Cose
svanite
Cose
svanite, facce, e poi il futuro
―Anime
Salve, Fabrizio De André
«Allora?»
domandò Maureen, alzando la
voce per sovrastare il frastuono che le circondava. «Ti
ricorda niente?»
Clary
si guardò attorno con la fronte increspata prima di
gridare di rimando: «In realtà no».
Andava
anche detto che non era facile avere una buona visione del
locale, tra i flash delle luci e la miriade di corpi che si muovevano
al ritmo della musica. Ma né i soffitti alti né i
pilastri circondati di gente le evocavano il minimo sprazzo di
riconoscimento.
«Hai
detto che siamo già state qui,
giusto?»
Maureen
annuì e si sistemò una ciocca di capelli
ricci dietro l’orecchio. «Per il tuo diciottesimo
compleanno».
Clary
si accigliò. «Non ero venuta ad un concerto
tuo e di Simon?»
Subito
dopo si morse le labbra, ma era troppo tardi: Maureen la
guardò come se avesse perso di colpo il filo del discorso.
Una
giovane donna che ballava con le braccia tese verso il soffitto
passò loro accanto, e quasi si strusciò contro
Clary. Lei sgusciò via con facilità, segretamente
lieta di quella distrazione.
«Senti»
disse, rivolta a Maureen,
«togliamoci da qui e troviamo un angolo più
tranquillo».
Quasi
non lasciò tempo all’amica di rispondere, ma
le afferrò la mano e la trascinò con
sé, evitando agilmente la massa di persone in movimento. Si
diresse con decisione verso l’angolo bar, che sembrava
estendersi per tutta una parete. Una serie di sgabelli alti erano
allineati lungo il bancone, ed erano quasi tutti occupati. Non era
esattamente un luogo deserto, ma almeno non sarebbero state tra i piedi
delle persone venute lì a ballare.
«Volete
qualcosa, ragazze?»
s’informò una barista dai lunghi capelli neri.
«Dobbiamo
ancora decidere» rispose cordialmente
Clary. In realtà pensava fosse meglio non ordinare niente;
già erano entrate con dei documenti falsi, non voleva
rischiare di cacciarsi ancor più nei guai bevendo qualcosa.
La
donna annuì e si spostò per rivolgere qualche
parola ad un suo collega. Era strano: con tutti i giovani che
continuavano ad avvicinarsi per ordinare un drink, Clary si sarebbe
aspettata più folla, e che i baristi fossero molto
più affaccendati. Loro, però, si muovevano con
calma, e il servizio era comunque incredibilmente rapido.
Scrollando
le spalle, Clary riportò l’attenzione
su Maureen. «Dicevamo…»
«Il
concerto. Giusto». Maureen si morse appena le
labbra. «Dopo ci siamo fermati qui fuori, e tu hai ridecorato
il furgone di Simon».
«Le
tempere che mi aveva regalato Luke»
mormorò Clary tra sé e sé. Poi,
alzando di nuovo la voce, incalzò: «E
dopo?»
«Dopo…
be’, a te è sembrato
di vedere un tipo palestrato, o qualcosa del genere, e hai deciso di
seguirlo nel locale. Siamo entrati anche noi, ma poi ti abbiamo persa
di vista, e alla fine sei praticamente scappata fuori. E non ti ho
più risentita».
«Mmm».
Clary si succhiò il labbro
inferiore con fare pensoso.
Non
ricordava di essere mai entrata in questo locale. Ricordava
vagamente di aver ridecorato il furgone di Simon, e le loro chiacchiere
con Maureen…
Maureen,
che adesso la stava fissando con una punta di apprensione.
Clary sapeva perché. La guardavano tutti così,
quando saltava fuori Simon, e supponeva che avesse senso…
lui era il suo migliore amico da sempre, ed era morto. Avrebbe dovuto
sentirsi distrutta, giusto? Ma non era così. Simon le
mancava da morire, certo, ma era come se una parte di lei non credesse
a quella faccenda dell’incidente.
Inizialmente
la propria mancanza di dolore l’aveva allarmata
e fatta sentire in colpa, ma adesso stava cercando di accettare i
propri sentimenti, il fatto che probabilmente aveva bisogno di
più tempo.
Passando
il peso da una gamba all’altra, Clary
spostò lo sguardo verso il bar, e notò una
persona che si era avvicinata per dire qualcosa ad una barista.
Era
un uomo abbastanza alto, con una cresta di capelli neri striati
dello stesso blu della giacca che indossava. I suoi occhi a mandorla
erano evidenziati da un tratto deciso di eyeliner, e guardarlo era come
cercare di ricordare un sogno che aveva già dimenticato.
«Clary?
Cos’hai?»
