Così è
meglio
Quando Luke si fu ritirato per la
notte, Magnus rimase in salotto con
Jace e Clary.
Era
stata una giornata lunga e per certi versi decisamente logorante.
Non solo guarire le ferite di Luke aveva richiesto una gran
quantità di energia, parlare a Clary del passato era stato
emotivamente sfiancante.
Eppure
Magnus si sentiva ancora vigile, quasi elettrizzato…
e non era solo dovuto al fatto che finalmente sapevano dove si trovava
la coppa mortale.
«Forse»
mormorò il giovane Wayland,
«noi dovremmo tornare all’Istituto».
Guardò Clary come se l’ultima parola spettasse a
lei. «Sai, prenderci qualche ora di riposo prima di andare
alla stazione di polizia con Luke».
La
ragazza annuì. «È una buona
idea».
Magnus
concordava. Tra tutti e due, avevano un aspetto piuttosto
malconcio. Una bella dormita non avrebbe potuto fargli che bene.
Poi
Clary si girò a guardarlo, improvvisamente incerta.
«A meno che… possiamo fare qualcosa per
aiutarti?»
Gli
venne quasi da sorridere a quell’offerta genuina, ma la
declinò con un gesto della mano.
«Andate
pure» li invitò. «Ho
già l’aiuto che mi serve, dopotutto».
A
quelle parole, Jace Wayland lo guardò assottigliando
appena gli occhi, ma Clary sorrise, un sorriso che le
arrotondò le guance e le illuminò il volto.
«D’accordo».
Stava
già indietreggiando verso l’ingresso, e gli
fece ciao con la mano. Jace si affrettò a seguirla dopo aver
rivolto a Magnus un cenno del mento e un’ultima occhiata
indagatrice.
Quando
i due giovani se ne furono andati, Magnus trasse un respiro e si
diresse verso la porta che si apriva dietro la scala a chiocciola.
In
quella stanza, trovò la familiarità degli
scaffali ingombri di piante e libri ed alambicchi, e soprattutto la
fonte di gran parte del suo buonumore.
Alec
Lightwood era dove Magnus l’aveva lasciato, in piedi
dietro la sua scrivania. Nonostante la sedia libera che aveva di
fianco, e nonostante fosse così alto da doversi ingobbire
per continuare il proprio lavoro, non si era seduto.
Era
ancora impegnato a triturare con una mezzaluna alcune radici posate
su un tagliere, l’espressione concentrata. Sembrava
così intento che a Magnus quasi dispiacque attirare la sua
attenzione. Quasi.
«Ci
stai ancora lavorando».
Il
giovane shadowhunter alzò di scatto lo sguardo, e le sue
mani si fermarono. «Sì. Uhm. Hai detto che
dovevano essere ben tritate».
«Vero»
concesse Magnus, avvicinandosi.
Si
erano spostati in quella stanza dopo che lui aveva proposto ad Alec
un secondo drink.
Mordendosi
le labbra come per trattenere un sorriso, il giovane aveva
accettato – forse
prima dovrei finire questo, aveva detto,
riprendendo il cocktail che aveva appena cominciato.
Da
parte sua, Magnus aveva ricordato a malincuore i compiti che lo
attendevano, ed aveva detto ad Alec che doveva preparare un balsamo per
le ferite di Luke.
Puoi aspettarmi qui,
gli aveva assicurato, ma una parte di lui si
aspettava che questo rompesse l’incantesimo. Che Alec si
riscuotesse, decidesse di tornare all’Istituto.
Il
giovane, però, l’aveva sorpreso. No, posso
darti una mano, aveva replicato d’impulso. Insomma, se sei
d’accordo.
Magnus,
naturalmente, era più che d’accordo. Dopo
che Alec aveva recuperato la propria giacca di pelle dalla poltrona e
se l’era rinfilata, si erano diretti in quella stanza, dove
Magnus aveva tentato di non sorridere all’espressione dello
shadowhunter, a come sembrava cercare di trattenersi dal guardarsi
troppo attorno.
Aveva
tirato fuori gli ingredienti, e aveva affidato ad Alec quelle
radici mentre lui dosava attentamente alcuni liquidi in un pentolino.
