Ritorno su Jakku - 1
I
ricordi sono cicatrici del destino
RITORNO
SU JAKKU
*
* *
PRIMA
PARTE
Il
Millenium Falcon uscì dall'Iperspazio col solito violento
scossone.
Come da consuetudine, Rey si sentì strattonare dalla cintura
di
sicurezza della poltrona del copilota.
Strizzò
gli occhi, arricciò le labbra ed imprecò in
qualche strana lingua:
si era impegnata a fondo per cercare di eliminare quel difetto
fastidioso, ma alla fine aveva dovuto arrendersi. Esistevano cose che
esulavano dalle sue capacità di astro-meccanico. O forse,
più
semplicemente, quel dannato pezzo di ferraglia si divertiva a
prendersi gioco di lei.
Si
liberò dalla cintura e gettò lo sguardo oltre il
vetro del cockpit:
il suo pianeta natale, con la sua vasta superficie rossiccia,
leggermente screziata di viola, appariva immenso e luminoso, nel nero
dello spazio.
Per
un istante l'assalì un assurdo senso di paura.
Dalla
poltrona del pilota provenne un sospiro. Ben si voltò verso
di lei e
le riservò un'occhiata perplessa. «Sei sicura di
volerlo fare? Sei
ancora in tempo per cambiare idea, non siamo del tutto a corto di
carburante.»
Rey
non poteva obiettare, l'ultima volta si erano riforniti abbastanza da
poter raggiungere almeno tre sistemi e quasi fu tentata di chiedergli
di invertire la rotta.
Inspirò,
deglutì a vuoto e si concesse ancora qualche secondo per
riflettere.
Si rendeva conto che anche per lui non fosse facile: Jakku
rappresentava il teatro dell'ennesimo massacro compiuto per
volontà
del Primo Ordine, era comprensibile che si sentisse a disagio. Per
lei, invece, quella grossa roccia desertica, ormai dimenticata dal
resto della galassia, era stata una casa. Tutto era iniziato da
lì
e, in un certo senso, era giunto il momento di chiudere il cerchio.
Erano
anni, ormai, che non ci rimetteva piede ma, non appena l'enorme globo
le si era materializzato difronte, una miriade di ricordi le avevano
affollato la mente e si era ritrovata a rivivere quella fuga
rocambolesca che l'aveva portata ad affrontare il suo destino, ad
anni luce di distanza.
Dopo
la fine della Grande Guerra Galattica, Rey aveva sperato di potersi
lasciare tutti i brutti ricordi alle spalle, ma non era stato affatto
facile ricominciare una nuova esistenza, dopo quello che era
successo. C'era ancora una questione che aveva lasciato in sospeso su
Jakku, qualcosa che aveva seppellito sotto quelle stesse distese di
sabbia, che avevano fatto da monotona cornice alla sua vita, per
tanto tempo. Quel qualcosa, pian piano, premeva per
riemergere.
Ora
che tutto era finito, e che nella Galassia era stato ristabilito
l'equilibrio, si rendeva conto che non avrebbe potuto guardare con
serenità e fiducia al futuro, finché non avesse
infranto anche
l'ultima barriera ed affrontato la parte più intima e oscura
di sé.
Annuì
con decisione e Ben si dimostrò consenziente, sebbene a
malincuore.
*
Penetrarono
nell'atmosfera del pianeta e giunsero nel bel mezzo delle Goazone
Badlands. Il Falcon si posò dolcemente, ondeggiando, nello
spazio
fra due alte dune, sollevando piccoli sbuffi di sabbia.
Come
al solito, Ben aveva effettuato un atterraggio da manuale e Rey si
dimostrò leggermente invidiosa: aveva sempre avuto il
sospetto che
quel vecchio catorcio, avesse
delle preferenze in fatto
di piloti; di sicuro aveva un debole per il comandante Solo,
visto quanto si dimostrava docile e accondiscendente, quando c'era
lui ai comandi.
«Le
dune non sono un nascondiglio sicuro, le tue vecchie conoscenze non
ci metteranno molto ad individuarci, dobbiamo fare in
fretta.» Il
tono agitato di Ben la distolse brutalmente dai suoi ridicoli
paragoni; aveva ragione, qualunque risposta stesse cercando in quel
luogo, doveva sbrigarsi a trovarla.
Lasciarono
entrambi la cabina di pilotaggio e si diressero nella hall principale
per prepararsi alla discesa, ma BB-8 li accolse tutto agitato. C'era
un problema con gli
scambiatori di
calore, nulla di particolarmente grave, era il solito intoppo di
quella carretta che cadeva letteralmente a pezzi. Gli scambiatori
andavano semplicemente ricalibrati, e ci avrebbe pensato il piccolo
droide a mettere le cose a posto, durante la loro assenza.