Clary
sbatté le palpebre. Maureen sbirciò di lato
e annuì con un certo apprezzamento.
«Carino»
commentò.
Clary
non rispose. L’uomo era innegabilmente attraente, ed
aveva un ché di confidente ed etereo, quasi soprannaturale.
Ma ogni volta che lei si trovava ad apprezzare l’aspetto
fisico di qualcuno era come se la sua mente desse uno strattone. Come
se volesse fare un automatico paragone con… con qualcun
altro che Clary non riusciva a ricordare.
«A
volte mi chiedo se mi sono innamorata»
confidò di punto in bianco, «in quei mesi che non
ricordo…»
L’aveva
detto solo a Becky, finora, durante quelle settimane
in cui era andata a stare in Florida con lei e la signora Lewis.
Maureen
la guardò con aria sorpresa. «Sai? Credo
che Simon… credo che lui mi avesse accennato qualcosa al
riguardo. Mi ha detto che avevi un ragazzo, mi sembra».
Dovette vedere qualcosa sul viso di Clary, perché si
affrettò ad aggiungere: «Non so se fosse vero,
però. Se fosse una cosa seria, o se stesse
esagerando».
Clary
non rispose, serrando le labbra. Certo, era possibile che lei
avesse semplicemente incontrato un ragazzo e Simon avesse reagito in
modo melodrammatico, ma… ma… Qualcosa le diceva
che non era così.
«Ti
ha detto nient’altro?» non
poté fare a meno di chiedere, il cuore che batteva un
po’ più forte. «Su questo mio presunto
ragazzo?»
Maureen
scosse la testa. «No, credo proprio di no. Mi
dispiace».
Clary
inghiottì a forza la propria delusione.
«Tranquilla, non importa» disse, anche se in
realtà importava eccome.
Per
un istante, aveva sperato di poter dare un minimo di senso alle
sensazioni e alle immagini confuse che la tormentavano costantemente,
di poter avere un qualche indizio su quei mesi che non
ricordava… di poter sapere con più sicurezza se
almeno una delle cose che sospettava fossero vere lo era o no.
Cercando
di calmarsi, infilò una mano nella tasca della
propria gonna a pieghe. Le sue dita trovarono la forma familiare di un
carboncino, e lei ci giocherellò finché non
riuscì a smaltire il proprio disappunto. Trasse un paio di
respiri, e riportò lo sguardo su Maureen.
«Non
ti fa paura?» le chiese l’amica, con
una certa cautela. «Non ricordare niente?»
«In
parte» ammise Clary, sinceramente. Soprattutto
i primi giorni. «Ma, ecco… Ho
l’impressione che, dovunque io sia stata… ho
l’impressione che fossi al sicuro».
O
forse non proprio al sicuro. Ma al proprio posto.
«Dovunque
tu sia stata» commentò
Maureen, «ti è successo qualcosa».
Clary
si accigliò. «Cosa vuoi dire?»
Maureen
esitò per un momento, e Clary ricordò
che, per quanto fossero amiche, non erano davvero abituate a scambiare
confidenze troppo intime.
«Be’»
rispose infine Maureen.
«Sei diversa. Prima eri… ecco, eri una ragazzina.
Adesso è come se fossi una donna. Sei più decisa,
più sicura di te».
Clary
rimase immobile, assorbendo quelle parole. Maureen aveva ragione,
pensò. Lei era diversa.
Prima
che potesse replicare, una mano sconosciuta si
appoggiò pesantemente alla sua spalla, e una voce le
alitò all’orecchio: «Ehi, ragazze. Posso
offrirvi un drink?»
Clary
scrollò le spalle per sottrarsi allo sconosciuto
– un tipo sui trent’anni, dai capelli castani,
palesemente ubriaco.
«No,
grazie» disse, e Maureen le fece eco:
«Siamo a posto».
L’uomo,
però, tornò ad agguantarle la
spalla, stavolta con più forza.
«Andiamo» insistette, con un sorriso storto.
«Sarà divertente».
Maureen
fece un passo in avanti. «Abbiamo
detto…»
Non
riuscì a finire. Lo sconosciuto affondò le
dita nella spalla di Clary, e lei reagì senza pensare. Si
girò di scatto verso di lui, afferrandogli il braccio e
facendo leva per scaraventarlo a terra in una mossa fulminea.
«Ma
che diamine…?» imprecò
lui, lungo disteso sul pavimento.
Maureen
fissava Clary ad occhi sgranati, ma lei non ci fece caso.
«Vattene» sibilò, rivolta
all’uomo.
Sapeva
che le persone nelle vicinanze si erano girate a guardare, e
onestamente non le importava.