Poi
si era sentita Clary chiamare Magnus a gran voce, impaziente ed
eccitata, e lo stregone era scivolato fuori dalla stanza per scoprire
di cosa si trattava. A tal proposito…
«Clary
ha scoperto dove si trova la coppa»
annunciò Magnus.
Alec
alzò la testa. «Cosa?»
«Già.
A quanto pare è celata in uno dei
tarocchi di Dot».
Cercò
di non badare allo strattone del proprio cuore alla
menzione dell’amica.
Alec
sbatté le palpebre. «Dot?
Ma…»
«Luke
aveva i tarocchi» lo tranquillizzò
Magnus. «Li ha portati alla centrale. Lui, Jace e Clary li
recupereranno domani mattina».
Dopo
qualche istante, Alec storse la bocca. «Dovrebbe
funzionare».
Magnus
sorrise lievemente. Lo divertiva quanto potesse essere
espressivo il suo viso. «Non sembri molto
fiducioso».
«No,
è che…» Alec
s’interruppe e ripeté: «Dovrebbe
funzionare».
Poi
aggrottò la fronte, e si tolse il telefono di tasca.
Magnus colse il nome di Jace sullo schermo, quindi distolse lo sguardo
mentre Alec scorreva il messaggio che gli era appena arrivato.
«Qualche
novità?»
s’informò discretamente lo stregone.
Alec
scosse la testa. «No, uhm… praticamente mi
dice del piano per domani. Secondo lui ci vorrà
più o meno un’ora. All’Istituto non
dovrebbero nemmeno accorgersi della loro assenza».
Magnus
annuì, e notò di sfuggita il bicchiere a
stilo posato accanto al tagliere. Era ormai vuoto. Un sorso stentato
dopo l’altro, Alec aveva quasi finito il proprio cocktail.
Senza
commentare, lo stregone aggirò il tavolo per fermarsi
di fianco allo shadowhunter. Fu ben attento a non sfiorarlo, ma si
aspettava comunque che Alec sussultasse e si distanziasse…
il giovane, però, non si mosse.
Ringarzullito,
Magnus si allungò per prendere il tagliere.
Lo alzò e lo inclinò, versando la radice tritata
nel pentolino dove si trovava il resto della pozione. A quel punto,
afferrò un cucchiaio di legno e mescolò sino ad
ottenere una sostanza cremosa e priva di grumi.
Con
la coda dell’occhio, notò che Alec lo stava
guardando, un’espressione quasi intrigata dipinta sul volto.
«Ci
siamo» mormorò Magnus.
Alzò lo sguardo su Alec ed ammiccò.
«Tempo di dare un’occhiata al paziente».
Alec
s’infilò le mani in tasca. «Cosa
posso fare?»
«Vedi
quello scaffale?» chiese Magnus, con un cenno
del mento. «Lì sopra ci sono delle bende pulite.
Prendile, per favore».
Alec
eseguì, e a quel punto si recarono entrambi nella
stanza degli ospiti dove si trovava Luke. L’uomo era disteso
sul grande letto a baldacchino, e sembrava sul punto di addormentarsi.
«Magnus?»
grugnì, quando lui gli diede
un colpetto per invitarlo a mettersi seduto.
«Devo
dare un’ultima ripulita alle tue ferite. Poi
potrai dormire in pace, te lo prometto».
Seppur
un po’ riluttante, Luke si raddrizzò, e
Magnus gli tolse le fasciature con una certa cautela. Gli squarci sul
petto e sulla spalla di Luke non si erano ancora chiusi del tutto, ma
avevano smesso di sanguinare e stavano guarendo bene.
Soddisfatto,
Magnus vi spalmò sopra l’unguento
appena preparato. La maggior parte di lui era focalizzata su quel
compito, ma c’era anche una parte che era acutamente
consapevole della presenza di Alec alle proprie spalle.
Il
giovane era silenzioso, e quando Magnus si girò appena
verso di lui, tendendo una mano, si affrettò a fare un passo
in avanti e a porgergli le bende pulite.
Magnus
gli rivolse un breve sorriso. «Grazie».
Da
parte sua, Luke sollevò lo sguardo su Alec, sbattendo
lentamente le palpebre. Ma sembrava intorpidito, e non disse nulla.
Quando
Magnus finì di cambiargli le bende, Luke
scivolò di nuovo lungo disteso, e parve addormentarsi non
appena la sua testa toccò il cuscino.
