In
realtà... è tutto così semplice!
Al terzo starnuto consecutivo tutta la squadra si girò.
Shouyo Hinata, numero 10
della Karasuno, centrale titolare,
sentì così di avere gli occhi di tutti puntati
addosso e,
poiché non fu la prima volta ad accadere,
desiderò che
una botola si aprisse sotto i suoi piedi per farlo sparire all'istante.
"Hai preso il raffreddore, Hinata?" Gli chiese dolcemente il senpai
Sugawara mentre si sfilò la maglietta d'allenamento per
indossare quella di ricambio, pulita e asciutta.
Il piccoletto si portò la mano alla testa, scompigliandosi i
capelli imbarazzato: ciò che gli incuteva tanto timore non
era il suo evidente malessere, ma come qualcuno di sua,
purtroppo, ottima conoscenza l'avrebbe presa. Già
immaginò la sua reazione, ed eccola arrivare più
prepotente che mai.
Il rumore dell'armadietto, che venne sbattuto, fu udibile persino
troppo
alle sue orecchie sensibili. Chissà se esisteva ancora il
modo di
riparare alla situazione?
"Ma no, ho solo preso freddo dopo aver fatto la doccia. Tutto qua."
Tentò di giustificarsi nonostante un'ombra minacciosa era
calata
su di lui. Non prestò nemmeno troppa attenzione ai
bisbigli dei compagni di squadra, troppo occupato a cercare un modo per
riportare la quiete nello spogliatoio.
"Hinata."
Eccolo lì, più minaccioso che mai, pronto a
rimproverargli l'ennesima disattenzione.
"Forse un po', ma è tutto a posto. Davvero!" Rispose
distogliendo lo sguardo, alla ricerca di un aiuto che mai sarebbe
arrivato.
Sottovoce poteva persino udire i bisbigli tra Noya-san e Tanaka-senpai,
oltre allo sguardo impensierito di Asahi, ma ciò che lo
preoccupava davvero era chi aveva davanti a lui.
La sfortuna volle che un quarto starnuto proruppe fuori per
riversarsi sulla maglietta di colui che tanta paura gli trasmetteva:
Tobio
Kageyama, il quale in un primo momento restò esterefatto da
quanto successo, per poi mutare l'espressione in qualcosa di
schifosamente contrariato.
Hinata capì così di aver firmato la sua condanna
a morte
e iniziò a sudare freddo; al suo fianco Tsukishima
sghignazzava
con gusto per quanto da lì a poco sarebbe probabilmente
accaduto.
Difatti il piccolo centrale avvertì la pressione di venire
preso
per il colletto ed essere sollevato da terra, e subito chiuse
gli occhi d'istinto.
"Hai anche il coraggio di negare l'evidenza?"
Aveva provato a evitare l'inevitabile, ma niente.
"Hinata, idiota! Lo sai che i tornei preliminari sono alle porte! Se ti
ammali poi diventa anche un problema mio! Eppure io l'avevo detto
che, anche se siamo a inizio estate, la sera è ancora
fresco!"
Urlò strattonandolo con violenza, come era solito fare,
sotto lo sguardo attonito di tutti i membri della squadra, eccetto
Tsukishima e Yamaguchi che ridevano tra i baffi.
"Eeekk! Lo so, ma non è colpa mia!"
"Ah no? Ma questo è il risultato di tutte le volte che non
ascolti mai ciò che ti dico!"
Fortunatamente Sawamura-senpai li aveva afferrati entrambi per le
braccia e il solo sguardo alterato era stato sufficiente a metterli a
tacere.
"Perfetto. Allora visto che Hinata non sta bene se ne andrà
immediatamente a casa. Tu potresti accompagnarlo, Kageyama-kun, che ne
dici, eh?"
I due ragazzi annuirono all'unisono in silenzio, ben consci
che, quando il capitano della squadra esibiva quel tono e quel ghigno,
era meglio non forzare ulteriormente la mano. Come immaginarono furono
poi
spinti ad andarsene via, lasciando al resto della squadra
l'onere di rimettere tutto a posto.
Hinata spingeva la bicicletta tra uno starnuto e l'altro. Di fianco a
lui
Tobio lo squadrava contrariato finché, quando raggiunse il
limite
della sopportazione, si fermò obbligando l'altro a fare lo
stesso.