Ben
rovistò in un contenitore, accanto alla postazione
computerizzata e,
dopo diverse imprecazioni, finalmente ne tirò fuori,
soddisfatto, un
rilevatore di metalli ad onde soniche e si caricò lo zaino
sulle
spalle.
Rey
riempì due capienti borracce che sistemò nella
sua sacca, insieme
ad altri generi di prima necessità, poi attirò a
sé la sua fedele
asta e se la mise a tracolla. Anche se non avevano messo piede sul
suolo di Jakku, già riusciva a percepire la pericolosa aria
familiare. Infine scambiò un'occhiata d'intesa con Ben, per
confermargli che era pronta per affrontare la missione.
Lasciarono
il mercantile lentamente, con circospezione, seguendo le coordinate
indicate dal sonar. Superarono un'alta duna e scesero lungo il
crinale, raggiungendo una zona più pianeggiante.
Rey
diede una rapida occhiata col binocolo da scout*,
zoomando su
una vasta area di deserto, ma di quello che stavano cercando non
c'era traccia: all'orizzonte si stagliava solo un'interminabile
distesa di sabbia, sulla quale il sole picchiava duro. «Sei
sicuro
che sia questa la direzione giusta?» Chiese dubbiosa.
Ben
picchiettò un paio di volte con l'indice sullo schermo del
sonar.
«Se queste solo le Goazone Badlands e questo affare funziona
correttamente, direi di sì. Quello che stiamo cerando si
trova là
sotto. Rilevo una massa metallica di considerevoli
dimensioni.»
Indicò una piccola duna anomala a circa cinquecento metri di
distanza.
Proseguirono
rapidi, sotto gli aggressivi raggi del sole ma, a circa metà
strada,
Rey dovette fermarsi per rifocillarsi. Si attaccò alla
borraccia e
bevve voracemente generosi sorsi d'acqua come se non si fosse
dissetata da giorni, poi si pulì le labbra col dorso della
mano. Si
rese conto, con rammarico, di non essere più abituata alle
lunghe
camminate sotto quelle temperature estreme. Dovette inspirare ampie
boccate d'aria per riprendere fiato.
Rivolse
lo sguardo accaldato al suo compagno, gli passò la borraccia
e si
accorse che la stava già studiando cupo e preoccupato.
Ben
non aveva preso affatto bene l'idea di tornare su Jakku, fin dal
primo momento in cui gliel'aveva proposta. Era sicuro che lei, ormai,
avesse chiuso con il suo passato, e che sarebbe stato un rischio
inutile. Aveva dovuto faticare parecchio per convincerlo, ma alla
fine aveva accettato di accompagnarla, più che altro per
evitare che
si cacciasse nei guai.
«Non
guardarmi come se dovessi stramazzare a terra da un momento
all'altro. Ho solo un po' di affanno» lo
rassicurò, vedendolo
inquieto e sul punto di caricarsela sulle spalle e riportarla alla
nave. «Muoviamoci, dai. Ormai ci siamo quasi.» Il
tono fiducioso di
Rey non riuscì a tranquillizzare del tutto Ben, che si
limitò a
seguirla scuotendo la testa con riluttanza.
Non
appena ebbero raggiunto la piccola duna, Rey si fermò,
chiuse gli
occhi ed iniziò a concentrarsi. Espanse i suoi sensi e
finalmente
riuscì a percepire qualcosa: vibrazioni, sensazioni, un
lontano
senso di appartenenza, e ne fu inaspettatamente felice.
Nel
deserto di Jakku il paesaggio era in continua metamorfosi ed
evoluzione, le dune si spostavano, lentamente, impercettibilmente,
sotto la costante spinta del vento. Era quasi impossibile sapersi
orientare, senza avere degli strumenti adeguati; eppure lei riusciva
a sentire l'aria di casa, il profumo familiare della sabbia rovente,
che in alcuni momenti della giornata si mischiava all'acre odore
metallico del Cimitero delle Astronavi, non molto distante da
lì.
Riconosceva il profilo lontano dell'altopiano di Plaintive
Hand
che aveva osservato infinite volte al tramonto, quando finalmente
poteva concedersi una meritata cena, dopo una dura giornata di
lavoro.
Non
c'erano dubbi: sotto quel grosso cumulo di sabbia c'era la sua casa,
il caro, vecchio, camminatore abbattuto dall'Alleanza Ribelle durante
l'epica battaglia di Jakku. Riposava nascosto sotto la sabbia,
coricato su un lato, come un grosso gigante addormentato e, forse,
era riuscito a scampare agli sguardi avidi dei mercanti di rottami.
Ben
girò attorno alla piccola collina, analizzando i dati
provenienti
dal sonar, poi le fece cenno di avvicinarsi e le mostrò
sullo
schermo i risultati della scansione ravvicinata.
«Siamo
fortunati. Sembra che sia sepolto solo
da un abbondante
mezzo metro di sabbia. Ci penserai tu a tenere a bada gli scava
rifiuti che si saranno già appostati tutt'intorno, mentre
dissotterro questo affare, vero?» Quella specie di battuta
non la
fece affatto sorridere.