Magnus
fece segno ad Alec di precederlo, ed entrambi uscirono dalla
stanza. Erano in salotto quando Alec esordì:
«Posso farti una domanda?»
Magnus
si diresse verso la propria riserva di alcolici. «Di
che si tratta?»
«Ti
capita spesso di occuparti di lupi mannari nelle
condizioni di Luke? Voglio dire, se il morso di un alfa è
tanto letale e serve l’intervento di uno
stregone…»
Magnus
emise un mormorio pensoso. «No, non spesso. Ci sono
altri stregoni in città, bravi guaritori, e come sommo
stregone le mie mansioni sono solitamente altre».
Alec
si avvicinò di un paio di passi, incrociando le braccia
come per trattenersi dal domandare di più.
«Inoltre»
proseguì Magnus, «a
volte se la cavano con qualche graffio, o lottano in forma umana. E in
realtà queste dispute non sono poi così
frequenti. I lupi mannari hanno regole brutali, ma sono meno aggressivi
di quanto gli shadowhunter sembrino credere».
Avrebbe
potuto aggiungere altro – la conversazione con Clary
sembrava aver gettato sale sulle sue vecchie ferite – ma si
trattenne. Voleva conoscere Alec un po’ più a
fondo, e dubitava che mettersi a parlar male della sua gente sarebbe
servito allo scopo.
Si
dedicò a preparare un nuovo cocktail, invece, stavolta
con meno alcol.
Alec
stava tormentando l’orlo della propria maglietta con una
mano. Di punto in bianco, domandò: «E Luke
dovrà pagare molto per i tuoi servizi?»
«Nah»
disse Magnus, scrollando le spalle e
voltandosi per offrirgli il drink. «Sarebbe morto se non lo
avessi aiutato. Questo genere d’intervento è
gratis».
Alec
chiuse cautamente le mani attorno al bicchiere.
«Ecco» disse.
Magnus
gli rivolse uno sguardo interrogativo, e lui chiarì:
«I lupi mannari non sono gli unici di cui abbiamo
un’idea sbagliata, in fondo».
Magnus
non se lo aspettava, e avvertì un certo calore.
La
prima cosa che l’aveva colpito di Alec, non poteva
negarlo, era stato il suo aspetto. Be’, il suo aspetto unito
alla situazione – al modo in cui era sbucato fuori dal nulla
salvandogli la vita, illuminato dalle luci multi-cromatiche del locale.
Il suo sorriso incantato quando si erano presentati, poi, aveva
definitivamente smosso qualcosa nel suo petto.
Dopo
l’incidente col demone, aveva capito che non poteva
assolutamente lasciarlo perdere. Non solo perché era la
prima persona a fargli provare quel genere di emozioni dopo quasi un
secolo, ma anche perché c’era qualcosa, in Alec,
che sembrava chiedere aiuto. E Magnus era bravo in molte cose, ma non
certo ad ignorare chi aveva bisogno.
Poi
Alec gli aveva offerto la propria forza senza riserve, e
ora… ora questo.
Cercando
di non restare imbambolato a fissarlo, Magnus si
versò un bicchiere di whiskey e commentò con
disinvoltura: «Giusto. Suppongo di avere una certa
reputazione».
«Già»
mormorò Alec. Sembrava
imbarazzato.
«E
che cosa si dice di me?» gli chiese Magnus
incuriosito.
Prima
di rispondere, Alec sorseggiò cautamente il proprio
cocktail. «Che sei un edonista. E che sei avido».
Fece una smorfia, e Magnus si chiese se fosse dovuta a quelle parole o
al sapore dell’alcol. «Si dice anche che sei molto
potente, ma credo che questo sia vero».
Magnus
fece dondolare appena il proprio bicchiere, soddisfatto.
«C’è da dire»
confidò, «che potrei aver contribuito a quelle
voci. Se qualcuno viene da me con chiari pregiudizi, tendo ad alzare un
po’ il prezzo».
Le
labbra di Alec tremarono appena. Non era un sorriso, non
esattamente, ma ci era molto vicino.
Magnus
era pressoché sicuro di avere anche la fama del
dongiovanni. Si chiese se Alec non aveva menzionato
quell’aspetto perché ne era all’oscuro o
perché lo metteva a disagio.