"Perché ti ostini sempre a fare di testa tua? Te lo avevo
detto che ti saresti ammalato."
Hinata non rispose subito, non prima di essersi asciugato il naso con
la mano.
"Non pensavo di prendermi seriamente un raffreddore."
Kageyama guardò le fronde degli alberi e le foglie che
venivano
sospinte avanti e indietro dal vento; difatti si era alzata una folata
più forte del normale, appena tiepida, molto fresca in
verità. L'estate si era presentata da poco, durante il
giorno
già si iniziava ad avvertire il caldo e il sudore, ma alla
mattina presto e alla sera le temperature subivano ancora un brusco
calo. Era proprio quel momento dell'anno dove vestirsi a strati
rivelava la risposta prima di uscire di casa, questo Hinata sembrava
ancora non averlo capito e, a giudicare da come avvolgeva il proprio
corpo tra le braccia e la misera t-shirt bianca senza felpa sopra le
cose potevano solo peggiorare.
Il ragazzo sospirò pesantemente e lentamente
slacciò la zip della sua felpa per allungarla a Hinata il
quale rimase molto interdetto dalla cosa e smise di sfregarsi la pelle.
"Prendi questa." Ordinò col suo solito tono autoritario.
"Ma..."
L'alzatore della Karasuno gliela lanciò quasi in faccia.
"Cosa c'è? Non la vuoi? Ti fa schifo? Eh?"
Hinata balzò all'indietro ponendo almeno un metro di
sicurezza tra loro due e alzando le mani a segno di difesa.
"No, non me l'aspettavo." Assicurandosi che la sua vita non fosse
effettivamente in pericolo avanzò fino ad afferrare la felpa
che
gli veniva offerta. "Grazie."
Indossandola ebbe quasi la sensazione di nuotarci dentro quel
capo: le lunghissime maniche gli arrivavano a coprire la punta delle
dita, per non parlare di dove terminavano: fin sotto al sedere,
esattamente come la gonna di una divisa femminile. Però era
davvero morbida e calda, ed emanava un odore buono come
quello dei pini in pieno estate: la stessa fragranza del bagnoschiuma
che Kageyama era solito usare sotto la doccia, dopo gli allenamenti.
Il sorriso di Hinata si allargò persino di più
nel
realizzare quanto un gesto semplice come quello fu in grado di
farlo sentire già meglio, al punto da dimenticarsi del suo
raffreddore.
Ma Tobio Kageyama, a meno che non si trattasse della pallavolo, di cose
come queste proprio non se ne rendeva conto.
"Non ringraziarmi." Rispose riparando le mani dentro le tasche dei
pantaloni. "Non posso permettere che ti ammali. Non adesso, non
è proprio il momento."
Infatti quelle parole ebbero sul cuore di Hinata lo stesso effetto di
una doccia gelida. Nella mente di Kageyama esisteva solo la pallavolo e
nient'altro, tutto era collegato ad essa e non c'era spazio per lui.
"Però tu adesso non hai niente con cui coprirti!"
Realizzò trovando un modo per cambiare discorso. L'ultima
cosa
che in quel momento voleva era evitare che, a causa sua, anche
Kageyama rischiasse di prendersi un malanno. Lui bastava e avanzava
come grattacapo dell'intera squadra.
Fortunatamente l'altro non se ne avvide, anzi sollevò la
mano
indicando con il dito l'altra parte della strada, dove la cabina per
aspettare il bus notturno era perfettamente illuminata.
"Io sono arrivato alla mia fermata, vedi? Ma tu hai ancora tutta quella
strada di montagna da fare prima di arrivare a casa."
Era vero, pensò Hinata.
"Allora... te la riporterò domani!" Esclamò con
clamore, lasciando Kageyama ad annuire.
"Appena arrivi a casa fai una doccia calda. E vai subito a letto!
Capito?"
Il piccolo centrale unì i piedi e drizzò la
schiena, portando la mano alla fronte e imitando il saluto di un
marinaio.
"Signorsì!"
Con lo sguardo lo seguì andare via e attraversare l'incrocio
per salire sull'autobus che si accingeva a raggiungere la fermata dopo
aver svoltato nella strada.
