Bianco

di Recchan
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Bianco

Bianco

 

 

 

 

 

 

 

La mano scivola lungo la manica del prezioso kimono, carezzandolo delicatamente.

Le dita giocherellano con i bordi ricamati di pizzo.

Uno sguardo allo specchio di fronte a lei.

Non osa guardarsi.

 

Semplicemente, non è lei.

 

Le dita si stringono, stropicciando la stoffa.

Non è lei, lo sa bene. Lei non aveva chiesto niente del genere. Lei non voleva, non aveva mai voluto.

Sbircia ancora lo specchio.

Un viso di porcellana incorniciato da capelli ebano, acconciati in una pettinatura troppo intricata per lei.

E due occhi bianchi.

 

Due occhi tristi.

 

Indubbiamente, l’immagine che le rimanda lo specchio è la sua, anche se non è più lei.

Non è più Hinata.

Ora è Hyuga Hinata, capofamiglia del clan Hyuga.

Sente che il riflesso dei suoi occhi le scandaglia l’anima.

 

In fondo, sempre più giù.

 

E non riesce a distogliere lo sguardo.

E quegli occhi ardono e la bruciano.

E sono così soffocanti che vorrebbe rompere quello specchio, ridurlo in mille pezzi.

Quegli occhi morti le dicono che è troppo tardi per tornare indietro.

Le dicono che non può nulla, che è inutile tormentarsi. La strada è stata scelta.

 

Quegli occhi morti…

 

Hinata non ci ha mai fatto davvero caso, ma il colore dei suoi occhi la inquieta.

I suoi occhi privi di qualsivoglia tonalità.

Colorati di un bianco accecante, forse troppo.

Alcuni le hanno detto Bianchi come la neve. Per lei sono semplicemente bianchi.

 

…terribilmente bianchi.

 

Abbassa le palpebre, esausta.

Si alza, lentamente, allontanandosi dallo specchio. Liscia con le dita la stoffa stropicciata della manica.

Deve cancellare quei pensieri. È ora di andare.

La schiena dritta, la testa alta, le mani in grembo, attraversa la porta con passo fermo.

Lo sguardo puntato davanti a sé.

Maledettamente bianco.

 

Il colore dei morti.

Non si è mai resa conto di quanto fosse terribile.

 

 

 





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