Vita e menzogne di Rosalie Weasley

di ChiarainWonderland
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PROLOGO


Rose Weasley non avrebbe mai pensato di essere emozionata per l'inizio del suo sesto anno alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Insomma, non è che rivedere un certo ragazzo biondo le mettesse ansia.

Per niente.

Alla fine si sarebbero ignorati a vicenda, o almeno finché uno dei due non avrebbe trovato un motivo per scatenare la terza guerra magica come al solito.

Non è che fosse gelosa del fatto che quella Serpe da strapazzo conosciuta come Scorpius Malfoy la eguagliasse in tutto: voti, Quidditch, Albus…

Eh già, il suo adorato cuginetto Serpeverde Albus Severus Potter era diventato il miglior amico del biondino non appena si erano ritrovati nella stessa Casa. Con grande piacere di Rose.

Lei invece era una vera grifona, orgogliosa e testarda come solo i maghi appartenenti a Grifondoro sanno essere.

Ovviamente, da vera grifona, era anche impulsiva.

E ritardataria. Tremendamente ritardataria.

Ed era proprio per questo che si trovava in mezzo al salotto di casa sua in pigiama, cercando scuse credibili e pregando Merlino, Morgana e persino Salazar di far calmare sua madre, niente di meno che Hermione Jean Granger, che sbraitava riguardo al ritardo vergognoso che avrebbero fatto.

Quel giorno infatti, il 30 agosto, tutta la famiglia Weasley-Potter, con Scamander e Paciock compresi, si sarebbe trovata a Diagon Alley per le ultime spese prima dell'inizio della scuola.

O almeno, tutta a parte la sua.

«Mamma, ti giuro che ora corro in camera e mi preparo in due secondi!»

Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso.

«Questo non giustifica il fatto di essere in ritardo tutte le sante volte» stava dicendo Hermione, mentre si versava il tè in una tazza e, Rose ne era sicura, le lanciava mentalmente tutte le maledizioni di cui era a conoscenza. E si trattava di un numero di almeno tre cifre.

«Tesoro, non credi di stare esagerando un pochino...?» provò a chiedere Ron, o pacificatore, come ormai Rose lo identificava, mentre sorseggiava il caffè fumante cercando di non scottarsi la lingua.

«Non sto per niente esagerando, Ronald» lo interruppe Hermione, lanciando al marito quello che era ormai noto come “Lo Sguardo”. Rose lo temeva più di ogni altra cosa. Più dei ragni, più di un Troll in Incantesimi, perfino più di un appuntamento da Madama Piediburro.

«Rose ti giuro, questa è la volta buona che ti faccio saltare la colazione» continuò imperterrita la famigerata strega in una posa tipica da so-tutto-io, dito alzato in segno di accusa e mano sul fianco compresi.

«Ma io non posso saltare la colazione mamma! Merlino solo sa che sofferenze devo subire in questa famiglia…» sussurrò l'ultima frase Rose, consapevole che se Hermione avesse sentito, l'avrebbe messa in punizione per almeno due settimane.

La povera ragazza vantava già una grande esperienza con l’ira di sua madre, consistente in un vario e completo catalogo di punizioni originali, sfuriate epiche e figure imbarazzanti.

«Fa' come ti ho detto! E ora Hugo…»

Hermione guardò a destra, poi a sinistra. Ma del figlio minore non c’era traccia. Rose si batté una mano in faccia, ripromettendosi di comprare al più presto a suo fratello una di quelle diavolerie babbane che suo nonno Arthur chiamava “sveglia”.

«Dov'è finito Hugo!?»

Ron impallidì allo sguardo inquisitore della moglie, iniziando a balbettare parole senza senso: Rose non era l’unica ad avere esperienze con l’ira funesta di Hermione Granger. Dandosi un contegno, Ron posò con cautela la tazza di caffè sul tavolo e, cercando tra il suo repertorio l’espressione più innocua di cui fosse capace, proclamò:« Credo sia ancora in camera sua».

Oh no.

Rose si fiondò su per le scale, raggiunse la sua camera e chiuse la porta con un tonfo secco.

“Appena in tempo” pensò.

Anche da lì sentiva le grida di sua madre che intimavano a suo padre di salire immediatamente a svegliare Hugo, minacciandolo di non comprare più i suoi cereali preferiti.

La ragazza si fiondò nell'armadio, scaraventando vestiti da tutte le parti e arrivando alla conclusione di doverne acquistare di nuovi al più presto. Il risultato dell’assalto al povero mobile, ormai reduce da molte scene simili, fu un paio di pantaloncini in denim e una maglia nera con il logo di una band babbana, regalo di suo zio Charlie.