«Comunque»
disse, «sembra che tu abbia
sentito più cose di me di quante io ne abbia sentite di
te…»
Immediatamente,
Alec si avvicinò il drink al petto come per
farsene scudo. «Non c’è molto da sapere
su di me».
«Oh,
ne dubito» disse Magnus.
«No,
sul serio. Sono uno shadowhunter. Sono il capo
pro-tempore dell’Istituto di New York. Sono il primogenito di
Maryse e Robert Lightwood. Praticamente è tutto
qui».
Di
nuovo, Magnus ne dubitava, ma evitò di insistere.
«Pro-tempore?» chiese invece.
«Diventerà mai un incarico permanente?»
«In
futuro, immagino» rispose Alec.
Lo
disse in tono misurato, ma a Magnus non sfuggì il modo in
cui i suoi occhi si accesero. Chiaramente era qualcosa a cui teneva.
«Da
quel che ho avuto modo di vedere»
commentò, «penso sarai un ottimo leader».
Alec
lo guardò sbattendo le palpebre. Poi abbassò
gli occhi sul proprio cocktail, un lieve rossore sulle guance, e ne
bevve qualche sorso.
Magnus
lo considerò in silenzio. «Come ti
senti?» chiese poi.
Alec
tornò a guardarlo. Era evidente che non capiva.
«Perché?»
«Be’,
hai condiviso con me una considerevole dose
di energia, prima, perciò…»
«Sto
bene» dichiarò Alec. Si
inumidì le labbra. «E tu?»
Magnus
sorrise lentamente. «Mai stato meglio».
Alec
tornò immediatamente a concentrarsi sul proprio
cocktail. Probabilmente non sapeva come reagire.
Magnus
bevve un sorso del proprio whiskey, e dopo un po’ si
rese conto che Alec aveva finito il suo drink.
«Sai…»
disse Alec, schiarendosi la gola.
«Quando Luke si sveglierà, se gli può
interessare, tu… non farti problemi a dargli il mio numero.
Così può contattarmi, se dovesse
servire».
Magnus
lo guardò. «Certo».
«Voglio
dire, so che probabilmente ha già il
numero di Clary, ma se ci fossero emergenze come demoni, o dimenticati,
o Valentine… Le potremo affrontare meglio, lavorando
insieme».
Oh,
sì. Alec Lightwood era una vera meraviglia.
«Glielo
riferirò» assicurò
Magnus.
Si
sentiva il cuore un po’ dolente, in realtà.
Immaginava che questo fosse un congedo. Che Alec gli stesse dicendo le
ultime cose importanti prima di salutarlo.
Il
nephilim andò a posare il proprio bicchiere vuoto sul
tavolino e guardò Magnus. «Era un po’
meglio, questo».
«Era
meno alcolico» replicò lui.
«Non sei abituato a bere, eh?»
Alec
arricciò il naso. «Direi di no».
«E
a festeggiare? Hai mai partecipato ad un party dal finale
spettacolare?»
Lo
shadowhunter gli scoccò uno sguardo. «Definisci
finale spettacolare».
D’accordo,
forse non pensava affatto a congedarsi. Un altro
drink, e poi decidi, gli aveva detto Magnus. Alec aveva
avuto
quell’altro drink. Forse aveva deciso di restare.
Allietato
da quel pensiero, Magnus accennò un sorriso.
«Oh, vediamo. Per esempio da risvegliarti sulla Torre Eiffel
senza i tuoi vestiti».
Alec
parve strozzarsi con la propria saliva. Magnus non
mancò di notare il guizzo dei suoi occhi nocciola, come lo
percorsero da capo a piedi quasi involontariamente. Lo
deliziò.
Probabilmente
avrebbe dovuto specificare che non era nudo –
no, si era scambiato gli abiti con Catarina per via di una scommessa,
ricorrendo ad un semplice incantesimo per adattarli alla propria
misura. Ma la prospettiva di Alec che lo immaginava completamente
svestito gli piaceva molto, forse anche troppo.
«All’epoca
vivevo a Londra»
puntualizzò invece, dopo una pausa ad effetto, ed Alec ruppe
in una piccola risata sorpresa.
Fu
un suono meraviglioso, e decisamente troppo breve. Magnus avrebbe
voluto sentirlo di nuovo, molto più a lungo.
«Quindi
per finale spettacolare intendi arrivare da Londra a
Parigi» commentò Alec.