Rimasto solo si scoprì impalato nel muovere un solo
passo: aveva ancora il cuore che batteva a mille, persino
quell'indecifrabile smorfia che gli attanagliava il viso avrebbe
incuriosito o fatto scappare a gambe levate qualsiasi passante.
Inconsciamente passò la mano lungo tutta la lunghezza
della felpa che aveva appena ricevuto in prestito, percorrendone la
linea
che dalla spalla arrivava fino al polso.
Nel fresco venticello estivo si
mischiò l'odore decisamente maschile del padrone di quel
pezzo di tessuto, riempiendogli le narici e cullandolo nel cuore della
notte.
Quel profumo, a lui così familiare, lo inebriò al
punto
tale da stringersi ancora di più dentro quell'indumento
ricevuto in prestito giusto qualche minuto prima.
Doveva
servire a coprirlo, per quanto ormai il suo naso colasse pur
soffiandolo, eppure di brividi ne avvertiva ancora e per giunta in
tutto il corpo.
E di certo non erano per il freddo, no.
Perché quei fremiti si presentavano ogni qual volta "lui"
riusciva a soprenderlo in qualche modo, dimostrandogli una strana
gentilezza tutta sua molto lontana dalla solita
irascibilità. L'alzatore della Karasuno era più
del
prodigioso "Re del Campo",
come era solito chiamarlo la sua fama e questo Hinata lo sapeva bene.
Ma l'incapacità di questo Re nel cogliere un
messaggio
scollegato alla pallavolo si rivelava sempre il primissimo scoglio con
cui il numero dieci della Karasuno doveva scontrarsi ogni volta.
Per questo Hinata avvicinò nuovamente il colletto di quella
felpa al naso, inspirò l'odore proveniente da essa e
voltò lo sguardo al buio cielo della notte,
osservandolo con un sorriso triste. Era davvero questo tutto
ciò
che poteva avere da Tobio Kageyama, compagno nella stessa squadra e
rivale dai tempi delle medie?
Quel suo muro di ottusità era forse il più alto
di
tutti? Solo le campane di un campanile in lontananza, il quale
scoccava l'inizio della nuova ora, lo riportarono alla
realtà,
lasciandogli intuire che la cosa migliore da fare al momento era
accantonare quei pensieri e volare dritto a casa.
Una doccia calda lo
avrebbe sicuramente rilassato e aiutato ad addormentarsi subito, no?
E invece si scoprì supino nel letto a guardare
insistentemente il soffitto.
Di nuovo la colpa fu da attribuire a quello stupido del suo alzatore:
rientrando in camera il ragazzo notò il display del suo
cellulare illuminarsi e, quando lo prese in mano, scorse un messaggio
che
chiedeva se avesse fatto la doccia e fosse già a letto.
Con una esuberanza tale che non pensava ancora di possedere Hinata
lanciò sul letto l'asciugamano con
cui teneva avvolti i fradici capelli.
Se persino un semplice messaggio si rivelava un colpo al cuore allora
era davvero un idiota senza speranza.
Nascondendo il viso in mezzo ai
cuscini si diede del cretino da solo: Kageyama era un
muro, il più alto di tutti, e vederne la cima era davvero
difficoltoso; ma quelle rare volte che ci riusciva il batticuore si
impossessava di lui.
Allungando la mano di fianco, nella vana ricerca di riprendere in
mano il cellulare per rispondere al messaggio, le sue dita
accarezzarono invece qualcos'altro.
Alzando la testa per capire cosa avesse toccato vide la felpa di
Kageyama abbandonata sul suo letto. Senza pensarci due volte la
afferrò, la portò nuovamente al naso e
inspirò
forte quel profumo che tanto lo cullava quanto lo stordiva.
Nel giro di
pochi secondi la indossò sopra il pigiama, si diede dello
sciocco da solo e finì con l'addormentarsi.
Il giorno seguente, durante tutto lo svolgimento delle lezioni, Hinata
sospirò. Lo fece al punto tale che i suoi vicini di banco si
trovarono costretti a chiedergli cosa non andasse.
In realtà non c'era poi niente di storto: quella mattina si
era
svegliato che stava un poco meglio rispetto al giorno precedente; in
più aveva dormito tutta la notte tenendosi addosso la felpa
ricevuta in
prestito da Kageyama e riposando benissimo,
meglio delle precedenti. Si era persino svegliato in ritardo e, senza
nemmeno fare colazione, l'aveva piegata alla meglio mettendola dentro a
un sacchetto e poi dentro allo zaino.