Bastò solo una veloce occhiata allo specchio per determinare la rinuncia all’uso di una spazzola. La natura aveva dotato i capelli di Rose del colore rosso carota tipico dei Weasley, ma soprattutto dei crespi ricci marchio Granger. Quella mattina, per esempio, la chioma della ragazza poteva ricordare vagamente una nuvola carica di pioggia.

Dopo essersi infilata il suo paio preferito di converse blu e aver maledetto come ogni mattina la sua misera altezza, da cui derivava la sua figura poco slanciata, provò ad affacciarsi sulla soglia della porta e, appurando di non sentire più urla, decise di arrischiarsi a scendere le scale.

Vide sua madre che stava allacciando i bottoni della maglia di suo padre, come se quest'ultimo fosse troppo imbranato e ingenuo per poterlo fare. Rose capì immediatamente di essere fuori pericolo. Scese l'ultimo scalino e andò incontro a Hugo, seduto in cucina e impegnato a ingozzarsi di pancake.

«Sei proprio un cretino Hugo, non vedo come possano dare a me della ritardataria quando ho un fratello del genere» gli sussurrò all'orecchio, non prima di aver rubato un pancake dal piatto stracolmo del fratello.

Rose si esibì in un’espressione di disgusto non appena il sapore dello sciroppo d’acero le sfiorò la lingua, quindi optò per un mezzo croissant abbandonato al centro del tavolo.

«Non è successo niente Rosie, non vedi che mamma è tranquilla? Ho tutto sotto controllo, non preoccuparti» liquidò la faccenda Hugo, alzandosi e dirigendosi dal padre, non prima di beccarsi uno sguardo poco convinto di Rose.

La ragazza mangiò un po’ di biscotti per essere sicura di evitare attacchi di fame durante la mattinata, scolò la sua tazza di caffelatte giornaliera e, dopo aver cercato di simulare una parvenza di ordine mettendo le stoviglie nel lavandino, raggiunse il resto della famiglia in salotto.

Non poté fare a meno di notare, come al solito, la stupefacente somiglianza tra suo padre e Hugo, stravaccati entrambi sul divano – a discutere dell’ultima partita dei Cannoni di Chudley, Rose ne era sicura – e per un momento, una fitta di gelosia la colpì in pieno petto al pensiero dello speciale legame che intercorreva tra i due uomini di casa. Fitta spazzata via non appena la voce di sua madre le rimbombò nelle orecchie.
 
«Ragazzi, dobbiamo muoverci. Sì Ronald, sto parlando anche con te, è inutile che ti lamenti. Chi vuole usare per primo la metropolvere?»

Rose odiava la metropolvere. La cenere sporcava i vestiti e le rendeva i capelli, che si trovavano già in una situazione difficile, ancora più crespi. Inoltre una brutta esperienza, dovuta al nome estremamente lungo e ridicolosamente impronunciabile della cittadina in cui vivevano i suoi nonni materni, aveva minato irrimediabilmente la fiducia in quel magico mezzo di trasporto. La ragazza, che all'epoca aveva solo dieci anni, si era ritrovata in un'isola deserta al largo della Scozia e gli Auror erano riusciti a ritrovarla solo dopo sette ore di ricerche.

Consapevole però che come alternativa avrebbe dovuto subire la guida spericolata di suo padre, Rose decise che per una volta la metropolvere poteva anche sopportarla. Via il dente via il dolore, come diceva un detto babbano.

«Vado prima io mamma».

«Sei sicura Rosie? Se vuoi può andare prima Hugo o...»

«No tranquilla, è meglio che vada io per prima» la interruppe Rose, prendendo in mano una manciata di cenere e posizionandosi al centro del grande camino del salotto. Non dovette neanche abbassarsi per entrarci.

«Diagon Alley!» pronunciò forte e chiaro, buttando la cenere incantata ai suoi piedi.

Dopo un attimo, era sparita.







Angolo dell'autrice

Non so in quanti si possano ricordare di questa storia, ma dopo molto tempo di assenza, ho deciso di rivederla, ripubblicarla e, se possibile, finirla.
La verità è che scrivere mi è mancato tanto, e purtroppo l'ultimo periodo non mi ha permesso di concentrarmi su questa mia passione. Mi è mancato scrivere di tutti i personaggi e, non dimenticando la cosa più importante, il mondo di Harry Potter avrà sempre un grande posto nel mio cuore.
A presto
ChiarainWonderland
 

 

 





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