«Certamente»
replicò Magnus.
«Non conosci quella particolare ebbrezza?»
«Non
posso dire di averla mai provata, no».
Magnus
emise un sospiro teatrale. «Non sai cosa ti
perdi».
«Forse
è meglio così» disse
Alec. «Non penso che i miei prenderebbero bene una cosa
simile». Di colpo, parve rendersi conto di come suonava la
sua voce, e cercò di sdrammatizzare: «In fondo da
New York a Parigi c’è una distanza ancora
maggiore».
Magnus,
però, non poté fare a meno di ricordare
il suo terrore di fronte al demone della memoria.
«Ci
sono molte cose» chiese, in tono misurato,
«che non ti permetti di dire, o fare, per la possibile
reazione dei tuoi genitori?»
Alec
sbatté le palpebre e lo fissò.
«Io… forse». Aveva chiaramente capito a
cosa si riferiva Magnus, e proseguì con un certo sforzo:
«Ma ecco. Per quanto riguarda… quello…
Non è solo per loro. Io… Non posso».
La
sua rigidità improvvisa e il nervosismo nella sua
espressione erano quasi insopportabili. Magnus avrebbe voluto
afferrargli il viso con fermezza e dirgli di nuovo che non aveva nulla
di cui vergognarsi, ripeterglielo finché Alec non ci avesse
creduto davvero.
«Non
devi giustificarti con me» lo
rassicurò invece. «Però mi dispiace.
Dev’essere davvero una situazione pessima».
Alec
lo guardò molto a lungo. Sembrava quasi tentato di
schermirsi, di fingere di non sapere di cosa stessero parlando. Alla
fine abbassò gli occhi.
«Sì»
ammise, in tono molto sommesso.
«Ma non posso davvero».
Magnus
decise di non insistere. Era evidente che quel discorso era
doloroso per il suo ospite. Si voltò verso le bottiglie di
alcolici.
«Ti
faccio provare un altro cocktail, se ne hai
voglia».
Alec
si raddrizzò, chiaramente sollevato per il cambio di
argomento. «D’accordo».
«Sicuro?»
chiese Magnus mentre si metteva al lavoro.
«Sicuro».
Tentò
un’altra mistura ancora, ma non ebbe un
esito molto più felice delle precedenti. Quando
passò il cocktail ad Alec, infatti, lui lo
sorseggiò con estrema cautela.
Certo,
le sue smorfie furono più ridotte, ma Magnus
sospettava che fosse a causa dell’alcol già
ingerito, non perché gli piaceva molto di più.
La
prossima volta avrebbe dovuto optare per qualcos’altro.
Forse una birra gli sarebbe piaciuta di più? Magnus non ne
sapeva molto, di birre. Avrebbe dovuto farsi consigliare.
Scosse
appena la testa. Probabilmente non avrebbe dovuto fare tanti
castelli in aria, dopo che Alec gli aveva detto tanto enfaticamente che
non poteva.
Gli
stringeva il cuore, come il giovane sembrava sentirsi in dovere di
nascondere chi era. Gli faceva venir voglia di marciare sino
all’istituto di New York e dare una vigorosa scrollata a
Maryse e Robert Lightwood. Possibile che non vedessero
cos’avevano fatto al loro primogenito?
Con
uno sbuffo, Alec si lasciò cadere a sedere sul divano.
Magnus gli si avvicinò, un bicchiere in mano, e si distrasse
a guardare il tavolino lì davanti. Sembrava molto vuoto.
«Alexander»
chiese improvvisamente. «Qual
è il tuo fiore preferito?»
Il
giovane lo fissò. «Il
mio…?»
«Fiore
preferito» ripeté Magnus.
«Ad esempio, non so, cosa ne pensi delle rose?»
«Rose?»
Alec aggrottò la fronte.
«Non sono male, immagino?»
«Ottimo»
commentò Magnus.
Schioccò le dita, e un vaso di rose comparve sul tavolino.
Alec
fissò prima i fiori e poi Magnus, accigliandosi ancor
di più. «Non dovresti risparmiare le
energie?»
«Oh,
non è stato niente. Erano nella mia camera da
letto».
«Potevi
andarle a prendere» puntualizzò
Alec, con un tono di rimprovero davvero adorabile. «O potevo
andarci io».