«Sei
sempre il solito disfattista» lo zittì, studiando
attentamente la
scansione che roteava in più direzioni e che rappresentava
con delle
sottili linee rosse, l'intero scheletro del camminatore.
«L'ingresso
si trova proprio sotto la pancia, tra le gambe dell' AT-AT, non
occorre dissotterrarlo tutto» gli indicò il punto
sullo schermo,
«qui lo strato di sabbia è davvero
esiguo» tenne a precisare
rifilandogli un'occhiata corrucciata.
Il
desiderio di Ben di lasciare al più presto quel pianeta era
palpabile, Rey riusciva a percepire in modo chiaro la sua
preoccupazione e questo la rendeva fastidiosamente irrequieta. Ma non
poteva biasimarlo: lui era abituato ad avvertire ogni infinitesima
sfumatura di pericolo in qualsiasi situazione e, soprattutto, a non
fidarsi della quiete apparente. Le sue emozioni fremevano nella Forza
e la penetravano completamente contribuendo ad accrescere la sua
ansia. Ma non sarebbe fuggita via un'altra volta senza essere prima
riuscita a placare quelle voci che continuavano a ronzarle nella
testa e a dare una spiegazione razionale ad un sogno che la
tormentava, ormai in modo ricorrente.
Ben
assottigliò lo sguardo e le lanciò una delle sue
occhiate più
cupe: doveva arrivarle forte e chiaro il messaggio che le stava
facendo un immenso favore. Le piantò lo scanner tra le mani
e si
avvicinò al punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il
famigerato
passaggio.
Rey
sorrise vittoriosa fino a quando non intuì le sue
intenzioni. «Cosa
credi di fare?» lo aggredì, vedendo che aveva
già teso la mano e
si stava preparando a richiamare la Forza per spazzare via la sabbia.
«A
te cosa sembra?» si dimostrò sorpreso di dover
giustificare
l'ovvio.
Rey
gli si mise di fronte, puntando i pugni ai fianchi e bloccando ogni
suoi intento. «Non ci pensare nemmeno, l'ondata di sabbia che
provocheresti attirerebbe qualunque scava rifiuti si trovi nelle
vicinanze, oltre a rendere l'aria irrespirabile e il relitto
inavvicinabile per un bel pezzo.»
Ben
non riuscì a trattenere una risata sarcastica. «I
tuoi cari
Teedos**, e chissà cos'altro, ci hanno già
avvistato nel momento in
cui abbiamo messo piede sul pianeta. Staranno facendo a gara con gli
scagnozzi di Unkar Plutt... Il Falcon è un bottino
succulento e le
piccole trappole che ho piazzato tutto intorno, non serviranno a
tenerli lontano a lungo. Non abbiamo tempo da perdere.
Spostati.»
Rey
non poté fare a meno di ringhiare senza muoversi di un
millimetro.
«Hai la pretesa di conoscere questo posto meglio di me? I
Teedos
viaggiano sui Luggabeast***, anche se ci avessero avvistato, cosa di
cui dubito, ci metterebbero ore ad arrivare. E per quanto riguarda
Unkar Plutt... non credo che sia interessato ancora a quel pezzo di
ferraglia, dopo il brutto incontro che ha avuto con Chewbacca...
Perciò scordati l'uso della Forza, il patto era che non
avremmo
dovuto dare nell'occhio» gli ribadì, fissandolo
perentoria.
Ben
assottigliò lo sguardo e si dimostrò
diabolicamente curioso. «Che
è successo con Chewbacca?» La parola discrezione
nel suo
vocabolario proprio non esisteva.
Rey
esitò qualche istante prima di rispondergli, quell'episodio
risaliva
ancora ai tempi in cui si rincorrevano per tutta la Galassia,
cercando di ammazzarsi a vicenda e non era di certo un bel ricordo da
riesumare. «Beh, ecco... Plutt aveva nascosto un tracciatore
sul
Falcon e ci seguì su Takodana. Quando ha cercato di
vendicarsi e di
riprenderselo, Chewbe è intervenuto e gli ha staccato un
braccio di
netto****.»
A
quella rivelazione Ben rise di gusto, immaginandosi la scena.
«Quella
palla di lardo ha avuto quello che si meritava.»
Esclamò con
soddisfazione, come se avesse voluto farlo lui stesso, ma il suo
entusiasmo durò ben poco. «Ora torniamo a noi due:
non pretenderai
che scavi con le mani, spero...» Lo sguardo da cucciolo di Rancor
che le riservò, riuscì quasi ad impietosirla.
«Certo
che no. Nello zaino deve esserci una pala pieghevole.» Il suo
suggerimento (che aveva tutta l'aria di un ordine) venne accolto con
un grugnito ed un'occhiata inferocita, ma lei non ammise proteste,
sollevò un sopracciglio e si dimostrò
irremovibile. «Non
pretenderai che scavi io.»
