Lo
scriveranno sulla mia tomba: doveva essere una oneshot, e invece.
Oppure,
doveva essere un solo capitolo bonus... e invece :'D more to
coming.
Another Day
(not off) To Repent
Quello di “periodo
sfortunato” era concetto abbastanza
familiare per Tarn.
Quando aveva un altro nome, un altro
volto e un’altra
identità, aveva dovuto fare i conti proprio con
“periodi sfortunati” che l’avevano
portato a diventare ciò che era in quel momento: questo
pensò.
Ricordò come in passato ne
avesse sofferto e come invece,
nel presente, tendesse a considerarli ostacoli che l’avevano
portato a essere
la possibile miglior versione di se stesso, un se stesso forte, deciso,
potente, rispettato.
Un se stesso liberato di un corpo
incapace di sostenere
tutto il suo vero potenziale, perché prima, quando si faceva
ancora chiamare
Glitch, l’utilizzo delle sue abilità - ai tempi ancora poco
sviluppate
- gli
causava conseguenze a livello fisico;
Liberato da pensieri e regole morali
che gli avevano
impedito di raggiungere il proprio massimo, un livello che non sarebbe
neanche
stato in grado di immaginare quando era ancora un povero stupido
monocolo dalla
testa arancione che non aveva imboccato la strada giusta per lui, alias
quella della
filosofia Decepticon e del suo ruolo di cacciatore, punitore,
esecutore;
Liberato dall’idea di
doversi nascondere proprio a causa di
quell’abilità dapprima solo un
po’pericolosa, poi diventata devastante e
mortale, con la quale era nato e per la quale ormai era conosciuto e
temuto da
chiunque avesse sentito nominare la DJD, cosa che solitamente gli
andava
benissimo. Era passato dall’avere paura al fare paura.
Naturalmente ne valeva la pena, non
poteva essere
altrimenti.
Essere quel che era adesso non era
forse qualcosa per cui
valeva la pena trovarsi, a volte, a guardare stranito il proprio
riflesso visto
di sfuggita prima di ricordarsi che quello lì, con quel
corpo viola e quei
cingoli, era lui stesso?
Non era qualcosa per cui valeva la
pena passare alcune notti
insonni perché tormentato da pensieri e dubbi sulla propria
missione sacra,
alias cose che non avrebbe dovuto avere e delle quali, una volta
passate, si
vergognava perché sintomo di debolezza?
Non era qualcosa per cui valeva la
pena avere dubbi
sull’essere una bestia che si fingeva persona o il contrario?
O, ancora, trovarsi sotto attacco
quando diceva a qualcuno
di voler fare una chiacchierata, senza necessariamente avere brutte
intenzioni?
Resosi conto che i suoi pensieri
avevano divagato fin
troppo, Tarn fece un lievissimo sbuffo e tornò a occuparsi
di questioni più
pratiche, alias quelle che l’avevano indotto a concludere di
trovarsi in un
periodo sfortunato.
«Non si può
proprio riparare? Quel componente va
necessariamente sostituito?» domandò a Kaon
«Non ne abbiamo uno di riserva?»
«Purtroppo era già
quello di riserva che avevamo nella nave» lo
informò il tecnico «Quindi le
risposte alle tue domande sono rispettivamente no, no e no. Se non
altro ora è
chiaro il motivo per cui non riuscivamo a utilizzare il modulo per
l’iperspazio
e, a quattro giorni dalla partenza da Pettinathia, siamo ancora a sud
della
costellazione dello Scorpionokor. Di questo passo verremo lasciati a
piedi arriveremo
sul pianeta Terra all’incircaaaa… l’anno
del mai».
Se Tarn fosse stato un mech credente
e leggermente meno di
classe, avrebbe demolito l’astronave a suon di imprecazioni e
bestemmie;
tuttavia molte cose si potevano dire di lui, eccetto che gli mancasse
lo stile.
Ragion per cui rimase qualche attimo
in silenzio ragionando
sul da farsi.
«Quanta autonomia ci
resta?»
«Potremmo andare avanti
altri quattro giorni, forse meno. Ignoro
a che ritmo. Più il componente si deteriora peggio
è, credo che tu lo
immaginassi già» disse Kaon.
In quel momento sopraggiunse Nickel.
«Allora? Si può fare
qualcosa per quel componente?»
Tarn scosse la testa.
«Abbiamo quattro giorni di autonomia,
forse, certo non di più».
