The Last
Day To
Repent (Almost)
Il rumore assurdo era sempre più vicino, i recettori uditivi
di tutti quanti potevano udirlo chiaramente.
«Problemi in arrivo, sì» disse Tarn,
preparandosi a sparare.
Né lui né gli altri avevano idea di quale orrore
cosmico si
sarebbe potuto trattare, nei database di nessuno di loro era
classificato un
qualcosa che emettesse quel “tekeli- li! Tekeli-
li!” e che potesse congelare
l’ambiente con la sua sola presenza, ma ben presto le loro
domande avrebbero
avuto una risposta: stavano arrivando e, a giudicare dai rumori,
sembravano
tanti.
Tanti.
«Formazione compatta e prepariamoci a fare fuoco»
ordinò
Tarn, schiena a schiena con Helex e Tesarus «Arrivano da
dietro di noi!»
«Anche dai due corridoi a sinistra» aggiunse Nickel
«Mi
sembra di sentirli!»
«E hai ragione» confermò Tesarus.
La brina che ricopriva le pareti divenne una sottile lastra
di ghiaccio, e i Decepticon iniziarono a intravedere le ombre confuse e
deformi
di coloro che a breve li avrebbero attaccati.
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
«ARRIVANO!»
urlò
Helex, preparandosi a fare fuoco come Tarn aveva ordinato.
Quando però le creature svoltarono l’angolo ci fu
un attimo
in cui si irrigidì perfino, con le ottiche e la bocca semi
spalancati.
Non era facile impressionarlo in condizioni normali: era un
membro della DJD col comune amore per la violenza, sadico,
pressoché cannibale
e nel corso della sua vita aveva visto tante cose che avrebbero
sconvolto un
processore più sensibile del suo, ma quelle creature
riuscivano ad andare al di
là di… qualunque cosa.
«Cosa CAZZO sono?!»
gridò Nickel, dando voce al pensiero comune.
Mostri enormi -in linea con l’ambiente immenso in cui si
trovavano- dall’aspetto grumoso, catramoso, senza una forma
indefinita, con
globi in continuo movimento che se fossero stati comuni esseri organici
si
sarebbero potuti definire “occhi” e arti su arti in
costante mutamento dal
quali colava una sostanza dal colore indefinito che, giunta a terra,
sembrava
annichilire tutto ciò che toccava.
Gli studi di Tarn alla Jhiaxian Academy gli suggerirono qualcosa.
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
«Antimateria» disse Tarn, tirandosi istintivamente
indietro.
«Cosa?!» esclamò Tesarus, visibilmente
incredulo per la
prima volta da quand’era iniziata quella faccenda.
«Quei cosi hanno-» avviò a dire Helex,
venendo però
bruscamente interrotto dal suo comandante.
«RITIRATA!»
Quell’unico grido di Tarn bastò e
avanzò per spingere i due
colossi a iniziare a correre veloci come mai nella loro esistenza,
rischiando
di scivolare più volte sul pavimento coperto di brina senza
che questo, per
fortuna, accadesse mai; Tarn dal canto suo fece lo stesso, gettando
continue
occhiate dietro di sé e sparando un colpo di cannone a
fusione dopo l’altro
contro quei mostri.
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Azione completamente inutile dato che ogni suo colpo veniva
assorbito come se non fosse stato sparato affatto o letteralmente
annichilito
da spruzzi di antimateria sputati fuori dalle infinite bocche che si
aprivano e
chiudevano di continuo sui corpi di quelle bestie.
«No! Non di qua! A destra, a destra!»
urlò
Nickel, vedendo che nel tentativo di fuggire stavano sbagliando
direzione.
Benedicendo la presenza della minicon e i suoi nervi saldi,
i tre Decepticon svoltarono a destra. La velocità
dell’azione tuttavia causò un
rovinoso impatto tra Helex e Tesarus, il quale andò a
sbattere contro una parte
di lastra di ghiaccio tanto dura e tagliente da infilzare profondamente
la sua
gamba sinistra, facendolo crollare a terra.
«Tess!» esclamò Helex «Alzati,
forza! Che razza di ghiaccio
è questo?!»
