Nessuno resta per sempre

di _Glaucopis_
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Aprì gli occhi.

Impiegò qualche istante per abituarsi all’oscurità e realizzarlo.

L’altra parte del letto era vuota.

Si rizzò a sedere con uno scatto e accese la luce. Non c’era.

Allungò una mano verso la sveglia. Le due e un quarto del mattino.

-Leo? -

Un terrore improvviso la assalì. 

Non si era neanche degnato di salutarla. Semplicemente, si era svegliata per ritrovarsi sola sul telo in riva al mare.

La zattera svanì all’orizzonte e Calipso, scossa dai singhiozzi, si lasciò cadere sulla sabbia fredda.

Alzò lo sguardo al cielo. Perfino le stelle parevano farsi beffe di lei, quella stupida ragazza che ogni volta si ripeteva “Lui è diverso dagli altri, me lo sento!”, che riversava tutto ciò che di buono c’era in sé su quella persona e puntualmente finiva a piangere sulla spiaggia.

Alcuni restavano per pochi giorni. Altri perfino per anni. Nessuno per sempre. E lì, sola sulla sua isola, la ninfa si sentita usata, un’ingenua, e si figurava le altre, i loro veri amori, che stringevano a sé i valorosi eroi mentre lacrime di gioia bagnavano i loro bei volti.

Si precipitò furi dalla stanza. Lo chiamò ancora.

Nessuno restava per sempre. Perché mai lui avrebbe dovuto? Erano passati otto anni da quando si erano incontrati, ormai. Era plausibilissimo che si fosse stufato di lei. Tutti si stufavano della patetica Calipso, prima o poi.

Scese di corsa le scale.

Trattenere le lacrime era così difficile che la testa prese a farle male. Un dolore insopportabile.

Il suo cuore correva più veloce del Pelide Achille.

Una luce in cucina.

Sì rilassò. Portò una mano al petto. I battiti si succedevano ancora rapidi.

Inspirò. Espirò.

Entrò nella stanza.

“Trovati!” esclamò Leo prendendo un pacco di biscotti al cioccolato dalla credenza.

Voltandosi, sussultò. “O SANTO EFESTO. Cal, mi hai fatto prendere un colpo! Ehi, tutto bene? C’è qualcosa che non va?”

Le si avvicinò con aria preoccupata.

Per qualche istante lo guardò senza proferire parola.

Portò una mano al capo di lui. Accarezzò i suoi morbidi ricci scuri e disordinati, e poi quel viso che tanto amava, sul quale si soffermò. Percepiva la pelle del figlio di Efesto divenire sempre più calda. Lo vide avvampare.

Sorrise.

Trovava adorabile come dopo tutto quel tempo il ragazzo avesse ancora la stessa reazione al tocco di lei.

“Leo Valdez“ disse guardandolo negli occhi.

Ogni tanto temeva di risvegliarsi nella sua grotta, sola su Ogigia.

Ma lui era lì. Era ancora lì. Era veramente lì con lei.

“In persona” rispose lui.

Gli gettò le braccia al collo e affondò il viso nel suo pigiama.

Lui ricambiò l’abbraccio.

“Va tutto bene”

  

 

 

 





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