Una premessa: non
sono esattamente un'autrice.
Questa è la mia prima (e unica, al momento) creazione.
E' stato un atto
dovuto; nel senso che non ho potuto fare a meno di
scriverla.
Una specie di terapia, suppongo, per esorcizzare la sola
scelta di J.K. Rowling che non mi è piaciuta
granché (eufemisticamente parlando):
ossia la morte di Remus (il personaggio che preferisco in
assoluto) e di Tonks (che divide amichevolmente l'affollato terzo
gradino del mio podio
personale con: il suo affascinante consanguineo evaso e Grifondoro, il
Bambino che
è Sopravvissuto ed Hermione).
Così ho
tentato di porvi
rimedio a modo mio, vale a dire tentando di non fare troppo male al
Canon. Del resto J.K. è stata così gentile
da offrirmi su un vassoio d'argento: movente (quelle due morti
così defilate e
misteriose... non poteva andarmi meglio), alibi (in fondo non offendo
molto il Canon tentando di salvare i due. Nella prima versione della
storia sopravvivevano... quindi...) e arma (Teddy Remus Lupin.
Metamorfomagus, figlio di un licantropo, figlioccio del Prescelto e
cresciuto da una Black.
Assolutamente perfetto!)
Io mi sono divertita
molto a
scriverla... e ora riesco persino a leggere il capitolo 33 di "Harry
Potter e i Doni della Morte" senza rischiare vivaci crisi isteriche;
perché tanto so che vent'anni dopo la Battaglia di
Hogwarts...
Anche alle mie lettrici "cavia" la storia non è troppo
dispiaciuta (a proposito, grazie per la pazienza certosina e il
coraggio Grifondoro, ragazze!) e una di loro ha insistito
perché la pubblicassi qui.
Dedicandola a tutti quelli che, come me, non hanno proprio digerito "quella" scelta di
J.K. Rowling, ma sono troppo fissati con il Canon per riuscire a
ignorarla allegramente. Be', eccola qui.
Come avvertimento ho messo What if? Anche se non sono davvero sicura
che lo sia... visto e considerato che il tutto avviene dopo l'Epilogo
raccontato dalla Rowling e che al momento in cui inizia la mia storia
tutti i fatti da lei narrati sono regolarmente accaduti. Ma,
non avendo nessuna esperienza in questo campo, ho ritenuto meglio
essere prudente.
Oh, naturalmente la storia è stata scritta senza
alcuno scopo di lucro e i personaggi non
sono miei ma di J.K. Rowling (con l'eccezione di tre licantropi
ispirati, un Mangiamorte disperato, un Babbano pasticcere e un cagnetto
pasticcione. Loro - che J.K. mi perdoni -
sono una mia colpevole invenzione. Come la Chiave del Tempo che dà il
titolo alla storia).
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Prologo
«Teddy? Tu
quanti anni avevi quando lo hai fatto per la prima volta?»
Il giovane mago si
riscosse dai suoi pensieri, scrutando allibito la ragazzina dai capelli
ramati che gli sedeva accanto.
«Io...
temo di essermi perso qualcosa, Lily, di cosa stiamo parlando,
esattamente?» indagò, giocherellando distratto con
la grossa fetta di crostata al rabarbaro che aveva nel piatto e
sperando ardentemente che la prima volta in questione non riguardasse
in nessun modo Victoire Weasley.
«La prima
volta che hai volato su una vera scopa, naturalmente»
precisò la piccola, scoccando un’occhiata
infuocata alla madre.
Sollevato, Teddy
posò la forchetta e corrugò la fronte.
«Oh... sì... otto anni, credo. Più o
meno».
«Sette
anni, per la precisione» corresse subito Andromeda.
«Fu il giorno della nascita di James. Eravamo tutti riuniti
alla Tana quando Harry, abbandonata la scopa in giardino, irruppe in
casa per darci la bella notizia. Il tempo di calmarlo e di capire cosa
stava dicendo che tu già sfrecciavi sulle nostre teste! Se
non sono morta quel giorno, penso proprio che non morirò
più» concluse la strega con inconfondibile
platealità Black.
«Miseriaccia!»
esclamò ammirato il ragazzino dai crespi capelli castani
seduto vicino a Lily. «Sette anni? E hai volato sulla
Firebolt di zio Harry! Mica su una Scopalinda qualsiasi! Ma come hai
fatto a salirci? Io ci ho provato milioni di volte... ma quella si
mette a strillare come una Banshee e scappa via».