«Ma
chi ti credi di essere?» borbottò
l’uomo, mettendosi a sedere con qualche
difficoltà. «Io…»
«Hai
sentito la signorina» intervenne
un’altra voce. «Fuori dal mio locale».
Clary
si girò. L’uomo che aveva attirato la sua
attenzione al bar si era avvicinato, affiancato da un imponente
buttafuori. Lei lo fissò, ma lui sembrò evitare
accuratamente il suo sguardo e rivolse un gesto al buttafuori, che si
mosse immediatamente per tirare in piedi l’ubriaco e iniziare
a scortarlo verso l’uscita più vicina.
«Ho
capito, ho capito, me ne vado! Pazza
furiosa…»
Quando
furono scomparsi dalla loro vista, Maureen affiancò
Clary. «Wow» esalò.
«È stato incredibile».
Lei
si guardò la mano come se questa avesse agito di sua
spontanea volontà. «Immagino».
«Immagini?»
ripeté Maureen.
«Clary, hai appena steso un tizio che era il doppio della tua
taglia!»
Clary
si concesse un breve sorriso di soddisfazione, poi
ricordò l’uomo del bar – che a giudicare
da quanto era successo doveva essere il proprietario del locale
– e si voltò verso di lui.
Fu
sorpresa di trovarlo ancora in piedi lì accanto. Per
qualche motivo si era aspettata che svanisse subito via tra la folla.
«Grazie»
gli disse.
Stavolta,
lui incontrò i suoi occhi. «Non
ringraziarmi» le disse. «Te la stavi cavando
egregiamente anche per conto tuo».
Se
non fosse stato assurdo, Clary avrebbe pensato che sembrava quasi
orgoglioso di lei. Fu quasi sul punto di chiedergli se si conoscevano,
ma poi decise di no. Se fosse stato così, certamente lui
l’avrebbe salutata, o qualcosa del genere.
«Però…»
La sua voce la
distolse da quei pensieri. «Credo che neanche voi dovreste
essere qui. Sembrate un po’ troppo giovani. O
sbaglio?»
Clary
scambiò un’occhiata con Maureen.
«Siamo nei guai?» chiese poi.
Probabilmente
avrebbe dovuto fingere di non capire, ma il suo istinto
le suggeriva di fidarsi, e lei si fidava del proprio istinto. E a voler
essere pignoli non aveva davvero
ammesso qualcosa.
Le
labbra dell’uomo si contrassero come per trattenere un
sorriso. «Non necessariamente. Se ve ne andate subito, potrei
chiudere un occhio».
«D’accordo»
disse Clary, studiandolo
curiosamente.
A
quella distanza, poteva vedere l’impronta di brillantini
sulla sua guancia, l’ombretto indaco attorno ai suoi occhi.
Poteva vedere i cerchietti di metallo che gli decoravano la giacca, le
collane che gli pendevano sul petto. Tutto l’insieme le
faceva prudere le dita dalla voglia di provare a disegnarlo.
«Usate
l’ingresso principale» aggiunse
l’uomo, «così da non imbattervi in quel
malintenzionato».
Alzò
brevemente la mano sinistra per indicar loro la
direzione, e Clary notò di sfuggita la fede che portava
all’anulare.
«Sì,
signore» disse Maureen.
Lui
annuì e fece un aggraziato passo indietro per poi
dileguarsi tra la folla, non prima però di aver lanciato a
Clary un’ultima occhiata.
«Uff»
commentò Maureen mentre iniziavano
a dirigersi verso l’uscita. «Ci è andata
bene».
Clary
non rispose. Si sentiva quasi su di giri, e si chiese se fosse
per l’adrenalina di essere riuscita a mettere al tappeto un
uomo adulto. Forse avrebbe dovuto esserne meno compiaciuta. Era stata
una reazione completamente istintiva, non ricordava nemmeno
più le mosse che aveva fatto.
“Memoria
muscolare” le venne da pensare, e si
chiese se sarebbe mai riuscita a ripetere quell’azione
volontariamente.
Il
suo ultimo pensiero prima di uscire all’aria aperta,
però, fu per il proprietario del locale e per il suo sguardo
intenso. Poi il fumo di una sigaretta la fece tossire, e Clary
toccò la spalla di Maureen per indirizzarla verso la strada,
e insieme si allontanarono dal Pandemonium, tra la folla, lungo la
città illuminata.
Note:
Magnus non doveva essere altro che un cameo, ma poi la storia ha finito
per andare per conto proprio e lui ha interagito con Clary.
Comunque ho una quantità spropositata di headcanon
sull’anno mancante, quindi potrei tornare a scrivere su
questo periodo.
(Se avete un momento per andare a votare qui
per il nome di Maureen
così che venga inserito nella lista dei personaggi mi
fareste un gran favore ♥)
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