Lo
sguardo di Ben roteò nevrotico su di lei e inaspettatamente
si
addolcì, scosse la testa e alzò gli occhi al
cielo rassegnato.
Rey
sorrise soddisfatta nel vederlo fare retromarcia a pugni stretti, e
dirigersi verso lo zaino, imprecando sottovoce.
La
consapevolezza di non potergli dare una mano, avrebbe dovuto farla
sentire in colpa, invece riuscì solo a trovare la
circostanza
estremamente divertente. Non gli avrebbe fatto male un po' di
movimento per scaricare la tensione.
*
Ben
aveva una corporatura possente ed una resistenza fuori dal comune,
Rey lo sapeva bene perché lo aveva sperimentato
più volte di
persona, sia quando erano nemici, sia in circostanze molto
più
piacevoli, da quando avevano iniziato ad essere una coppia. Tuttavia,
il clima infernale di Jakku ebbe il potere di farlo vacillare,
benché
ormai fossero vicini al tramonto e il sole si era ridotto ad una
grossa palla infuocata che tingeva di rosso gli strati più
bassi
dell'atmosfera.
Dopo
essersi liberato della giacca di pelle scura e della camicia grigia,
che gli si era fastidiosamente appiccicata alla schiena sudata, diede
fondo a tutta la sua riserva d'acqua, rimanendo in pantaloni, stivali
e cinturone. Ma Rey era sicura che gli restava ancora un bel po' di
fiato e abbastanza energie per riuscire a sgomberare il passaggio a
colpi di pala.
Impietosita
dai suoi sforzi, gli spiegò che non era stata affatto una
buona idea
liberarsi dei vestiti per resistere al caldo secco e ardente,
perché
avrebbe solo rimediato una bella scottatura e una potente
disidratazione. Ma i suoi preziosi consigli di sopravvivenza
riecheggiarono nel silenzio del deserto, senza venire accolti.
Aspettò
pazientemente, seduta lungo il dorso di una duna, ben coperta dai
suoi vecchi stracci di lana grezza che avevano il potere di
mantenerla fresca ed isolata dalla calura e si limitò ad
osservarlo
scavare, sudato e arrabbiato, sotto i raggi roventi a torso nudo, con
i capelli corvini spettinati ed appiccicati attorno al viso.
Dopotutto
non le era andata male: la visione dei suoi bicipiti e degli ampi
pettorali in tensione, aveva sempre avuto il potere di risvegliarle
brutalmente istinti primordiali.
Non
appena Ben ebbe finito di liberare il passaggio, scaraventò
la pala
talmente lontano da non essere più visibile ad occhio nudo.
Recuperò
l'anonima camicia e la giacca, con le quali si mimetizzava alla
perfezione tra le bande di contrabbandieri e i trasportatori di
spezie, le scrollò dalla sabbia che già vi si era
accumulata, e
fece cenno a Rey di entrare per prima. Mai come in quel momento si
ritrovò a rimpiangere le uniformi del Primo Ordine, che
almeno erano
dotate di sofisticati sistemi di termoregolazione. «Sua
signoria può
accomodarsi» ironizzò ancora ansimante, con lo
sguardo stravolto e
furente, ma a Rey riuscì a suscitare solo un infinito senso
di
tenerezza ed ammirazione per non averle fatto muovere neanche un
dito.
L'ex
scava rifiuti si rialzò a fatica dalla sua posizione
aiutandosi con
l'asta e lo raggiunse con poche falcate, affondando gli stivali nella
sabbia, poi gli porse un telo col quale avrebbe potuto asciugarsi il
sudore che gli colava abbondantemente lungo le tempie.
Piantò il suo
bastone poco lontano dai piedi di Ben, e si inginocchiò per
scivolare dentro l'AT-AT.
L'interno
del tunnel era angusto, completamente buio e maleodorante.
Prima
di addentrarsi, Rey aprì uno sportello che si trovava alla
sinistra
del condotto, nel quale vi era un tastierino che azionava un
rudimentale sistema di sicurezza, che aveva inventato per evitare che
il suo rifugio venisse saccheggiato nei periodi in cui era a caccia
di rottami. Digitò il codice ma non accadde nulla, il
camminatore
era completamente privo di energia.
Rey
si rese conto che gli accumulatori esterni ed il pannello ad energia
solare erano scollegati ed era la prova che il suo nascondiglio era
stato violato già da un pezzo.
Accese
un' eco-torcia, se la mise tra i denti e proseguì carponi
fino a
quando non raggiunse il diaframma che fungeva da portello, con il
quale si riparava durante la notte e nelle lunghe tormente di sabbia.
Spinse verso l'interno con una spallata per disincagliarlo, lo
gettò
a terra sollevando un po' di sabbia e, finalmente, riuscì a
penetrare nel ventre del camminatore. Tossicchiò un paio di
volte
per espellere la polvere sottile che aveva inevitabilmente inalato, e
subito sentì provenire dall'esterno le proteste di Ben.