Il punto era che non se la
sentiva affatto di restituirgliela: Kageyama era irraggiungibile
perciò, se aveva la possibilità di avere qualcosa
di suo, perché non tenersela?
Si colpì le guance da solo, sotto le occhiate
stranite dei suoi compagni di classe, pensando al da farsi: lui
sarebbe giustamente venuto a reclamarla e cosa avrebbe potuto dire
a sua discolpa? Che l'aveva scordata a casa? Poteva funzionare per un
giorno o due, ma non per sempre. Evitarlo? Hinata scoppiò a
ridere da
solo: mancavano meno di due ore al consueto allenamento giornaliero di
tutto il club di pallavolo.
Decise di non pensarci e di rimandare il tutto al momento fatidico.
Naturalmente non aveva prestato la dovuta attenzione a quanto gli stava
accadendo intorno perché, se l'avesse fatto, allora
avrebbe notato come il capoclasse stava parlando con un primino
proveniente da un'altra sezione e già da un po' si era
girato
per chiamarlo.
Quando Hinata si accorse che questa persona altri non era che Kageyama
stesso
scattò in piedi come una molla: non aveva ancora trovato una
scusa decente da rifilargli e questi già si presentava
davanti a
lui!
"Ohi, Hinata. Hai la mia felpa dietro con te, vero? Dammela che mi
serve."
Hinata iniziò a ridere nervosamente, sempre più
teso come un baccalà.
"La tua felpa? Ahaha... che strano, credevo di avercela con me
stamattina. E invece ha fatto Puff!
da
qualche parte.. Cioè, pensavo di averla nel mio zaino, ma
non
è lì. E l'ultima volta che l'ho vista mi pare
fosse sul
letto di camera mia e..."
Kageyama lo squadrò per stoppare quello sproloquio.
"Cioè mi stai dicendo che te la sei dimenticata a casa?"
Hinata non osò rispondere a voce, lasciò
solamente la testa a ciondolare e farlo per lui. Pensieri come "la mia vità
è finita" oppure "me la sono proprio cercata"
attraversarono la sua mente in attesa di venire travolto da un fiume in
piena di scalmanate grida.
Cosa che in realtà non avvenne, anzi...
Le spalle di Kageyama si scrollarono mentre la sua bocca
pronunciava che non importava, ma di riportargliela comunque il giorno
seguente.
Hinata pensò di avere capito male, di conseguenza si
irrigidì ancora di più, tuttavia
ritornò alla
realtà quando lo vide lasciare l'aula con un niente; facendo
riposare
le gambe crollò a sedere sulla sedia spirando persino
l'anima.
Si sentì in colpa per aver mentito, soprattutto
perché la
felpa si trovava ancora nel suo zaino, sigillata nel
sacchetto, ma davvero non si sentiva pronto a restituirla al
legittimo proprietario. Tirandola fuori e stendendola sul banco la
accarezzò nuovamente con la punta delle dita: era una
semplice
felpa scolastica, nera come la pece e uguale alla sua, ma
ciò
che la rendeva così speciale era proprio il fatto di
appartenere
a quella persona che per Hinata era così speciale quanto
irraggiungibile.
Dando sfogo alle sue ultime forze crollò con la fronte
spiaccicandosi la felpa sotto il suo viso come fosse un cuscino:
l'odore di Kageyama era ancora persistente nelle sue narici, unito al
suono della campanella che annunciava l'inizio della nuova ora fu una
panacea per addormentarsi di nuovo.
Persino all'allenamento del pomeriggio Hinata arrivò in
ritardo, cosa che non era assolutamente da lui.
Corse a perdifiato, irrompendo nello spogliatoio come una furia in
piena; pensava persino di essere spacciato, ma nessuno lo
rimproverò, nemmeno Kageyama e il suo solito cipiglio
severo. Anche se venne preso un po' in giro da alcuni dei suoi senpai,
Tanaka e
Nishinoya in primis, ci pensò il buon Sugawara a non
rendergli
le cose ancora più difficili.