D’accordo.
Alexander nella sua camera da letto era qualcosa a
cui Magnus non poteva proprio permettersi di pensare in questo momento.
«Quel
che è fatto è fatto»
sentenziò.
Alec
centellinò il proprio cocktail, gli occhi fissi sulle
rose. «Sono molto belle».
«Vero»
concordò Magnus, guardando i
fiori a sua volta. «Sono un regalo della giovane strega che
Clary ha salvato l’altro giorno. Zoe. Ha uno straordinario
pollice verde».
Il
tempo di un respiro, poi Alec domandò: «Lei sta
bene?»
Magnus
si voltò dall’altra parte. «Ha
appena perso suo padre, ma è viva. Ed è stata
accolta da un’altra strega. Se la
caverà».
«Mi
dispiace per la sua perdita» disse Alec. Fece
una pausa. «Quando dici padre…»
Magnus
tornò a guardarlo. «Non era il suo padre
biologico. Ma l’ha cresciuta da quando era una neonata. La
famiglia…»
«Non
è solo di sangue»
completò Alec. «Lo so. Davvero».
Magnus
lo scrutò, e si chiese se stesse parlando di Jace.
Non gli era del tutto chiaro come Alec si sentisse riguardo al proprio
parabatai. Quel che era successo col demone della memoria gli faceva
pensare che ne fosse innamorato, o quanto meno pensasse di esserlo. Per
altri versi sembrava considerarlo in modo molto più fraterno.
«Spero
starà bene» disse Alec,
quietamente.
Magnus
fece dondolare il bicchiere nella propria mano.
«Dicono che il tempo guarisca ogni ferita».
Alec
gli scoccò uno sguardo penetrante. Aprì la
bocca come per dire qualcosa, poi la richiuse e si morse le labbra.
«Ho
caldo» affermò, forse per tentare di
mascherare quel momento di esitazione.
Era
anche probabile che avesse caldo davvero, comunque, data la giacca
che indossava e l’alcol che aveva bevuto.
«Vuoi
che abbassi la temperatura?» offrì
Magnus.
«Non
serve» declinò il giovane,
iniziando a sfilarsi la giacca – una manica alla volta, molto
attento a non rovesciare sul divano ciò che restava del suo
cocktail. «Non è un problema». Poi
aggrottò la fronte e lo guardò.
«Aspetta. Lo puoi fare?»
Magnus,
che si era distratto a fissargli le braccia, riportò
immediatamente l’attenzione sul suo viso. «Certo.
Ho un climatizzatore molto affidabile».
L’angolo
delle labbra di Alec minacciò di
sollevarsi in un sorriso. «No, volevo dire…
Saresti in grado di abbassare la temperatura esterna? Con la tua
magia?»
Concentrarsi
per rispondere fu più impegnativo del consueto.
Magnus aveva già visto Alec a braccia scoperte il giorno in
cui si erano incontrati, e poco prima quando il giovane si era dedicato
a pulire il suo divano dal sangue di Luke… ma restavano
comunque molto distraenti.
«Potrei
farlo, sì».
Non
riuscì ad impedirsi di suonare un po’
guardingo. Sapeva con quanta diffidenza gli shadowhunter guardavano gli
stregoni e i loro poteri.
Alec,
però, sembrava intrigato.
«Davvero?»
«Davvero»
confermò Magnus, con un certo
sollievo.
Il
suo interlocutore aveva un’espressione decisamente
colpita. «È incredibile».
Magnus
sentì le proprie spalle rilassarsi. «In
ogni modo» confidò, «non credo che lo
farei. Potrebbe avere conseguenze imprevedibili sul clima di tutto il
pianeta. E direi che sta già soffrendo abbastanza».
«Mmm».
Alec lo fissò ad occhi socchiusi,
l’aria pensosa.
Forse
era colpa dell’alcol che iniziava a minare il suo
risoluto autocontrollo, ma il suo sguardo scivolò
chiaramente dal viso al collo di Magnus, sino alla porzione di petto
lasciato scoperto dalla sua maglia lucente… Poi lui parve
rendersi conto di cosa stava facendo e si raddrizzò di colpo.
«Avevo
ragione, allora».
Magnus
lo interrogò con gli occhi. «A che
riguardo?»