«Non è normale, niente è normale in
questo dannato posto»
rispose il Decepticon, digrignando i denti per il dolore.
Era riuscito ad alzarsi ma non avrebbe mai potuto correre,
ne era consapevole.
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
«Lasciatemi qui» disse.
«Cosa?! Non dire idiozie, Tesarus, corri!»
«Non posso, Helex. Lasciatemi q-»
Si sentì sollevare di peso: Tarn e Helex, dopo essersi
scambiati una brevissima occhiata, avevano avuto la stessa idea.
«Per Kaon non c’era speranza, qui è
diverso» sentenziò Tarn,
che ora stava portando Tesarus a spalla insieme a Helex «Come
hai detto tu, i
Decepticon non abbandonano gli altri Decepticon!»
«Vedo le ombre, corriamo via! Dritto davanti a
noi!» strillò
Nickel, che nel frattempo era salita sulla testa piumata di Tarn.
Obbedirono, e il disperato desiderio di sopravvivere anche a
quell’incubo fece addirittura sì che portare
Tesarus non li rallentasse quanto
avrebbe potuto.
«Ora a sinistra!» li guidò la minicon
«Non manca molto a
“Shaula” ormai!»
«Se usciamo da questa cosa voglio una vacanza!»
esclamò
Helex «Una vacanza in un posto assolato!»
«Magari con la tizia che ci ha massacrato
l’inguine»
aggiunse Tesarus.
«Sì, cazzo!»
Anche in quella situazione, Nickel riuscì a trovare la forza
di alzare gli occhi al soffitto e rimproverarli. «Ma vi pare
il momento di
pensare a-»
Gridò.
Il suo braccio sinistro era stato afferrato da una sottile
appendice schizzata fuori dal corpo protoplasmatico di uno dei loro
inseguitori, e solo grazie alla coda prensile riuscì ad
aggrapparsi a uno dei
cannoni di Tarn e non essere trascinata subito indietro, destinata a
finire
divorata dalle molteplici fauci mostruose o direttamente annientata
dall’antimateria.
Tarn si accorse solo allora di quanto era accaduto,
sentendosi tirare indietro. «Nickel!...»
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
La minicon cercò freneticamente di sganciarsi dalla presa,
senza ottenere risultati, cercò di tagliare
l’appendice con una delle piccole
lame che aveva nelle braccia e di nuovo non ottenne nulla. Tutto
successe in
pochi brevissimi istanti, nessun altro avrebbe avuto tempo e modo di
fare
alcunché, ma furono abbastanza per farle capire di non avere
scelta: stringendo
i denti, recise il braccio sinistro all’altezza della spalla
con una serie
velocissima di disperati e profondi colpi di lama.
«Vai, vai, VAI!»
urlò a Tarn una volta che si fu liberata, tornando ad
aggrapparsi alla sua
testa e assistendo al terrificante spettacolo del suo piccolo braccio
che
veniva risucchiato nel corpo del mostro.
Tarn sentì l’energon caldo della minicon colare
sulla
propria testa, poi
sulla maschera. Non
aveva modo di verificare i danni, non aveva neanche il tempo, nessuno
di loro
lo aveva.
«Nickel-»
«Era solo un braccio» lo interruppe lei, brusca,
con un vago
tremolio nella voce solo all’inizio della frase
«Poteva essere peggio. Svolta a
destra, ci siamo quasi!»
Il Decepticon non replicò a parole, ma il modo in cui
sollevò la mano sinistra per stringere brevemente e con
fermezza una gamba di
Nickel, per poi riabbassarla e contrarre il pugno fino a conficcare le
dita nel
palmo e ferirsi, poteva lasciar intuire quale fosse il suo stato
d’animo.
La corsa continuò folle più di prima, tanto che
Helex iniziò
a sentire un vago odore di bruciato all’altezza delle
giunture delle gambe. Il
suo corpo non era fatto per le corse frenetiche, tantomeno per corse
frenetiche
fatte portando del peso, ma non si lamentò lo stesso.