«Oh,
questo succede perché tua madre ha incantato tutte le nostre
scope, figliolo. E proprio a causa di Teddy e del suo imprevisto
giretto sulla Firebolt» spiegò Ron, tra un boccone
di crostata e l’altro. «Ci siamo divertiti molto
quella volta. Io e George abbiamo subito afferrato le nostre scope per
raggiungere il fuggitivo e...»
«Subito
afferrato le vostre scope?» chiese ironica Hermione.
«Racconta le cose come stanno, Ronald. Tu e George non siete
stati esattamente due fulmini. Nel tempo che avete impiegato a
staccarvi da terra Teddy avrebbe potuto tranquillamente raggiungere la
Scozia» sorrise divertita al figlioletto.
«Fortunatamente nonno Arthur ha avuto il buon senso di
appellare la scopa fuggiasca. E, a giudicare dalla disinvolta sicurezza
che ha mostrato, credo che non fosse una cosa nuova per lui».
Ron fu colto da un
improvviso interesse per l'elaborato arabesco che decorava la tovaglia
di Ginny, le orecchie di un’affascinante tonalità
ciclamino. «Er, sì. Potrebbe anche
essere raccontata così. Ma ora è tardi, figliolo.
Meglio se ce ne torniamo a casa».
Hermione
ridacchiò, sfiorando la mano del marito.
«Sì, è meglio. Io ho promesso a Ginny
che mi occuperò del suo Cespuglio Farfallino, ma voi
cominciate ad andare. Domani sarà una lunga
giornata» mormorò seria, prendendo la sua
minuscola borsetta e uscendo in giardino con Harry.
Hugo
scattò in piedi con entusiasmo, un sorriso gigantesco gli
illuminava il visetto lentigginoso. «Sì! Non vedo
l’ora di essere al Castello. Adoro la Commemorazione dei
Cinquantasette Caduti della Battaglia di Hogwarts! Ough...
Lily perché mi hai appena dato un calcio?» chiese,
scrutando ad occhi sgranati la cuginetta e sfregandosi vigorosamente lo
stinco offeso.
«Perché
hai la sensibilità di uno Schiopodo, Hugo!»
affermò furente la ragazzina, abbracciando Teddy e
schioccandogli un bacio sulla fronte. Il giovane ricambiò
l’abbraccio e sorrise conciliante allo sbigottito Hugo che,
mortificato, si avvicinò zoppicante al caminetto,
afferrò una manciata di polvere volante e scomparve tra
vivaci fiamme smeraldine. Immediatamente seguito dal padre.
Lily si sciolse
dall'abbraccio, si avvicinò ad Andromeda che guardava
pensosa il nipote e la prese affettuosamente per mano. «Voi
due vi fermate qui per la notte, vero nonna Andromeda? Hai promesso che
mi avresti raccontato tutta la storia di Teddy e del
portaombrelli».
La donna sorrise
alla ragazzina. «Certo, Lily. E’ una storia
interessante, sai? Teddy e la sua passione per i grossi libri pieni di
astrusi incantesimi e di mostruose creature. E quel portaombrelli era
così elegante e raffinato...»
«Oh,
ancora con questa storia. Avevo sei anni, nonna. Avevo da poco imparato
a leggere e...»
«E le
storie di Beda il Bardo non erano affascinanti quanto quel libro, vero,
tesoro? Un libro di incantesimi senza bacchetta. Niente meno»
sospirò melodrammatica la strega.
Teddy
tentò debolmente di protestare ma la nonna lo
azzittì con una delle sue famose occhiate Black e si
allontanò con l’interessata ragazzina.
Era assurdo che dopo
quattordici anni ancora riuscisse a farlo sentire in colpa per quella
faccenda. Era solo un portaombrelli, in fondo. Di ceramica. Decorato
con puttini e ghirlande di frutta. Non era stata una gran perdita, a
suo modesto parere.
Sospirando
rassegnato per il fatto che la nonna avrebbe raccontato quella storia
ancora per decenni, Teddy uscì alla ricerca del padrino.
Doveva assolutamente parlargli prima di fare quello a cui aveva pensato
per tutta la serata.
Si fermò
un istante a godersi l’aria tiepida e profumata di quella
limpida sera di maggio e ad ammirare la sottile falce di luna che
illuminava il cielo stellato. Poi, guidato dalla voce di Hermione che
diceva qualcosa a proposito di infestazioni di fate, scorse Harry. Era
accanto a un grosso cespuglio, intento a osservare la strega spargere
una misteriosa polverina iridescente. Sopra alle loro teste fluttuava
una vecchia lanterna che irradiava una calda luce ambrata.
