VIII - Dritta, come lo stelo di un fiore che mai appassisce

di AleDic
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Personaggi: Soyo Tokugawa
Pairing: nessuno
Generi: Triste, Drammatico, Introspettivo
Rating: Verde
Tipi di coppie: Nessuna
Avvertimenti: What if
Prompt: #2. Bacio (Lista 1)

Contesto: inizio Farewell, Shinsengumi Arc
Note autore: a fine storia.

 

 

~ the themes ~ Chrysanthemums 

(bianco=dolore; rosso=affetto, amore; giallo=simbolo imperiale)

 

 

VIII

{ 446 parole }

 

 

 

 

Il corteo funebre termina dove ogni corteo funebre termina sempre: davanti a una lapide. Questa in particolare è grande e sontuosa, soprattutto grande, talmente alta che Soyo deve alzare la testa per scorgerne la fine. Davanti a quella lapide si sente piccola e persa, come quando, fino a poco tempo prima, si sentiva davanti alla schiena di suo fratello, dritta e forte – e lei era sempre lì dietro, che alzava lo sguardo e seguiva quella schiena con fede e ammirazione, ma era sempre troppo in alto perché potesse fare più che restare indietro a guardarla allontanarsi in silenzio. C’è silenzio anche ora che quella schiena è ormai completamente fuori dalla sua portata, troppo in alto perché il suo sguardo possa raggiungerla, non importa quanto provi ad alzare la testa.
   La folla si apre davanti a lei liberando il passaggio verso il monumento in pietra, e Soyo avanza – la schiena dritta, cercando di imitare quell’unica che ha sempre seguito e sperando di riceverne abbastanza forza da non piegarsi – sale gli scalini uno a uno, finché per la prima volta (finalmente) si ritrovano faccia a faccia.
Esala un lungo respiro, poi separa lentamente i fiori che stringe in una mano con l’altra, prendendoli uno alla volta. Comincia da quello bianco perché è il più pesante di tutti e non è sicura che la sua schiena riesca a reggerlo fino alla fine; lo porta delicatamente alle labbra, sfiorando i petali appena appena, in un gesto che è più una reminiscenza lontana – un riflesso di tanti anni prima, davanti ad altre due tombe, con suo fratello al suo posto che offriva quel bacio soffiato delicatamente prima di poggiarli sulla pietra fredda, e sussurrava parole che Soyo non capiva o non ricordava (anche allora la sua schiena se ne stava immobile e dritta, sempre troppo in alto, sempre davanti a lei).
Ripete quel gesto per altre due volte: per quello rosso – che tiene più vicino e stretto, e più a lungo, soffiandovi parole impresse solo nei petali cremisi – e infine per quello giallo.
   Non versa neanche una lacrima. Non trema.
Rialza la testa non appena anche l’ultimo adorna la pietra grigia e l’odore d’incenso ha ormai impregnato la stoffa nera dello yukata – Soyo sa che non se ne andrà mai più via, lo sentirà sulla pelle anche dopo un bagno caldo. Dovrà imparare a conviverci – non è la prima volta comunque.
   Le lettere incise elegantemente nel marmo scuro si trovano proprio all’altezza del suo sguardo.
Prende un altro respiro, più lungo e profondo, e chiude gli occhi.
   Quando li riapre, un piccolo sorriso le taglia il volto.

«Alla fine sono riuscita a raggiungerti, fratello.»

 

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Note autore: Okay, prendete questa storia così com’è: volevo scrivere qualcosa su Gintama, volevo scrivere qualcosa su Soyo, stavo lavorando su vecchie challenge ed è iniziato il Writober. Tutto qui. Non so quanto senso possa avere: ho immaginato Soyo che quasi come in un déjà-vu sente di rivivere la morte dei suoi genitori nel mentre ripensa a suo fratello che è sempre stato una figura che non poteva raggiungere nonostante lei fosse sua sorella, non solo per la loro differenza d’età ma anche dato il ruolo che Shigeshige ricopriva. È abbastanza triste e deprimente e non credo avrebbe potuto essere altrimenti.





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