Così mentre stava rovistando dentro al suo zaino, alla
ricerca
della divisa da allenamento, venne avvicinato da Kageyama alle spalle.
"Ohi, Hinata."
Inutile a dirsi: il soggetto in questione scattò
immediatamente
sull'attenti, lasciandosi sfuggire un grido di tensione.
Trovò
la pace, per modo di dire, soltanto dopo essere stato colpito da un
buffetto sulla testa che lo fece accasciare a terra.
"La vuoi piantare di essere così rumoroso?"
La vittima si accarezzò la parte indolenzita del suo capo
senza rispondere.
"Piuttosto... come vuoi le alzate oggi?"
Hinata sgranò gli occhi: davvero Kageyama stava chiedendo
una cosa simile? Quel
Kageyama?
Se prima la sua mancanza di risposta era dovuta al dolore ora non
poteva che essere per lo shock.
"Voglio sapere come preferisci le alzate." Esplicitò meglio
l'altro non capendo perché Hinata perseverava a restare in
silenzio. Dopotutto cosa c'era di così difficile da capire
in
quel concetto? "Non sei ancora al cento per cento della
forma,
no? Pensi di poter schiacciare anche le veloci?"
Ah...
Hinata si rialzò in piedi; Kageyama e quel modo tutto suo di
esprimere la sua gentilezza erano davvero una mina per il suo cuore.
Soprattutto perché la sua preoccupazione era
sempre mirata alla pallavolo, non esisteva altro, solo quella e basta.
Decise che era giunto il momento di mostrarsi risoluto.
"Cosa stai dicendo? Schiaccerò qualsiasi alzata che tu mi
alzerai. Anche oggi."
Forse era quello sguardo, quello che Hinata riservava agli avversari ed
eventualmente anche a Kageyama stesso, che fece sorridere soddisfatto
l'alzatore della Karasuno.
Ricordandogli di finire di cambiarsi Kageyama lasciò lo
spogliatoio e finalmente Hinata poté tirare un sospiro di
sollievo: alle sue spalle il suo armadietto era ancora aperto,
così come lo zaino dove da una tasca penzolavano i suoi
vestiti
scolastici e, sotto di essi, la felpa che tanto gli stava a cuore.
Hinata la tirò fuori con cura e la annusò ancora
una
volta.
Ottenerla era stato davvero facile. Ma ottenere Kageyama?
Dal corridoio udì alcuni suoi compagni di squadra chiamarlo
insistentemente e questo fu sufficiente a spaventarlo e
lanciare via la felpa, raccogliere in fretta le sue cose e sistemarle
disordinatamente nell'armadietto per poi chiuderlo in fretta e
dirigersi in palestra.
Tutto sommato l'allenamento si era concluso nei migliori dei modi;
certo non erano mancate innumerevoli sfuriate da parte di Kageyama
contro Hinata; vastissime riprese da parte del capitano Sawamura, le
cui vene a volte sembravano saltare via quando pareva raggiungere il
limite della sopportazione, per fortuna esisteva al mondo qualcuno
paziente come Sugawara, capace di rimettere in riga tutti; manie di
protagonismo da parte di Tanaka e
Nishinoya, smorzate soltanto dall'umorismo saccente tipico di
Tsukishima
o fermate da Asahi e la sua gentilezza, ma i risultati della loro
fatica si vedevano eccome. Kiyoko e Yachi difatti
annotavano tutto con scrupolosa attenzione pronte a mostrare loro
quanto la Karasuno fosse cresciuta negli ultimi mesi. Hinata si era
scordato della sua preoccupazione e della sua distrazione, a fronte
dell'euforia
coinvolgente che aveva unito tutta la squadra,
riuscendo persino a passarla liscia senza che l'argomento "felpa", da parte di
Kageyama, venisse ripreso nuovamente in mano.
Alla fine la giornata si concluse quasi nel migliore dei modi e il
giovane
tornò a casa per utilizzare nuovamente quell'indumento
rubato
come coperta da avvolgersi.
Il giorno seguente si verificò la stessa cosa accaduta il
giorno
prima: solo che Kageyama gli sfuriò contro l'ennesima
dimenticanza costringendolo a trovare riparo sotto al banco per evitare
di essere picchiato.Il terzo giorno subì soltanto una
sfuriata
a parole, così come al quarto. Al quinto giorno i livelli di
stress di Hinata si erano talmente innalzati che lo avevano costretto a
rifugiarsi nella toilette dello spogliatoio usando la scusa del solito
mal di pancia.