«Cosa vi avevo detto prima
di partire da Messatine? Cosa vi
avevo detto?» li rimproverò, battagliera, la
minicon «Controllare tutto
accuratamente e portare via più di una riserva di ogni parte
vitale
dell’astronave! Ma voi no! “Non è
necessario, non essere paranoica”, dicevate,
e guardate che in che situazione siamo adesso! Per avere quel pezzo ci
toccherà
tornare a Pettinathia!»
«Giammai!»
la
interruppe Tarn «Non c’è bisogno.
Troveremo un pianeta abitato, una
colonia o un avamposto militare di
chicchessia e provvederemo a cercare lì il componente che
serve. Oppure
possiamo tornare a nord».
«Sarebbe una buona idea se
non fosse che a nord c’erano solo
piccole colonie minerarie e fabbriche, non credo proprio che potremmo
trovare
ciò che serve a un incrociatore come il nostro»
disse Kaon.
«E qui a sud finora non
abbiamo visto alcun pianeta abitato
o abitabile, grande o minuscolo che fosse, neppure dove secondo le
mappe
avremmo dovuto trovarne» gli ricordò Nickel
«Abbiamo trovato solo stelle, una
dopo l’altra».
Quel particolare in effetti gli aveva
dato di che pensare
per qualche attimo, prima di concludere semplicemente che le mappe
dovessero
essere sbagliate. I pianeti non potevano certo scomparire senza
lasciare
traccia, anche quando venivano distrutti dai Decepticon ne restava
sempre il “corpo”
morto o dei detriti: nessun detrito significava nessun pianeta, era la
conclusione più logica.
«Quindi che si fa,
Tarn?» domandò Kaon, in attesa di
istruzioni «Non vedo molte alternative a
Pettinathia».
Tarn ricordò
cos’aveva pensato quattro giorni prima: “Non ce
ne andremo mai da Pettinathia”.
Cominciava a temere che quella frase
fosse stata un incrocio
tra una profezia e un anatema.
Il resto della squadra
entrò nella sala, ma lui fece a
stento caso al fatto che Nickel e Kaon li stessero ragguagliando sugli
ultimi
avvenimenti, preso dalla ricerca di una qualsiasi opzione che non
comprendesse
tornare in quella città-Stato maledetta che gli causava
perfino flashback non
voluti, come Kaon che parlava della colla di valvola, di Nickel col
tentacolo
sul dito, delle crepe sui muri causati dagli strilli di Stiria, del
murale che
aveva visto poco lontano dall’ingresso del palazzo una volta
entrato, di Sylves
Mariner da lui sollevato dalle proprie miserie, di…
Un momento.
“Murale?”
Diede tutta la sua attenzione a
quella particolare memoria.
Ricordò di aver posato gli
occhi solo per qualche attimo su
quel disegno abbastanza grossolano, evidentemente la sua attenzione era
stata
catturata da altro, ma cercando di focalizzarsi sui particolari del
murale avrebbe
potuto giurare che fossero presenti Stiria, altre due persone e la
costellazione Scorpionokor in cui si trovavano.
Pettinathia era nella parte nord e
Tarn non aveva visto
altri che Stiria al potere, ma magari a sud…
«Kaon, mettimi in contatto
con Pettinathia. Ci sono delle
informazioni che voglio ottenere».
Vos, decisamente poco entusiasta,
domandò a Tarn se
sarebbero tornati lì.
«È precisamente
quel che sto cercando di evitare» replicò il
Decepticon «Ho ricordato un particolare che potrebbe esserci
utile, però
necessito di una conferma».
Poco dopo riuscirono ad avere il
desiderato contatto con
Stiria, anche se lei per un minuto intero parve non accorgersene
affatto.
Sembrava intenta a discutere con, o
di, qualcuno “imbecille”
che le aveva fatto… non riuscirono a capire cosa, parlava
troppo alla svelta e
il fatto che ogni tanto battesse anche i piedi per
l’irritazione non aiutava.
«Se fosse stata mia figlia
le avrei tirato quattro ceffoni»
commentò Nickel.
– Non
ci saresti
riuscita nemmeno se io fossi stata tua figlia per davvero,
perché sei una nana
e alla mia faccia non ci arrivi neanche saltando –
si fece sentire Stiria,
mostrando di essere consapevole di averli in attesa.
«Il fatto che io sia della
taglia di un cubo di energon non
significa che non potrei rimetterti in riga, sei solo una ragazzina e
mi
basterebbero dieci minuti, se non meno!» ribatté
Nickel.
– Seh,
credici. Che
volete dalla mia viiiiiitaaaa?... ah, ma siete a sud?