«Ehi! Va
tutto bene là dentro?»
Lentamente
si rimise in piedi, diede una rapida occhiata tutt'intorno,
illuminando il più possibile con la torcia, e poi si
affacciò nel
passaggio per fargli cenno di raggiungerla. «È
tutto a posto, non
c'è pericolo.»
Ben
soffocò l'istinto di afferrarla per i capelli e riportala al
mercantile, ma si trattenne. A volte, l'unico modo di farla ragionare
era ricorrere alle maniere forti, ma si obbligò ad essere
paziente.
Strisciò nel tunnel imprecando, trascinandosi dietro anche
lo zaino;
si era appena rivestito e liberato della sabbia che gli si era
appiccicata dappertutto, ed ora era di nuovo al punto di partenza.
Si
sollevò nel locale angusto e si rese conto che, in piedi, ci
stava a
malapena, si scrollò dalla sabbia e poi si sforzò
di mettere a
fuoco quel poco che riusciva ad intravvedere nel buio. Non appena si
mosse, sbatté la fronte contro qualcosa di solido che
pendeva dal
soffitto, inciampò in un paio di rottami che gli si erano
intrecciati tra i piedi e, per poco, non ruzzolò a terra.
«È il
caso di fare un po' di luce se non vogliamo rischiare di
ammazzarci»
le suggerì sarcastico.
Rey
sospirò scoraggiata. «Purtroppo non c'è
più energia, avevo un
piccolo sistema di sicurezza per proteggere l'ingresso, ma hanno
fatto saltare anche quello, se sono riusciti a penetrare all'interno
credo che abbiano lasciato ben poco.
Ben
rovistò alla cieca nello zaino e tirò fuori
un'altra eco-torcia più
potente. Rey si guardò intorno e sussultò, non
avrebbe mai creduto
che un tale scempio avrebbe potuto farle così male, e si
coprì la
bocca con le mani per non urlare: del suo piccolo rifugio, che
l'aveva protetta per anni dalla calura diurna e dal gelo delle notti
desertiche, non restava altro che un cumulo di inutile immondizia
buttata qua e là. I mercanti di rottami, avevano portato via
tutto
quello che poteva essere riutilizzato e riciclato, lasciando solo
alcuni stracci, mensole e vettovaglie rotte. Persino le bellissime
lampade create dagli artigiani del villaggio di Tuanul*****, e che
gli aveva donato un seguace della Chiesa della Forza, non erano
scampate alla razzia.
«Mi
dispiace...» Ben fu costretto ad ammettere, di fronte a quel
disastro, «ma davvero ti eri illusa di ritrovare tutto come
lo avevi
lasciato?»
Rey
chinò il capo avvicinandosi a un pezzo di amaca sospesa dal
soffitto, che un tempo era stato il suo giaciglio. Accarezzò
la
corda dalla quale pendeva il telo strappato, sbrindellato e intriso
di polvere e sabbia, e sospirò amaramente.
Lontani
e dolorosi ricordi iniziarono a tornare a galla. Quante volte si era
addormentata dondolandosi, avvolta nei suoi stracci, nelle fredde e
interminabili notti? Quante volte si era illusa che fossero mani
amorevoli e familiari a cullarla? Quando invece erano soltanto gli
spifferi impietosi del vento che si infiltravano ovunque, a muovere
le corde che pendevano dal soffitto.
Non
c'era più traccia della sua cucina ad induzione di calore,
dei suoi
preziosi distillatori d'acqua che in più di un'occasione le
avevano
impedito di morire di sete.
Camminò
barcollando attraverso il ciarpame e raggiunse la parte più
interna
del rifugio, dove custodiva il computer di volo recuperato da un
Ala-Y, dal quale aveva appreso tutto ciò che conosceva sulle
astronavi, sui sistemi di pilotaggio e da cui aveva imparato diverse
lingue, tra cui anche il droide binario con cui aveva potuto
comunicare con BB-8; lo aveva trovato quando era poco più di
una
bambina, ed aveva subito capito che, alcune cose, sarebbe stato
più
saggio tenerle per sé, anziché venderle ad Unkar
Plutt.
Cercò
in modo spasmodico tra i pezzi di lamiere tagliate malamente,
sollevandole e scaraventandole da ogni parte, ma del computer
ovviamente non vi era più traccia. Era riuscita soltanto a
smuovere
abbastanza polvere da rendere la vista e la respirazione più
difficoltose.
Ben
la raggiunse e la prese dolcemente per le spalle, distogliendola da
quella ricerca frenetica e affannosa. Si stupì di se stesso
per la
pazienza che stava dimostrando in quel frangente. «Smettila.
Vuoi
rischiare di tagliarti? Qua sotto non c'è più
niente. Niente per
cui valga la pena arrabbiarsi.» Non voleva essere brutale, ma
non
era nella sua indole dare false speranze.