Sapeva di non poter continuare a mentire, fingere di essersi
dimenticato o trovare scuse inaccettabili, ma proprio non ci riusciva:
per quanto sciocca la cosa quella felpa era diventata il suo piccolo
tesoro, come un premio di consolazione, ed era ostinato a tenersela.
Ma
era ovvio che il suo proprietario, ignaro di tutto, la rivolesse
indietro.
Facendosi coraggio si alzò dalla tazza del water per uscire
da
lì e quasi sbatté la porta in faccia a qualcuno.
"Suga-senpai!"
Il vice-capitano del terzo anno si trovava lì davanti a lui
in attesa, calmo e sorridente come sempre.
"Hinata." Lo chiamò con quella sua voce tiepida e
rassicurante. "Stai meglio?"
"Oh, sì! Il mal di pancia sembra che stia per passare!"
Rispose
raddrizzando le spalle e irrigidendo tutto il corpo; Sugawara si
lasciò sfuggire una morbida risata a riguardo.
"L'ho capito che c'è qualcosa che non va, non serve fingere
con me. Se hai un problema basta semplicemente che ne parli."
Hinata rimase pietrificato a quelle parole e Sugawara lo
rimproverò di non essere affatto bravo a nascondere i suoi
dilemmi, soprattutto perché ormai tutta la squadra se ne era
resa conto. Il tutto finì con il più piccolo
inginocchiato a terra e il più grande che gli batteva
affettuosamente sulla testa facendogli coraggio.
Hinata meditò se raccontare tutto, superando l'imbarazzo, o
rivelare una mezza verità: optò per quest'ultima.
"Come ti comporteresti se non volessi più restituire una
cosa che ti è stata data in prestito?"
Il senpai Sugawara spalancò inizialmente gli occhi per poi
addolcirsi subito dopo.
"C'è un motivo preciso per farlo?"
Lo sguardo del piccolo schiacciatore calò tristemente fino
al pavimento.
"Sì, però è un motivo futile. Anche se
non lo è per me."
Sugawara tirò un sospiro di sollievo e si
inginocchiò a sua volta, portandosi alla stessa altezza
dell'altro.
"Che motivo hai di nasconderlo? Non è più
semplice chiedere di regalartela, in questo caso?"
Hinata balzò all'indietro spaventato: il senpai aveva la
minima
idea della persona di cui stavano parlando? Una cosa come quella era
impossibile e al
di là di qualsiasi portata! Iniziò persino a
battere i
denti per la paura e Sugawara inclinò la testa sorridendo.
"Stiamo parlando di Kageyama, vero?"
A sentire quel nome Shouyo divenne blu dallo spavento,
iniziando a farneticare
frasi senza senso e muovendo convulsamente la testa da destra a
sinistra
e viceversa. Il senpai del terzo anno appariva invece tranquillo e
pronto ad ascoltarlo, per questo Hinata si lasciò andare e
gli
raccontò tutto dall'inizio alla fine, omettendo qualche
insignificante dettaglio -come l'aver usato la felpa di Kageyama come
coperta per coprirsi alla notte-, e arrivare dritto al dunque: non
sapeva davvero cosa fare e questa sua incapacità nel reagire
non
gli dava la forza di ragionare con lucidità. Fortunatamente
la
persona davanti a lui era il membro più saggio e paziente
dell'intera squadra, oltre ad essere un grande ascoltatore sempre
pronto a infondere coraggio e consigli.
"Le cose sono più semplici da affrontare di quanto credi. E
comunque non puoi continuare a nascondere la cosa per sempre, sei
d'accordo?"
Come essere più d'accordo... peccato che quelle parole
ebbero lo
stesso effetto di una doccia gelata, per quanto apparivano evidenti e
semplici da capire.