Fu allora che si accorsero dell’acqua che, se prima
lacrimava dalla serie infinita di vetrate, adesso penetrava e
gocciolava da
crepe che si allargavano ogni istante di più.
«Qui crollerà tutto!»
esclamò, allarmato.
«Basta riuscire ad andarsene prima»
replicò Tarn, cercando
di mostrarsi fiducioso com’era suo dovere «Nickel!
Quanto manca?!»
«Ora dovremmo… ci siamo! Ci siamo, siamo a
“Shaula”!»
esclamò Nickel, mentre sbucavano in una stanza enorme e
allagata che al centro
recava un grosso forziere «La campana è
sicuramente lì dentro, ci siamo, Tarn,
ci siamo!»
«E quei cosi ci sono ancora alle calcagna,
sbrighiamoci!»
aggiunse Helex, per poi dare un’occhiata al soffitto
«Qui le crepe sono peggio
che nei corridoi, Tarn-»
Non fu necessario che Helex aggiungesse altro: Tarn mise giù
Tesarus e, più velocemente che poteva, raggiunse il
forziere. Notò subito che
recava tre serrature, ma dopo aver tirato fuori le chiavi dallo
scomparto ove
le aveva riposte vide che era facile stabilire quali servivano,
ciò grazie alla
forma diversa di ognuna.
Nickel, ancora aggrappata alla sua testa, infilò la chiave
nella prima serratura e la fece scattare. «Presto! Tu hai due
braccia, apri le
altre due insieme!»
Lo avrebbe fatto anche se Nickel non gliel’avesse detto, ma
l’accenno al braccio perso fu quasi una stilettata.
Obbedì, le serrature scattarono entrambe e, finalmente,
poté
mettere le mani sulla tanto agognata campana: non aveva nulla di
particolare, era
grossa, liscia e nera.
«L’abbiamo presa!» esultò
Nickel «L’abbiamo-»
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
L’esultanza durò poco, perché i mostri
entrarono anch’essi
nella stanza con tanta veemenza da distruggere l’ingresso,
colando antimateria
come dalle ferite infette di un essere organico avrebbe potuto colare
del pus.
«Dov’è l’uscita?!»
urlò Tesarus «Hai la campana,
dov’è
l’uscita?!»
Non c’era.
Niente arco semi diroccato a offrire loro la salvezza, non
stavolta.
«Perché non c’è?
Perché non compare?!»
Nickel aveva ragione, pensò Tarn, in quel momento di
sconforto mentre erano tutti sulla barca l’aveva detta
giusta: anche se avevano
preso la campana, le sorelle di Stiria non avevano intenzione di
lasciarli
andare e non l’avevano mai avuta. Le loro erano state tutte
fatiche inutili,
erano servite solo a divertire due sorelle annoiate.
Non sarebbero mai dovuti atterrare sul loro piccolo pianeta,
non avrebbero mai dovuto ascoltare Stiria, non avrebbero mai dovuto
esporsi a
un simile pericolo. Anzi: lui in
quanto comandante non avrebbe mai dovuto esporre la sua squadra e se
stesso a
un simile pericolo. Essendo il leader, la responsabilità
delle decisioni, delle
conseguenze e della salute del gruppo era sua soltanto.
«Io…»
Tekeli- li! Tekeli-
li!
Tekeli- li! Tekeli-
li!
«Ho condannato a morte tutti noi».
“E questo perché sei uno dei peggiori fallimenti
dell’Universo e lo sarai sempre, anche con tutte le tue
abilità, col tuo essere
point one percenter, con tutta la tua forza e tutti gli upgrade che hai
fatto.
Non si sfugge alla propria natura. Eri uno scarto anche quando ti
chiamavi
Damus”.
Quelle parole impietose risuonarono nel suo processore con
una voce che era un miscuglio tra la sua e una molto più
femminile, che aveva
già udito ridere e parlare in precedenza, in quelle che
aveva creduto fossero
una sorta di allucinazioni uditive. Tarn però era troppo
impegnato a pensare
alla morte imminente e al suo fallimento per curarsi veramente
di un simile particolare.
Fu allora, proprio quando le creature stavano per divorarli,
che le pareti si ruppero definitivamente e la stanza venne riempita di
acqua.