Rey
si liberò dalla sua presa, decisa a proseguire,
evitò di dargli
ascolto, sentiva chiaramente che quel luogo aveva ancora qualcosa da
mostrarle, da svelarle, e non si sarebbe arresa tanto facilmente.
Puntò
la torcia contro l'angolo più interno e buio e qualcos'altro
attirò
la sua attenzione: il pannello metallico sul quale aveva segnato, ad
uno a uno, tutti i giorni in cui aveva atteso invano il ritorno dei
suoi, su quel pianeta. Si diresse, tremando, verso quei segni.
Passò
i polpastrelli delle dita su ognuno di essi, lungo ogni fila, quasi a
voler ripercorrere, in pochi istanti, gli anni di solitudine che era
stata costretta a sopportare. Erano stati tanti, interminabili,
eppure erano passati... Strinse le labbra e ingoiò un groppo
amaro.
Un assurdo senso di dolore si impadronì dei suoi sensi. Ma
subito un
leggero solletico, proprio sotto lo stomaco, le ricordò che
adesso
non era più sola. Lo sapeva. Lo sentiva.
Eppure c'era ancora
qualcosa che le mancava.
Qualche
metro più indietro, la voce profonda di Ben la fece voltare:
«Guarda
qui. A quanto pare, fin da piccola sapevi già da che parte
stare.»
Lo disse arricciando il naso con finto disgusto, facendo penzolare,
tra l'indice e il pollice, i resti di quello che sembrava un vecchio
pupazzo arancione, che aveva tutta l'aria di rappresentare un pilota
della resistenza a cui mancava una gamba.
Rey
sgranò gli occhi, si precipitò verso di lui, si
appropriò del
pupazzo in malo modo e poi lo osservò tra le mani, incredula
e
commossa; i mercanti di rottami si erano portati via tutto, ma almeno
le avevano lasciato i suoi ricordi più preziosi. Si
portò quei
pochi resti accanto al viso chiudendo le palpebre e poi
iniziò ad
ansimare.
Nel
vederla così agitata, a Ben scattò qualcosa
dentro e agì
d'impulso, richiamò a sé la Forza, e con un unico
gesto della mano
fece saltare verso l'esterno tutta la parete in cui si innestava il
cunicolo d'ingresso, permettendo finalmente alla luce e all'aria di
penetrare. Si era trattenuto dal farlo anche troppo a lungo, e non
gli importava nulla delle eventuali conseguenze.
Rey
sussultò per il forte rumore di lamiere accartocciate e per
la
sorpresa. «Non potevi proprio farne a meno, eh?» lo
rimproverò
accigliata, pulendosi il viso sudato e appiccicaticcio di polvere. Di
sicuro quel gesto aveva sollevato una considerevole colonna di sabbia
che non sarebbe passata inosservata.
«In
questo buco si soffoca e tu hai bisogno di ossigeno!» Fu la
reazione
rude ma sincera di Ben. «Ne ho abbastanza di questo ammasso
di
immondizia. Ti sta soltanto facendo agitare più del dovuto e
questo
non fa bene né a te, né a nostro
figlio!» le urlò contro,
indicando, con un cenno del capo, quello che Rey ancora si ostinava a
nascondere sotto l'ampia casacca.
La
giovane jedi lo guardò con aria stravolta e poi, chinando la
testa
annuì, come se si fosse smarrita e Ben le avesse mostrato di
nuovo
la via. Il pupazzo scivolò a terra e posò
entrambe le mani sul
ventre, che aveva appena iniziato ad arrotondarsi.
«Hai
ragione... il bambino
è
agitato. Lo è da quando faccio quello strano sogno. Non so
che cosa
mi stia succedendo, o cosa voglia dire. Ma ho bisogno di risposte.
Credevo di poterle trovare quaggiù. Evidentemente mi
sbagliavo.»
Ben
le si avvicinò addolcendo lo sguardo, dimostrandosi
più comprensivo
e lei si gettò contro il suo petto ampio lasciandosi
stringere dalle
sue braccia forti. Gli fu infinitamente grata di essere lì,
in quel
momento critico. Era l'unica persona che voleva accanto e che avrebbe
voluto al suo fianco per sempre.
«Cosa
c'entra il bambino con tutta questa storia?» Le chiese
preoccupato,
posandole una mano sulla pancia, nella speranza di riuscire a placare
l'inquietudine del piccolo che continuava a dimenarsi.
«Da
qualche tempo sogno una donna... si avvicina, si china verso di me e
mi sorride, il suo viso è sporco di grasso e lubrificante,
come
quello di ogni mercante di rottami... ed è così
giovane. Non ho
idea di chi sia... Mi guarda con i suoi occhi chiari e tristi e
sembra che stia soffrendo. Non è arrabbiata con me, non
vuole farmi
del male. Mi porge soltanto uno strano fiore e non smette di fissarmi
come se volesse dirmi qualcosa.»