Hinata ci rifletté su per tutta la durata del loro
allenamento; pensò che era giunto davvero il momento di
affrontare di petto la questione e chiuderla una volta per tutte,
almeno per non incorrere nell'ira di Kageyama. Doveva solo trovare il
momento giusto e le parole giuste, quello sì che era
difficile
soprattutto perché le cose gli sembravano andare storte in
ogni
occasione: aveva provato a chiamare Kageyama in disparte, ma questi lo
aveva bellamente ignorato anche a causa del capitano Sawamura che
voleva discutere con lui di alcuni schemi da usare in partita. Poi ci
si era messo Nishinoya trascinandolo fuori dal campo per allenarlo
nella ricezione, il suo punto debole. Alla fine aveva convenuto
che provare a parlargli nel bel mezzo dell'allenamento era
completamente inutile, ma si rivelò arduo anche farlo dopo:
ritagliare uno spazio di tempo per loro due da soli non era affatto
facile, anche perché c'era sempre tutta la squadra nel
mezzo.
Inaspettatamente l'aiuto arrivò proprio da Sugawara quando
ordinò loro di recarsi nel ripostiglio per mettere a posto
tutta
l'attrezzatura usata; Hinata poté persino giurare di averlo
visto lanciargli un occhiolino complice che lo fece rabbrividire per la
fin troppa perspicacia usata dal senpai.
Non era per niente psicologicamente pronto e continuò a
pensarlo persino quando si ritrovò da solo
insieme a Kageyama in quello sgabuzzino. Incredibile pure come quello
spilungone si accingeva a dare lo straccio a terra senza inveirgli
contro. Che anche lui stesse riflettendo su qualcosa che
occupava la sua mente?
Hinata si colpì le guance da solo: era il momento di
parlare, ora o mai più!
"Senti, Kageyama..."
"Ascolta, Hinata..."
Avevano aperto bocca nello stesso, perfetto preciso istante, da
bloccarsi a vicenda e aspettare che l'altro continuasse, ma quando
nessuno dei due proseguì Hinata decise di lasciarlo parlare
per primo.
"Prima tu." Sussurrò a disagio.
L'alzatore abbandonò momentaneamente il mocio per poggiarlo
contro il muro dietro di lui.
"Vorrei che mi restituissi la mia felpa. Sono due giorni che mia madre
continua a stressarmi su dove sia e io non so più cosa
dirle."
Hinata sbiancò: decisamente era giunto il momento, ma oltre
a
non sentirsi ancora pronto non aveva nemmeno pensato esattamente alle
parole da usare. Giungendo le mani davanti al viso, in segno di scuse,
piegò la schiena esageratamente a terra.
"Mi dispiace, io ti ho mentito! La tua felpa l'ho avuta con me fin dal
giorno dopo che tu me l'hai prestata!" Sproloquiò esagitato
ad alta voce rimanendo in attesa di un cazzotto o di una scenata.
Nulla di tutto questo in realtà accade e Hinata si vide
costretto a riaprire gli occhi per poter osservare il viso di Kageyama
incredulo e stupito.
"Ah, è così?" Mormorò sfregandosi i
corvini capelli. "Immaginavo ci doveva essere qualcosa sotto."
Il piccoletto dai capelli aranciati sbarrò gli occhi
incredulo e si vide un dito puntato contro.
"Voglio dire: tu sei un idiota senza speranza, vero, ma non puoi
esserlo fino a questo punto."
"Ehi! Piano con le offese!" Scattò in avanti stringendo un
pugno, ma Kageyama si dimostrò più fermo e deciso
di lui
piegando le braccia e poggiando le mani sui fianchi.
"Quindi me la restituisci o no?"
Hinata incassò il mento in mezzo al busto: sarebbe bastato
uscire da lì e dirigersi nella stanza adiacente per ridarla
al
suo legittimo proprietario, sarebbe bastato fare quello e tutto si
sarebbe concluso, ma... scuotendo la testa negò con forza.
Non
poteva certo arrendersi così. Anche se Kageyama non sarebbe
mai
riuscito a capire da solo lui doveva ascoltare il suo cuore e questo
suggeriva che l'opzione della restituzione non era contemplata.
Puntando un piede in avanti, e un dito nella sua direzione, finalmente
trovò il coraggio di parlare. Avrebbe seguito il
suggerimento di
Sugawara e ci avrebbe provato senza avere rimpianti.