Teddy si
avvicinò ai due e tossicchiò titubante.
«Scusa,
Harry, potrei parlarti un momento?»
Il mago
annuì, sorridendo al nuovo venuto, mentre Hermione fece per
andarsene.
«No, resta pure, Hermione. Puoi ascoltare anche tu»
mormorò il giovane. «Harry, volevo solo chiederti
se quella
notte... vent'anni fa... pensi che avresti fatto quello che hai fatto
anche se mio padre non fosse uscito dalla... Pietra?» chiese
poi, scrutando con apprensione gli occhi del padrino.
Harry
sospirò ma, con grande sorpresa del ragazzo, non parve
stupito dalla domanda. Teddy sapeva che non era facile per lui parlare
di quell’episodio. Ma sapeva anche che lo avrebbe fatto.
Harry non evitava mai di condividere i suoi ricordi con il figlioccio.
Mai. Neppure quelli più dolorosi. Era sempre disponibile a
parlarne. A discuterne. A condurre Teddy nel prodigioso Pensatoio che
troneggiava sulla scrivania dello studio.
C'erano solo due
ricordi riguardanti Remus e Tonks che Harry non aveva mostrato a Teddy.
E solo perché Teddy non aveva voluto: uno era quello della
“resurrezione” di Lily e dei Malandrini.
«La
presenza di tuo padre, quella
notte, è stata molto importante per me, Teddy. Mi ha aiutato
averlo accanto con tutto il suo amore ma... mi ha fatto un male immenso
vederlo uscire dalla Pietra» si fermò,
massaggiandosi assorto la vecchia cicatrice che gli segnava la fronte,
poi riprese, la voce insolitamente roca. «Perché
era la prova tangibile della sua morte. Oh, era sereno, sai? Mi ha
detto parole bellissime. Il suo unico rammarico era che non ti avrebbe
visto crescere. Mi è stato utile, sì. Ancora una
volta mi ha aiutato ad allontanare le mie paure. Ma avrei davvero
voluto che non fosse lì, che fosse al sicuro al Castello. E
sì, certo che avrei fatto comunque quello che ho fatto. Come
avrei potuto fare altrimenti?»
Teddy
annuì, sollevato. «Grazie, Harry. Ora so cosa devo
fare. So che posso farlo. E che devo farlo questa notte. Non
dormirò qui».
Harry lo
osservò pensoso. Teddy si sentì come trapassato
da quei brillanti occhi verdi. Il suo padrino aveva
l’inquietante capacità di farlo sentire
trasparente. Non era esattamente piacevole.
«Non
insisterò, Ted. Te lo chiederò solo una volta:
puoi dirmi cosa devi fare, di preciso? Se non vuoi rispondere lo
capisco, so che alcune cose vanno fatte senza pubblicità
ma... confidare negli amici è molto importante».
«Penso tu
lo abbia già capito, Harry. Ne abbiamo parlato diverse
volte, sai cosa ho sempre desiderato fare. Ora so come farlo».
L'uomo
scrutò per un istante il ragazzo, poi annuì e
chiese con dolcezza: «Vuoi che ti dica dove ho lasciato
cadere la Pietra, Teddy?»
«Cosa?»
Hermione si riscosse all'improvviso, fissando l'amico a occhi sgranati.
«La Pietra della Resurrezione? E' di questo che state
parlando? Gli permetteresti di usarla? Di richiamare Remus e Tonks? Lo
sai che è sbagliato: i morti non vogliono tornare!»
Harry la
guardò, sorridendo triste. «Lo so, Hermione. E
anche Ted lo sa. Ma sì, se me lo chiedesse gli direi dove mi
è caduta la Pietra. Lo farei perché so cosa
potrebbe significare per lui, Hermione. Io lo so».
Teddy
fissò stupito i due maghi più anziani,
profondamente toccato da quello che Harry era disposto a fare per lui.
Poi sorrise tranquillizzante.
«No, non
sono interessato alla Pietra, Harry. So che loro non gradirebbero. Non
potrei mai farlo. O meglio, potrei farlo solo se mi trovassi nella
situazione in cui ti sei trovato tu. No, è un'altra la cosa
che voglio fare» concluse, frugandosi nella tasca ed
estraendo una vecchia pergamena fittamente ornata da strani simboli.
Harry la prese,
fissandola perplesso. «Molto decorativa, Ted, ma
cosa...»
Hermione
sbuffò spazientita, impossessandosi della pergamena. La
scrutò con estremo interesse per qualche istante.