–
«Passare di qui avrebbe
dovuto essere la via più breve. Un
pezzo della nostra nave necessita di essere sostituito e non
è qualcosa che si
possa reperire facilmente» disse Tarn «Quel che
voglio sapere è se vicino a noi
c’è una città o un qualunque posto in
cui possano occuparsi di un’astronave
come la nostra».
– Perché
lo chiedi a
me? –
«Credo che tu conosca
qualcuno con un minimo di autorità da
queste parti. Le persone raffigurate insieme a te in quel murale
presente nel
tuo palazzo, per esempio».
– Mmmh…
–
A nessuno della DJD piacque
granché il tono di Stiria, anche
a coloro che di solito facevano meno caso a simili particolari. Helex e
Tesarus
poi, nonostante le riparazioni, erano ancora piuttosto indolenziti in
zona
inguine.
– Se
continuate lungo
la rotta che state seguendo al momento, tra un’ora e mezza
dovreste vedere sui
radar un pianeta molto piccolo attorno al quale orbitano tre satelliti
ancora
più piccoli. È un pianetucolo tutto blu, un
po’per le coltivazioni e un po’per
l’acqua – disse Stiria – Lì c’è un
paesino abbastanza particolare che va da un promontorio affacciato su
un lago
fino alla costa. Può essere che lì che troviate
quel che vi serve, oltre ai
cybertroniani mannari. –
«A quelli ho smesso di
crederci quando ero una protoforma»
borbottò Tesarus.
– Mi
raccomando, prima
o dopo essere stati lì andate a fare visita alle mie sorelle
maggiori, vivono
in un palazzo a qualche chilometro di distanza da lì.
Adorano ricevere ospiti
imprevisti quando è ora di cena ed è giorno di
enerpizza! –
«Un’enerpizza
giusto mi andrebbe» sospirò Kaon, con aria
sognante «Da quant’è che non ne mangiamo
una?»
“Il fatto che ci abbia
detto di andare dalle sue sorelle
maggiori è un ottimo motivo per non avvicinarsi a quel
palazzo” concluse Tarn.
«Niente enerpizza, siamo in missione».
– Eeee
se dopo
l’atterraggio vedrete dei grossi volatili tecnorganici
nutrirsi delle
coltivazioni, fatene fuori più che potete, le mie sorelle
non riescono a
liberarsene. Anche gli abitanti del paesino, se ne faceste fuori
qualcuno
fareste loro solo un favore. –
“Evitare di avvicinarsi al
palazzo, di toccare i volatili e,
ove possibile, di uccidere gli abitanti del paesino in
questione” segnò
mentalmente il comandante della DJD, determinato a fare tutto il
contrario di
quel che Stiria gli stava dicendo.
«Caccia ai volatili? In un
altro momento mi ci sarei messo
volentieri» disse Helex, col pensiero rivolto al proprio pube
indolenzito.
«C’è
altro?» lo ignorò Tarn, ripromettendosi di dare a
tutti
direttive precise appena terminata la comunicazione.
– No,
sono solo
sorpresa che la vostra astronave sia arrivata fin là. La
parte sud di questa
costellazione è impregnata dalla magia a livelli tali da
cambiare le leggi di
matematica e fisica per far sì che quindici più
diciotto faccia trentasei e
vincere una partita a carte – disse Stiria
– Macchine e/o tecnorganici possono
reagire male o in modo strano quando
vengono in contatto con la magia, ma lo saprai meglio di me, ormai hai
una
certa età. Ciao ciao! –
«“Ciao
ciao” un cazzo» sbottò Nickel, purtroppo
un attimo
dopo che Stiria aveva chiuso la comunicazione.
«Immagino che dovrei
ammonirti per il linguaggio troppo
scurrile ma per stavolta ti considererò portavoce dei
pensieri di tutti quanti»
concesse Tarn «Incluso il sottoscritto».
«Dunque andremo veramente
in quel posto?» domandò Tesarus.
Non sembrava entusiasta
all’idea. Nessuno di loro lo era.
«Io detesto la
magia» aggiunse il colosso.
«E io ti comprendo. Credo
che i tuoi sentimenti verso la
magia siano condivisi da tutti noi, nonché da ogni
Decepticon degno di tale
nome. La magia è qualcosa che tende a essere dannosa per
macchine e
tecnorganici, come ha detto bene quella giovane quanto delicatissima
femme»
disse Tarn, con una certa dose di sarcasmo «La natura della
nostra razza e della
nostra tecnologia è conosciuta per essere in netta
contrapposizione con quella
di magia e incantesimi, salvo eccezioni più o meno rilevanti
che hanno comunque
pagato prezzi altissimi per riuscire a imbrigliare anche solo una
briciola di
un “qualcosa” per loro contro natura.