Ben
sospirò spazientito. «E allora? Cosa c'entra tutto
questo con
Jakku? Qual è il collegamento?»
«Ho
già visto quel fiore, lo conosco. Credo che cresca non
lontano da
qui... ma per quanto mi sforzi, non riesco a ricordarne il
nome.»
Ben
scosse la testa contrariato. «Tutto questo è
semplicemente assurdo.
Stiamo rischiando la pelle per un sogno che potrebbe non voler dire
nul...»
All'improvviso
un rumore sordo alle loro spalle, attirò in modo inquietante
l'attenzione di entrambi, facendoli sussultare. Ben spinse Rey dietro
di sé, con l'intento di proteggerla e si avvicinò
cauto, al punto
dove aveva sentito lo schianto. Rovistò tra il ciarpame e ne
tirò
fuori un malandato casco della resistenza. Probabilmente il movimento
d'aria che aveva generato, sfondando la parete, lo aveva fatto
scivolare dall'appiglio a cui era agganciato.
Se
lo rigirò interessato tra le mani, fino a quando non scorse
la
curiosa scritta in Aurebesh incisa su un lato. Alzò gli
occhi verso
Rey e la guardò con piglio interrogativo, pretendendo
spiegazioni.
«C'è scritto Ræh...
»
L'ex
scava rifiuti annuì, stringendosi nelle spalle.
All'improvviso si
sentiva spaesata, aveva freddo, nonostante le temperature fossero
ancora proibitive, ed evitò cauta i suoi occhi scuri, di
fronte ai
quali era impossibile mentire.
«Da
dove arriva questo affare?» Il tono di Ben invece si stava
facendo
più aggressivo e non ammetteva esitazioni.
«Dall'X-wing
del comandante Dosmit Ræh... è da lì
che ho recuperato molte cose»
gli spiegò con sincerità, consapevole delle
conseguenze.
«Ræh
ha una vaga somiglianza con Rey»
insinuò lui, senza mezzi termini, cercando in modo
spasmodico il suo
sguardo, per avere la conferma che quel suo terribile sospetto avesse
un minimo di fondamento. «Anzi, si può dire che la
pronuncia sia
molto simile» insistette, deciso ad arrivare fino in fondo a
quella
spiacevole faccenda. Ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere
fu di
vedere la sua compagna chiudersi ancora più in se stessa,
incrociare
le braccia per proteggersi il grembo e piegarsi, per andarsi a sedere
su una cassa sgangherata.
A Ben
invece si gelò il sangue. «Rey non è il
tuo nome, vero? Anche
questo è solo un'invenzione.»
Rey
chiuse gli occhi, serrò la mascella, ma nonostante sentisse
la
tensione salire ai massimi livelli tra loro, evitò di
ribattere.
«Rispondi!»
Il tono di Ben era diventato minaccioso e la fece sussultare, quasi
spaventare, ma si ostinò a rimanere in silenzio.
A
quell'ennesimo rifiuto, Ben si alterò visibilmente.
«Cosa ti hanno
fatto di così terribile i tuoi genitori da spingerti a
rifiutare
persino il tuo nome? Perché ti ostini a nascondere a te
stessa la
verità? Di cosa hai paura ancora? È
per questo assurdo motivo che siamo venuti fin qui e stai mettendo in
pericolo nostro figlio?» urlò scaraventando il
casco contro una
parete e mandandolo in frantumi.
Rey
non si mosse da dove era seduta, si rese conto che quello che Ben
aveva detto era la pura verità e non aveva più la
forza di reagire,
sollevò il viso stravolto, mentre le lacrime sgorgavano
copiose dai
suoi occhi lucidi e ambrati. «Non lo ricordo il mio vero
nome...»
gli confessò in un sussurro, poi prese a tremare e
singhiozzare.
Ben
rimase in piedi ad osservarla ansimando, rendendosi conto di aver
pesantemente esagerato; per quanto si sforzasse di comprendere quella
situazione, non riusciva ad accettare che Rey, o in qualunque altro
modo si chiamasse, non riuscisse a lasciarsi alle spalle quel dannato
pianeta, e soprattutto il suo doloroso passato.
I suoi
genitori l'avevano venduta come un oggetto, lo aveva visto limpido e
chiaro, e ancora più chiaramente li aveva visti morti in una
fossa
comune nel deserto di Jakku, come feccia criminale. Il trauma di
quell'abbandono le aveva fatto addirittura dimenticare il suo vero
nome. Perché si ostinava a rimanere attaccata a quei
ricordi,
inutili e dolorosi, cosa sperava di trovare, cosa credeva di
dimostrare? Perché continuava ad averne bisogno?