«Non
è decorativa,
Harry. E’ istruttiva.
Sono rune. Parla di una Chiave del Tempo e spiega come azionarla
ma...» guardò Teddy con comprensiva simpatia.
«E’ solo una leggenda, tesoro. Lo sai, vero? Non
esistono davvero le Chiavi del Tempo».
Teddy sorrise
malandrino. «Pensavo che la storia dei “Doni della
Morte” ti avesse insegnato che le leggende
nascondono sempre una verità, Hermione».
Harry
tentò di mascherare una risata con un colpo di tosse, ma il
tentativo non ebbe molto successo ed Hermione sbuffò
sdegnata.
«Sì,
Teddy... ma anche se fosse, questa è solo una pergamena che
spiega come usare una Chiave del Tempo. Ma non dove trovarla...
oh».
Si
azzittì quando il ragazzo le mise in mano uno strano oggetto
dorato, in apparenza molto antico. Sembrava un incrocio tra un grosso
medaglione e un antiquato orologio da taschino. Un sinuoso serpente
nero correva su tutto il bordo del coperchio, la testa che mordeva la
coda. Al centro una fenice di un rosso brillante sorgeva maestosa da
fiamme argentate. Hermione lo scrutò meravigliata, sfiorando
cautamente la piccola fenice. «Ma dove...»
«Zio
Alphard la donò alla nonna il giorno del suo matrimonio -
insieme alla pergamena, naturalmente - dicendole che, se mai si fosse
pentita di avere sposato un figlio di Babbani e di essere stata
rinnegata dai Black per questo, non avrebbe dovuto fare altro che
seguire le istruzioni della pergamena. Non sapendo, probabilmente, che
nonna non è molto ferrata in Rune Antiche»
concluse ironico. «Del resto non si è mai pentita
di avere sposato nonno Ted, così si era anche dimenticata
del curioso regalo dell’originale zio Alphard».
Hermione
osservò affascinata l’oggetto. «Quindi
tu vorresti... è pericoloso giocare con il tempo!»
Teddy
fissò serio gli occhi della strega, nessun dubbio nello
sguardo. «Lo so Hermione. Ma non è poi
così diverso da quello che tu e Harry avete fatto per Sirius
e Fierobecco, in fondo».
Un sorriso furbo gli
stirò le labbra rispecchiando quello, identico, che
illuminava il volto del padrino.
«Te lo
avevo detto, Hermione, di non raccontargli quella storia...»
Hermione
scoccò un’occhiata inceneritrice a Harry e
riportò l’attenzione sul giovane.
«Questo
è molto più rischioso di una Giratempo, Teddy. La
pergamena dice che se qualcosa non dovesse funzionare potresti perderti
nel flusso del tempo».
Il giovane
abbassò gli occhi, tormentandosi il cinturino
dell’orologio. «Io... devo provarci, Hermione. Ho
la possibilità di salvarli, non posso non farlo. Loro
avrebbero rischiato per me. Loro hanno
rischiato per me» alzò lo sguardo e
abbozzò un sorriso mesto. «Voi non avrete
ripercussioni. Domani andrete a Hogwarts per la Commemorazione, come
previsto. Se il mio piano riesce avrete semplicemente due caduti in
meno da onorare. Se fallisce... be’, sarà come se
io non fossi mai nato. Non potrete certo sentire la mancanza di chi non
è mai esistito, vi pare?»
Hermione trattenne
il respiro, gli occhi lucidi. «Non dirlo neppure, Teddy. Non
ti rendi conto di quanto tu sia stato importante per tutti noi... senza
di te tutto sarebbe stato diverso...»
«Certo,
non avresti incantato tutte le scope di casa, per esempio»
osservò il giovane Lupin con dolce ironia, strappando un
sorriso alla strega.
«Per
esempio. Ma non era a quello che pensavo. La tua nascita, Teddy,
è stata importantissima per tutti noi. Una vera iniezione di
speranza. Una luce nel momento più buio. Tu eri
l’incarnazione di tutto ciò per cui combattevamo.
Per cui loro
hanno combattuto» si fermò un istante, come
folgorata da una rivelazione improvvisa. «Ed è per
questo che andrai, vero?»
Il ragazzo
annuì con decisione. Subito imitato da Harry che si
schierò al suo fianco cingendogli le spalle con un braccio.
«E’
per questo che andremo» si aggiustò gli occhiali
sul naso guardando l’allibito figlioccio. «Io
verrò con te, naturalmente».
Teddy sorrise al
padrino, poi si scostò scuotendo il capo.