Ciò è quel che si sa finora. Per non
parlare del fatto che la magia, specie a livelli alti come quelli di
cui Stiria
ha parlato, è qualcosa che perlopiù si rivela
incontrollabile da chiunque. Lord
Megatron stesso non ha mai ritenuto opportuno cercare di immischiarsi
con
simili forze, auspicando invece di eradicarle dal cosmo in favore della
scienza
e discipline più
“misurabili”».
Nessuno dei membri della Decepticon
Justice Division avrebbe
avuto bisogno di quella lezioncina ma, allo stesso modo, nessuno si
sentì di
dirglielo.
Vos, che si faceva sentire di rado ma
quando lo faceva non
diceva cose stupide, pose un quesito.
«Le opzioni sono due, Vos:
o le sorelle di Stiria hanno
trovato un modo a noi sconosciuto per proteggersi, riuscendo
così a stabilirsi
qui permanentemente senza riportare danni, o…»
Nel ricordare il murale che aveva
visto nacque un sospetto
poco gradevole.
«O una delle due
è la fonte di ciò che permea lo
Scorpionokor del sud» concluse «Ma io, in
virtù di quanto ho detto prima e
delle informazioni che possediamo sulla magia, rifiuto di
crederlo».
Passarono la successiva ora e mezza a
decidere chi sarebbe
sceso dalla nave -tutti, tranne il cane- cosa si sarebbero portati
dietro, come
muoversi all’interno del paesino in questione e imparare le
direttive di Tarn:
“no palazzo, no volatili, no uccidere abitanti eccetto in
caso di emergenza”.
Tesarus sentendo ciò
sbuffò più volte, immaginando che
sarebbe stato tutto molto noioso, prendendosi di conseguenza ben due
ammonimenti.
Al termine di quel lasso di tempo,
Kaon indicò un pianeta
minuscolo segnalato dai radar. «Ci siamo».
Visualizzato su schermo risultava
effettivamente essere un
piccolo pianeta blu con tre satelliti a ruotargli attorno. Giunti
nell’orbita,
grazie a telescopi vari, riuscirono anche ad avvistare facilmente
quello che
sicuramente era il palazzo delle sorelle di Stiria: un ammasso di
roccia nera
le cui torri rilucevano di un vago chiarore vedastro, incastonato tra
campi
sterminati di coltivazioni color blu cobalto. A qualche chilometro di
distanza,
come aveva detto Stiria, riuscirono a trovare anche il lago, il
promontorio e
il paesello.
«Visto da qui tutto sommato
non sembra nulla di che» osservò
Helex «Può darsi che quella ci abbia presi in
giro».
«Meglio non essere
precipitosi nel giudicare» disse Tarn.
Decisero di atterrare poco lontani
dalla riva del lago, su
un campo di quello che una volta scesi si rivelò essere un
insieme di piante
dal fusto molto sottile, flessibile, con una struttura terribilmente
somigliante a quella del cereale che sul pianeta Terra sarebbe stato
chiamato
“grano”, solo in versione blu.
Non che loro, di questa somiglianza,
potessero sapere
qualcosa.
Tesarus sfiorò le spighe
con una delle sue mani gigantesche.
«Qualcuno capisce che roba sia?»
Vos, dall’alto del suo
essere stato uno scienziato prima di
unirsi al gruppo, disse che secondo lui era “un miscuglio tra
tecnorganica e
magia”.
Un aborto, così lo
definì.
«Ehi! Quelli devono essere
i volatili. Sono alti quanto me»
osservò Kaon, indicando un gruppo di uccelli che si stava
avvicinando a gran
velocità «Qualcuno di voi ha mai visto roba del
genere?»
«Su Prion c’era
qualcosa del genere. Si chiamavano
“henn”»
disse Nickel «Erano proprio in quel modo, con quel cumulo di
piume di vetro
sulla testa che sembravano quasi una capigliatura e facevano delle uova
commestibili, ma non erano assolutamente così grandi, erano
più piccole di me
e… non sputavano fuoco!»
esclamò,
vedendo che le henn avevano iniziato e sputare larghe fiammate dai loro
becchi.
Helex si sfregò le mani.
«Facciamole fuori tutte!»
«Ho dato ordini
diversi» gli ricordò Tarn «Raggiungiamo
il
paesino, piuttosto».