«Riguardo
al fatto che è vero che sei molto
potente» rispose Alec. Con la mano libera,
giocherellò col colletto della giacca che ora teneva in
grembo. «Non credo che tutti possano vantare la
capacità di cambiare il tempo».
«Decisamente
no» concordò Magnus.
Alec
sorrise appena. «Sai» disse, «mi
piacerebbe…» Poi si bloccò di colpo.
Magnus
mosse un passo involontario verso di lui.
«Sì?»
I
loro sguardi si incontrarono. Alec aveva le guance leggermente
arrossate, e anche se era assurdo a Magnus parve di sentire il suo
cuore che pulsava più veloce. Anche se era impossibile, gli
parve quasi di poter seguire il filo dei suoi pensieri.
Mi piacerebbe continuare a
conoscerti. Scoprire cos’altro
è vero, e cosa non lo è.
Era
una prospettiva terrificante, eppure Magnus sentì il
proprio petto serrarsi dolorosamente, e non era per paura. Non in gran
parte, almeno. Era soprattutto il desiderio disperato di poter
reimparare a lasciarsi conoscere da un’altra persona.
Poi,
però, Alec si schiarì rumorosamente la gola
e spezzò l’intensità di quel momento.
«Niente»
tagliò corto, sporgendosi a
posare il proprio bicchiere sul tavolo, accanto al vaso di rose.
Era
incantevole, il contrasto del rosso dei fiori coi suoi capelli
scuri e aggrovigliati.
Magnus
inclinò il viso verso il basso. «Ma
certo».
Per
un momento, ci fu silenzio. Normalmente, Magnus avrebbe tentato di
riempirlo, ma sentiva di aver bisogno di qualche secondo per
inghiottire la delusione e recuperare la propria compostezza.
Alec
si passò le mani sui pantaloni e azzardò:
«Quella… la pozione che hai dato a Luke.
Funzionerebbe anche con qualcuno che non è un lupo
mannaro?»
Magnus
non era sicuro di quanto fosse sinceramente interessato alla
risposta, ma apprezzò il tentativo di intavolare una
conversazione.
«Sì
e no» rispose, prendendo la palla al
balzo. «Quella pozione è appositamente designata
per contrastare gli effetti del morso di un alfa su un altro
licantropo. Non la raccomanderei ad altri».
Alec
strinse appena gli occhi. «Perché,
avrebbe… degli effetti collaterali?»
Forse,
anche se probabilmente aveva fatto la prima domanda che gli era
passata per la testa, adesso era interessato davvero.
«Per
uno shadowhunter?» Magnus rifletté.
«Diciamo che gli darebbe una bella scossa di energia e forse
rimarginerebbe alcuni tagli e risanerebbe un’eventuale
infezione… ma gli provocherebbe anche dei crampi
atroci e un certo meteorismo».
Alec
lo fissò. «Sai cosa? Sono felice di non averla
assaggiata».
«E
io sono felice che tu non l’abbia
fatto» replicò Magnus. «Altrimenti
questa nottata sarebbe stata molto più imbarazzante per
entrambi. Così è meglio».
Non
riuscì a trattenersi dall’assumere un tono
quasi allusivo. In fondo flirtare gli era sempre risultato semplice,
quasi naturale. Aprirsi a qualcuno senza riserve… ecco,
quello era più difficile.
Cercò
di non pensare al fatto che quella sera era soltanto
la seconda volta che vedeva Alec, e a quanto si era già reso
vulnerabile di fronte a lui. Non solo quando, stremato dal consumo
delle proprie energie, si era accasciato contro il suo petto.
Tu mi hai sbloccato qualcosa
dentro.
Alec
lo guardò in silenzio per un po’.
«Sì» mormorò infine.
«Così è meglio».
Note:
Sei giorni (SEI GIORNI) alla 3B, e io vado a scrivere un missing moment
per la prima stagione. Sono proprio al passo coi tempi. (In mia difesa,
era abbastanza tempo che ce l’avevo in ballo.)
Comunque mi fa troppa tenerezza pensare ad Alec e Magnus agli inizi
della loro conoscenza. Baby Malec!
Niente, spero che questa OS vi sia piaciuta. Alla prossima!
(Nel caso abbiate bisogno di rinfrescarvi la memoria sul momento in cui Magnus aveva offerto un drink ad Alec, potete rivedere quella scena qui.)
|