«No,
rischieresti di incontrare te stesso, Harry. Cose terribili accadono a
chi lo fa. E poi, una volta, un uomo molto giovane ma molto saggio
disse a mio padre che i genitori devono stare con i figli
finché possono... lo credo anch’io, sai?»
Harry lo
fissò serio. «Ho sempre pensato a te in questi
termini, Ted».
Il giovane
annuì convinto. «Lo so, Harry. Anche mio padre
pensava a te in questi termini, suppongo» poi riprese la
pergamena e la Chiave dalle mani di Hermione e fece per allontanarsi.
Ma fu bloccato dal vigoroso abbraccio della strega.
«Oh,
Teddy, sono così fiera di te! Come il giorno in cui fondasti
il C.A.L.D.O.».
Teddy rise al
ricordo del Comitato
Amici dei Licantropi Discriminati Ottusamente e, baciando
con dolcezza una guancia di Hermione, si sciolse
dall’abbraccio, fissando stupito la strega frugare
furiosamente nella borsetta che portava a tracolla e porgergli una
piccola spilla blu decorata con una testa di lupo d'argento su cui
spiccava, in un rosso vivace, la scritta C.A.L.D.O.
Hermione era stata
la prima a iscriversi al comitato da lui fondato il quarto anno di
Hogwarts, rammentò Teddy serrando distratto la spilla in una
mano, quindi rimise in tasca la pergamena e si chinò a
raccogliere una vecchia foto caduta dalla borsetta, mentre Hermione
estraeva quattro ampolline colme di un denso liquido color fango. Il
ragazzo sgranò gli occhi, non capendo come potessero starci
in quella borsa minuscola, e Harry ridacchiò alle sue
spalle.
«Un
incantesimo che ha imparato anni fa, Teddy. Molto utile, devo
ammettere».
Hermione sorrise
all'uomo e offrì le ampolline al ragazzo.
«Ecco,
Pozione Polisucco, ti sarà utile... ora dobbiamo solo
trovare dei capelli da aggiungere».
«Hermione,
non è necessario...»
«Taci,
Harry. Guardalo, è identico a suo padre. Ne resteremmo tutti
sconvolti».
«Hermione...»
«Insomma,
Harry, sto pensando. Dobbiamo subito trovare quei capelli. Abbiamo poco
tempo. Non sarà facile a quest’ora. Devono essere
di uno sconosciuto».
Teddy
ammiccò al padrino, diede un’occhiata alla vecchia
foto che ancora stringeva tra le mani e socchiuse gli occhi,
concentrandosi. I suoi capelli si accorciarono e divennero nerissimi,
mentre il naso si fece più grosso e aquilino, poi, davanti
agli occhi sgranati di Hermione, scoppiò a ridere
allegramente.
«Sai,
Hermione, somiglierò pure a papà... ma ho preso
molto anche da mamma. Sono un Metamorfomagus. Non mi serve la Pozione
Polisucco».
«Io non ci
pensavo... non cambi mai il tuo aspetto, Teddy,
così...» Hermione arrossì, scoccando
l'ennesima occhiataccia a Harry che fissava stralunato il figlioccio, e
riprese la vecchia foto.
Il ragazzo sorrise
comprensivo. «Non uso quasi mai i miei poteri
perché non ne ho bisogno, Hermione. Non ci tengo ad avere
capelli rosa cicca, io. Non mi donano. Ma questo non cambia il fatto
che possa farlo. Bene, se ti sei rassicurata me ne vado».
Baciò
Hermione, un po' sorpreso dall’ulteriore rossore che le
colorò il viso, abbracciò il padrino e, con un
leggero schiocco, si Smaterializzò.
Harry ed Hermione
restarono per un istante a osservare il punto dove era scomparso il
giovane.
«Ci
riuscirà?» chiese preoccupata la strega.
«Certamente.
Ho una fiducia assoluta in lui!» affermò sicuro il
mago.
Hermione
sbirciò la vecchia foto e guardò Harry,
mormorando imbarazzata: «Non so come sia finita nella
borsa... davvero, io non...»
Harry sorrise
complice, stringendosi nelle spalle.
«Krum, eh?
Va bene, non parliamone più. Però ora mi spieghi
che ci fai con quattro ampolline di Polisucco nella borsa,
Hermione?»
La strega lo
guardò seria. Un lampo malizioso negli occhi color
caffè.
«Vigilanza
Costante, Potter. Vigilanza Costante!»
Poi, ridendo
divertiti, i due maghi si avviarono verso casa. Seguiti da una luminosa
lanterna fluttuante.
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