erba soffice come faceva quando era piccola.
Era come se si fosse appena risvegliata da un incubo, peccato che fosse
stata prigioniera di quello stesso incubo per anni bruciandosi la sua
infanzia e la sua adolescenza.
Si chiese se suo padre la stesse ancora cercando o se avesse ormai
rinunciato. E suo zio Igaram come avrebbe reagito vedendola dopo tutto
quel tempo?
Le mancavano tutti terribilmente tanto che se ci pensava le faceva male
il petto. Ancora non poteva credere di essere riuscita a scappare
lasciandosi tutto alle spalle e di sicuro quello che le era
capitato
avrebbe segnato tutta la sua vita ma avrebbe cercato di tornare alla
normalità per quanto potesse sembrare una cosa impossibile,
visto
che fino a qualche ora prima neanche ricordava il suo nome.
Ammirò le colline verdeggianti su cui stava camminando e si
tolse le scarpe per poter sentire la terra soffice sotto i suoi piedi e
l'erba che le solleticava la pelle. Aveva quasi dimenticato quale fosse
il colore del cielo, così simile a quello dei suoi capelli,
e
quanto fosse bello semplicemente starsene seduta a lasciarsi
accarezzare dal vento.
Sapeva di non poter poltrire a lungo visto che le autorità,
allertate da alcune delle ragazze tramite i sistemi di comunicazione
dei loro carcerieri, e sarebbero state sottoposte a lunghi
interrogatori. Sarebbero state settimane molto lunghe ed estenuanti che
avrebbero messo a dura prova tutte loro ma era disposta a sopportare di
tutto purché i colpevoli venissero consegnati alla giustizia
e
pagassero per tutto quello che avevano fatto loro.
Nessuno poteva restituire loro il tempo perso ma sarebbe stato
soddisfacente sapere che Caesar Clown e i suoi collaboratori avrebbero
trascorso parecchi anni dietro le sbarre.
Sentì un tocco lieve sulla sua spalla ed anche senza
voltarsi
capì che si trattava di Nami. -Stai bene?- le chiese la
rossa
che le circondò la spalle con il braccio.
-Potrebbe andare meglio.-
-Si, ti capisco. L'importante è che sia tutto finito.-disse
accarezzandole la chioma azzurra.
-E soprattutto che siamo insieme.- rispose Bibi con un ampio sorriso
che lasciava trasparire non solo la tristezza per quello che le aveva
subito ma anche un certo sollievo per essere scappata ed anche
ammirazione verso la rossa che era stata parte fondamentale del piano
di fuga e soprattutto provava... amore.
Non avrebbe mai pensato di poter provare qualcosa di così
intenso dopo che le sue emozioni era state sopite per così
tanto
tempo ma fin da quando era piccola aveva sempre provato più
che
affetto nei confronti di Nami e neppure il lavaggio del cervello a cui
la sottoponevano aveva cancellato quei sentimenti.
Li avevano celati e spediti nei profondi meandri della sua mente
violata, ma non li avevano potuti cancellare perché era un
sentimento puro ed innocente che aspettava solo di tornare a galla.
-Cosa faremo adesso? Dopo tutto quel tempo trascorso là
dentro
sarà difficile tornare alle nostre vite di prima. Non so
neppure
se mio padre è ancora vivo.- disse preoccupata.
-Ci riappropriamo delle nostre vite, puoi starne certa. Ci vorranno
anni
forse per farlo ma lo faremo.- disse Nami sicura. Anche lei provava
timore al pensiero che potesse essere capitato qualcosa di spiacevole a
Bellemere e Nojiko durante la sua assenza ma cercarle sarebbe stato il
primo passo verso una vita normale.
Insieme a Bibi si sentiva più forte e, come si promettevano
spesso da piccola, sarebbero state sempre insieme e stavolta avevano la
consapevolezza adulta che sarebbe successo veramente.
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