"Vorrei che me la regalassi! Sì, lo so, è solo
una
stupida felpa come tante altre, ma è la tua e indossarla mi
fa
sentire bene. Perciò non mi importa se la rivuoi indietro o
cosa, io me la terrò comunque, ok?" Gridò con
voce
stridula, in verità stava davvero tremando, ma
cercò di
non darlo troppo a vedere. Ne avrebbe avuto di tempo per tremare, una
volta scampato il pericolo.
Kageyama invece sospirò esasperato toccandosi la fronte con
il palmo della mano.
"Che senso ha chiedermi le cose se poi vuoi fare sempre di testa tua?
Almeno ascoltati quando parli." Intrecciando le braccia al petto
ponderò esattamente cosa fare e la sua seguente risposta fu
talmente scioccante da lasciare l'altro con la bocca aperta che toccava
a terra. "Va bene. Puoi averla."
Le palpebre di Hinata sbatterono incredule più di una volta.
Ok
che le cose potevano essere più semplici di quanto
apparivano
in realtà, ma davvero era così facile? E lui si
era
complessato su una cosa così semplice da ottenere per ben
cinque
giorni di seguito?
"Ma tu... mi hai davvero ascoltato con attenzione?" Balbettò
meravigliato.
"Se hai detto che ti fa stare bene non posso fare altrimenti. In questo
momento è importante che tu sia al massimo della tua forma
fisica, e..."
Il ragazzino ridacchiò nervosamente. Del resto cosa
aspettarsi? Stava
parlando con Kageyama, dopotutto. Il Re dell'Ottusità.
"...non possiamo permetterci errori, visti i nostri prossimi avversari,
dobbiamo arrivarci al massimo della nostra forma fisica..." Incredibile
come stava persino ancora sproloquiando.
"D'accordo, d'accordo, ora basta! Cavolo, sei davvero tardo..."
Sospirò affranto toccandosi i capelli. "Del resto non posso
farci niente, non saresti
tu altrimenti..."
Kageyama sbuffò seccato, ovviamente non intuendo un emerito
nulla; Hinata in quel momento era ben lungi dal menzionare la loro
tanto amata pallavolo, ma per farglielo capire avrebbe dovuto sudare
ancora parecchio.
Mollare per così poco non era
certo nelle sue intenzioni: vero, la cima di quella vetta pareva
irraggiungibile, ma non esisteva sommità disposto a
rinunciare sicuro che, una volta raggiunta, il panorama offerto sarebbe
stato mozzafiato. Passo dopo passo l'avrebbe conquistata.
Considerando
il loro rapporto ora, rispetto a quando si erano conosciuti, il
percorso sembrava essere quello giusto.
"Ah, però..."
Quelle due parole lo risvegliarono immediatamente dai suoi pensieri,
difatti Kageyama pareva ancora corrucciato su qualcosa.
"Non mi pare affatto equo così. Anche tu dovresti darmi
qualcosa
di tuo..." Mormorò strofinandosi il collo imbarazzato. "Non
vorrei ammalarmi nemmeno io se rientro a casa senza senza felpa alla
sera." Esplicitò guardando altrove, evitando così
l'espressione di Hinata pronta a scoppiare a ridere da un momento
all'altro. Era palesemente in imbarazzo.
"Puoi avere la mia sciarpa allora, è calda e confortevole!"
Gli
sorrise contento: non si aspettava proprio quel tipo di richiesta,
quantomeno Kageyama sapeva ancora come sorprenderlo, sia con i gesti
che con le parole.
"Affare fatto." Lo vide rispondergli serio e posato, per poi afferrare
il secchio con l'acqua sporca e uscire per andare a svuotarlo.
Finalmente rimasto solo Hinata si concesse due o tre balzi di
felicità: magari era cosa di poco conto, ma quella
sera
sarebbe tornato nuovamente a casa insieme a Kageyama indossando la sua
felpa e, cosa più bella, quest'ultimo avrebbe tenuto al
collo la
sua sciarpa. Il solo pensiero lo fece arrossire e zampettare per tutta
la stanza, urtando una cesta che conteneva i palloni usati durante
l'allenamento e spargendoli a terra. Nemmeno ebbe il tempo di chinarsi
per rimettere tutto a posto che già, da fuori, lo
udì
sbraitare di non fare troppo casino.
Hinata rise soffocandosi da solo con una mano: le cose non potevano
andare meglio di così. Per il momento, almeno.
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