Si
riavvicinò titubante, già pentito per la sua
reazione esagerata, e
le si inginocchiò di fronte per riuscire a catturare meglio
i suoi
occhi. Sentiva l'inquietudine della loro creatura, amplificata dal
precario stato emotivo di Rey. Le posò entrambe le mani
sulle spalle
e cercò di tranquillizzarla, prima che la situazione
degenerasse.
«Scusami, non volevo che finisse in questo modo. Andiamo via.
Non
c'è niente qui per noi, abbiamo altro a cui pensare,
adesso.» Le sue dita scivolarono lungo il collo esile della
ragazza, raggiunsero il
suo viso e lo accarezzarono.
Le
guance di Rey erano rigate di lacrime. Era confusa, agitata, il cuore
le batteva a mille, ma tentò ugualmente di dargli una
spiegazione.
«I miei genitori mi hanno lasciata qui per un motivo, lo
sento, ne
sono sicura. Hanno cercato di proteggermi. Non so da chi, o da
cosa... ma io devo scoprirlo, non voglio ricordarli solo come dei
vigliacchi che hanno venduto la loro unica figlia per farsi una
bevuta. Mi serve ancora un po' di tempo... Nostro figlio non corre
alcun pericolo, te lo assicuro. Non voltarmi le spalle proprio
adesso.»
Per la
prima volta Ben provò un'intensa sensazione di paura per il
bambino
che Rey portava in grembo e che rappresentava quel futuro di pace ed
equilibrio per cui avevano tanto combattuto e che si stava lentamente
concretizzando. Se avesse rischiato di perderlo solo per assecondare
una sua fissazione, sarebbe impazzito di dolore, e non l'avrebbe mai
perdonata.
Le
aveva concesso un'occasione, che si era rivelata infruttuosa, ora la
sua pazienza era giunta al limite. Si alzò e la
fissò preoccupato.
«Adesso torniamo al Falcon, lì staremo al sicuro,
tra poco sarà
buio e farà parecchio freddo là fuori. Poi
decideremo cosa fare.»
Rey
annuì e tirò su col naso. Aveva il viso sporco di
lacrime e
polvere, e d'un tratto, sembrava una bambina spaesata, bisognosa di
protezione. La mano di Ben scivolò attorno alla sua schiena,
mentre
l'altra le passò sotto le gambe che ancora tremavano. Si
lasciò
sollevare dalle sue braccia forti. Si accucciò contro il suo
petto
caldo, desiderosa di chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Era
stanca, moriva di fame, aveva sete e un disperato bisogno di dormire.
Continua...
________________
Note:
*
Attrezzatura presa in prestito dal gioco Battlefront.
**
Teedos: specie di rettile senziente originario del pianeta Jakku.
Hanno una pelle squamosa grigio verde. I loro corpi sono ricoperti da
involucri in cui è presente un sistema di tubi e filtri per
il
riciclaggio dell'acqua.
***
Luggabest: bestie da soma che venivano potenziate ciberneticamente
per una maggiore resistenza.
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In realtà questo episodio non è altro che una
scena tagliata da Il
risveglio della Forza.
*****
Le lampade del villaggio di Tuanul non sono una mia invenzione ma si
vedono chiaramente nell'immagine della Rey's Home nel libro Star
Wars: Complete Location.
Angolo
autrice:
Lo so,
ho una long ancora in corso (Gli Eredi della Forza) che mi sta
facendo penare non poco, e mi presento con una storia che non c'entra
un fico secco con la trama dell'altra. Ammetto che, con tutti i leak
e i mezzi spoiler (veri o presunti tali) che stanno via via uscendo
su ep.9 la mia ispirazione sta colando a picco abbastanza
velocemente. Recentemente Boyega ha annunciato che ep. 9
sarà
cronologicamente ambientato circa un anno dopo gli eventi di Crait,
questo mi solleva un po' il morale, visto che la mia long in corso
è
ambientata anch'essa circa un anno dopo... Immagini ufficiali della
spada di Rey hanno confermato che il Kyber è spezzato a
metà e
anche questo mi giunge a favore... ammetto che cercare di far
combaciare tutti i vari pezzi del puzzle non è semplice e
soprattutto, basta un piccolo particolare per far saltare tutta la
trama. Tutta questa lunga premessa per dire che... avevo bisogno di
una pausa e di scrivere qualcosa di leggero e tranquillo su di loro,
in un momento lontano da guerre e trilogie, qualcosa che
avverrà
molto dopo ep.9 e che mi ronzava nella testa già da un pezzo.
Chi
sono veramente i genitori di Rey? Molti hanno già dato la
loro
fantasiosa interpretazione e pure io vorrei dire la mia, anche se nel
prossimo film dubito che verrà riaperta la questione, a meno
che non
sia qualcosa di realmente sorprendente. La mia idea, un po' si
riallaccia alla visione di Rey nella cantina di Maz Kanata, quindi
non vi resta che leggere la seconda ed ultima parte, che
verrà
pubblicata a breve, per svelare finalmente l'arcano!
Besos!
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