«Ho capito: se sono
coinvolti Stiria e i suoi parenti non c’è
possibilità che si tratti di un posto decente!» si
innervosì Nickel.
L’intero gruppo corse via
in direzione del paese, inseguito
da quelle bestiacce sputafuoco che riuscirono perfino a colpire Kaon di
striscio un paio di volte.
In teoria avrebbe dovuto essere
più veloce nella corsa di
quanto fossero Helex e Tesarus, in pratica non lo era perché
l’idea delle henn
giganti sputafuoco lo faceva ridere, nonostante la situazione, e lo
rallentava
di molto.
«Vai! Vai! Non
cincischiare, per l’amor di Lord Megatron!»
sbuffò Helex, vedendolo soffiarsi su un’antenna
tesla leggermente bruciacchiata
«Devo trascinarti?!»
«Le henn sputaf-»
«Devo
trascinarti» concluse l’altro colosso della DJD,
agguantando per un braccio il compagno di squadra e trascinandolo via
come se
fosse stato una bambola di pezza.
In ciò il fuoco di un paio
di henn colpì anche lui, però essendo
più grosso di Kaon e meno soggetto a danni non ci fece
granché caso.
L’intero gruppo, con Nickel
in testa che essendo piccola e
leggera era anche la più svelta, si catapultò
fuori dalle spighe di grano blu.
«Sbrighiamoci a…
ehi, ma non ci inseguono più?» si stupì
il
medico di bordo, notando che i versi striduli di pochi secondi prima
erano
diventati quelli di henn al pascolo perfettamente tranquille.
Voltandosi trovarono conferma delle
sue parole: gli animali
avevano perso ogni interesse verso di loro appena erano usciti dal
campo ed
erano tornati a becchettare le spighe.
«Uccelli
bipolari» brontolò Tesarus.
«O semplicemente non ci
volevano in mezzo al proprio cibo»
disse Tarn «Andiamo».
A precedere di pochi metri la parte
del paesello situata
sulla costa del lago, videro quella che sembrava la rovina di un arco
di pietra
abbastanza antico.
Quelli del gruppo che si curavano di
certi particolari
tendevano a preferire edifici e decori in metallo, però
trovavano che anche la
pietra fosse più che accettabile.
«Sembrerebbe quasi fungere
da ingresso» commentò Tarn «Forse
in tempi meno recenti le costruzioni arrivavano fin qui».
Vos fece notare un particolare al
quale fino ad allora
nessuno aveva dato voce.
«Sembra disabitato,
è vero, però invito te e tutti quanti a
ricordare dove ci troviamo. Direi quindi che sia opportuno utilizzare
un
briciolo di cautel- Kaon!»
Fin troppo curioso, il tecnico si era
fatto avanti e si era
sporto attraverso l’arco con la parte superiore del
corpo… che ai suoi compagni
di squadra non risultò più visibile.
«Ma che dia…
è come se fosse un portale invisibile!»
esclamò
Helex, cui quella situazione piaceva sempre meno.
«Non “come se
fosse”, credo che si tratti proprio di quel
che dici tu. E io avevo detto di utilizzare cautela!» Tarn,
seccato, tirò
bruscamente indietro Kaon «Kaon, cosa-»
Con un’aria totalmente
smarrita sul volto chiaro dalle
ottiche vuote, dopo qualche attimo di immobilità Kaon si
accasciò a terra e
rimettere buona parte dell’energon assunto in precedenza.
«Kaon! Che hai?!»
si fece avanti Nickel, sollevandogli il
volto e dandogli una veloce occhiata. La diagnosi giunse pochi secondi
dopo «Un
sovraccarico del processore?! Sul serio?!»
«Cosa si fa in certi
casi?» domandò Tarn, sperando che fosse
una condizione risolvibile e, possibilmente, risolvibile in tempi
brevi.
La minicon diede a Kaon tre potenti
sberle in rapida
successione. «Questo!»
Parve funzionare perché,
dopo aver chiuso e aperto la bocca
un paio di volte, Kaon parve riprendersi. «Oooh…
m-ma che- ahio!»
«Almeno impari.
Cretino!» lo rimproverò Nickel dopo avergli
dato la quarta sberla.
Tarn aiutò Kaon a
rialzarsi. «Cos’hai visto lì dentro?
Nessuno di noi è particolarmente impressionabile».
Kaon guardò
l’arco, tornò a guardare Tarn e scosse la testa.
«Un trip assurdo».
Il murale di cui si parla nel capitolo :)
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