Nessuno vide più niente, nessuno riuscì ad
afferrare l’altro, proprio com’era
accaduto quando erano stati risucchiati dal vortice.
Tutto quel che Tarn riuscì a fare fu tenere stretta la
campana e, di nuovo, venire inghiottito dal buio.
***
Colpi ritmici in testa la cui forza aumentava gradualmente.
Un peso sul petto.
Altri colpi ritmici in testa, raddoppiati.
Mugugnando parole incomprensibili, Tarn socchiuse
leggermente i sensori ottici.
“Sono morto e questo è l’Afterspark al
quale io, in realtà,
non credo” fu il suo primo pensiero compiuto.
Non si sentiva stanco, solo intontito.
Non aveva ancora avviato bene il processore, si disse,
quando le sue ottiche ora semiaperte incontrarono lo sguardo seccato di
due
henn giganti, una seduta sul suo petto, l’altra che incombeva
su di lui e
continuava a riempirgli la testa di beccate.
“Un momento: henn?!”
Si rizzò bruscamente a sedere causando così
l’irritazione
dei volatili, i quali comunque si limitarono a protestare con versi
striduli e
batter d’ali invece di sputare fiamme come avrebbero potuto.
All’inizio realizzò di trovarsi nel giardino della
casa che
prima di allora aveva solo intravisto, quella munita di orto; poi
realizzò di
essere circondato di henn munite di caschi e pettorine -alcune li
avevano blu,
altri gialli- che lo stavano guardando male per aver interrotto la loro
partita
di…
“Henn giganti sputafuoco che giocano a Cube” alias
la
variante cybertroniana di quello che i terrestri avrebbero chiamato
rugby “Dopo
tutto quello che ho visto, mi sembra perfettamente sensato”.
Solo allora notò altre due cose fondamentali: la prima era
che la campana nera era ancora stretta tra le sue mani, la
seconda…
«Testa pesante» borbottò Tesarus,
mettendosi lentamente a
sedere.
«Sono tutto
pesante» mugugnò Helex, sdraiandosi in posizione
supina.
Qualche metro più lontano, anche Nickel aprì le
ottiche.
«D-dove… ma siamo vivi?»
Sì, lo erano: l’avevano scampata, erano
lì tutti quanti,
vivi e vegeti. Tarn vide che Tesarus era ancora ferito, il T-Cog di
Helex era
ancora rotto e Nickel -povera Nickel!- era priva di un braccio, ma ce
l’avevano
fatta.
In principio non comprese cosa fosse lo strano rumore che
stava sentendo né da dove provenisse, poi, con suo sommo
stupore, capì che quel
suono era una risata baritonale, di cuore -ergo Scintilla- e che la
fonte di
tale suono era lui stesso.
Era una vita che non rideva così, anzi, probabilmente non
l’aveva
mai fatto prima di allora, non in quel modo, non
“perché sì”, senza neanche
sforzarsi di capire cosa lo stesse spingendo a ridere, ridere e ridere
ancora.
Forse era dovuto all’essere impazzito definitivamente, forse
era per
l’assurdità della situazione, forse era
perché tutti l’avevano scampata e ne
era felice: quale che fosse la ragione, non gli importava
alcunché.
«Ehi!»
Quella voce.
«Ragazzi!»
Una voce maschile che in altri contesti avrebbe trovato un
po’più divertita del dovuto.
Una voce molto familiare.
Tarn e il resto del gruppo si voltarono quasi
contemporaneamente verso la porta d’ingresso di quella casa
di campagna, dalla
quale si era affacciato un Kaon vivo, tranquillo e in salute che li
stava
salutando con un sorriso che, in qualche modo, riusciva ad arrivare
fino alle
sue ottiche vuote.
«Muovetevi a entrare, ci sono i muffin!»
Kaon vive, vive! :'D
Ho voluto dividere il capitolo per ragioni di lunghezza ma stavolta
posso annunciare con assoluta certezza che il prossimo, che
verrà pubblicato di pomeriggio o sera, sarà
l'ultimo.
Per davvero.
Alla prossima!
_Cthylla_
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